Thomas Müller è originale sotto molti aspetti. Ad esempio è uno degli ultimi giocatori-tifosi che hanno speso tutta la carriera nella squadra che tifano. Nato a una cinquantina di chilometri da Monaco, è entrato nel settore giovanile del Bayern a dieci anni e lo ha attraversato fino a esordire in prima squadra nel 2008 con Klinsmann. La stagione successiva è diventato titolare con van Gaal e ora è uno dei giocatori con più presenze nella storia del Bayern (521). Un’altra cosa che lo distingue è l’aver inventato un nuovo ruolo, il “Raumdeuter”, una definizione che si è dato lui stesso in un’intervista per descrivere la sua abilità nel leggere gli spazi.
Müller non è mai banale quando parla del suo stile e in un’altra intervista si è soffermato su come è cambiato nelle ultime stagioni: «Forse non sono più un cannoniere. Cerco di essere più responsabile per tutta la squadra, di darle una struttura, organizzazione ed energia, e cerco di servire assist. Provo ancora a segnare ma quando devo decidere se andare in area o presidiare la zona al limite per evitare il contropiede, a volte scelgo l’opzione difensiva. Cerco di vincere le partite, di essere decisivo per la squadra e non è così importante per me essere il miglior marcatore».
Da qualche anno Müller si è trasformato in un rifinitore, si è concentrato sull’ultimo passaggio e ha smesso di segnare con la regolarità tenuta per buona parte della carriera. Dall’ultima stagione con Guardiola (la 2015/16), la migliore in termini realizzativi con 32 gol in tutte le competizioni, il gioco di Müller è cambiato in modo deciso: arriva meno al tiro e partecipa di più alla manovra, tenta più passaggi e crea occasioni con maggiore frequenza.
L’ultimo anno con Guardiola è in effetti una sorta di spartiacque per la sua carriera e per l’evoluzione del suo gioco. In campionato aveva segnato 20 gol (record personale) ma aveva servito solo 5 assist, il suo dato peggiore da quando ha iniziato a giocare con regolarità. Prima di quella stagione, invece, Müller aveva mantenuto un equilibrio quasi perfetto tra gol e assist. Non aveva mai segnato più di 13 gol in un campionato e per ben quattro volte il numero di assist serviti aveva raggiunto la doppia cifra.
Va detto subito che a trasformare l’ultimo passaggio in un assist è la giocata di chi riceve la palla. Anche nell’ultimo campionato con Guardiola, pur fermandosi a 5 assist, la media di occasioni create da Müller era comunque di alto livello: 2,3 per 90 minuti. Finito il ciclo di Guardiola, il numero di assist ha però sempre superato quello dei gol, fino a raggiungere il suo massimo quest’anno.
Prima dell'interruzione per l’emergenza sanitaria, Müller era il miglior rifinitore nei principali campionati europei. Come Kevin De Bruyne aveva servito 16 assist, giocando però circa 600 minuti in meno rispetto al belga. Aveva quindi una media più alta (0,9 assist per 90 minuti) e si stava avvicinando al record di assist in una singola stagione in Bundesliga (21), stabilito proprio da De Bruyne con il Wolfsburg.
Tutti gli assist di Müller prima degli ultimi due realizzati contro l’Hoffenheim a fine febbraio.
Il rapporto tra gol e assist è tornato a sbilanciarsi come nell’ultimo campionato con Guardiola, ma in senso contrario. Ora Müller segna meno (6 gol finora) ma è più coinvolto nel gioco e ha numeri in fase di rifinitura che lo mettono sullo stesso piano di De Bruyne, forse il più implacabile, preciso e costante creatore di occasioni in Europa.
È difficile pensare a due giocatori più diversi. De Bruyne ha una tecnica eccezionale, è capace di raggiungere ogni punto del campo senza sforzo apparente e ha lavorato così tanto sull’ultimo passaggio da aver perfezionato un assist che nessun altro sa eseguire con la stessa pericolosità, un cross da destra basso e forte indirizzato dietro la linea difensiva con la palla colpita con il collo interno del piede destro. Müller invece non calcia particolarmente bene, non ha il dono di vedere linee di passaggio inaccessibili agli altri, è goffo ma pratico ed efficace, perché ha una sensibilità unica per i movimenti senza palla.
De Bruyne fa la differenza con il suo talento con il pallone e fa pensare che certe giocate possa immaginarle solo lui, Müller può influenzare la manovra senza nemmeno toccare la palla. All’apparenza il suo gioco non ha nulla di speciale, è composto da tocchi minimali, quasi sempre con l’interno del piede, passaggi a uno o due tocchi verso il compagno più vicino. Carlo Ancelotti è forse l’allenatore che lo ha capito meno, ma ha spiegato meglio degli altri cosa lo rende unico.
«È atipico perché è un grande attaccante con un set di abilità insolito», ha dichiarato Ancelotti quando allenava il Bayern, «Dai grandi attaccanti ci aspettiamo che siano eccezionali dal punto di vista atletico, della tecnica o della creatività. Ma quelli non sono i suoi punti di forza. Le sue qualità sono invece tattiche, l’abilità nel leggere la partita, di occupare lo spazio giusto nel momento giusto. Di solito non associ quel tipo di intelligenza e di consapevolezza tattica a un attaccante, di certo non al suo livello, che è semplicemente eccezionale. Lo trovi talvolta nei difensori o nei centrocampisti. In un attaccante è estremamente raro».
Muller interviene sull’azione con la sobrietà di un centrocampista che facilita il gioco. Cioè con appoggi di prima che fanno risalire la palla, spesso decentrandosi per aiutare la circolazione sulla fascia, con movimenti in appoggio per chiudere triangoli o chiamare l’uno-due, oppure movimenti con cui non tocca la palla ma crea spazi per i compagni. Con giocate semplici, quindi, ma eseguite con una precisione che non fa perdere velocità all’azione.
La partita d’andata degli ottavi di Champions League contro il Chelsea è un capolavoro di sobrietà, di tocchi semplici spalle alla porta senza per questo rinunciare alla creatività nelle fasi finali della manovra tipica di chi gioca sulla trequarti.
Scelto come trequartista centrale del 4-2-3-1, Müller poteva muoversi in ogni zona del campo con la certezza che il pallone gli sarebbe arrivato pulito, con verticalizzazioni centrali o passaggi in diagonale da destra e da sinistra. Alle spalle aveva infatti passatori eccezionali come Alaba (schierato da difensore centrale sinistro), Kimmich e Thiago Alcántara, e un terzino abile con la palla come Pavard, tutti in grado di raggiungere la trequarti anche in situazioni complicate. Quando riceveva la palla difficilmente la toccava più di due volte, e con passaggi semplici, quasi sempre di prima con l’interno del piede destro, faceva continuare l’azione, chiudeva uno-due, cercava corridoi per mandare in porta i compagni. Non sempre i suoi passaggi erano giusti, ma il più delle volte restituiva la palla in modo pulito mettendo il compagno nelle condizioni migliori per la giocata successiva. Dopo il passaggio andava poi a inserirsi in area, se vedeva la possibilità di farlo.
L’azione-manifesto della sua partita e, più in generale, del suo modo di interpretare i compiti di raccordo sulla trequarti, è arrivata al minuto 35. Alaba sta portando la palla a sinistra vicino alla linea laterale e trova un passaggio molto difficile in diagonale verso la trequarti. Müller sta correndo centralmente e probabilmente chiama un lancio in profondità, ma appena vede il passaggio di Alaba si ferma e torna indietro. Quando tocca la palla è spalle alla porta ma rivolto verso la fascia sinistra, e allora la passa di prima con l’esterno del piede destro verso Gnabry, alzandola per evitare Christensen. Largo a sinistra, Gnabry evita sia Christensen che Azpilicueta con un tocco in controbalzo all’indietro, mentre Müller si sta inserendo in area nello spazio alle spalle di Rüdiger. Il cross di Gnabry lo trova in effetti dietro Rüdiger al limite dell’area piccola, ma Müller colpisce la palla in modo goffo, di nuca rivolto spalle alla porta, e la manda sulla traversa.
Müller interviene sull’azione con un tocco di esterno di prima verso Gnabry e poi, dopo essersi inserito nello spazio dietro Rüdiger, con un colpo di nuca impacciato che per poco non mandava la palla in porta. In pochi secondi sono concentrati il suo senso per il gioco di prima, quello per gli inserimenti e infine lo stile sgraziato.
Il modo in cui a volte deforma il corpo per colpire la palla può non essere bello da vedere ma è parte della sua efficacia. Nella vittoria per 4-1 sul Colonia a metà febbraio ha servito due assist nei primi cinque minuti. Il primo a Lewandowski è un passaggio notevole nella sua semplicità. Müller riceve a un paio di metri dall'area, decentrato a sinistra spalle alla porta, e girandosi per colpire con l’interno del piede destro passa la palla di prima nello spazio dietro il difensore che lo aveva seguito. Lewandowski arriva in corsa e dal lato sinistro dell’area segna mandando il pallone sotto la traversa.
Il secondo assist è un tocco più sporco col sinistro in area, sempre di prima, per liberare Coman all’altezza del dischetto. Müller vede uno spazio in area e si inserisce per ricevere il passaggio da Lewandowski, attirando le attenzioni di tre avversari. La palla gli arriva leggermente all’indietro rispetto alla sua corsa, e allora la passa di prima col sinistro piegandosi all’indietro per sorprendere gli avversari che lo avevano circondato e dare a Coman la possibilità di tirare in porta. La conclusione dell’esterno francese non è pulita ma basta comunque a superare il portiere.
L’inserimento in area e l’intuizione di passare la palla di prima col sinistro piegandosi all’indietro per far calciare Coman.
Müller è stato capace anche di assist più elaborati, ma è nei tocchi minimali di prima, a volte sporchi, che è racchiusa la sua abilità nel creare occasioni. Di certo non è un visionario dell’ultimo passaggio ed è molto distante dall’ideale del numero 10 che accentra su di sé le responsabilità creative, una figura comunque scomparsa. Oggi la trequarti è occupata dinamicamente da mezzali che si alzano tra le linee, esterni che si accentrano, centravanti che si abbassano, e più ancora della classica zona centrale davanti all’area è importante l’occupazione dei mezzi spazi. Un articolo recente di Antonio Gagliardi, match analyst della Nazionale, ha evidenziato come le principali zone di origine degli assist siano i lati corti dell’area vicino all’area piccola, prendendo come riferimento il Manchester City, forse la miglior squadra al mondo a creare occasioni da quelle zone.
Come De Bruyne, che però può creare un’occasione ricevendo in qualsiasi punto nel corridoio interno a destra, anche Müller si muove con naturalezza nei mezzi spazi, in particolare tagliando tra il difensore centrale e il terzino. In pochi sono altrettanto abili nei tagli tra il centrale e il difensore più esterno, nel leggere ogni dilatazione delle loro distanze e infilarsi nel momento giusto per far continuare l’azione o dare l’ultimo passaggio.
Il canale ufficiale della Bundesliga ha dedicato una bella analisi agli assist di Müller.
Il senso per i movimenti senza palla, la qualità di Müller più conosciuta, è comunque solo una parte del suo talento per gli assist. L’altra ha a che fare con un aspetto tipico dei grandi rifinitori, cioè le intese sviluppate con i compagni. Per Müller con uno in particolare, Robert Lewandowski.
Dal 2014, da quando cioè hanno iniziato a giocare insieme al Bayern, quasi il 40% degli assist di Müller sono stati indirizzati a Lewandowski. Della loro intesa ha parlato anche il centravanti polacco, sottolineando però come i movimenti di Müller creino più spazi per lui: «È più facile con Thomas al mio fianco. Mi aiuta tanto e ci completiamo. Lui si muove sempre verso la porta avversaria, e così abbiamo un giocatore in più in area. Io ho più spazio e non ho sempre due o tre avversari addosso».
In realtà Müller non si limita a creare spazi, conosce bene i movimenti di Lewandowski e sa come trovarlo anche senza guardarlo e giocando la palla a un tocco, sia quando rifinisce dalle zone laterali sia quando si avvicina per chiedere lo scambio. Solo in questo campionato i loro uno-due hanno costruito due gol simili, uno contro il Borussia Dortmund e l’altro contro il Werder Brema. In entrambi i casi Lewandowski si è appoggiato a Müller al limite dell’area e quest’ultimo gli ha restituito la palla alzandola dietro la linea difensiva. E tutte e due le volte Lewandowski ha chiuso la combinazione segnando con un tiro in controbalzo davanti al portiere.
Combinazioni semplici, insomma, a cui Müller partecipa con tocchi essenziali ma precisi, che lasciano intravedere un’intelligenza associata di solito a centrocampisti o difensori, come diceva Ancelotti. La grandezza di Müller sta nell’averla usata per reinventare un compito tradizionalmente associato ai giocatori di maggiore talento, al numero 10 illuminato che tocca il pallone meglio di tutti e vede linee di passaggio misteriose. Senza la palla Müller continua a essere uno dei migliori al mondo, ma anche quando la gioca è molto più raffinato di quanto si crede.