È difficile esprimere giudizi netti sul campionato del Milan. La squadra è al quarto posto, in linea con l'obiettivo di inizio anno. Gattuso ha mantenuto i rossoneri in corsa per la Champions, eppure la squadra ha mostrato dei difetti evidenti: giro palla lento, poche idee negli ultimi trenta metri, difesa troppo passiva. Ad alcune prestazioni brillanti hanno fatto seguito altre più interlocutorie, più nella forma che nei risultati, e i numerosi infortuni non hanno fatto altro che aumentare le contraddizioni del Milan. In particolare, le assenze di Biglia e Bonaventura a centrocampo hanno costretto Gattuso a ridisegnare in parte il proprio playbook, il che ha portato a un periodo non brevissimo di turbolenza.
Vista l'emergenza, il tecnico ha dovuto affidarsi per forza a Tiémoué Bakayoko. Il francese, con addosso l'alone oscuro dell'annata al Chelsea, era apparso del tutto inadeguato a inizio stagione, quando il suo ingresso in squadra ha coinciso con le brutte rimonte subite da Napoli e Atalanta: partite in cui Bakayoko incarnava tutti i timori di una squadra col baricentro basso, attanagliata dalla paura di subire il pareggio. Poi, partita dopo partita, è diventato il leader del centrocampo rossonero e ha conquistato la fiducia dei tifosi. Il supporto per Bakayoko tra i tifosi milanisti, al momento, sembra essere unanime, al punto che la società lo ha scelto come testimonial su Instagram per presentare la maglia vintage disegnate per i 119 anni del Milan.
Eppure al momento non è scontato immaginare il futuro di Bakayoko in rossonero, sia per il prezzo, 40 milioni di riscatto, sia per semplici questioni tattiche. Le parole di Gattuso dopo la vittoria contro la Spal (alla fine dello scorso dicembre) sembravano alimentare i dubbi. «Quando ti vengono a mancare giocatori come Biglia e Bonaventura è complicato. A me piace giocare un certo tipo di calcio, mi piace lavorare bene con le catene, far trovare spazio a Suso. Tante volte sono venuti a mancare degli interpreti che ci hanno impedito di fare quello che facevamo a memoria».
Al netto del semplice passaggio al 4-4-2, peraltro rigettato in favore del 4-3-3 nelle ultime partite, Gattuso per mettere a suo agio Bakayoko ha dovuto semplificare alcuni princìpi di gioco. La sensazione è che con il francese in campo si debbano sempre soppesare con attenzione i vantaggi e i limiti che impone. Per questo, procederemo analizzando prima gli uni, poi gli altri.
I vantaggi
Bakayoko, ovviamente, brilla in fase di non possesso. È un giocatore fisicamente fuori scala per i canoni della Serie A, in grado di esprimere attraverso i contrasti un dominio che pochi possono pareggiare nel nostro campionato. Mentre la sua forza era diluita all'interno di un campionato con standard atletici più elevati, come la Premier, in Italia Bakayoko può difendere come piace a lui, a partire cioè dai suoi muscoli, sia nella difesa individuale che in quella di squadra. Il metro e novanta d'altezza, il petto largo e le gambe robuste lo rendono spesso ingiocabile (perdonate l'anglesismo, ma è piuttosto intuitivo) per i suoi avversari. Bakayoko in Serie A è un mismatch che cammina.
Quando Bakayoko prende contatto con l'uomo nella sua zona riesce sempre a sbilanciarlo, indipendentemente da quanto l'avversario sia bravo a coprire il pallone. Oltretutto Bakayoko dosa bene la forza dei suoi contrasti, per questo è anche un giocatore poco falloso se si considera il fisico di cui è dotato. Nei corpo a corpo gli avversari vengono spinti via, come se il duello fosse stato irregolare, ma in realtà entra quasi sempre in maniera pulita: semplicemente c'è troppa disparità atletica. Anche se non riesce direttamente a togliere il pallone, Bakayoko riesce spesso a sporcare la giocata, usando il corpo condiziona le scelte dell'avversario: avvinghiandolo da dietro con le gambe lunghe, allontanandolo dalla propria porta o spingendolo verso la linea laterale.
È sempre scomodo giocare con Bakayoko nelle vicinanze. Gli avversari hanno imparato a conoscerlo e sempre più spesso cercano di prendere una decisione prima di dover ingaggiare il duello con lui. Si nota soprattutto quando Bakayoko è protetto dai compagni e può aggredire l'uomo in avanti, a qualsiasi altezza di campo, sia nella trequarti avversaria sia nell'ultimo terzo difensivo. Gli bastano poche falcate per coprire distanze medie e far diventare la sua ombra sempre più grande agli occhi di avversari intimoriti.
Tra l'altro era proprio questa la peculiarità che aveva convinto il Chelsea a comprarlo, il tipo di qualità con cui aveva contribuito a portare il Monaco in semifinale di Champions League, con cui aveva messo in difficoltà anche il possesso basso del primo Manchester City di Guardiola. Comprimere gli spazi intorno a Bakayoko e invogliarlo a difendere aggressivamente è il miglior modo per sfruttarlo (il dominio nei contrasti spesso lo fa uscire vincitore dai rimpalli) e chissà che in una squadra che ami pressare più in alto, rispetto a quanto fa il Milan di Gattuso, non possa diventare persino più utile.
A Gattuso non interessa, per ora, aggredire l'avversario per recuperare il pallone in zone pericolose: è un atteggiamento cucito forse sopra le caratteristiche dei difensori, perché a parte Zapata e Abate nelle occasioni in cui gioca centrale, i difensori del Milan non amano giocare con ampi spazi alle spalle. Per questo le doti di Bakayoko sono impiegate quasi solo nella fase di difesa posizionale.
Nelle prime giornate, quando il Milan si abbassava a protezione del risultato, tra i giocatori sembrava esserci la certezza di subire gol. Le azioni difensive diventavano via via più difficili, non si riusciva a far uscire il pallone dalla propria metà campo. È stato così non solo con Napoli e Atalanta, ma anche con una squadra come l'Empoli. Negli ultimi tempi però qualcosa è cambiato: nei due scontri ravvicinati col Napoli (campionato e Coppa Italia, 0-0 e 2-0), la squadra di Ancelotti non ha mai trovato il modo di disordinare le linee rossonere. E parte del merito è stato di Bakayoko.
Innanzitutto, per il senso della posizione con cui presidia lo spazio tra le due mezzali: con la sua stazza è impossibile insinuarsi dietro la mezzala senza ritrovarselo addosso, pronto a rubare il pallone o comunque a portare lontano dalla porta il proprio uomo.
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Bakayoko domina lo spazio tra difesa e centrocampo sia quando può aggredire la ricezione spalle alla porta, correndo in avanti o scalando lateralmente sull'uomo se la palla arriva dalla fascia, sia quando invece si ritrova a controllare l'avversario frontalmente. È sempre attento alla postura da mantenere nell'uno contro uno, senza mai appiattirsi, così da poter contrastare l'avversario spalla a spalla se viene puntato.
Se il Milan ha migliorato la difesa della porta, insomma, è anche merito delle sue caratteristiche, più adatte a questo tipo di fase difensiva rispetto a Biglia, titolare a inizio stagione. Il francese non solo occupa più spazio, ma è un giocatore difficilissimo da saltare nell'uno contro uno, una vera polizza assicurativa per la difesa rossonera, come dimostra il dato dei dribbling subiti: appena 1 ogni 90 minuti in media, la metà di quelli di Biglia (che per la precisione erano 1.9).
Va aggiunto che la sua presenza trasmette sicurezza ai compagni, soprattutto nelle mezzali. Bakayoko permette al Milan di difendere in modo meno passivo di come farebbe senza di lui, anche a pochi metri dalla propria area. Le mezzali non si fanno problemi ad alzarsi per aggredire gli avversari, sapendo che c'è lui alle loro spalle pronto a spostarsi lateralmente nel buco.
Qualche vantaggio anche in fase puramente offensiva
Gli effetti di Bakayoko sulla fase di non possesso del Milan si ripercuotono anche sulla fase offensiva. Il Milan è una squadra che, anche difendendosi in un campo piccolo, spesso ha difficoltà ad attaccare un campo troppo grande: è un difetto che deriva dalle caratteristiche dei giocatori, perché nessuno in rosa è in grado di condurre transizioni veloci su lunghe distanze. Nessuno, tranne Bakayoko, che soprattutto nel doppio confronto col Napoli, con i suoi strappi palla al piede è riuscito a dare un senso offensivo alla difesa posizionale del Milan.
Anche questa è una peculiarità figlia della sua potenza fisica, solare, nella straordinaria stagione di tre anni fa col Monaco. Lui e Fabinho più che di passare il pallone si occupavano di condurlo in avanti, sia durante le transizioni, sia perforando difese chiuse. Quando Bakayoko accende il motore e inizia a portare palla sembra fatto di un altro materiale rispetto agli altri giocatori, la forza dei suoi quadricipiti lo rende ben saldo a terra, difficile da contrastare durante la conduzione. Ecco perché contro il Napoli i suoi strappi erano la prima arma del Milan per risalire il campo e far arrivare velocemente il pallone a Paquetà o Piatek.
È una dote speciale che Gattuso, proprio come Jardim, cerca di esaltare sia in transizione sia in attacco posizionale. Contro il Genoa ad esempio, in una delle partite più difficili per il Milan dal punto di vista degli automatismi offensivi, il tecnico ha cercato di mettere in ritmo il suo mediano anche attraverso i movimenti delle mezzali. I rossoblù difendevano con un 4-4-2 in cui le punte schermavano Bakayoko e i mediani seguivano gli interni rossoneri. Con la palla ai difensori una delle mezzali si abbassava per offrire una linea di passaggio dietro le punte, portandosi l'uomo dietro. Una volta ricevuto spalle alla porta, appoggiava subito su Bakayoko, che poteva condurre frontalmente nello spazio liberato dalla salita del mediano.
Per rendere un'idea della sua efficacia in conduzione, basta pensare che nel Milan è il giocatore con più dribbling riusciti ogni 90 minuti (2.5, più di Suso che ne fa 2.2), mentre è terzo nella graduatoria della Serie A tra i giocatori con almeno quindici presenze.
I suoi 2.5 dribbling riusciti a partita, lo stesso numero di quelli di un accentratore di gioco come Suso, esemplificano bene quanto Gattuso conti sulle doti del francese. Bakayoko cerca la conduzione in maniera insistente e lo si nota già quando riceve il pallone. Al momento dello stop, l'ex Monaco cerca sempre il controllo a seguire, in modo da girarsi verso la porta avversaria e mettersi subito in ritmo per la conduzione. È una scelta che esegue sia quando è libero e può orientare senza problemi il controllo nella direzione desiderata, sia quando ha l'uomo dietro e in teoria sarebbe più difficile preparare una corsa palla al piede.
Una volta partito in conduzione, Bakayoko attira su di sé gli avversari liberando il passaggio sulle due ali, i veri protagonisti della rifinitura rossonera. Sottrargli palla durante la corsa è difficile nonostante le sue imperfezioni tecniche: Bakayoko tocca il pallone in maniera grezza e tende facilmente ad allungarselo, o a fargli prendere rimbalzi strani, ma quando succede gli avversari faticano comunque ad arrivare sul pallone perché lui è rapido nell'allungare una gamba in protezione, con lo stesso vigore che mette nei contrasti difensivi. Bakayoko avanza tra le maglie avversarie come quei fuoristrada 4X4 in grado di infilarsi nella boscaglia e di avanzare nella montagna nonostante buche e avvallamenti.
Gli svantaggi
Anche se in difficoltà, quindi, Bakayoko riesce a orientare il controllo e a proseguire palla al piede, facendo da apriscatole contro squadre compatte. La prospettiva però cambia contro squadre più intense: nel primo tempo contro la Roma, ad esempio, Bakayoko ha sofferto la pressione giallorossa, in particolare quella di Zaniolo, e ha rischiato di concedere pericolosissime transizioni corte ai giallorossi. Per sua fortuna in Serie A sono poche le squadre a proporre un pressing organizzato nell'ultimo terzo di campo, in grado di esporre tutti i limiti dei giocatori meno tecnici.
Tuttavia, anche in un contesto favorevole non mancano le controindicazioni. Bakayoko, banalmente, ha difficoltà a tenere per molto tempo il pallone tra i piedi e a pensare alla giocata migliore. Le volte in cui non può correre palla al piede, e avrebbe bisogno di controllare il pallone nel corto, si notano tutte le sue difficoltà: ha bisogno di toccare molte volte il pallone per sistemarselo bene, alzare la testa e smistarlo. Un controsenso, se si considera che in quasi tutte le migliori squadre il gioco ravvicinato del play basso ha senso se effettuato a due tocchi, per velocizzare la manovra e liberare il terzo uomo. Ma le sue difficoltà in distribuzione si palesano anche durante le conduzioni, quando nonostante sembri in controllo, Bakayoko spesso sbaglia aperture elementari verso la fascia.
Gattuso sa che con lui in campo non si può allestire un possesso basso sofisticato come quello orchestrato da Biglia, per questo preferisce responsabilizzare altri giocatori in prima costruzione. Molte volte Ricardo Rodriguez gioca in una posizione ibrida tra terzino e terzo centrale proprio per incaricarsi di giocare il pallone in avanti; quando invece Calhanoglu ha agito da mezzala è stato lui ad abbassarsi “alla Kroos” tra playmaker e terzino sinistro per impostare da dietro. Un movimento che però comprometteva gli automatismi della catena di sinistra, quella in cui a inizio stagione il Milan costruiva per poi cambiare gioco verso Suso.
La disfunzionalità della catena sinistra del Milan contro il Genoa. Calhanoglu si abbassa tra terzino e centrale, con Bakayoko che si alza in mezzo. Rodriguez resta basso e piatto mentre Borini attacca la profondità. Per il Turco non ci sono connessioni vantaggiose e decide di cambiare gioco. La difesa del Genoa però è schierata e legge facilmente il lancio
La presenza di Bakayoko, insomma, da un lato rafforza la fase difensiva del Milan, ma dall'altro ne limita gli sviluppi offensivi.
I margini di miglioramento sembrano limitati perché Bakayoko è estraneo ai compiti di un playmaker in fase di possesso: non sa come smarcarsi dietro l'uomo, difficilmente crea linee di passaggio per i difensori e si avvicina di rado al lato della palla per fare da appoggio interno quando gli avversari costringono il Milan a giocare sui terzini (in generale lo fa solo se non ha avversari nei pareggi che possono pressarlo). Biglia era la chiave di volta del palleggio basso di inizio stagione per la sua capacità di svariare orizzontalmente, di offrire un riferimento ai centrali e di andare in aiuto dei terzini, mentre Bakayoko, anche quando riesce a ricevere e ad alzare la testa, fatica a individuare la giocata migliore, quella che un regista di ruolo sceglierebbe automaticamente. Se aggredito, poi, invece di insistere col possesso per ricavarsi spazio dietro la pressione, preferisce giocare in verticale sulle punte, anche se queste hanno il difensore incollato e sono destinate a perdere il pallone.
Gattuso aveva provato ad aiutarlo col passaggio al 4-4-2, progetto però momentaneamente accantonato. Era lo stesso modulo utilizzato da Jardim a Monaco, anche se in Francia quando partiva in conduzione Bakayoko poteva appoggiarsi a due treni come Mendy e Sidibé, terzini, o a due ali dribblomani come Lemar e Bernardo Silva. Il Milan non ha il tasso tecnico e atletico di quel Monaco, per questo Gattuso insisteva così tanto nel lavoro sulle catene di fascia.
Col 4-4-2 Bakayoko aveva riferimenti più sicuri e familiari, ma i rossoneri perdevano tutte le proprie certezze in fase offensiva, anche perché tra lui e Kessié era solo l'ivoriano a sganciarsi per andare a ricomporre con terzino ed esterno la catena di fascia.
Un futuro nel Milan?
Dopo il ritorno di Biglia, difficilmente Bakayoko potrebbe adattarsi al ruolo di mezzala. Con l'argentino il Milan era più fragile in difesa posizionale, ma aveva momenti di possesso basso davvero brillanti che, a cascata, creavano spazio alle spalle degli avversari, e Gattuso molto probabilmente si troverà a dover compiere una scelta difficile.
Biglia sembra sia in procinto di tornare e sarà interessante capire che tipo di sviluppo vorrà dare Gattuso alla squadra, e inevitabilmente la questione passa dalle caratteristiche dei due centrocampisti. Bakayoko è funzionale alla difesa bassa ma inceppa il giro palla, Biglia al contrario è meno efficace a pochi metri dalla sua porta ma fluidifica la costruzione rossonera. Un'incongruenza di caratteristiche che sembra sottesa a tutta la rosa del Milan: perché se i difensori non amano lasciare molto campo alle spalle, è vero anche che animali da aggressione alta come Kessié, Conti e Calhanoglu - cresciuti da integralisti del pressing come Gasperini e Schmidt - si ritrovano ingabbiati in un sistema in cui non possono difendere mai in maniera proattiva. In questo senso, il dilemma di Gattuso va oltre Biglia e Bakayoko.
Il prezzo di Bakayoko, considerando le questioni tra Milan e UEFA, è comunque molto alto. Spendere 40 milioni potrebbe condizionare il resto del mercato di una squadra che sembra avere carenze quasi in ogni reparto, condizionando anche i possibili sviluppi tattici del Milan. È più vantaggioso scendere a patti con i suoi limiti in fase di possesso per avere più solidità difensiva? O sarebbe preferibile difendere in un altro modo, più in alto, magari puntando su un centrale abile nella copertura della profondità?
Forse non esistono risposte definitive a questi dubbi. Mentre scrivo, il Milan sembra comunque aver trovato un suo equilibrio. In fondo il nuovo progetto rossonero è solo al primo anno ed è difficile pronosticarne l'evoluzione sul campo, soprattutto con una qualificazione per la Champions League ancora in ballo.
I prossimi mesi con il ritorno di Biglia potrebbero dirci molto sul suo futuro, su quello di Bakayoko e su quello del Milan di Gattuso.