Dopo la sconfitta per 1-3 contro il Liverpool in Champions League, Paulo Fonseca si è trovato alle strette nel post-partita, accusato di essere l’artefice principale del brutto momento del Milan. Tra i critici più incalzanti c’era Zvonimir Boban, che ha chiesto conto al tecnico portoghese di alcune scelte. In particolare, l’ex fuoriclasse croato non era d’accordo con l’uso di Tijjani Reijnders, quel giorno schierato da trequartista nel primo tempo e da mediano nella ripresa. Secondo Boban, il Milan avrebbe dovuto passare al 4-3-3 proprio perché «Reijnders non è una mezzapunta, non è un 6 ma un 8 chiaro». Fonseca ha dissentito, ma ha anche aggiunto che «Reijnders non può giocare vicino a Fofana», parole smentite nel giro di un paio di giorni, visto che nel derby l’olandese accanto a Fofana ci ha giocato ed anche meravigliosamente bene.
Le parole di Boban e il bel derby vinto dal Milan diventano quindi uno spunto per interrogarsi sul ruolo di Reijnders, soprattutto oggi che sembra essere il miglior giocatore del Milan. D'altra parte è passato più di un anno dal suo arrivo in Italia e ancora non è chiara quale sia la posizione migliore per lui. Partito da mezzala sinistra di un 4-3-3 con Pioli, il gioco del Milan dello scorso anno lo costringeva spesso ad alzarsi in prossimità degli attaccanti per raccogliere le seconde palle, con la manovra che quindi non passava dai suoi piedi. Per questo motivo Pioli in qualche occasione lo aveva schierato anche da vertice basso. Il Milan dello scorso anno non era una squadra disegnata per assecondare le sue caratteristiche, conduzioni a parte, ma in ogni caso Reijnders aveva dimostrato di poter essere uno dei centrocampisti più brillanti della Serie A.
Con l’arrivo di Fonseca era lecito attendersi un passo in avanti da parte sua, proprio perché in teoria si tratta di un allenatore affine al suo modo di giocare. Il nuovo tecnico lo ha schierato sia trequartista che mediano in un 4-2-3-1, posizione in cui tra l’altro era esploso ai tempi dell’AZ Alkmaar (nota di colore: il suo compagno di reparto era Jordi Clasie, che ricorderete per aver esordito con la nomea di Xavi olandese più di una decina d’anni fa). Anche in Nazionale si muove nello stesso sistema di gioco, a volte nel doble pivote come agli Europei e a volte da trequartista come nella partita di Nations League contro la Germania.
Nessuno, quindi, ha avuto ancora il piacere di vedere Reijnders mezzala in un 4-3-3 votato a principi che ne esaltino le caratteristiche. Ma è davvero così importante?
Il fatto è che per come si è sviluppato il calcio negli ultimi anni la distinzione tra numero 6 e numero 8 operata da Boban è troppo manichea, visto che ormai le funzioni dei due ruoli sono molto più vicine di quanto non fossero qualche tempo. D’altra parte, a prescindere dalla posizione di partenza, Reijnders è riuscito a esprimere le sue doti ed è chiaro a tutti cosa lo renda speciale.
Per il modo in cui interpreta il calcio, quello del ruolo, per lui, è un problema relativo, e sembra esserlo anche per i suoi compagni. Coloro che ne parlano, come ad esempio Clasie, non lo inchiodano ad una posizione precisa, ma lo definiscono semplicemente centrocampista box to box: sarà che nelle altre lingue non c’è la ricchezza di sfumature dell’italiano nel definire ruoli e funzioni (grazie al quale abbiamo una distinzione più chiara tra regista, mediano, mezzala e così via). Se è vero che il linguaggio contribuisce a formare il pensiero – e Boban non può non essere influenzato dal vocabolario calcistico dell’italiano, avendo giocato in Italia gran parte della sua carriera – forse, però, per una volta dovremmo mettere da parte le nostre categorie e accettare che in questo momento Reijnders non possa essere definito da un’unica posizione o da un unico compito.
Magari è difficile da capire per noi che osserviamo dall’esterno, e abbiamo bisogno di aggrapparci a una terminologia più precisa per provare a comprendere ciò che accade in campo. Di certo non lo è per i compagni e per i suoi allenatori, Fonseca e Koeman in primis.
Ci potremmo accontentare, allora, della definizione di centrocampista box to box, perché l’olandese, nella stessa azione, dev’essere libero di intervenire all’altezza di campo che ritiene opportuna. Reijnders ha l’intelligenza per determinare, attraverso la sua tecnica, il modo in cui si svilupperà il gioco in qualsiasi fase della manovra: può avviare l’azione come un regista, legarla come una mezzala di tocco oppure accompagnare senza palla come una mezzala tradizionale. Arrivato nell’ultimo terzo di campo, poi, può rifinire come un trequartista.
Il suo ventaglio di soluzioni in fase di possesso è veramente ampio e la partita di domenica contro l’Inter ne è stata solo la conferma.
Ovviamente, il meglio del suo calcio Reijnders lo esprime quando può ricevere fronte alla porta. È evidente, infatti, cosa lo renda speciale: le conduzioni e i filtranti. Per eseguire entrambi ha bisogno di osservare la metà campo avversaria e ricevere in posizione più arretrata, e questo lo aiuta sia perché ha più spazio per partire palla al piede sia per individuare il compagno da servire.
La qualità più importante di Reijnders per le sue squadre, è che si tratta di un giocatore che con la palla può generare in ogni momento squilibri nella struttura difensiva avversaria. Lo si capisce già dal modo in cui orienta il corpo in ricezione, sempre volto a chiamare fuori posizione un avversario. La postura inganna perché lascia credere di poter essere pressato facilmente. Spetta a lui, una volta attratto l’avversario, capire se approfittare dei buchi che si creano con un passaggio o con una conduzione.
Se i compagni si liberano tra le linee, Reijnders può raggiungerli con un filtrante rasoterra, anche di trenta metri, perché per lui la gittata non è un problema. Soprattutto: se individua un canale in cui condurre, l’olandese diventa inarrestabile in conduzione.
Non esiste giocatore più aggraziato, in Serie A, nel portare palla. Reijnders non ha bisogno di caricare a testa bassa, può passare in mezzo a frotte di avversari col mento all’insù e gli occhi che scrutano in cerca di soluzioni. Mentre corre a ritmi da centrocampista contemporaneo, conserva un portamento simile a quello dei numeri dieci degli anni ’80. Quando un giocatore può permettersi di condurre per lunghi metri con la testa alta, senza mai guardare la palla, parte già avvantaggiato, sia perché può individuare più facilmente soluzioni, sia perché può adeguare la sua corsa agli avversari che provano a chiuderlo. Nelle conduzioni di Reijnders il controllo del corpo è importante quanto la sensibilità dei suoi piedi, per questo sembra così leggero. Ha un ottimo passo e delle volte, per lui, il campo pare inclinarsi. Tutto ciò senza essere un velocista: il suo segreto sta anche nel modo in cui gestisce i tempi della conduzione, dalla partenza, sempre volta a prendere controtempo il primo avversario, al modo in cui rallenta e poi riparte per cambiare direzione e lasciarsi dietro chi lo contrasta.
Spostata la manovra sulla trequarti, dopo la conduzione Reijnders può allargare per l’esterno, oppure appoggiare ad un compagno più vicino per sviluppare con calma. Da posizione più avanzata, se un attaccante esegue un movimento in profondità, l’olandese ha la visione di gioco e il piede per servirlo alle spalle dell’ultima linea con uno di quei filtranti che affettano le difese e permettono a chi si muove di ricevere già rivolto verso la porta. La rifinitura per Abraham ne è stato un esempio chiaro, ma è un tipo di passaggio che Reijnders ricerca appena può e che il Milan dovrebbe sollecitare più spesso.
Questa sua attitudine da rifinitore potrebbe far pensare che Reijnders dovrebbe trovarsi più spesso sulla trequarti. Di partite giocate da mezzapunta, come detto, ce ne sono state sia con Fonseca che con l’Olanda e Reijnders non ha sfigurato. Da lì sa trovare la posizione tra le linee e dettare il passaggio ai compagni. Giocare trequartista significa spesso ricevere spalle alla porta nello stretto e anche in quella situazione l’olandese ha dimostrato di possedere i fondamentali adatti: dispone di un ottimo primo controllo e sa nascondere palla agli avversari che stringono su di lui.
Insomma, Reijnders si può adattare a partire trequartista. Il fatto, però, è che ricevendo di spalle può solo dare continuità al possesso, non indirizzarlo. Partire da una posizione più avanzata, oltretutto, lo limita nelle conduzioni, perciò nell’ultimo terzo di campo è meglio che ci arrivi in un secondo momento.
Starà a Fonseca, ora, capire come valorizzarlo. Per il nuovo allenatore Reijnders potrà essere lo strumento con cui risolvere tanti problemi del Milan. Sia per far uscire il pallone dalla difesa, visti i limiti di visione di Fofana, sia per far arrivare il pallone sulla trequarti, dove potrà usare le sue conduzioni oppure avvalersi degli scarichi dei compagni.
Il dibattito sul ruolo di Reijnders inevitabilmente si lega alla struttura tattica del Milan, che Fonseca sta lentamente riuscendo a modellare intorno alle proprie idee. Proprio nel derby di Milano si è vista più accentuata la tendenza dei suoi 4-2-3-1 a scomporsi in fase di possesso in 3-4-3 a rombo, attraverso la salida lavolpiana di uno dei mediani (in questo caso Fofana), l'accentramento dell'altro in funzione di regista (Reijnders) e l'entrata dentro al campo delle due ali, mentre il trequartista viene incontro a fare il vertice alto. Fonseca sta dimostrando di voler venire incontro ai suoi giocatori migliori e contro l'Inter abbiamo visto Leão rimanere largo, con Morata addirittura ad agire da mezzala sinistra al suo posto. Il punto comunque rimane quello di portare tanti giocatori nel corridoio centrale. Fonseca forse non potrà farlo con la stessa qualità con cui lo faceva allo Shakhtar, in cui aveva giocatori come Marlos e Taison che avrebbero saputo far passare il pallone per la cruna di un ago, ma comunque Pulisic e anche uno specialista degli scarichi come Morata possono essere degli appoggi perfetti per Reijnders, due compagni a cui recapitare il pallone per poi muoversi in avanti e farselo restituire in corsa.
Il futuro del Milan è ancora in divenire e c’è l’impressione che la centralità di Reijnders sarà una delle pietre angolari di questa stagione. Un dato che potrebbe incidere sul rendimento di alcuni compagni, Leão in particolare. Lo scorso anno la catena di sinistra, dove si muoveva Reijnders, veniva spesso utilizzate per liberare la linea di passaggio verso Leão, così da affidarsi alle sue conduzioni. In un contesto del genere, Reijnders aveva meno opportunità di influenzare la manovra. Quest’anno, se lo sviluppo passerà per prima dai suoi piedi, dovrà essere Leão ad adattarsi: non per forza una cattiva notizia, perché Reijnders saprebbe servirlo coi giri giusti, mettendolo nelle condizioni migliori per affrontare direttamente l’uno contro uno, senza dover forzare dal nulla blocchi chiusi.
Solo i prossimi mesi ci diranno se quella di Fonseca sarà davvero la squadra di Reijnders. Ciò che si può dire con certezza, è che l’olandese non solo è il giocatore più elegante della Serie A, ma è anche uno dei migliori di tutto il campionato, senza stare a preoccuparsi se sia un mediano o una mezzala e se per lui sia meglio il 4-3-3 o il 4-2-3-1.