
Sul palco dei SAG Awards, ricevendo il premio di miglior attore protagonista per la sua interpretazione di Bob Dylan in A Complete Unknown, Timothée Chalamet si è lasciato andare a un discorso atipico per un attore. «So che il nostro è un business soggettivo, ma la verità è che io sono alla ricerca della grandezza», ha detto dopo i ringraziamenti di rito «so che di solito la gente non parla così, ma io voglio essere uno dei grandi, mi ispiro ai grandi. Sono ispirato dai grandi qui presenti stasera. Prendo ispirazione da Daniel Day-Lewis, Marlon Brando e Viola Davis come da Michael Jordan e Michael Phelps. E voglio essere lassù. Questo premio non significa che sono arrivato, ma mi dà un po' più di carburante, un po' più di munizioni per andare avanti».
Quando ricevono un premio gli attori tendono spesso a sminuirsi, anche perché l’ideale platonico del loro mestiere dovrebbe volare ben sopra cose meschine come i riconoscimenti. Chalamet invece no: è felice di aver vinto perché vincere questi premi serve a riconoscere la qualità del suo impegno, a sé stesso ma soprattutto agli altri. Non basta la bellezza del suo volto, o la disinvoltura con cui si muove davanti a una telecamera, o lo sforzo fatto per assomigliare e cantare come Bob Dylan. Da questo punto di vista Chalamet pensa come un atleta, per cui le vittorie sono l’unica vera unità di misura della grandezza, e non a caso cita due atleti come Michael Jordan e Michael Phelps che hanno costruito la loro carriera da GOAT proprio vincendo titoli e fissando record. Guardate il tono con cui parla, le parole usate, addirittura la postura: sembra un giovane Kobe Bryant che anticipa al mondo la sua fame di essere il migliore di sempre.
Mamba Mentality.
Se Chalamet non è un atleta, e il suo mestiere inevitabilmente passa per giudizi ancora più soggettivi rispetto a cosa sia o non sia la grandezza (e forse non è neanche un bel messaggio mettersi a trattare gli attori come fossero sportivi) può esserci una ragione per cui agisce così. Ovvero perché Chalamet sta in fissa con lo sport. E non è una semplice passione generica per lo sport in quanto intrattenimento, un qualcosa che, possiamo dire, condivide una larga fetta della popolazione mondiale. La sua sembra una vera forma d’amore che si esprime nell'etica e nell'estetica, ma anche nella pratica, nel tifo appassionato e nell’approfondimento.
CHALAMET E IL CALCIO
Ad esempio nel 2015, intervistato da Verge per il suo ruolo in Interstellar, Chalamet confessa che da piccolo non ci pensava proprio a diventare un attore: lui voleva diventare un calciatore: «Dopotutto sono francese. Sono cresciuto tra New York e un piccolo villaggio a circa due ore da Leon. Giocare a calcio era tutto quello che c’era da fare».
In un’altra occasione ha ammesso che «inizialmente volevo diventare un atleta professionista, emulare LeBron James e Lionel Messi. Loro mi ispiravano con la loro invincibilità». Presto però «mi sono guardato allo specchio e ho umilmente realizzato che non sarei mai stato un atleta per molte ragioni. Una corporatura incredibilmente minuta, ma soprattutto una evidente mancanza di talento atletico», e allora aveva virato verso il cinema.
Se possono sembrare dichiarazioni un po’ così, ci sono delle prove a suo supporto. Qualche mese fa, ad esempio, è uscita fuori una foto di lui a 9 anni insieme a Joe Gomez, oggi calciatore del Liverpool. L’occasione è una amichevole tra l’Academy del Charlton dove è cresciuto il difensore inglese e i Manhattan Kickers FC, la squadra in cui giocava Chalamet.
Se questa può sembrare una casualità, magari anche un giocatore scarso a 9 anni può dividere il campo con un futuro professionista, Chalamet ha giocato per anni insieme a Alex Muyl, centrocampista con oltre 200 presenze in MLS e passato anche per le Nazionali giovanili degli Stati Uniti. Chalamet ha raccontato come «sono cresciuto con lui... Giocavamo a calcio insieme quando eravamo piccoli ed era semplicemente il più dotato».
Per spiegare perché lui non è arrivato a quel livello e Muyl sì, Chalamet ha usato un curioso paragone che spiega ancora meglio come lo sport abbia formato il suo immaginario: «Era come quel documentario The Last Dance sui Chicago Bulls: quei ragazzi festeggiavano tutta la notte e poi Dennis Rodman segnava comunque 40 punti. Puoi lavorare sodo quanto vuoi, ma se non hai il dono del talento fisico o dell’atletismo, sei fregato». Torna ancora la questione dell’atletismo e dopotutto, pur senza averlo mai visto giocare, Chalamet sembra proprio di quegli aspiranti calciatori che a un certo punto si sono scontrati con la realtà di uno sport che richiede di essere quanto più grossi possibile, e che questa loro mancanza fisica l'hanno sofferta molto.
Ma se - e lo sappiamo bene - nel calcio riesce uno su un milione, Chalamet non ha mollato certo il calcio. «Sono un grande tifoso del Saint-Étienne, è probabilmente la squadra che sostengo di più al mondo, anche più dei New York Knicks», ha ammesso in una recente intervista con il giornalista musicale Nardwuar. Da piccolo Chalamet passava l’estate a Le Chambon-sur-Lignon, un piccolo paesino a 60 chilometri da St Etienne e una volta ha addirittura inseguito il pullman del Saint-Étienne in bicicletta fino all’hotel: «Bafetimbi Gomis, Dimitri Payet… quella generazione di calciatori lì».
Purtroppo l’intervistatore non coglie la grandezza del momento, una star del cinema internazionale che cita Gomis come se fosse una puntata del Bello del giovedì sera e non continua il discorso.
Invitato in un programma televisivo francese per presentare il film Dune 2 Chalamet ha cantato l’inno del club a memoria tra lo stupore degli altri ospiti e addirittura ha chiesto in diretta alla Ligue 2 di sbrigarsi a caricare gli highlights delle partite su Youtube perché non ha altro modo per vederle (anche se in questa storia Instagram sembra vedere una partita sul telefono in maniera non proprio regolare).
Ma il tifo calcistico di Chalamet non si ferma al Saint-Étienne. L’attore è diventato anche un grande tifoso della Roma. È successo mentre girava in Italia il film Chiamami col tuo nome, convertito da qualche tifoso giallorosso nella troupe. Ha anche detto di “supportare” il Chelsea, «perché da piccolo ho fatto un tour di Stamford Bridge», ma quella per la Roma sembra una passione più vera e sentita, e non uno scegliere una squadra per campionato tanto per.
Più volte l’attore è stato fotografato con qualcosa della Roma addosso o ripreso mentre diceva «Forza Roma» o «Daje Roma». Ha anche visto in televisione la finale di Conference League vinta contro il Feyenoord insieme al produttore Gino Falsetto, mentre qualche settimana fa ha praticamente abbandonato la prima romana di A Complete Unknown per andare allo stadio a vedere Roma-Genoa, venendo poi fotografato insieme a Paulo Dybala, uno scatto in cui sembrano praticamente la stessa persona cresciuta in due contesti diversi. In quell'occasione, parlando del film, non si era sottratto alla vera prova per ogni romanista: «Quale endorsement aspetto adesso? Di sicuro quello di Francesco Totti. Dove diavolo è? Spero che veda il film» («Adesso sono a New York, appena torno a Roma andrò a vedere il tuo film», gli ha risposto il Capitano il giorno dopo).
CHALAMET E IL BASKET
Se l’amore per il calcio e il tifo passionale raccontano la sua parte francese, la parte newyorkese di Chalamet non può che essere amante del basket. New York è la mecca della pallacanestro, la città dove anche la Statua della Libertà non sta facendo altro che alzare il braccio per ricevere in post. L’attore ovviamente è un tifoso dei New York Knicks e se non arriva al livello di ossessione di Spike Lee, ci sono diverse prove del suo non essere un occasionale.
La più incredibile vede l’allora 15enne Chalamet vincere un biglietto per i Knicks per essere stato il primo a trovare Landry Fields e Andy Rautins, all’epoca rookie della franchigia, e a rispondere correttamente alle loro domande sulla squadra. Non è chiaro quali fossero questa domande, ma già l’idea che Chalamet nel 2010 seguiva sull’allora Twitter Landry Fields e abbia deciso di andare in giro per New York e trovarlo per vincere un biglietto per la partita spiega abbastanza bene quanto sia tifoso.
Aspettando il suo film sulla Linsanity.
C’è poi questa foto di lui ancor più giovane che si fa autografare una maglia dei Knicks di Amare Stoudemire. Il giocatore era arrivato in città il giorno stesso per firmare con i Knicks e aveva twittato che avrebbe assistito a uno spettacolo al Brooks Atkinson Theatre di Times Square. Chalamet allora era corso da casa sua al teatro, aveva aspettato due ore e poi era riuscito ad avere il primo autografo del giocatore su una maglia dei Knicks.
Un paio di stagioni dopo, con i primi veri soldi guadagnati come attore grazie a uno spot per la Disney, Chalamet ha comprato un abbonamento per la stagione nella nosebleed section (cioè quella molto in alto, la più economica) nella speranza che in free agency ci fosse LeBron James. Qualche anno dopo avrebbe invece fatto la sua prima apparizione a bordo campo come “celebrity”, chiedendo però di non venir inquadrato e nominato come succede con i VIP presenti al palazzo perché nessuno l’avrebbe riconosciuto e allora i Knicks non lo avrebbero più invitato (spoiler: non è successo, e oggi quando è in città lo si vede spesso a bordo campo).
Chalamet gioca anche a basket per diletto (sembra che sia stato scartato ai provini per entrare nella squadra delle medie), e una volta è stato beccato a giocare in un campetto di New York insieme a Adam Sandler (che è un giocatore di culto dei playground della città, ma questa è un’altra storia). È una partitella ai limiti dell'agnostico, e si vede che Chalamet vuole evitare qualunque tipo di contatto fisico (immagino che infortunarsi potrebbe essere un bel problema per lui) ma pur con una meccanica di tiro rivedibile è evidente che sa quello che fa, che conosce i fondamentali e il gioco.
A confermare che Chalamet conosce il gioco è anche la sua lista di account seguiti su X. Sono appena 44 e tra loro ci sono Zach Lowe, forse il miglior giornalista di basket al mondo, Adrian Wojnarowski, fino a pochi fa l’uomo che dava le notizie di mercato NBA, Frank Isola, un famoso beat writer dei Knicks, Jeremy Cohen, altro giornalista che si occupa dei Knicks e Bill Simmons, The sports guy, l’uomo dietro Grantland e The Ringer (su Reddit qualcuno ha scritto che Chalamet sta leggendo Grantland Quarterly nelle scene extra di A Rainy Day in New York ma non ho trovato conferme). E Chalamet sembra proprio essere cresciuto dentro quell’universo lì, dove la passione per lo sport va oltre il semplice “essere tifoso”, ma è qualcosa di più ampio che riguarda lo sport come fenomeno universale (e se leggete almeno un po’ Ultimo Uomo avete capito cosa intendo).
CHALAMET L'ANALISTA SPORTIVO
Eppure il momento in cui tutto il mondo, o almeno tutto il mondo dello sport americano, si è accorto di questa conoscenza da parte di Chalamet non riguarda il calcio o il basket ma il football. Ospite del programma ESPN College GameDay, l’attore è stato coinvolto nella discussione sulle partite della giornata, dimostrando una grande conoscenza analitica di una materia complicata come il football collegiale. Chalamet, ad esempio, è stato l’unico in studio a predire una vittoria degli Ohio Bobcats sui Miami RedHawks, sottolineando l’impatto che avrebbe avuto il quarterback dei Bobcats Parker Navarro, che poi avrebbe dominato la partita.
La decina di minuti in cui Chalamet è ospite del programma sono particolarmente surreali. L'attore siede in mezzo a questo tavolo di esperti di football con le loro giacche strette e la fronte sudata e lo fa come se fosse una specie di alieno, indossando un parka rosa acceso, con i suoi baffetti da sparviero e l’aspetto efebico da folletto. Eppure, anche qui, in un contesto che sembra lontano anni luce da lui, riesce ad essere perfettamente a suo agio come se fosse stato seduto a quella scrivania per tutta la vita. Come ogni opinionista che si rispetti, Chalamet parla a voce squillante con tono perentorio, interrompe gli altri, spara sentenze definitive, cita nomi di giocatori, segnala statistiche, si avventura in previsioni particolarmente coraggiose.
Se la sua doveva essere una breve comparsata pubblicitaria, Chalamet ne è uscito come un fenomeno dell’analisi sportiva, mandando fuori di testa buona parte di Internet, che ha iniziato a paragonarlo al suo personaggio in Dune, Lisan al Gaib. Qualcun altro, però, ha fatto notare che Chalamet sembra davvero impegnato in una prova d’attore, come se stesse recitando la parte dell’analista sportivo leggendo dal copione che qualcun altro ha scritto per lui. Dopotutto è quello che fanno gli attori, no? Chalamet quindi non sarebbe un vero appassionato di sport, ma un attore che recita la parte del nerd dello sport, forse per attirare una parte del pubblico che altrimenti non avrebbe niente a che spartire con lui.
Lui scherzando ha detto che è vero il contrario: quando cinque anni fa lo hanno avvicinato per il ruolo di Bob Dylan, il suo piano era girare il film, farsi invitare in televisione a parlare di sport e ottenere un ruolo da analista, visto che quello dell'attore è un mestiere insicuro. «If I can get a nice six to eight month ESPN gig, Stephen A. Smith style pad, that's become the new 1A», una frase anche difficile da tradurre, ma che in qualche modo conferma come l'universo di Chalamet sia stato formato anche dallo sport e soprattutto da un certo modo di viverlo e raccontarlo.
Tra pochi giorni saprà se avrà vinto il primo Oscar della sua carriera. Non sarà il pallone d'oro, ma in caso, sarebbe bello festeggiasse con un bel SIUUUUUUUM.