12 Settembre 2015. Siamo in Spagna e sta per iniziare la penultima tappa della Vuelta 2015: San Lorenzo de El Escorial – Cercidilla. Una tappa breve - solo 175 km - ma dura e nervosa: quattro GPM di prima categoria da affrontare e un arrivo insidioso in discesa.
Tom Dumoulin a questo punto della corsa, dopo 19 tappe è, a sorpresa in testa alla classifica generale con un vantaggio di soli sei secondi su Fabio Aru. Facendo leva sulle sue qualità di cronoman, e limitando i danni in salita, l'olandese è riuscito a distanziare i suoi avversari fino a conquistare la prima posizione della generale a due tappe dalla fine.
Ma i sogni di gloria si infrangono sul più bello: proprio quel giorno, nell'ultimo momento disponibile per l'attacco dei suoi rivali, l'Astana capitanata da Fabio Aru, fino a quel momento criticata per un lavoro poco efficace di squadra, decide di attaccare Dumoulin a 50 km dal traguardo.
Un'azione preparata nei minimi dettagli, grazie a cui l'olandese viene isolato senza possibilità di rientrare sul gruppo. A seguito dell'attacco, i secondi di ritardo aumentano sempre di più, fino a diventare minuti: alla fine Dumoulin cederà 3'e30” a Fabio Aru che, escludendo la consueta passerella del giorno dopo con l'arrivo a Madrid, quel giorno conquista la Vuelta 2015.
A fine giornata, Dumoulin dichiara deluso: «Se fossi rientrato in discesa avrei potuto fare qualcosa ma quando non ce l'ho fatta, ho capito che per me era finita. Al momento sono deluso e mi sento vuoto, domani sarò orgoglioso di quello che ho combinato».
A distanza di tre anni possiamo considerare significativa quella giornata per la carriera di Dumoulin: è forse stato l'episodio in cui ha capito di poter spostare i propri limiti in modo definitivo. Quel giorno, deluso dallo svanire di un sogno a due tappe dalla fine, è nata l'idea di iniziare a essere non solo un buon passista e un eccellente cronoman, ma un corridore competitivo per vincere un grande giro. L’anno dopo, al Giro d’Italia del 2016, Dumoulin ha confermato la propria crescita, vestendo la maglia rosa per sei giorni e dando l’idea di poter lottare seriamente per la classifica generale di un grande giro.
Foto di Luke Beines / Getty Images.
La trasformazione
La vittoria al Giro d'Italia dello scorso anno è da considerare il momento culminante della trasformazione di Dumoulin, il primo olandese a vincere la corsa rosa. I suoi allenamenti sono iniziati a cambiare, tenendosi non più solamente in Olanda, dove senza grandi montagne è difficile affinare le doti da scalatore, ma ritiri duri tra le impegnative alture della Sierra Nevada e sul Teide, il grande vulcano di Tenerife.
È qui che Dumoulin ha iniziato un lavoro lento, meticoloso e ambizioso: diventare un corridore nuovo, sullo stile di Miguel Indurain. Allentamenti costanti, ritiri duri, e meno gare durante la stagione, accompagnate da una progressiva trasformazione del suo corpo.
Considerando che Dumoulin sfiora il metro e 90 di altezza, per natura il suo corpo si adatta di più alle caratteristiche di un passista che di uno scalatore. Per questo motivo, per migliorare la resistenza in salita, l'olandese non solo ha modificato e aumentato i suoi allentamenti, ma ha deciso di trasformare radicalmente il suo corpo riducendo all'estremo la sua percentuale di massa grassa – ridotta appena al 3%- con l'obiettivo di sviluppare e saper mantenere grande potenza in un fisico ridotto e asciutto al limite.
Grazie a una nuova dieta ha ridotto in modo significativo il suo peso – al Giro dello scorso anno si è presentato con 3kg in meno rispetto al Giro del 2016 – ed è riuscito a ridurre all'estremo la percentuale di massa grassa del corpo, come fece Chris Froome alcuni anni prima per essere competitivo al Tour de France, ma come anche Bradley Wiggins. Entrambi cronoman d’eccellenza, diventati competitivi in una grande corsa a tappe. Subito dopo una gara, l'olandese è abituato mangiare pasta e riso. Lo scorso anno si presentò nella sala stampa del Giro con due etti di riso bollito, zucchine e peperoni.
Un modo per poter recuperare il più fretta in possibile ma anche – come ha spiegato il nutrizionista Iadder Fabbri – un'abitudine efficace per bloccare il processo di catabolismo muscolare: il processo in cui la massa muscolare del corpo viene distrutta a causa di uno sforzo intenso.
C'è comunque da sottolineare che quando il corpo subisce una trasformazione radicale, le difese immunitarie si abbassano notevolmente. Soprattutto se la percentuale di massa grassa, e in generale il peso corporeo, si riducono all'osso per raggiungere un peso minimo ideale. È per questo motivo che lo scorso anno Dumoulin ha rischiato di perdere il Giro d'Italia?
Durante la tappa da Pinerolo a Risoul, ai piedi della terza salita di giornata, l'Umbrailpass, un violento attacco intestinale lo ha costretto a fermarsi cedendo due minuti ai suoi diretti avversari. In quel momento Dumoulin ha rischiato seriamente di compromettere la sua vittoria al Giro d'Italia. Il mistero poi è stato svelato, l'attacco intestinale non era dovuto a un virus ma all'alimentazione sbagliata: un elevato apporto di fruttosio e lattosio, risultati indigesti.
Alla fine Dumolin è riuscito, nel corso del tempo, a centrare il suo obiettivo, plasmando il proprio corpo per risultare competitivo in una grande corsa a tappe. Lo dicono i numeri: nella scalata di Oropa al Giro d'Italia della scorso anno, negli ultimi 8.5 km ha registrato il secondo miglior tempo di sempre, impiegando solo 30” in più rispetto al record di Marco Pantani nel 1999.
Il primo corridore che ha anticipato questo cambiamento è stato Miguel Indurain, che negli anni 80 ha costruito le sue vittorie nei grandi giri – cinque volte al Tour de France e due al Giro d'Italia – difendendosi in salita e sfruttando le sua eccellenti abilità nelle prove contro il tempo. Il soprannome di “extraterrestre” dà l’idea di quanto fosse originale e unico il suo modo di competere. Anche a distanza di anni, i distacchi che Indurain infliggeva agli avversari suonano straordinari: al Tour de France del 1992 rifilò 4'35” a Claudio Chiappucci.
Dumoulin ha sempre rifiutato il paragone con lo spagnolo: «Non mi sento ai livelli di Indurain. Lui era molto più forte di me. Non sono il primo cronoman ad aver vinto un grande giro, c'è stato anche Wiggins. Posso solo dire che sono migliorato e che sono cambiato rispetto a quando ero più giovane e mi allenavo solo sulle strade intorno a Maastricht dove non c'erano salite. Ora faccio allenamenti specifici in altura in Spagna e il risultato di vede”».
Mentre Chris Froome si appresta a entrare nella fase discendente della propria carriera, sarà interessante vedere se Dumoulin potrà raccogliere la sua eredità.
Dumoulin e Il nuovo ciclismo
È interessante guardare all'esempio della trasformazione - corporea, mentale e quindi agonistica - di Dumoulin come riflesso dei cambiamenti generali che da diversi anni stanno attraversando il ciclismo. Fino a che punto la scienza può influire sull'esito di una competizione sportiva? Fino a che punto si possono spostare i limiti rendendoli sempre più elastici in base agli obiettivi che si vuole raggiungere? E ancora: qual è il confine tra doping e medicina dello sport?
Negli ultimi anni, con l'ascesa di Chris Froome e del team Sky, abbiamo assistito ad un cambiamento epocale del ciclismo, che oggi è entrato in un'era nuova, un periodo storico in cui i corridori somigliano sempre più a bio-macchine perfette, collaudate nei minimi dettagli per ottenere il massimo dei risultati attraverso il minimo sforzo. Questo comporta di riflesso minore spettacolo, meno fantasia e molta più tattica. Elementi che contraddistinguono, in linea generale, una corsa moderna e soprattutto una competizione della durate di tre settimane come il Tour de France e il Giro d'Italia.
I cambiamenti del corpo dei corridori di oggi, sempre incredibilmente magri, stanno gettando diversi interrogativi. Fino a che punto si può alzare il livello? C'è un limite oltre il quale non è consentito andare?
L’ultima, impressionante metodologia per migliorare le prestazioni dei corridori si chiama “stimolazione transcranica a corrente continua”. Solamente il nome di questa nuova tecnica – al momento considerata legale dalla WADA – rimanda a scenari distopici, dove l'umano è sempre più meno umano. La prima squadra che ha iniziato a sperimentare questa tecnica è stata la Baharain-Merida, - il team di Vincenzo Nibali – che lo scorso anno ha firmato una partnership con l’Istituto delle Riabilitazioni Riba di Torino, gruppo Cidimu che per tutto il 2018 sarà la clinica ufficiale della squadra.
La stimolazione transcranica è una tecnica di medicina dello sport, utilizzata finora dai saltatori con gli sci, che prevede la stimolazione del cervello attraverso deboli correnti elettriche non percepibili, inviate attraverso delle cuffie che nascondono al loro interno degli elettrodi. Ugo Riba, presidente del gruppi Cidimu, ha dichiarato che la stimolazione transcranica «è in grado di agire sulla gestione della fatica, sulla precisione e rapidità del gesto atletico e sulla fase di recupero dopo una gara. Questo permette all’atleta di esprimersi al massimo delle sue reali possibilità, senza alterare nulla del fisico».
Questo trattamento comporta dei cambiamenti all'interno del cervello dell'atleta che, come spiegato in dettaglio in questo articolo, percepisce in modo minore la sensazione dello sforzo, mantenendo quindi una potenza e una resistenza più elevate durante l'attività sportiva. Una metodologia utile in uno sport come il ciclismo, dove le capacità di resistenza sono fondamentali, e che è considerata da alcuni come una vera e propria forma di doping.
C'è da chiedersi fino a che punta la WADA tollererà certe pratiche, anche se la questione è più complessa di quello che sembra. Se questa pratica fosse dichiarata vietata quali sarebbero gli strumenti per misurare l'illecito? Samuele Marcora, scienziato dell’University of Kent, nel Regno Unito, si domanda allora se anche la caffeina andrebbe vietata perché comporta una stimolazione nel cervello, migliorando le prestazioni.
Tom Dumoulin è l’ultimo esempio del cambiamento estremo che i corridori esercitano sul proprio corpo, considerato ormai solo come un involucro da cambiare come la pelle dei serpenti, modellandolo sulla base di obiettivi e ambizioni personali.