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Top 11 Euro 2016
14 lug 2016
Non è stato facile, ma abbiamo scelto la formazione ideale di Euro 2016.
(articolo)
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Euro2016 non ci ha lasciato nessun collettivo che passerà alla storia e per forza di cose la top undici della competizione sarà rappresentativa di singole individualità, se non addirittura di singole prestazioni. Una collezione, cioè, di quei giocatori che, ruolo per ruolo, sono stati in grado di portare un po’ di luce nella manifestazione con la loro qualità, nonostante un contesto tattico spesso avverso. Ho scelto giocatori che hanno rispettato le aspettative precedenti basate sul loro valore, ma anche quelli che le hanno superate, li ho messi in campo con il modulo della squadra campione, un 4-4-2 a rombo con la possibilità di schierare un vero trequartista al centro e non un centrocampista centrale tra le linee. Ho anche scelto giocatori che come minimo avessero giocato quattro partite (insomma solo chi ha giocato con la una squadra che ha superato i gironi). Disclaimer finito, cominciamo.

Portiere: Lukasz Fabianski (Polonia)

L’Europeo è iniziato male per i portieri ma nel corso della competizione solo l’Islandese Halldórsson è parso inadeguato al contesto. Tra quelli che hanno contribuito ad alzare il livello del ruolo c’è Fabianski. Dalla seconda partita contro la Germania (in cui ha parato tutti e tre i tiri nello specchio tedeschi) ha dovuto abbandonare l’Europeo solo ai rigori contro il Portogallo, con appena 2 gol subiti in tutto il torneo, nonostante una difesa che lasciava passare 17 tiri a partita. Con 3.75 parate in media nei novanta minuti, e soprattutto la gara da 7 parate contro la Svizzera agli ottavi, anche a livello statistico arriva la conferma di un torneo superlativo in cui a segnargli sono stati solo Renato Sanches, con una cannonata deviata, e Shaqiri con la rovesciata diventata uno tra i gol più belli dell’Europeo. Fabianski è stata anche la principale fonte per i rifornimenti a Lewandowski, diventando il giocatore con più lanci riusciti ogni novanta minuti (14). In questo Europeo povero di strategia anche questi dettagli non sono da sottovalutare.

Terzino destro: Darijo Srna (Croazia)

Difficile trovare un solo difetto all’Europeo di Srna, a parte il fatto che a 34 anni sarà probabilmente l’ultimo torneo di uno dei migliori terzini degli ultimi dieci anni. Srna è stato perfetto nella storica vittoria con la Spagna (dopo un esordio da ricordare con la Turchia) e probabilmente il migliore in campo dei suoi nella sconfitta agli ottavi con il Portogallo, dove ha provato in tutti i modi a mandare in rete i compagni (6 passaggi chiave). La Croazia ha attaccato prevalentemente da destra (42% delle azioni offensive) dove Srna si è rivelato uno dei pochi terzini in grado di aiutare sia la costruzione della manovra che di arrivare sul fondo (con 4.3 cross a partita è quello che ha crossato di più in tutto l’Europeo). Ovviamente senza far mancare la solita attenzione e dedizione senza palla (4 contrasti a partita). Srna ci ha anche lasciato una delle immagini che ci porteremo dietro più a lungo di questo Europeo, il pianto per il lutto del padre durante l’inno, perché il calcio è fatto di uomini e di uomini come Srna ce ne sono troppo pochi.

Centrale destro: Pepe (Portogallo)

Il Portogallo ha vinto l’Europeo intasando le zone centrali e provando innanzitutto a non subire tiri in area di rigore. Pepe in questo contesto è stato fondamentale per la strategia di Santos.

Arrivato al torneo dopo un grandissimo finale di stagione, dove si è prima ripreso il posto da titolare da Varane ed ha poi aiutato il Real Madrid a vincere la Champions League, ha guidato il reparto arretrato del Portogallo, prendendolo per mano e portandolo fuori anche dalle situazioni più complicate. Ogni giocatore che ha provato a stazionare nella sua zona di competenza si è trovato davanti un giocatore perfetto nelle letture: forte negli anticipi (3 intercetti a partita) e insuperabile di testa (4 duelli aerei vinti). Nei quarti contro la Polonia Pepe ha espresso una delle prestazioni individuali migliori di tutto il torneo, mettendo insieme 7 duelli aerei vinti e 6 intercetti.

Centrale sinistro: Leonardo Bonucci (Italia)

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L’Europeo è stata la definitiva consacrazione di Bonucci come calciatore di élite nel suo ruolo, almeno per quella parte di pubblico che magari per ragioni partigiane continuava a sminuirne i pregi e ingigantirne i difetti. Bonucci è partito con l’enorme responsabilità di fare sia il libero della difesa a 3 che il regista della squadra, per via dell’importanza dei suoi lanci nella manovra offensiva, e ha ripagato le aspettative di Conte esaltandosi come impostatore (5 lanci riusciti a partita) e nelle letture difensive (3.2 intercetti a partita). Rimane da parlare del gol subito contro l’Irlanda su una sua disattenzione in marcatura, in una partita, però, che è stata poco più di un’amichevole in mondovisione, dove già ammonito ha evidentemente giocato col freno a mano tirato. Non dovrebbe quindi influire nel giudizio di un Europeo dove ha dato il meglio contro Belgio (il lancio per Giaccherini), Spagna e Germania (dove ha anche deciso di calciare il rigore a partita in corso).

Terzino sinistro: Raphael Guerreiro (Portogallo)

Terzino marcatamente offensivo, Raphael Guerreiro è rapido, intelligente, tecnico il giusto con il pallone e sorprendentemente attento senza. Ha messo insieme 3 intercetti e meno di un dribbling subito ogni novanta minuti. In fase offensiva i suoi tagli senza palla, eseguiti con i tempi perfetti, hanno rappresentato una delle poche certezze del povero attacco posizionale portoghese.

Quello con Srna negli ottavi è stato probabilmente il duello più bello di tutta la manifestazione; mentre la traversa colta negli ultimi minuti della finale contro la Francia lo ha privato di una narrativa personale che sarebbe letteralmente esplosa. In un torneo che ha offerto pochissimo in termini di terzini sinistri di livello, il suo esordio nel grande calcio è stato una vera rivelazione, capace di giustificare in modo immediato i 12 milioni pagati dal Borussia Dortmund per prenderlo.

Davanti alla difesa: Grzegorz Krychowiak (Polonia)

Krychowiak ha giocato come vertice alto di un triangolo con i due difensori centrali che la Polonia ha utilizzato per bloccare il centro del campo. La calma con cui sfrutta il fisico marmoreo per spostare chiunque lo separi dal pallone rende Krychowiak a modo suo uno dei leader tecnici della squadra, e lo è a tutti gli effetti se si guarda a come, nelle fasi di difesa posizionale, si sbraccia, indica, urla ai compagni la posizione giusta da tenere o l’azione da intraprendere. Il 10 sulle spalle è stato giustificato dal ruolo da vero regista, sia della manovra puramente difensiva che in fase di impostazione, dove si è fatto carico della distribuzione orizzontale del pallone per arrivare sulle fasce (con 65 passaggi di media ogni 90 minuti, più di tutti nella Polonia), del lancio per le due punte (5.6 a partita primo dei giocatori di movimento) e anche di cominciare la transizione offensiva con qualche conduzione palla al piede con cui ha rotto, metaforicamente e non, le linee.

Mezzala destra: Aaron Ramsey (Galles)

Ramsey ha giocato nell’inedito ruolo di regista avanzato tra le linee, con il compito di dare raziocinio alla transizione offensiva gallese. Il ruolo tra le linee che Coleman gli ha ritagliato in corso, dopo l’esordio più vicino a Bale, ha esaltato il suo talento da tuttocampista: Ramsey ha sia agito da gestore del pallone (primo della squadra con 49 passaggi di media a partita) che da rifinitore (3 passaggi chiave a partita e 4 assist su 10 gol totali del Galles), rimanendo in movimento costante senza palla per restare in linea con i centrocampisti. Ramsey è stato tanto fondamentale nello storico cammino del Galles, al punto che la sua assenza in semifinale (per l’ingiusta regola sui cartellini gialli) rappresenta il più grande rimpianto dei tifosi.

Mezzala sinistra: Andrés Iniesta (Spagna)

L’idea che la Spagna sarebbe arrivata là dove le partite perfette di Iniesta sarebbero state in grado di portarla si è avverata nella perentoria uscita contro l’Italia, in cui per la seconda volta la squadra di Del Bosque non è riuscita (per mancanza di adeguamenti tattici) a far esprimere al meglio il proprio giocatore migliore. Nella fase a gironi, però, Iniesta non ha avuto pari in quanto ad impatto nel torneo: l’esordio contro la Repubblica Ceca è stato un assaggio di quanto visto poi nella partita contro la Turchia (la singola prestazione migliore dell’Europeo?) e poi nel primo tempo di dominio contro la Croazia. Va sottolineato ancora come Iniesta si sia trovato per la prima volta in carriera a dover fare da leader tecnico e mentale di un gruppo, e non ha tradito in nulla le aspettative. L’Iniesta-sistema voluto da Del Bosque prevedeva la sua posizione di partenza come mezzala di possesso a sinistra, libero però poi di muoversi verso il centro per assumere il controllo totale della manovra (90 passaggi effettuati ogni 90 minuti, 2.3 passaggi chiave, 3.5 lanci) con una squadra messa in campo o con giocatori per associarsi a lui o specialisti funzionali, in entrambi i casi con l’intento di dargli opzioni di passaggio, che lui ha saputo sfruttare.

Trequartista: Dimitri Payet (Francia)

Payet è apparso raggiante già all’esordio, deciso con un suo bellissimo gol a coronare la prima prestazione da star dell’Europeo. In una Francia ancora in via di definizione, Payet ha rappresentato l’unica certezza di pericolosità offensiva. Al momento dell’esplosione di Griezmann, e del passaggio al 4-2-3-1 con cui la Francia ha affrontato la fase ad eliminazione diretta, Payet ha perso peso in un sistema che non necessitava più la sua posizione centrale per giocare il pallone, adattandosi a un ruolo più da rifinitore che non ha comunque intaccato la produzione offensiva: ha chiuso il torneo con 3.4 passaggi chiave, 3 tiri, 2.3 cross e 2.6 dribbling riusciti a partita.

A fare la differenza è stata la raffinatissima qualità tecnica nei due gesti più importanti del calcio: il primo controllo e il tiro. Tramite questi due fondamentali Payet è in grado di rendersi pericoloso da qualsiasi posizione una volta ricevuto palla sulla trequarti, che sia gestire il pallone tra le linee o calciare in porta. Payet ha brillato come pochi.

Attaccante destro: Antoine Griezmann (Francia)

L’intero Europeo è cambiato quando Griezmann, contro l’Irlanda, è stato messo nel cuore del gioco francese. Col nuovo sistema i padroni di casa sono arrivati fino alla finale, definendo la manovra offensiva sulla base del suo gioco associativo e della sua freddezza in area (oltre che dando senso alla presenza in campo di Giroud, che a quel punto si è trovato vicino un giocatore in grado di sfruttare le sue sponde). In tutto questo ha assunto anche i contorni del vero leader mentale della squadra, del trascinatore totale. Griezmann al centro ha trovato il modo di sfruttare tutte le sue caratteristiche migliori: giocatore letale in area di rigore e intelligente lontano da essa; e si è guadagnato un indiscutibile titolo di MVP del torneo.

La sua leggendaria prestazione contro la Germania in Semifinale va ben oltre i due gol che hanno deciso la partita: Griezmann ha ordinato un sistema altrimenti lasciato al caos da Deschamps e l’ha fatto sia con il pallone che senza, indirizzando i suoi movimenti in fase difensiva a tagliare la linea di passaggi verso Kroos, e in fase offensiva a farsi trovare disponibile per gestire il pallone con raziocinio. Appoggi e letture senza palla sono arrivati anche nella finale, dove è mancata solo quella precisione in area di rigore che gli ha permesso di prendersi la scarpa d’oro con 6 gol. Il suo impatto è stato decisivo nella competizione come quello di nessun altro calciatore, eppure non è bastato.

Attaccante sinistro: Gareth Bale (Galles)

Nessuna squadra di questo Europeo ha avuto a disposizione un uomo squadra tanto influente dal punto di vista tecnico e mentale. Bale aveva potenzialmente un gioco che da solo sarebbe stato capace di mettere in difficoltà qualsiasi sistema difensivo visto all’Europeo, ma ha preferito per certi versi sacrificarsi aumentando al tempo stesso la propria influenza sul gioco, innalzando l’intero collettivo. Bale è stato presente lungo tutto il fronte offensivo con Allen come regista, Ramsey come giocatore di raccordo, e Robson-Kanu da ariete. Bale si è mosso tra le linee, ha fatto da creatore dell’azione offensiva senza risparmiarsi dal punto di vista dell’intensità: Bale ha corso in modo costante su ogni pallone che i compagni hanno provato a dargli (e in squadra non aveva certo Kroos e Modric come a Madrid) senza paura di ritrovarsi poi senza la necessaria freschezza mentale con il pallone tra i piedi.

La presenza di Bale è stata quasi mistica, capace di offrire sempre un’opzione costante per i compagni, per qualsiasi situazione di gioco: gestire il pallone, saltare l’uomo o far partire la transizione. Il Galles è arrivato dove l’ha trascinato Bale, cioè fino al traguardo storico della semifinale. Incredibile che la sensazione è che avrebbe potuto fare di più.

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