Il tentato suicidio del Barcellona ci ha regalato il finale di Liga più incerto degli ultimi anni, con tre squadre racchiuse in un solo punto. Fatto unico tra i principali campionati europei. La Liga ormai è affare delle tre superpotenze che stanno dominando a livello continentale da un triennio. In termini più generali questa Liga è stata di alto livello. La varietà della proposta calcistica di ognuna delle squadre e l’alto standard tecnico ha generato molti spunti in quasi ogni partita. Anche le tre grandi sono arrivate comunque a perdere punti contro squadre non in lotta per l’Europa come Málaga, Real Sociedad o Sporting Gijón.
Anche la corsa per i preliminari di Champions League è stato un affare a tre, in grado di rappresentare al meglio la varietà tattica e lo standard tecnico presente in Spagna. Il Villarreal di Marcelino, con il suo sistema difensivo quasi all’altezza di quello dell’Atlético Madrid; l’avvolgente e sempre piacevole Athletic Club di Valverde e l’iper offensivo Celta Vigo di Berizzo. Anche più in basso in classifica ci sono state ottime interpreti, come l’incredibile Málaga del sottovalutato Javi Gracia, capace di arrivare ottavo con una rosa costruita per non retrocedere; o il bellissimo Las Palmas di Quique Setién e il suo calcio di possesso costruito per esaltare il meglio della scuola canaria.
In questa top 11 abbiamo cercato di mettere assieme una squadra in grado potenzialmente di dare filo da torcere alle tre potenze, Barcellona, Real Madrid e Atlético Madrid. La squadra è stata costruita sulla base della migliore delle normali, ovvero il Villareal, arrivato quarto. È quindi impostata sul 4-4-2 di Marcelino: una squadra attenta tatticamente, ma veloce e tecnica con il pallone, fatta da esterni in grado di accentrarsi e da una coppia di attaccanti ben integrati.
Non ho schierato Bruno Soriano e Nolito titolari - nonostante per la stagione fatta avrebbero dovuto farne parte e sono perfetti per giocare contro le tre grandi - perché già presenti in quella dello scorso anno. Ho preferito aggiungerli ad altre 5 riserve per averli a disposizione a partita in corso.
Portiere: Alphonse Aréola (Villarreal)
Arrivato per sostituire l’infortunato e sfortunato titolare Sergio Asenjo, nessuno poteva aspettarsi una stagione da protagonista assoluto. Il prestito dal PSG è il terzo consecutivo per quello che a 23 anni rimane un vero predestinato. La stagione è stata da futuro dominatore del ruolo: nel sistema difensivo del Villarreal è fondamentale che il portiere sia aggressivo per bilanciare una linea difensiva attenta a non sbagliare mai le distanze, e che quindi può peccare di intraprendenza. Aréola è potente fisicamente e coraggioso, caratteristiche che gli permettono di dominare l’area di rigore, sia quando viene attaccato che sulla difesa dei calci piazzati, dove trasmette sempre grande sicurezza.
Aréola preferisce cercare di bloccare il pallone piuttosto che la respinta (ne blocca 2.7 per 90 minuti), cosa che lo avvicina ai portieri vecchia scuola. Con lui in porta il Villarreal in 15 partite non ha subito gol (solo uno meno di Bravo e due più di Navas), chiudendo il campionato con la difesa meno battuta dietro le solite tre con 35 gol subiti e per il francese una media di 0.8 gol a partita, dietro solo l’inarrivabile Oblak e Claudio Bravo.
Come riserva l’opzione imprescindibile è Carlos Kameni del Málaga, un estremo difensore che arrivato ormai ai 32 anni conserva tutti i pregi e i difetti di un portiere eccentrico e propenso a perdere concentrazione, ma che se motivato è in grado di diventare un vero muro, come quasi sempre nelle partite contro le grandi.
Terzino Destro: Mario Gaspar (Villarreal)
La vera esplosione di Mario è arrivata la scorsa stagione, ma è in questa che ha cementificato lo status di miglior terzino destro della Liga dei normali. A 25 anni è il vicecapitano del Villarreal, con cui ha sempre giocato, dalle giovanili alla prima squadra. Le sue caratteristiche sono state esaltate dal gioco di Marcelino. Difensivamente non ha difetti: le letture sono impeccabili e le diagonali precise, ed è abbastanza veloce e solido fisicamente da non temere gli avversari. È intenso e praticamente immune ad errori.
Offensivamente legge bene quando attaccare il fondo per il cross e quando invece occupare zone centrali sfruttando i movimenti dei compagni. Ad aiutarlo una tecnica di base che non ha lacune, in grado di eseguire ogni azione richiesta da un laterale contemporaneo.
Come riserva c’è un giocatore che si trova nella stessa situazione di Mario Gaspar lo scorso anno: Hugo Mallo. Gli serve solo un’ulteriore stagione a questo livello per poterlo considerare al pari dei più grandi. Il lavoro di Berizzo su di lui lo ha portato oltre ogni più rosea aspettativa. E il margine di crescita sembra superiore anche a quello di Mario Gaspar.
Difensore centrale destro: Shkodran Mustafi (Valencia)
In una stagione in bilico tra il ridicolo e l’orrendo, il Valencia è sembrato tutto meno che una squadra di calcio. La poca organizzazione in Liga si paga e infatti la squadra non è finita neanche nella parte alta della classifica. In un contesto del genere le prestazioni di Mustafi vanno sottolineate, perché parliamo di un centrale che aveva il quasi impossibile compito di dover, al contempo, marcare la punta avversaria e correggere gli errori dei compagni meno esperti. La cosa incredibile è che per buona parte della stagione il centrale tedesco lo ha fatto come fosse una cosa normale. Nessuno tra i papabili è in grado di racchiudere meglio l’archetipo del difensore completo contemporaneo: veloce, forte fisicamente, solido di testa, buono nella distribuzione e bravo nelle letture.
In un clima di quasi anarchia, Mustafi ha chiuso la stagione come secondo migliore della Liga sia per intercetti (con 4.5, 0.1 meno del primo) che per contrasti tra i centrali (con 3.5, 0.4 meno del primo), il tutto con anche 3 contrasti aerei vinti per 90 minuti. Costretto a dover sempre pensare in un contesto non automatizzato, e quindi incline a forzare falli e spazzate pur di allontanare la palla dall’area, in una squadra organizzata non potrebbe che esaltarsi.
Difensore centrale sinistro: Weligton Oliveira (Málaga)
Se Mustafi può essere il braccio perfetto, c’è bisogno di una mente che lo diriga per sfruttarne le potenzialità, e in quanto a centrali cerebrali non c’è nessuno al pari del brasiliano Weligton. Alla sua nona stagione in Spagna, è ancora l’inamovibile regista di uno dei tre migliori sistemi difensivi del campionato, che con lui in campo raggiunge livelli impensabili visti i nomi dei componenti della rosa. Il Málaga di Javi Gracia ha chiuso il campionato subendo 35 gol, quinta miglior difesa, e lo ha fatto grazie a un’organizzazione perfetta. Weligton ha 36 anni e il naso rotto da pugile suonato, rimediato in uno dei tanti scontri della sua infinita carriera, partita dai dilettanti in Brasile e arrivata tra i professionisti solo a 23 anni.
È macchinoso e poco elegante, ha una patina di sudore che lo copre completamente dal primo minuto e lo sguardo di chi sa che per lui le partite sono un’apnea di 90 minuti. Ha chiuso la stagione con 3 intercetti a partita, prova tangibile di quanto questo sport possa essere giocato anche e soprattutto con la mente. Weligton è la cosa più vicina a Godín tra i selezionabili in quanto a carisma e capacità di influenzare le mosse dei compagni. Deve guidare una linea dove sa già di doversi muovere due mosse avanti agli avversari per arrivare prima di giocatori che potrebbero girargli attorno con la palla a piacimento. Con lui in campo questi sono i risultati del Málaga contro i tre giganti:
Barcellona: 0-0 e persa 2-1
Real Madrid: 0-0 e 1-1
Atlético: vinta 1-0 e persa 1-0
E questo è come Weligton insegna ai giocatori del Real Madrid cosa sia la tattica del fuorigioco.
Come riserva dei due centrali c’è Pedro Bigas. Con lui la rivelazione Las Palmas è stata in grado di mantenere una linea sempre alta a supporto di un calcio di possesso e di un recupero palla veloce. Il 26enne è in grado di assorbire la pressione e di giocare il pallone con precisione. È inoltre il primo della Liga per intercetti: 4.6 per 90 minuti.
Terzino sinistro: Yuri Berchiche (Real Sociedad)
Yuri sembrava ormai destinato a una carriera da riserva dopo l’esperienza fallimentare in Inghilterra, seguita da due prestiti all’Eibar nonostante fosse un giocatore formato di 24 anni. Quest’anno ha iniziato come riserva del più esperto de la Bella e solo a fine ottobre, con l’infortunio del titolare, ha giocato la prima partita da titolare della stagione. Da lì però non ha più lasciato il posto, con un finale di 2015 praticamente perfetto.
Di padre algerino e madre basca, Yuri ha un’interpretazione aggressiva e offensiva del ruolo di terzino. Il tecnico Eusebio lo ha posizionato altissimo in fase di possesso per farne un punto di riferimento: Yuri è anche parte della manovra offensiva prima di arrivare sul fondo, dove può arrivare con continuità grazie alla velocità di conduzione. Senza palla sfrutta l’ottimo fisico e la mentalità aggressiva per rendere la sua fascia di competenza un campo minato. Si getta su ogni linea di passaggio, che sia bassa (con 4 intercetti per 90 minuti è quarto in Liga) o alta (vince quasi 3 contrasti aerei per 90 minuti). Non che sia un kamikaze che non si guarda mai indietro, ma quando può difendere in avanti è devastante.
Come riserva a sinistra c’è un profilo opposto a quello di Yuri: Balenziaga dell’Athletic Club, un terzino dalle caratteristiche difensive che quando è in possesso gioca in modo semplice e arriva sul fondo per il cross sovrapponendosi al compagno di fascia. Quando è senza palla però dà il meglio con le sue doti in marcatura e l’attenzione nelle letture difensive.
Esterno destro: Fabián Orellana (Celta Vigo)
Scovato dall’Udinese direttamente in Cile, i Pozzo non hanno compreso le potenzialità del giocatore che avevano tra le mani e che solo con Luis Enrique al Celta Vigo sono iniziate ad affiorare. L’incontro tra Orellana e Berizzo della scorsa stagione è uno degli idilli della Liga spagnola: il cileno è perfetto per il calcio offensivo dell’allievo di Bielsa e il tecnico è stato bravissimo a ricavare il massimo dalle caratteristiche della sua stella.
Orellana non è un semplice esterno basso e tozzo dai quadricipiti infuocati che gioca in verticale: il cileno si muove lungo tutto il campo, occupando una zona che va dalla linea di fondo fino a dialogare con l’esterno opposto, il tutto senza togliere mai il piede dall’acceleratore e senza perdere lucidità nella giocata. 7 gol e 7 assist sono solo la punta dell’iceberg di un giocatore dall’influenza in ogni aspetto del gioco. Trascinato anche e soprattutto dal ritmo incessante di Orellana lungo tutto l’asse sinistro, il Celta Vigo non ha perso fino alla nona giornata di campionato ed ha concluso il campionato al sesto posto: il miglior piazzamento dai tempi magici dell’ “EuroCelta” di Karpin e Mostovoi.
Tenta 5 dribbling per 90 minuti, se perde palla si gira e la va a riprendere dai piedi dell’avversario, si alza e ricomincia a giocare. È aggressivo ma intelligente: verticalizza, cambia gioco, si appoggia alla salita del terzino di riferimento. Un pendolo che non va solo in verticale e che a 30 anni ha la maturità di capire cose serve alla squadra in quel momento. Anche magari un fallo duro o un tiro da fuori per svegliare i compagni, o anche una conduzione di trenta metri per guidare la transizione.
Come riserva a destra c’è un giocatore decisamente meno carismatico in Pablo Sarabia, elegante rifinitore di scuola madrilena che a 24 anni ha fatto la miglior stagione della carriera e il massimo in una squadra mediocre come il Getafe: 7 gol e 6 assist con 2.7 passaggi chiave a partita, che però non sono bastati per salvare la squadra dalla retrocessione. Destino che sicuramente lui non seguirà.
Centrocampista centrale destro: Ignacio Camacho (Málaga)
Se Weligton è il regista della difesa del Málaga, Ignacio Camacho è la stella e il motivo principale per cui tutto il sistema di Javi Gracia è riuscito ad emergere come un blocco di cemento davanti alla porta. Camacho è tornato da un infortunio solo a ottobre, con il Málaga in zona retrocessione, e l’ha tirato su fino all’ottavo posto finale, dando un senso a tutto il sistema: con la sua sola presenza la linea di centrocampo può giocare senza palla dieci metri più avanti, grazie alla sua capacità di recuperare il pallone e bloccare la transizione offensiva rivale.
A 26 anni le letture difensive del centrocampista madrileno sono perfette. Seconde solo forse a Busquets in tutto il campionato. Sa quando pressare e quando contenere, come utilizzare il fisico per andare in contrasto e quando fare da schermo sulle linee di passaggio. I 3 contrasti riusciti, i 3.6 intercetti e i 3.3 contrasti aerei vinti per 90 minuti non fotografano a sufficienza il dominio di Camacho al centro del campo.
Cresciuto nell’Atlético Madrid, non esiste nessuno più indicato di lui per rimpiazzare Gabi nel sistema del Cholo.
Centrocampista centrale sinistro: Beñat Etxebarria (Athletic Club)
Il perfetto complemento di Camacho. Arrivato dopo una stagione perfetta nel Betis, il regista basco non sembrava in grado di replicare il suo gioco tanto particolare anche nella squadra dove era cresciuto. Nell’Athletic sembrava non essere in grado di reggere il ritmo sostenuto con cui Valverde è solito avvolgere gli avversari. Ora è passato da debolezza a punto di forza della squadra, in grado di rimanere concentrato per tutti i 90 minuti senza più patire la scarsa resistenza. Non essendo più una debolezza difensiva, ora può esprimere le doti di distribuzione del possesso che ne fanno un punto di riferimento del centrocampo basco. Beñat con il pallone possiede un ventaglio di soluzioni tecniche molto ampio, dal filtrante per superare la linea avversaria al lancio millimetrico per l’esterno di fascia opposta, fino alla minaccia concreta di un destro secco e preciso dalla distanza. Lo stesso piede con cui calcia con precisione anche angoli e punizioni, una vera arma per la squadra che ha in Aduriz il miglior copritore di testa del campionato.
Come riserva a centrocampo ovviamente c’è Bruno Soriano, il regista davanti alla difesa migliore del campionato dalla partenza di Xabi Alonso e di cui ho già scritto un piccolo omaggio qui.
Esterno sinistro: Denis Suárez (Villarreal)
Denis è un giocatore elegante e talentuoso, in grado potenzialmente di fare qualsiasi cosa palla al piede, eppure particolarmente timido e insicuro. Questo in passato lo portava ad uscire dalla partita se le prime azioni di gioco non riuscivano come voleva. Marcelino ha deciso allora di dargli compiti semplici su cui concentrare il suo talento e lasciando a Bruno Soriano a suo fianco l’onere di prendersi le responsabilità. Potendo muoversi verso il centro del campo a piacimento (a patto di rientrare largo in fase difensiva) per dare il passaggio giusto per sbloccare l’azione (spesso un hockey pass o preferibilmente quello chiave) si è trovato nella situazione ideale di poter sbagliare, sicuro che alle spalle avesse un sistema in grado di correggere i suoi errori. Grazie a questa rete di protezione, è cresciuto in sicurezza, fino a una volata finale in cui anche le azioni più difficili sono diventate normali. Un passo in avanti quindi più dal punto di vista psicologico che di gioco, che ha convinto il Barcellona a far valere la clausola sul contratto e riprenderselo.
L’esterno sinistro di riserva non può che essere Nolito, nel prime della carriera e autore dell’ennesima stagione da assoluto protagonista della Liga. 12 gol e 7 assist in una stagione perfetta con il suo Celta tornato in Europa, tanto da portare a gennaio Luis Enrique a chiedere o lui o nessun altro come riserva della MSN.
Seconda punta: Iago Aspas (Celta Vigo)
Forse Iago è il giocatore con la faccia più antipatica della Liga e in campo non fa nulla per risultare più simpatico. Però è un attaccante completo, che da solo può portare una buona squadra a lottare per l’Europa, grazie a un insieme di tecnica e forza mentale che fanno la differenza se non si hanno fenomeni a disposizione. I suoi passaggi a vuoto a Liverpool e Siviglia sembravano averne arrestato la carriera, ma tornato a casa nel suo Celta ha trovato la forza di rialzarsi e trovare finalmente compiutezza. A 28 anni ha la maturità per capire come attingere al suo talento e influenzare la gara, con uno scatto nello spazio improvviso o con una ricezione spalle alla porta perfetta. O meglio ancora con una sensibilità nel calciare il pallone da far invidia ai più grandi.
Con lui in campo le difese avversarie non hanno reali armi, se non sperare che la scelta che prenderà sia quella errata perché se tocca palla in area ha un ampio ventaglio di opzioni a disposizione: se la difesa è alta allora lui va in profondità e attende l’uscita del portiere per superarlo, se la difesa rimane bassa allora Iago salta il centrale e buca la porta con un collo potente. 14 gol tutti diversi e una comunione perfetta con gli altri due talenti offensivi del Celta, Nolito e Orellana, con cui Iago alterna movimenti da centravanti classico che attacca lo spazio a quelli da falso 9 arretrando per dialogare con la trequarti. Sembrava impensabile anche solo dodici mesi fa una tale rinascita, alla faccia di chi dice che nessuno è profeta in patria.
L’attaccante di riserva è Lucas Pérez del Deportivo, autore di una stagione impronosticabile, in cui nella prima parte ha segnato 12 dei sui 17 gol totali e nella seconda ha servito 6 de sui 8 assist totali. Ha trascinato di peso il Deportivo a metà classifica nella prima parte e ha accompagnato la salvezza nella seconda, quando le difese sembravano aver capito come limitarlo. A inizio campionato però è stato realmente immarcabile in progressione. A 27 anni è pronto per una grande.
Prima punta: Aritz Aduriz (Athletic Club)
È difficile rendere a parole l’impatto che la stagione di Aduriz ha avuto sulla Liga. A 35 anni scatta ancora come quando ne aveva 25, ha iniziato la stagione dominando contro la difesa del Barcellona e con una tripletta ha consegnato il primo titolo del nuovo secolo alla sua squadra.
Aduriz ha terminato la stagione con 20 gol e 6 assist, in una squadra che è costruita totalmente per sfruttare le sue caratteristiche. Valverde ha cucito un abito su misura per una punta che è ancora in grado di arrivare prima e più in alto di tutti su di ogni singolo cross in area (vince 5 contrasti aerei per 90 minuti). Ma non è solo questo: Aduriz è carismatico e ambizioso e in una squadra che gioca a un ritmo alto e fa della pressione un mantra lui non è mai fermo. È il primo ad andare sui centrali per far scattare il meccanismo di pressing e una volta recuperata palla è il primo a scattare in profondità per ricevere un eventuale verticalizzazione improvvisa. Un vero maratoneta, che conserva però l’istinto del finalizzatore in area di rigore, dove mette alla prova il portiere con 2.7 tiri per 90 minuti e una percentuale di conversione del 18%, la stessa di un cecchino come Gameiro. Aduriz quindi è il centro del sistema offensivo, il primo difensore e il realizzatore della squadra.
Nella sua infinita carriera ha vissuto più di una vita: ha giocato nelle serie minori basche, ha lottato per salire in Primera, per non retrocedere in Segunda e giocato in Champions League. È stato il maestro di Llorente e la prima punta del Valencia in Champions League, è tornato due volte a Bilbao dopo essere stato per due volte lasciato andare. Ora giocherà anche gli Europei in estate.