Dopo l’anno di interregno del Lille, il PSG è tornato padrone della Ligue 1. I parigini non hanno avuto bisogno di spingere troppo sull’acceleratore, a volte sembrava che gli bastasse aspettare che Mbappé si inventasse qualcosa per vincere le partite. Un campionato messo in bacheca per inerzia, insomma, forse il più grigio di quelli del ciclo qatariota, condannato al fallimento ogni volta che esce dalla Champions League.
Se il dominio della proprietà di Al-Khelaifi contribuisce ad adombrare il resto della Ligue 1, la lotta per la Champions e gli altri piazzamenti europei è stata avvincente fino all’ultima giornata, merito del rendimento non troppo regolare delle candidate. In una prima fase il Nizza sembrava la squadra migliore alle spalle del PSG, forte della solidità tipica delle squadre di Galtier. Poi un brutto calo, coinciso con il periodo opaco di Gouiri e con un certo piattume offensivo, ha fatto scivolare i rossoneri in zona Conference League. Al loro posto, hanno lottato per la Champions il Monaco, passato a stagione in corso da Kovać a Philippe Clement in panchina, il Marsiglia di Sampaoli e il Rennes di Genesio, le due squadre più spumeggianti del campionato, con i bretoni alla fine condannati all’Europa League. Subito dietro di loro, da segnalare il rendimento di Strasburgo e Lens. Gli alsaziani di Julien Stephan sono la vera sorpresa della Ligue1, capaci di issarsi dal quindicesimo posto della scorsa stagione al sesto di quest’anno, tornando a giocare in Europa per la prima volta dai tempi della Coppa UEFA 2005/06. Il Lens di Franck Haise, invece, non è più una sorpresa dopo il settimo posto dell’ultima stagione, una squadra dalla proposta di gioco fresca e verticale, con tanti calciatori peculiari.
Se Strasburgo e Lens sono le sorprese più liete, la delusione del campionato è senza dubbio il Lione di Bosz. Il tecnico olandese ha provato ad impiantare un calcio rigido, per nulla affine alle caratteristiche dei suoi talenti offensivi, culminato in un mediocre ottavo posto con tanto di dimissioni del DS Juninho a dicembre.
Queste sono le premesse che hanno dato vita a questa top XI, che anche quest'anno non vedrà al suo interno giocatori del PSG. Ho seguito altre regole per renderla più ricca e variegata possibile: sono ammessi al massimo due calciatori per squadra e sono esclusi tutti quelli già menzionati lo scorso anno. Rimangono quindi fuori Todibo del Nizza, Jonathan Clauss del Lens, convocato in Nazionale da Deschamps, Aurélien Tchouameni, di cui diventa sempre più difficile misurare i margini di crescita, e Ben Yedder. Il modulo scelto è il 4-2-3-1.
Portiere: Walter Benitez (Nizza), 1995
Per il secondo anno consecutivo, Christophe Galtier costruisce la miglior difesa del campionato francese, con solo trentacinque gol subiti. Non saranno gli incredibili numeri del Lille 2020/21, ma si tratta comunque di cifre importanti per una squadra, il Nizza, che alla fine non è riuscita a competere per un posto in Champions. Merito delle linee strette del sistema di Galtier, certo, ma anche del suo portiere, Walter Benitez.
Secondo le statistiche, infatti, il Nizza è appena la sesta miglior difesa per xG concessi, 44.4 a fronte di 34 gol subiti. L’overperforming si spiega anche con il rendimento di Benitez, portiere efficiente nelle situazioni più spinose: l’argentino spicca per la gestione dell’uno contro uno con gli attaccanti ed ha grandi riflessi sulle ribattute, situazioni in cui è facile fare gol. Secondo FBref è nel 94o percentile per differenza tra gol previsti post tiro e gol effettivamente concessi.
Arrivato al Nizza dal Quilmes nel 2016, durante questa stagione ha ottenuto la cittadinanza francese e chissà magari un giorno potrebbe scegliere la Nazionale che lo ha adottato. Per l’atavico vizio dei selezionatori argentini di convocare giocatori discutibili tra porta e difesa, quindi Scaloni rischia di perdere un portiere di sicuro affidamento. Deschamps si è detto attento alle sue prestazioni e lui gli ha strizzato l’occhio: «In Francia sanno che, dato che l’Argentina non mi ha chiamato, posso giocare tranquillamente con loro».
Terzino destro: Vanderson (Monaco), 2001
Di Vanderson vi avevamo già parlato a settembre in un articolo dedicato ai migliori talenti del Brasileirão. Da terzino destro aveva impressionato al Gremio, dove spiccavano soprattutto le sue qualità offensive. A gennaio Vanderson è arrivato al Monaco, nello stesso periodo in cui la società del principato ha sostituito in panchina Kovać con Philippe Clement. Il brasiliano si è preso il posto da titolare a febbraio e non l’ha più abbandonato.
Sulla sua presenza in questa lista ci sono comunque da fare un paio di disclaimer. Innanzitutto è giusto fare una menzione ad Hamari Traoré, per numeri crudi il miglior terzino destro della Ligue 1 con tre gol e dieci assist, escluso dalla top XI per la presenza di altri due giocatori della sua squadra, il Rennes. Dopodiché, va specificato come Vanderson abbia giocato molte delle sue partite al Monaco da esterno di centrocampo. Le caratteristiche, però, suggeriscono per il brasiliano un futuro da terzino, o meglio ancora da esterno a tutta fascia, visto che non sembra avere qualità tecniche sufficienti per agire troppo avanzato, nello stretto e nei primi controlli.
Al momento, il meglio del repertorio di Vanderson è legato alla sua esuberanza atletica. Dotato di un fisico slanciato, gli piace dribblare gli avversari in allungo oppure conducendo in diagonale verso l’interno. Il fisico condiziona anche il suo modo di difendere, dove gli piace soprattutto cercare contatto con l’uomo. Dal punto di vista balistico, poi, ha un gran piede, come da tradizione dei terzini brasiliani. Oltre al tiro, Vanderson è anche un ottimo crossatore e non disdegna l’uso dei cambi gioco: non sarà un regista aggiunto, né vanta la perfezione estetica dei migliori terzini contemporanei, ma la sua abilità a trovare il versante opposto è utilissima per avere una buona uscita dal basso.
Centrale destro: William Saliba (Marsiglia), 2001
Insieme a Marquinhos, William Saliba è stato il miglior centrale della Ligue 1. Nativo della periferia di Parigi – Bondy, stesso comune di Mbappé – ha trovato la sua consacrazione nella città rivale della capitale, Marsiglia. Saliba in realtà è di proprietà dell’Arsenal, che invece di puntare su di lui ha preferito fidarsi di Holding in difesa. Saliba è al secondo anno in prestito – la scorsa stagione era a Nizza – e secondo le ultime voci preferirebbe rimanere a Marsiglia piuttosto che tornare a Londra: la giusta punizione per la poca lungimiranza dei "Gunners".
Saliba ha tutte le carte in regola per crescere fino ad entrare nella ristretta élite dei migliori difensori al mondo. Saliba incarna tutte le caratteristiche dei migliori difensori di nuova generazione: corpulento, aggressivo, velocissimo a coprire la profondità, imponente nell’uno contro uno e abilissimo in conduzione e nei passaggi. Caratteristiche che lo rendono particolarmente adatto a giocare in una squadra che passa la maggior parte del suo tempo nella trequarti avversaria, proprio come il Marsiglia di Sampaoli in Ligue 1. Con il francese alle spalle, infatti, terzini e centrocampisti possono permettersi di salire in zone profonde, perché non ha problemi a tamponare in avanti, verso la fascia, o a correre all’indietro. Fisicamente si tratta di un colosso, un difensore così ingombrante che sembra impossibile girargli intorno. Proprio per le sue qualità, ama spezzare la linea e cercare il contatto in uno contro uno, dato che con una spallata può mandare a terra chiunque.
Con la palla, poi, il suo contributo è altrettanto importante, in particolare per la capacità di attrarre il pressing e condurre il pallone per decine e decine di metri. Secondo FBref è nel 96o percentile tra i difensori dei cinque principali campionati per corse progressive palla al piede. Non sarebbe strano vederlo in una delle migliori squadre d’Europa già da quest’estate.
Centrale sinistro: Dante (Nizza), 1983
Chi l’avrebbe detto che a maggio 2022 sarebbe stato ancora il momento di celebrare Dante Bonfim, pretoriano di Jupp Heynckes e tra i difensori più sottovalutati dello scorso decennio. Il brasiliano è uno dei segreti della miglior difesa del campionato francese. Ha composto una coppia complementare con Todibo, ha giocato ad alti livelli e a febbraio si è anche tolto lo sfizio di fare un cucchiaio a Donnarumma su rigore, nella serie con cui il Nizza ha eliminato il PSG dalla Coppa di Francia.
Ancora una volta, attraverso una solidissima difesa posizionale, Galtier è stato in grado di esaltare un difensore che sembrava già da tempo sulla via del tramonto. Era valso per José Fonte al Lille, accompagnato dal più giovane e moderno Botman, è stato così per Dante quest’anno, con a fianco un centrale di grande atletismo come Todibo. L’ex Bayern non può permettersi le uscite aggressive del compagno di reparto, ma compensa con il senso della posizione e con la capacità di difendere nella propria area, anche con una certa ruvidezza. Senza dimenticare il contributo con la palla, visto che tecnica e personalità non gli sono mai mancate.
Terzino sinistro: Caio Henrique (Monaco), 1997
Completa la difesa l’altro terzino del Monaco, Caio Henrique. Se Vanderson rappresenta un’interpretazione più atletica del ruolo, Caio Henrique invece esercita una vasta influenza in fase di possesso grazie a un sinistro educatissimo. Cresciuto nel Santos, portato in Europa dall’Atletico Madrid nel 2016, già lo scorso anno si era imposto come uno dei migliori terzini della Ligue 1.
Caio Henrique eccelle innanzitutto nella costruzione dal basso, dove dimostra intelligenza oltre che tecnica. Usa la suola del sinistro come un periscopio, per ruotare e capire dove indirizzare la manovra. Spesso, poi, la punta o l’ala del suo lato taglia in profondità e allora lui sfrutta la tecnica per pescare il compagno con un lancio che faccia avanzare in modo più diretto la manovra. Secondo FBref, tra i terzini dei cinque principali campionati è nel 92o percentile per passaggi progressivi. Nella metà campo avversaria, poi, si assume responsabilità anche in rifinitura. Quest’anno ha firmato nove assist, a dimostrazione non solo della sua visione di gioco ma anche della capacità di imprimere traiettorie insidiose al pallone sui cross.
Caio Henrique, peraltro, è un terzino completo, efficace anche senza palla. In fase difensiva è diligente, usa sempre il cervello: sa se c’è da rimanere bloccati per guardare le spalle ai compagni e sa quando c’è da alzarsi in pressing. Insomma, un terzino tanto tecnico quanto intelligente, giunto forse al punto di maturazione necessario per lo step successivo.
Mediano sinistro: Téji Savanier (Montpellier), 1991
Ogni campionato che si rispetti deve vantare, negli anfratti di metà classifica, un giocatore virtuoso, fuori dal tempo, che tecnicamente sappia competere da pari a pari contro i calciatori delle squadre più forti. La quota giocatore di culto, in Ligue 1, la copre Téji Savanier, l’Éver Banega d’Occitania. Capitano del Montpellier, di sangue gitano come Gignac e come un altro centrocampista di tecnica prodigiosa quale Rafa van der Vaart, Savanier è il padrone assoluto della sua squadra, si prende palla dove vuole e quando vuole e il pubblico pende dalle sue giocate.
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Non sembra neanche davvero un calciatore, Savanier, alto appena un metro e settanta e con un accenno di pancetta. È lento, non ha la rapidità nelle rotazioni tipica dei centrocampisti dal baricentro basso, eppure togliergli la palla è impossibile. Con il suo passo lento il numero undici del Montpellier ipnotizza gli avversari, che sembrano muoversi a velocità ridotta al cospetto della sua tecnica. Savanier si abbassa, prende palla, si libera dalla pressione e sventaglia da un lato all’altro del campo, con una straordinaria qualità nel gioco lungo. Poi trotterella verso la trequarti avversaria e se la fa ridare, inventando soluzioni nello stretto che lasciano a bocca aperta – non sono molti ad usare il tacco meglio di lui. Il calcio di Savanier sta tutto nel suo rapporto con la palla, da come la conserva a come se ne libera, grazie a una qualità balistica che gli ha permesso di mettere a referto otto gol e sette assist: la concretezza abbinata ad aspetti meno tangibili, come la morbidezza e la fantasia nel tocco.
Savanier rappresenta una razza in via d’estinzione. Nel suo repertorio, oltre alla tecnica pura, non ha molto di più da offrire. Giocatori così vanno preservati con cura, offrono allo spettatore un’esperienza unica, come se appartenessero ad un’altra epoca, e per questo meritano sempre di essere guardati.
Mediano destro: Seko Fofana (Lens), 1995
Sono passati due anni da quando Seko Fofana ha lasciato l'Udinese e quindi il nostro campionato - due anni in cui è stato stabilmente uno dei centrocampisti migliori della Ligue 1. Le caratteristiche rimangono le stesse di quando giocava in Italia, ma il sistema di Franck Haise lo ha trasformato in un centrocampista universale, protagonista di ogni aspetto del gioco del Lens e non più comprimario limitato a pochi compiti.
Fofana è esploso perché il suo contributo è evidente in tutte le zone del campo, non solo in mediana. Parte da centrocampista centrale di sinistra in un 3-4-3/3-4-1-2, ma per via delle rotazioni sulle catene si ritrova a calpestare anche altre posizioni: nel mezzo spazio dietro la punta ma anche da centravanti, come nell’ultima partita col PSG. Le tante responsabilità gli hanno permesso di mostrare in maniera più continua il meglio del suo repertorio. Innanzitutto le poderose conduzioni da una metà campo all’altra. Dopodiché una buona tecnica nello stretto, distinta dall’uso della suola durante la protezione di palla.
Il meglio di Fofana, però, arriva se riceve frontale nell’ultimo terzo di campo. Vicino l’area, l’ivoriano è abile a costruirsi il tiro dopo un dribbling. L’aspetto più divertente del suo gioco è il modo in cui riesce a superare l’avversario anche da fermo, soprattutto se usa i doppi passi: è pittoresco vedere un giocatore di quella stazza mulinare le gambe intorno al pallone e mandare fuori equilibrio l’uomo. Se si libera lo specchio, gli piace cercare la soluzione più difficile, la conclusione a giro sotto l’incrocio del secondo palo. Il gol segnato al Saint-Étienne a gennaio, dopo un dribbling a rientrare sul lato corto dell’area, è di certo uno dei più belli del campionato.
Ala sinistra: Martin Terrier (Rennes), 1997
Il riassunto della mediocrità del Lione degli ultimi anni sono le cessioni da DS di Juninho: Kalulu, Melvin Bard, Gouiri e, soprattutto, Martin Terrier, per rendimento miglior giocatore offensivo della Ligue 1 tolto Mbappé. Il numero sette del Rennes ha segnato 21 gol in campionato, numeri straordinari per un’ala.
Aveva iniziato la stagione da trequartista/seconda punta alle spalle di Laborde. Gli infortuni di Sulemana e Doku, però, hanno costretto Genesio a ridisegnare l’assetto offensivo dei suoi, così Terrier si è posizionato sulla fascia sinistra, sempre col compito di stringere nel mezzo spazio. Da quella posizione è possibile sfruttarne tutto il meglio del repertorio. Se i gol sono il culmine del suo gioco, la base su cui costruisce le occasioni sono i primi controlli. Terrier è perfetto per giocare tra le linee, forte di un controllo orientato davvero di alto livello. Anche in spazi stretti trova il modo di girarsi al primo tocco, se necessario sfruttando il contatto con il marcatore. L’obiettivo di Terrier, dal centro sinistra, è girarsi verso l’interno per poter guardare la porta. In posizione frontale, dal limite, può sprigionare tutta la sua qualità nel tiro. Le soluzioni a disposizione del suo destro sono molte: conclusioni incrociate all’angolino basso, parabole a giro sul secondo palo, piattoni che partono dritti sotto la traversa.
I tiri dal limite, comunque, non sono la sola arma offensiva di Terrier. Se parte da una posizione più centrale, ha ottimi tempi d’inserimento. Una sua peculiarità, poi, sono i colpi di testa, di solito rari per un’ala così tecnica: più di una volta quest’anno ha segnato grazie agli stacchi, anche sfilando davanti al difensore come un vero attaccante. Un’ala così pulita tecnicamente, così abile ad approfittare del più piccolo spazio tra le linee e con simili numeri offensivi è merce rara. Non sarebbe strano ritrovarlo in una squadra di livello più alto.
Trequartista: Lucas Paquetá (Lione), 1997
Può piacere o meno, ma nessuno gioca a calcio come Lucas Paquetá. Anche in una stagione pessima per la sua squadra, il brasiliano si è confermato come una delle stelle della Ligue 1, in grado sempre di regalare sempre qualcosa a chi lo guarda. La manovra di Bosz si è rivelata farraginosa, con la palla per troppo tempo tra i piedi dei difensori senza che i giocatori più avanzati trovassero un modo di liberarsi. Paquetà, allora, è diventato il giocatore a cui affidarsi per provare a costruire qualcosa, con la sua capacità magica di liberarsi palla al piede da situazioni in cui non sembrano esserci vie d’uscita. Lo stile barocco, i tunnel, i colpi di tacco, le protezioni palla con la suola, sono i colpi che rendono Paquetà il giocatore più simile in assoluto al protagonista di uno spot Nike di inizio anni 2000.
Alla tecnica purissima, però, ha saputo aggiungere uno strato di concretezza, tradotto in nove gol e sei assist. L’ex Flamengo non si limita più a nascondere la palla senza ricavarne niente. Adesso sa di dover sbrogliare situazioni difficili attraverso l’estro e ha imparato a connettersi coi compagni su un raggio più ampio. Senza palla, invece, ha iniziato a muoversi in funzione della porta. Il progetto Bosz sembra destinato a proseguire anche il prossimo anno, vedremo se i piedi di Paquetà dovranno continuare a dimostrarsi migliori del sistema, o se finalmente l’allenatore olandese riuscirà a costruire un contesto all’altezza del suo talento.
Ala destra: Benjamin Boaurigeaud (Rennes), 1994
Per inquadrare le qualità migliori di Benjamin Bourigeaud, basti sapere che il Guardian, in un articolo dedicato al Rennes, lo ha paragonato a David Beckham per il modo in cui calcia col destro. Un parallelo anche scherzoso, ma di certo rivelatore della grande stagione dell’ala destra dei bretoni, 11 gol e 13 assist in 38 presenze.
Il modo in cui si muove Bourigeaud dona una freschezza unica alla fase offensiva del Rennes. Pur partendo da esterno a piede naturale, l’ala di Calais stringe verso il centro per lasciare la fascia ad Hamari Traoré e non si limita a rimanere nel mezzo spazio destro, ma ama spostarsi anche sotto la punta o verso il lato di Terrier. Le triangolazioni tra giocatori offensivi e gli scambi di posizione sono la cifra stilistica del Rennes di Genesio, in grado di regalare gol di grande bellezza collettiva, dove la palla viaggia come un flipper tra i piedi dei giocatori rossoneri. Bourigeaud è parte attiva del circuito e il fatto di calpestare spesso zone centrali gli ha permesso di attaccare più facilmente la porta. Bourigeaud ha sfruttato spesso anche la costruzione sul lato di Terrier a sinistra per farsi trovare libero sul secondo palo a destra, dove ha realizzato buona parte dei suoi gol.
Le reti, comunque, non sono il suo primo pensiero. Non avrà l’inventiva e il dribbling dei fuoriclasse, ma Bourigeaud è un crossatore d’élite, un vero specialista, tra i migliori d’Europa per la precisione e la potenza con cui spedisce il pallone in area, sia su calcio piazzato che su azione. Si dice che Mourinho lo voglia alla Roma: Tammy Abraham non potrebbe chiedere di meglio per incrementare il numero di gol di testa.
Punta: Ludovic Ajorque (Strasburgo), 1994
Ludovic Ajorque è la quota giocatore freak della top XI, un golem di un metro e novantasette che vorrebbe giocare come un trequartista. Non bastasse lo stile piuttosto inusuale, ad ammantarne di fascino la figura ci pensano anche le sue origini: Ajorque è nativo di Saint-Denis, ma non il dipartimento alla periferia di Parigi, bensì un comune della Riunione, isola francese d’oltremare nell’Oceano Indiano, a pochi kilometri dal Madagascar.
Con dodici gol e otto assist, Ajorque è sia il miglior marcatore che il miglior rifinitore dello Strasburgo, la sorpresa della Ligue 1. La squadra di Julien Stephan gioca il calcio più italiano del campionato francese, non tanto per la fase difensiva, ma per la disposizione in campo e le direttrici di gioco. Lo Strasburgo si distribuisce con un 3-5-2 dove i principi cardine sono il possesso insistito del rombo di costruzione, gli esterni alti e aperti e le verticalizzazioni sulle punte, un copione che in Italia conosciamo a memoria, soprattutto tra Serie A e Serie C.
Ajorque fa da riferimento spalle alla porta. I compagni ne sfruttano l’altezza per giocare in modo diretto. Lui è bravissimo ad utilizzare il petto e la testa per ammortizzare i lanci e giocare la palla pulita coi piedi. Delle volte, su passaggi un po’ scomodi, si sistema la sfera palleggiando, qualcosa di stranissimo da osservare. Più che ripulire i lanci, però, ad Ajorque piace ricevere rasoterra per giocare con ordine, anche abbassandosi da centrocampista aggiunto se serve. Con la palla a terra può far valere la precisione del suo sinistro nelle sponde, oppure girarsi per rifinire. Ha una tecnica di buon livello, che sa mettere a frutto tra assist e partecipazione alla manovra, anche se la stazza sembra un po’ incepparla: la palla tra i suoi piedi sembra troppo piccola. Ad avvalersi del lavoro sporco di Ajorque è l’inossidabile Kevin Gameiro, suo compagno di reparto. Coppie così contribuiscono ad arricchire i campionati nazionali, che si basano anche su giocatori di culto come questi.