Qui trovate le Top XI degli altri campionati europei per la stagione 2018/19.
L’ultima edizione del campionato inglese passerà alla storia per l’emozionante duello tra Manchester City e Liverpool, per la vittoria della squadra di Guardiola all’ultima giornata con la bellezza di 98 punti, solo uno in più rispetto ai “Reds”, che ovviamente hanno fatto il record per una squadra arrivata seconda nel campionato inglese.
Dopo un buon avvio di stagione, il rendimento delle londinesi che competono al titolo (Chelsea, Tottenham e Arsenal) è vistosamente calato nella seconda parte di campionato, sia per la netta inferiorità tecnica rispetto a City e Liverpool che per l’enorme dispendio energetico nelle coppe europee. Più a nord, la “sindrome del terzo anno” di Mourinho si è manifestata anche al Manchester United e, nonostante un ritrovato entusiasmo nell’ambiente durante i primi due mesi, Solskjær non ha raggiunto la qualificazione in Champions e si appresta a un’estate di grandi cambiamenti nella rosa, con numerosi interrogativi anche sul futuro del tecnico norvegese, a cui era stato rinnovato il contratto fino al 2022 in maniera forse frettolosa.
Sotto la zona “Europa League” si è letteralmente giocato un campionato a parte, nettamente livellato verso il basso: basti pensare che la differenza di punti tra il primo e settimo posto (41) è stata poco più del doppio di quella tra l’ottavo e il diciottesimo posto (20).
Tra la discontinuità della classe media (Everton, Leicester, West Ham), la mediocrità generale delle piccole e il disastro sportivo di squadre economicamente ben attrezzate come il Fulham, il Wolverhampton è stata la vera rivelazione della stagione: grazie a una forte identità di gioco e una fase di non possesso piuttosto organizzata, la squadra di Nuno Espírito Santo ha ottenuto un ottimo settimo posto e messo in serie difficoltà la “Top Six” (e, tra l’altro, è arrivata fino alle semifinali di FA Cup, perdendo contro il Watford).
Considerando solo gli scontri diretti tra le prime sette classificate, i Wolves sarebbero terzi (fonte: Transfermarkt.it).
Al netto di queste considerazioni abbiamo stilato una “Top XI” dei giocatori che si sono maggiormente distinti nel corso della stagione, escludendo i giocatori di City e Liverpool, che altrimenti avrebbero fatto man bassa. Il modulo scelto è il 4-2-3-1 e abbiamo tenuto conto di tre fattori: il minutaggio, la centralità nei rispettivi club e l’eventuale compatibilità tattica qualora si potesse veramente schierare questa formazione su un campo da calcio.
Disclaimer: nella formazione qui sotto non troverete Son e Pogba. Il coreano ha disputato un ottimo campionato e si è caricato sulle spalle l’attacco degli “Spurs” in assenza di Kane, ma paga il minutaggio abbastanza ridotto a causa degli impegni con la Nazionale che lo hanno costretto ad assentarsi per circa un mese e mezzo. Il francese, invece, ha beneficiato dell’iniziale libertà offensiva concessagli da Solskjær, ma non ha giocato benissimo nei mesi precedenti con Mourinho, perdendo anche il posto da titolare in un paio di partite, e poi come il resto della squadra è calato nella parte finale della stagione. Inoltre, andrebbe sottolineato che nel suo contributo realizzativo (13 reti, un record personale in carriera) pesano i tanti rigori calciati (7).
Portiere: Łukasz Fabiański (West Ham)
L’estremo difensore polacco è uno dei “numeri uno” più affidabili nel campionato inglese. Dopo sette anni tra alti e bassi all’Arsenal, il portiere 34enne ha disputato quattro stagioni allo Swansea prima di accasarsi al West Ham la scorsa estate. Fabiański è dotato di buoni riflessi anche se non è sempre ortodosso nelle uscite; inoltre è sicuro e deciso sia nelle prese basse che quelle alte.
La sua qualità più evidente, però, è la concentrazione: ha una buona tenuta mentale che gli permette di essere piuttosto reattivo sia sui tiri da fuori area che da distanze ravvicinate; una qualità fondamentale per una linea difensiva che fatica ad assorbire gli attacchi centrali e gli inserimenti in area.
Fabiański è stato il portiere che ha effettuato più parate in campionato (148) e quello con la migliore differenza tra xG e gol subiti (+10.66, a fronte di 55 gol reali e 65.66 xG concessi). Il polacco non ha mai rispettato le aspettative nei suoi confronti a Londra e avrebbe sicuramente potuto fare di più in gioventù, tuttavia oggi che ha meno pressione addosso è riuscito a far emergere con continuità tutte le sue abilità tra i pali.
Terzino destro: Aaron Wan-Bissaka (Crystal Palace)
Nativo di Croydon (sud di Londra) ma di origini congolesi, Wan-Bissaka è stato uno dei giovani più interessanti nell’ultimo campionato. Classe ‘97, è cresciuto nelle giovanili del Palace come ala, ma con l’arrivo di Frank de Boer è stato provato come fluidificante e terzino, ruolo in cui ha effettivamente esordito in Premier League nella seconda parte della stagione 2017/18. Quest’anno si è definitivamente imposto come la prima scelta sulla fascia destra nel 4-4-2/4-3-3 di Roy Hodgson.
Le sue doti atletiche sono particolarmente evidenti in fase difensiva: Wan-Bissaka è molto solido in situazioni di 1v1 e difficilmente viene saltato. Nelle rare volte in cui succede, l’ampia falcata gli permette di recuperare velocemente metri sul diretto avversario per poi far valere le sue lunghe leve negli interventi (tenta 4 contrasti ogni 90 minuti, vincendone il 92,5%).
In fase offensiva compensa la discreta qualità nei cross con una buona intraprendenza palla al piede (prova 2.6 dribbling ogni 90 minuti vincendone il 65.38%): i suoi margini di miglioramento in queste situazioni sono ampi, ma va detto che sono poche le occasioni in cui ha libertà per sganciarsi in avanti dato che il Palace preferisce difendersi con un baricentro basso per poi risalire il campo grazie alle conduzioni di Zaha e Townsend.
Le sue ottime prestazioni gli sono valse il premio di “Giocatore dell’anno” nel Palace, oltre all’interesse del Manchester United.
Difensore centrale destro: Toby Alderweireld (Tottenham Hotspur)
Rientrato a pieno regime dopo un lungo stop per infortunio nella precedente stagione, Alderweireld ha dato sicurezza e tranquillità alla retroguardia degli Spurs grazie alla sua ottima copertura dello spazio, che si sposa bene con le doti in anticipo di Vertonghen nella difesa a quattro.
Quest’anno non si sono visti molto i suoi classici lanci diagonali in profondità ma ha dato comunque qualità palla al piede con diversi laser-passes. Il suo rientro ha anche garantito flessibilità tattica a Pochettino, che in alcune partite ha optato per una difesa a tre anche per mascherare la scarsa disciplina tattica di Davinson Sánchez in fase di difesa posizionale.
A 30 anni compiuti, il centrale belga è uno dei difensori più esperti nel panorama europeo: in scadenza di contratto nel 2020 e con una clausola rescissoria da 25 milioni di sterline, il nome di Alderweireld è stato accostato alla Juventus come obiettivo di mercato per la prossima estate.
Difensore centrale sinistro: Antonio Rüdiger (Chelsea)
Uno dei punti interrogativi riguardo all’efficacia del Sarriball in Inghilterra era l’adattabilità della linea difensiva. Mentre Mourinho e Conte preferivano lunghe fasi di difesa posizionale, con i propri centrali a marcare l’uomo nella zona, Sarri ha nettamente alzato il baricentro della squadra in fase di non possesso, impostando una difesa a zona avente la palla come riferimento primario e cercando di favorire il recupero immediato della sfera in zone avanzate.
Il cambiamento più significativo, però, è stato il passaggio alla difesa a quattro: se da un lato questo ha notevolmente penalizzato Alonso e David Luiz, dall’altro lato ha esaltato il talento di Rüdiger, bravo ad adattarsi fin da subito nel nuovo contesto. Il centrale tedesco è uno di quei difensori moderni che fanno molto affidamento sulle proprie doti fisiche piuttosto che sulle letture difensive: se da un lato questo può esporlo a figuracce, nei momenti migliori è semplicemente ingiocabile - sia nel difendere in avanti che nello scappare all’indietro - e in generale è migliorato anche nelle fasi di difesa statica (cosa evidente già lo scorso anno con Conte).
L’altra novità del Chelsea di Sarri ha riguardato la fase di possesso: con il triangolo formato dai due centrali più Jorginho a gestire sempre la prima costruzione, Rüdiger ha avuto maggiori responsabilità in impostazione (soprattutto quando l’italo-brasiliano veniva marcato), e in questa fase si è dimostrato meno conservativo di Christensen, non esitando a provare conduzioni e verticalizzazioni per rompere le linee di pressione avversarie, talvolta riuscendoci molto bene e talvolta commettendo banali errori tecnici.
Rüdiger ha ancora margini di miglioramento e gli allenatori che incontrerà nel corso della carriera saranno fondamentali per la sua crescita.
Terzino sinistro: Lucas Digne (Everton)
Dopo la disastrosa campagna acquisti di due estati fa, l’Everton ha imparato dai propri errori e ha condotto un mercato più accorto e redditizio. I “Toffees” hanno fatto shopping tra le fila del Barça acquistando un paio di seconde linee a titolo definitivo (Yerri Mina) o in prestito (André Gomes): tra questi c’era anche Lucas Digne, autore di un’ottima prima stagione in Inghilterra con 4 gol e 4 assist.
Con l’arrivo in panchina di Marco Silva in panchina, c’era la necessità di svecchiare una rosa vecchia e inadeguata al nuovo progetto tecnico: Digne ha rappresentato il sostituto ideale del veterano Baines sulla fascia sinistra, diventando fin da subito un leader tecnico per la squadra.
L’Everton si schiera col 4-2-3-1 e gioca un calcio intenso e verticale, utilizzando il pressing alto per colpire gli avversari in transizione e affidandosi alle seconde palle per generare combinazioni veloci sulla trequarti: in questo sistema il contributo offensivo di Digne è importantissimo dato che deve sovrapporsi con continuità per sfruttare gli spazi generati dai tagli esterni-interni di Richarlison (o Bernard). Inoltre, si è dimostrato un’arma letale nelle situazioni di palla inattiva, sia sfruttandole in prima persona che per servire i compagni in area (2.15 passaggi chiave e 0.23 xA ogni 90 minuti).
Centrocampista destro: Moussa Sissoko (Tottenham Hotspur)
https://twitter.com/SpursOfficial/status/1127648384855281665
Indiscutibilmente il MIP (Most Improved Player) di questa Premier, gli ultimi 12 mesi del centrocampista francese ricordano un po’ la fiaba del brutto anatroccolo. L’impossibilità di fare acquisti e i numerosi infortuni di Dembélé (poi ceduto), Dier e Wanyama negli ultimi due anni hanno privato Pochettino di quasi tutto il centrocampo.
Tra le difficoltà generali, però, l’argentino ha saputo adattarsi e trovare quasi sempre soluzioni ottimali, a conferma della sua graduale evoluzione come tecnico: non è più il fedele bielsista dei primi anni in Inghilterra che cercava di imporre la sua filosofia di gioco a prescindere dalle caratteristiche della rosa, ma è diventato un fine stratega con un approccio quasi allegriano. Pur basandosi su un calcio di princìpi, ora sono le caratteristiche dei calciatori a dettare quelle del sistema.
Così, il Tottenham dell’ultimo biennio è diventata una squadra più flessibile, in grado di cambiare disposizione tattica e approccio più volte, anche all’interno della stessa partita: se prima Sissoko era inadatto al sistema, ora è quasi il sistema che ruota attorno a lui. Schierato assieme a Winks, Eriksen ed Alli nel rombo di centrocampo, la sua esuberanza fisica ha compensato le lacune dei compagni in fase di non possesso. Sissoko è bravissimo nel coprire ampie porzioni di campo, schermare le linee di passaggio o uscire in pressione individuale. È anche deciso nei contrasti e possiede una straordinaria capacità di ribaltamento dell’azione grazie a una corsa potente e un’ottima progressione palla al piede su medio-lunghe distanze.
La morale della stagione del francese è che, prima o poi, il duro lavoro paga: inizialmente considerato da molti tifosi degli “Spurs” come uno dei peggiori acquisti nell’era Pochettino, quest’anno Sissoko è stato imprescindibile per il buon percorso degli Spurs in campionato e in Champions League.
Centrocampista sinistro: Declan Rice (West Ham)
https://twitter.com/WestHamUtd/status/1128706613043499008
Il ragazzino che vedete lanciarsi in una caotica sequenza di contrasti nel video qui sopra è Declan Rice. Classe ’99, cresciuto nel settore giovanile degli “Hammers”, Rice nasce come difensore centrale (ruolo in cui ha esordito in Premier nel 2017) ma all’occorrenza può giocare anche a centrocampo. Manuel Pellegrini ha cercato di sfruttare questa versatilità tattica utilizzandolo come vertice basso in un 4-1-4-1 e, in alternativa, come mediano in un centrocampo a due: nel complesso, i risultati sono stati piuttosto positivi.
Rice non è un freak dal punto di vista atletico ma ha comunque un buon passo: è dotato di un buon senso della posizione che fa valere nelle letture difensive (è ottimo nel tackle scivolato) e possiede una discreta visione di gioco. La sua presenza davanti alla difesa garantisce maggiore solidità agli “Hammers” in fase di non possesso e compensa i limiti di un playmaker come Noble.
Gli aspetti in cui può migliorare giocando da vertice basso sono sostanzialmente due: la protezione del pallone, quindi il riuscire a posizionarsi sempre correttamente per ricevere la sfera anche sotto pressione, e la sua trasmissione. La distribuzione di Rice è scolastica e non è ancora padrone del gioco a uno o due tocchi, un aspetto cruciale per riuscire a eccellere ad alti livelli in quel ruolo.
La personalità però non gli manca e non è un caso che Southgate lo abbia fatto esordire nella Nazionale inglese durante le ultime gare di qualificazione europee, dopo che Rice aveva scelto l’Inghilterra nonostante la cittadinanza irlandese e il doppio passaporto.
Trequartista destro: Ryan Fraser (Bournemouth)
Il Bournemouth di Eddie Howe è stata la squadra più zemaniana del campionato, vantando sia il settimo miglior attacco (56 gol fatti) che la terza peggiore difesa del campionato con 70 reti incassate. In un contesto così pazzo la brevilinea ala scozzese si è messo in luce grazie ai 7 gol e 14 assist realizzati a fronte di 2.63 passaggi chiave e ben 0.46 xA ogni 90 minuti.
Fraser è un giocatore quantitativo, che cerca di stancare le difese avversarie coi suoi cross, dribbling e tiri, ma non è troppo meccanico: nel 4-4-2 di Howe viene schierato a destra o sinistra e qualche volta si accentra tra le linee per associarsi con le due punte, in particolar modo Wilson (Fraser ha servito 7 assist all’inglese, che a sua volta ha ricambiato con 5).
A 25 anni, Ryan Fraser è un punto fermo della propria Nazionale nonché uno degli esterni di medio-bassa classifica più seguiti dai club di fascia superiore, tant’è che il suo nome è stato accostato con insistenza all’Arsenal nel corso della stagione.
Trequartista centrale: James Maddison (Leicester)
Acquistato dal Norwich la scorsa estate per sostituire Mahrez, il giovane Maddison ha confermato le ottime cose mostrate in Championship e chiuso la stagione con 7 gol e 7 assist. Maddison è un trequartista classico, agile ed elegante col pallone ma anche piuttosto creativo: è stato il giocatore che ha effettuato più passaggi chiave in questo campionato (100), il primo fuori dalle sei squadre di vertice a raggiungere i 100 key passes dopo Dimitri Payet nel 2015/16.
Il Leicester attuale è una squadra molto diversa da quella di Ranieri: oltre a essersi notevolmente ringiovanita, fa più possesso palla e prova anche attacchi posizionali nella trequarti avversaria, e non è altrettanto a suo agio nel giocare in maniera più verticale e con un baricentro basso. Sia con Puel, prima, e con Rodgers, poi, Maddison è stato un grosso punto di riferimento in fase di possesso: a volte si abbassa tra i due mediani per gestire i tempi della manovra, oppure si allarga sulla fascia per creare superiorità posizionale, ma è soprattutto tra le linee dove si rende maggiormente pericoloso, orientandosi bene col corpo per ricevere palla e poi attaccare frontalmente la difesa avversaria.
Prova spesso filtranti in profondità verso Jamie Vardy, ma è bravo anche a chiudere l’azione in prima persona e preciso nelle situazioni di palla inattiva. Insomma, un 10 completo.
Trequartista sinistro: Eden Hazard (Chelsea)
Un po’ ingiustamente escluso dalla “Squadra dell’anno” PFA, quella appena conclusa è stata la migliore annata inglese del belga con ben 16 gol e 15 assist messi a segno, un traguardo riuscito solo ad altri tre giocatori nella storia della Premier League: Cantona, Henry e Le Tissier.
Sacrificato per buona parte della stagione come falso nove, Hazard è stato indiscutibilmente il leader tecnico ed emotivo della squadra nonché il vero playmaker del Chelsea: la squadra di Sarri infatti non ha brillato in fase offensiva e si è affidato quasi esclusivamente al talento del belga nell’ultimo terzo di campo per superare le linee di pressione avversarie e creare occasioni da gol.
Con i suoi dribbling, le sue sponde e l’ottima protezione della palla (con cui guadagna un numero molto alto di falli), Hazard è stato il faro del Chelsea: un catalizzatore di possessi che ha goduto di enormi libertà di movimento per assecondare i suoi istinti e indirizzare gli attacchi altrimenti troppo sterili. Ormai è nel prime della sua carriera, e per questo sembra in procinto di trasferirsi al Real Madrid di Zidane. La sua partenza rischia di indebolire notevolmente la squadra di Sarri, già alle prese con un blocco sul mercato in entrata nella prossima stagione. Con una finale di Europa League da giocarsi nei prossimi giorni, il belga ha una grande occasione per scrivere un’altra pagina di storia negli annali del Chelsea, ma è innegabile che verrà ricordato come uno dei giocatori più forti di sempre in Premier League.
Centravanti: Pierre-Emerick Aubameyang (Arsenal)
Chiudiamo questa “Top XI” con l’ex-attaccante del Borussia Dortmund: arrivato a Londra nel gennaio del 2018, Aubameyang ci ha messo poco a imporsi come uno degli attaccanti più prolifici in Premier League con ben 32 gol in 49 presenze, di cui 22 nell’ultima stagione (capocannoniere a pari merito con Salah e Mané).
Schierato da Emery come esterno sinistro in un 4 -2-3-1 o punta centrale nel 3-4-1-2, Aubameyang riesce a rendersi pericoloso soprattutto in transizione grazie alla sua velocità e la bravura nell’attacco della profondità: i suoi costanti movimenti senza palla danno imprevedibilità ai “Gunners” nell’ultimo terzo di campo, creando spazi per giocatori più associativi come Lacazette o Özil e dettando i tempi di passaggio ai centrocampisti.
Va detto che non è sempre preciso sotto porta (è stato uno degli attaccanti con il peggior tasso di conversione delle “grandi occasioni” secondo Opta), ma le sue caratteristiche da centravanti diretto lo rendono un giocatore fondamentale nel calcio di Emery, che altrimenti si ritroverebbe con una trequarti ridondante di palleggiatori più portati a rifinire l’azione piuttosto che finalizzarla.