Pur guidando nettamente l’albo d’oro della Primeira Liga con 36 titoli complessivi, mai nella sua storia il Benfica era riuscito a conquistare quattro campionati di fila. L’ultimo filotto di una certa rilevanza (tre successi consecutivi) risale a metà anni 70, l’ultima doppietta all’83-’84, quando alla guida del club c’era Sven-Göran Eriksson. Le Águias si sono portate a casa anche Coppa e Supercoppa di Portogallo. Un dominio, quello della squadra più amata del paese, che diventa un fallimento fragoroso se letto dal punto di vista di Porto e Sporting, incapaci di competere ad alto livello nonostante le ambizioni iniziali.
Va da sé che la selezione dei migliori giocatori del torneo non possa prescindere da un buon numero di benfiquistas, pur lasciando spazio ad alcune ottime individualità delle squadre avversarie. Serbatoio apparentemente inesauribile di potenziali campioni, anche quest’anno la Primeira Liga ha dovuto salutare diversi protagonisti prima del via, reclutati dai grandi club europei, spesso a fronte di notevoli esborsi economici. Ai nastri di partenza del campionato non c’erano più João Mario, passato all’Inter, Renato Sanches (Bayern), Slimani (Leicester) e Gaitán (Atlético): nessuno dei quattro ha avuto l’impatto sperato nei nuovi club, ma il loro valore è fuori discussione. Due di loro, nel frattempo, hanno fatto in tempo a laurearsi campioni d’Europa, a testimonianza della bontà della scuola portoghese, all’avanguardia anche in fatto di tecnici.
Lo schema di questa Top 11 è un 4-3-3: davanti alla difesa a quattro, il centrocampo prevede un mediano difensivo e due mezzali di costruzione, mentre l’attacco è composto da due esterni offensivi e una punta centrale. Uno schema diverso da quello proposto per la maggior parte della stagione dai campioni del Benfica – un 4-4-2 abbastanza ortodosso –, il cui condottiero Rui Vitoria merita però una menzione particolare. Il 47enne nativo di Alverca ha iniziato ad allenare nel 2002 e, pur essendo meno gettonati di altri connazionali, ha fin qui una carriera immacolata: in quindici anni di panchina non è mai stato esonerato e col Benfica ha cominciato a raccogliere i frutti di una gavetta iniziata in terza serie con la Vilafranquense, il club con il quale ha trascorso la maggior parte della sua vita da calciatore, e proseguita guidando Fatima, Paços Ferreira e Vitória Guimarães.
Portiere – Ederson (Benfica)
Il neo acquisto del Manchester City, per il quale Pep Guardiola ha deciso di staccare un assegno da 40 milioni di euro, è stato una delle grandi scoperte della stagione. Acquistato giovanissimo dal Benfica, Ederson Santana de Moraes ci ha messo qualche anno a imporsi, girovagando in provincia alla ricerca di un posto da titolare (Ribeirão prima e Rio Ave poi). La grande occasione è arrivata nel marzo scorso quando, complice un infortunio del titolare Julio Cesar, Ederson si è ritrovato a difendere la porta del Benfica nel derby con lo Sporting. Il ragazzo se l’è cavata bene ed è riuscito – non solo per merito suo – a mantenere la porta inviolata nella delle “Aquile”. Da quel momento la strada è spianata, nonostante un infortunio lo costringa a saltare la Coppa America col Brasile.
Quest’anno in campionato ha mantenuto la porta inviolata in 18 partite su 27, evidenziando in più di un’occasione le doti del grande portiere: buon senso della posizione, grandi riflessi e una capacità di giocare il pallone con i piedi per cui è stato scelto da Guardiola. Non sempre efficace nelle uscite alte e in presa, compensa queste lacune con una grande reattività.
La scelta di Ederson come guarda-redes titolare di questa Top 11 non è stata scontata, nonostante il suo exploit sia stato il più fragoroso: altri portieri, infatti, hanno disputato una stagione molto solida, a cominciare dal campione d’Europa Rui Patricio (Sporting), al quale nei mesi scorsi hanno dedicato pure una statua nella nativa Leiria. Tornato su ottimi livelli anche Iker Casillas (Porto), a sorprendere è stato il rendimento di Vanà del Feirense, un 26enne brasiliano pressoché sconosciuto, che nel giro di pochi mesi si è affermato come uno dei più affidabili numeri uno del campionato. Proprio lui, pare, potrebbe essere l’erede di Casillas nel caso il Porto decidesse di privarsi dell’ex portiere del Real Madrid.
Terzino destro – Nélson Semedo (Benfica)
Nonostante l’ottimo rendimento di Bruno Gaspar – l’esterno del Vitoria Guimarães recentemente acquistato dalla Fiorentina – e quello del venezuelano del Nacional (ma di proprietà del Porto) Victor Garcia, la stagione di Nélson Semedo è al di sopra di ogni sospetto: 1 gol e 6 assist in 31 partite, ma soprattutto un appoggio costante alla manovra della squadra, che dal suo lato – grazie anche all’ottimo lavoro dell’argentino Salvio, un altro dei grandi protagonisti del titolo del Benfica – ha quasi sempre distrutto gli avversari.
Ventitré anni, nato e cresciuto a Lisbona, Nélson Semedo potrebbe essere il prossimo crack di mercato del Benfica visto che Barcellona e Manchester United lo stanno cercando. Il giocatore ha tutto per imporsi in una grande squadra (assumendo che il Benfica non lo sia): è rapido, ha una grande facilità di corsa – è primo nel ruolo per dribbling tentati (3) e riusciti (1,6) a partita – e sa proporsi con costanza al cross, che effettua con buona precisione. In fase difensiva deve ancora limare qualche dettaglio (3,3 contrasti tentati a partita, 9° nel ruolo, ma è il migliore per dribbling subiti, solo 0,3 a partita), così come nella conduzione della palla, non sempre efficace. A poco più di 23 anni rappresenta un patrimonio anche per la nazionale portoghese, dove si giocherà il posto nei prossimi anni con Cedric e con un altro prodotto del settore giovanile del Benfica, João Cancelo.
Difensore centrale destro – Felipe (Porto)
La tradizione dei forti centrali brasiliani in terra lusitana si rinnova: dal benfiquista Jardel – quest’anno limitato dagli infortuni e dalla stagione quasi perfetta di Luisaõ e Lindelöf – al portista Felipe, protagonista di un campionato sopra le righe accanto al compagno di reparto Iván Marcano. Nato a Mogi da Cruzes (stato di San Paolo) 28 anni fa, Felipe rientra appieno nella definizione di late bloomer: bocciato dal Corinthians e dalla Portuguesa, a 19 si ritrova a giocare nel Valtra, squadra dopolavoristica di un’azienda finlandese produttrice di trattori. Per sua fortuna, il Valtra ha una collaborazione con l’Uniao Mogi, club di quarta divisione che gli offre un contratto, spostandolo dal ruolo originario di centravanti a quello di difensore centrale, o zagueiro, come si dice da quelle parti.
Ciononostante, continua a lavorare con la madre al mercato, alzandosi ogni mattina alle 3,40 per andare a consegnare funghi (!) ai ristoranti della zona. Alla fine del campionato, un dvd con le sue giocate finisce nelle mani di Marcelo Veiga, allenatore del Bragantino, che se ne innamora calcisticamente e ne sponsorizza l’ingaggio. Dopo solo una stagione in Serie B, arriva il riscatto personale: lo chiama il Corinthians, il club che lo aveva scartato da ragazzino. Con il Timão all’inizio è dura, Felipe gioca poco e viene pesantemente criticato. Nel 2015 però le cose cambiano: Tite gli dà fiducia schierandolo accanto a Gil e viene ripagato con prestazioni di ottimo livello, che un anno e mezzo dopo gli valgono la chiamata del Porto.
Da questa parte dell’Atlantico, Felipe fa il definitivo salto di qualità, diventando per tutti o xerife, lo sceriffo. Puntuale e preciso nelle chiusure, gioca sempre a testa alta, sia quando è chiamato a rilanciare l’azione, sia quando deve affrontare l’avversario diretto, col quale non teme di ingaggiare duelli in velocità. Nonostante la mole (1,91), risulta abbasta rapido, specie negli spostamenti laterali. Sulle sue tracce sembra esserci il Real Madrid, ma il nuovo tecnico dei Dragões, Sergio Conceição, spera di poter contare ancora su di lui per l’anno prossimo.
Difensore centrale sinistro – Victor Lindelöf (Benfica)
Dopo l’exploit della scorsa primavera, in questa stagione lo svedese si è confermato, guadagnandosi la chiamata dal Manchester United. Titolare inamovibile, il 22enne ha formato una coppia centrale quasi invalicabile con il monumento Luisaõ, anche lui tornato a livelli di rendimento altissimi dopo una stagione tormentata dagli infortuni. Rispetto al capitano, Lindelöf è un centrale rapido ma dalle ottime letture. Il suo gioco con i piedi, uno dei migliori in Europa, rischia paradossalmente di essere il suo tallone d’Achille: quando imposta l’azione talvolta si concede qualche leggerezza.
Con il mediano del Porto Danilo Pereira, Lindelöf è l’unica conferma rispetto alla squadra ideale del campionato stilata dodici mesi fa, a testimonianza di un torneo in grado di rigenerarsi di stagione in stagione, mantenendo alta la competitività. Nel ruolo hanno fatto bene anche l’ex enfant prodige Sebastián Coates, che nello Sporting ha trovato quella continuità che gli era mancata in Premier League, e soprattutto Raúl Silva: il 27enne brasiliano ha reso la difesa del Maritimo la terza meno battuta del torneo, contribuendo a un’insperata qualificazione ai preliminari di Europa League. L’exploit con la squadra di Madeira gli è valso un quinquennale con lo Sporting Braga.
Terzino sinistro – Alex Telles (Porto)
Vecchia conoscenza dei tifosi dell’Inter, il 24enne nativo di Caxias do Sul ha battuto la concorrenza interna del messicano Miguel Layún, costringendolo in panchina (o sulla fascia opposta, in assenza di Maxi Pereira) dopo una stagione da protagonista. Telles ha rilanciato le proprie quotazioni anche in ottica internazionale, sia che si parli del natio Brasile, dove però si ritroverebbe a battagliare con due top del ruolo come Marcelo e Alex Sandro, sia nel caso optasse per l’Italia (patria dei nonni), decisamente più sguarnita in tal senso.
Da un punto di vista tecnico, all’ex terzino di Grêmio e Galatasaray non manca nulla per imporsi ai massimi livelli: grandi capacità atletiche, piede educato – come dimostrano gli 8 assist stagionali – e una disciplina tattica affinata rispetto agli esordi, esaltata da un sistema difensivo collaudato come quello del Porto. Attento e aggressivo in fase difensiva, tende talvolta a strafare, come successogli in Champions League contro la Juventus, quando due interventi ravvicinati gli costarono un’espulsione repentina.
Detto della proficua staffetta tra Eliseu e l’interessante prospetto Alex Grimaldo sulla fascia sinistra del Benfica, la Primeira Liga 2016/17 non ha proposto molto altro nel ruolo: lo Sporting ha alternato l’incerto Marvin Zeegelaar con l’adattato Bruno Cesar, il Braga si è affidato all’esperto Marcelo Goiano, mentre il Vitoria Guimarães ha puntato sulla fisicità dell’ivoriano Konan. In definitiva, la migliore alternativa ad Alex Telles è costituita da un altro giocatore di proprietà del Porto: Rafa Soares, classe ’95, autore di un’ottima annata in prestito al Rio Ave.
Mediano – Danilo Pereira (Porto)
Come un anno fa, il miglior centrocampista difensivo della Primeira Liga è lui, l’ex meteora del Parma. E come un anno fa, nonostante le prestazioni parlino per lui, il c.t. del Portogallo Fernando Santos continua a preferirgli William Carvalho, omologo dello Sporting. I due, va detto, si somigliano molto: entrambi 25enni, originari dell’Africa (Danilo è nato in Guinea Bissau, William in Angola), alti (1,88 l’uno, 1,87 l’altro) e possenti, in campo ricoprono lo stesso ruolo, quello di frangiflutti davanti alla difesa. I numeri però sono tutti (o quasi) per il mediano del Porto: è il giocatore che recupera più palloni di tutto il campionato (9,1 a partita contro gli 8,3 di William Carvalho), a cui somma 1,9 tackle e 2,3 intercetti a incontro. In fase di costruzione è meno efficace, tendendo a delegare il compito ai compagni di reparto più dotati sul piano della tecnica pura, come Óliver Torres e Rúben Neves. Lui si limita a rompere il gioco avversario e ad appoggiare il pallone, non disdegnando però qualche sortita offensiva: quest’anno ha segnato 4 gol e si è concesso anche giocate come questa.
In alcune situazioni la sua onnipotenza fisica ricorda quella dei giocatori Nba: la velocità con cui recupera la posizione in questa circostanza, partendo dall’area avversaria per intercettare il pallone all’interno della propria, somiglia all’iconica stoppata di LeBron James su Iguodala nelle Finals 2016.
Mezzala destra – Pizzi (Benfica)
Un anno fa, di questi tempi, Pizzi festeggiava il terzo titolo consecutivo del Benfica – il secondo personale – dopo una stagione da protagonista: 8 gol e 7 assist lo avevano consacrato come uno dei migliori esterni del campionato, ruolo nel quale aveva dimostrato di trovarsi a suo agio, nonostante una carriera spesa per lo più da centrocampista centrale. Quest’anno Rui Vitoria, complice la cessione di Renato Sanches e il ritorno a pieno regime di Toto Salvio – un’ala naturale, nonché uno dei leader tecnici ed emotivi dello spogliatoio – lo ha riportato al centro del campo, affidandogli le chiavi della squadra. E Pizzi ha risposto con una stagione pressoché perfetta, che l’ha consacrato come miglior giocatore del campionato in quasi tutte le classifiche di rendimento.
Luis Miguel Afonso Fernandez, detto Pizzi in onore del suo idolo Juan Antonio Pizzi, ex centravanti del Barcellona e attuale tecnico del Cile, ha beneficiato della copertura del compagno di reparto Ljubomir Fejsa, un pretoriano recordman di campionati vinti consecutivamente (10 dal 2008 a oggi, con Partizan, Olympiacos e Benfica), che gli ha consentito di concentrarsi quasi esclusivamente sulla fase di costruzione e rifinitura del gioco. Secondo giocatore più utilizzato da Rui Vitoria (dietro Lindelöf), ha collezionato oltre 100 tocchi di palla a partita – unico in tutto il campionato in tripla cifra in questa statistica –, con un’accuratezza dell’84% (primo anche qui); ha creato 90 occasioni da rete (quasi 3 a partita), totalizzando 8 assist e 10 gol, senza rigori né punizioni.
Al di là delle statistiche, Pizzi ha incantato per la sua capacità di gestire con calma i tempi di gioco, alternando rapide verticalizzazioni a sontuosi controlli di palla, che fanno nascere qualche rimpianto circa la sua tardiva esplosione: il ragazzo di Bragança, estremo nord del Portogallo, finora ha trovato poco spazio in nazionale, chiuso da elementi più esperti (João Moutinho, Adrien Silva) o più sponsorizzati (Renato Sanches e João Mario): chissà che il Mondiale del prossimo anno, a 28 anni compiuti, non possa essere l’occasione giusta per lui.
Mezzala sinistra – Filip Krovinovic (Rio Ave)
L’unico giocatore non appartenente a una delle tre “grandi” di Portogallo: Filip Krovinovic, autore di un’ottima stagione con la maglia del Rio Ave, ha però firmato pochi giorni fa un quinquennale con il Benfica. Niente di strano, da quelle parti: lo strapotere economico della Triade è tale che non appena un giocatore emerge in un’altra squadra del campionato, difficilmente sfugge al reclutamento. Più sorprendente è la traiettoria di questo ragazzo croato di 21 anni che, dopo due stagioni da titolare con l’NK Zagabria, squadra della sua città, nell’estate di due anni fa viene ingaggiato dal club di Vila do Conde. Non trova subito spazio, anzi, colleziona solo spezzoni di partita, finendo ai margini della rosa. L’avvicendamento in panchina tra Pedro Martins e Capucho sembra favorirlo, ma la squadra non gira e il nuovo tecnico viene esonerato. Al suo posto arriva Luis Castro, che intuisce le potenzialità del ragazzo e lo responsabilizza, schierandolo con regolarità nel ruolo di trequartista.
Da dicembre in avanti Krovinovic si è imposto come uno dei giocatori più brillanti del torneo, proponendo un ampio ventaglio di soluzioni tecniche: dribbling, conclusioni dalla distanza e invenzioni per i compagni (a fine stagione collezionerà 5 gol e 3 assist). Quel che salta all’occhio vedendolo giocare è la capacità di calciare indifferentemente con entrambi i piedi, caratteristica che, unita all’abilità di smarcarsi nello stretto, lo rende pericoloso da ogni posizione. Il salto dal Rio Ave al Benfica sarà complesso, soprattutto in termini di pressione mediatica, ma il ragazzo sembra pronto ad affrontare la sfida.
Ala destra – Gelson Martins (Sporting)
Il primo componente del tridente offensivo è un altro elemento cresciuto tantissimo negli ultimi mesi. Dopo aver fatto capolino in prima squadra la stagione scorsa, collezionando 29 presenze ma partendo spesso dalla panchina, quest’anno Gelson Martins si è preso con prepotenza il posto da titolare sulla fascia destra dello Sporting, approfittando della cessione di João Mario all’Inter. Rispetto al nerazzurro, l’attuale numero 77 dei Leões è un’esterno più puro, che fa del dribbling (ne ha collezionati 2,3 a partita, terzo assoluto) e della velocità le sue armi migliori. Nato a Capo Verde l’11 maggio 1995, ha fatto tutta la trafila delle nazionali giovanili portoghesi, esordendo con la Selecção nel settembre scorso. In 32 partite di campionato ha raccolto 6 gol e 9 passaggi vincenti, risultando il miglior assist-man del torneo.
Elegante e potente al tempo stesso, Gelson Martins è il classico giocatore che ruba l’occhio: su YouTube non si contano le compilation che raccolgono i suoi dribbling, restituendo solo in parte l’impatto di un giocatore in grado di fare anche altre cose in campo. Il rischio che possa specchiarsi troppo nelle sue qualità tecnico-fisiche è concreto, ma è altrettanto evidente il potenziale di un giocatore che da poco ha compiuto 22 anni ed è solo alla sua seconda stagione da professionista. Nel ruolo hanno fatto molto bene anche Salvio del Benfica e Jesús Corona del Porto. Quest’ultimo è un giocatore che in America Latina definirebbero desequilibrante: arrivato in Europa dalla porta di servizio (Twente), da un paio d’anni terrorizza le difese portoghesi con funambolismi e giocate a effetto. Non è un mostro di continuità, ma se è in giornata risulta imprendibile.
Ala sinistra – Yacine Brahimi (Porto)
Nell’alterna stagione del Porto, non si può dire che il gioco sulle fasce non abbia funzionato. Sul lato opposto al Tecatito hanno agito due ottimi elementi: Diogo Jota (impiegato anche da seconda punta) e Yacine Brahimi, da tre anni tra i migliori giocatori della Primeira Liga, sempre sul punto di trasferirsi altrove e sempre, puntualmente, protagonista. Quest’ultima stagione, in particolare, non era iniziata con i migliori auspici per il fantasista algerino: impiegato col contagocce da Nuno Espirito Santo – pare per non aver accettato una destinazione gradita al club in estate – ha riconquistato il posto in squadra poco prima di Natale, per poi rientrare in gran forma dopo la Coppa d’Africa. Da quel momento la sua annata è stata un trionfo di dribbling (4 a partita, quasi il doppio del secondo in classifica, l’interessante Gil Dias del Rio Ave, di proprietà del Monaco) e virtuosismi di vario genere, che hanno riportato il suo nome sulla bocca degli operatori di mercato di mezza Europa.
In casa Benfica, Franco Cervi ha lasciato intravedere grandi qualità, così come il giovane serbo Andrija Zivkovic e l’elegante Rafa Silva: nessuno dei tre, però, ha inciso quanto il numero 8 del Porto, così come meno brillante di un anno fa è stato Bryan Ruiz dello Sporting. Sorprendente, invece, è stata la stagione di Fábio Martins, 23enne scuola Porto, protagonista con la maglia del Chaves ma di proprietà dello Sporting Braga.
Punta centrale – Bas Dost (Sporting)
34 gol in 31 partite: la supremazia nel ruolo della “punta dai piedi piatti”, non ha bisogno di ulteriori certificazioni. Non fosse stato per Leo Messi, Bas Dost si sarebbe aggiudicato anche la Scarpa d’Oro, superando gente come Lewandowski, Cavani e Cristiano Ronaldo. D’accordo, la Primeira Liga è meno competitiva di altri campionati, ma l’impresa resta, anche perché era dai tempi di Jardel (42 gol nella stagione 2001/02) che un singolo giocatore non raggiungeva queste cifre. L’anno scorso Jonas si fermò a quota 32: in questa stagione il brasiliano del Benfica ha visto ridursi i propri spazi, complice un infortunio alla caviglia, e non è andato oltre le 13 segnature (un’ottima media, comunque, viste le sole 19 gare giocate).
La cavalcata di Dost è cominciata presto, il 10 settembre contro la Moreirense alla prima partita in maglia biancoverde, e non ha mai conosciuto stop: 6 doppiette, 3 triplette e 1 poker sono l’incredibile score dell’olandese, che con le sue prestazioni ha anche conquistato un posto da titolare in nazionale. Da un punto di vista meramente realizzativo, il concorrente più credibile di Dost è stato il brasiliano Tiquinho Soares, che ha distribuito i suoi 19 gol tra Vitoria Guimarães (7) e Porto (12), squadra nella quale si è trasferito a gennaio. Proprio l’acquisto di Tiquinho ha condizionato la stagione del neo milanista André Silva, inizialmente schierato come unica punta e riciclatosi come attaccante di raccordo con l’arrivo del brasiliano. L’ormai ex attaccante del Porto ha realizzato 16 gol, così come il benfiquista Mitroglou, uno dei trascinatori della squadra della capitale.