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Le ragioni della bella stagione del Torino di Mazzarri
09 mag 2019
I granata sono una delle rivelazioni del campionato.
(articolo)
11 min
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Forse nessuno si sarebbe aspettato che, a tre giornate dalla fine del campionato, il Torino si sarebbe ritrovato appena sotto la zona Champions League, impegnato in una lotta serrata con squadre più attrezzate, come Milan e Roma, o con un progetto tecnico più rodato, come Atalanta e Lazio. I granata sono tra le rivelazioni di questa Serie A grazie a un modello di gioco plasmato sulle caratteristiche della rosa, che ha come cardine l’aggressività senza palla a tutto campo.

Walter Mazzarri ha infatti trovato una rosa adatta a una fase di non possesso fisica e diretta, basata su un’esuberanza atletica e mentale che caratterizza tutta la squadra, dalla punta al portiere, e che ha messo in disparte profili magari più creativi ma compassati, non in grado di soddisfare le esigenze meticolose dell’ex Inter e Napoli.

La formazione di base parte dalla difesa a tre e oscilla tra il 3-5-2, il 3-4-3 o 3-4-2-1, a seconda dei calciatori a disposizione e dell’avversario. A non cambiare mai, oltre alla difesa a tre, è l’atteggiamento: il Torino adotta un sistema di marcatura a uomo nella zona particolarmente aggressivo, chiede ai suoi difensori centrali di seguire le punte avversarie anche al di là della linea di centrocampo, ai suoi esterni di accompagnare insistentemente la manovra in ampiezza e ai suoi centrocampisti di rimanere reattivi e verticali in entrambe le fasi, per ottimizzare sia il recupero del pallone che la successiva ripartenza.

Le punte svolgono invece un prezioso lavoro di orientamento del primo possesso avversario mediante corse ad hoc, portando una pressione individuale che deve risultare credibile nell’intenzione di voler recuperare in prima persona il possesso, per poter effettivamente dare preoccupazione al difensore avversario. Le caratteristiche di Belotti si sono così sposate alla perfezione con questo aspetto del gioco di Mazzarri.

Mazzarri ha trovato presto il suo undici ideale: Sirigu, Izzo, N’Koulou, Djidji (che però ha finito la stagione per un infortunio al ginocchio ed è stato sostituito in pianta stabile da Moretti); Aina, Meité, Rincon, Baselli, Ansaldi, Belotti e Berenguer. Nell’ultimo periodo la posizione dello spagnolo si è consolidata, declassando a riserve Zaza e Iago Falque (alle prese con una stagione tormentata anche dal punto di vista degli infortuni), e ha trovato continuità anche De Silvestri.

Una delle migliori difese del campionato

Poter contare su una difesa a tre composta da giocatori così aggressivi ha avuto un effetto a cascata sull’atteggiamento dei compagni più avanzati. I difensori, grazie alla copertura garantita dai compagni di reparto, possono seguire i diretti avversari anche al di là della linea di centrocampo, consentendo ai mediani di marcare in avanti e così via. Il Torino è una delle squadre più aggressive del campionato e rende davvero complicata la risalita del campo ai suoi avversari, facendo terra bruciata intorno al portatore per il palleggio controllato e vincendo anche eventuali duelli sulle palle lunghe, grazie al dominio aereo e alla reattività sulle seconde palle. Dall’inizio della stagione il Torino è tra le squadre più efficaci nel recupero palla, una tendenza ampiamente confermata sul lungo periodo.

I dati statistici ci forniscono riscontri evidenti. L’indice PPDA (Passed allowed Per Defensive Action) è il rapporto, data una determinata zona di campo, tra i passaggi concessi all’avversario e i tackle/intercetti effettuati, e consente di avvicinarsi a una quantificazione credibile dell’intensità del pressing di una squadra (qui potete trovare un approfondimento al riguardo). Alla trentaquattresima giornata, il Torino è la squadra con l’indice migliore della Serie A: i granata hanno una media di 6.92 PPDA, seguiti da Atalanta (7.39), Inter (8.06) e Napoli (8.21), un dato che certifica l’efficacia nel rompere i possessi avversari dopo pochi passaggi.

Preso da solo, però, il PPDA non è una fotografia esaustiva dell’atteggiamento complessivo di una squadra (l’altezza del baricentro difensivo, la zona del campo in cui viene attivato il pressing, ecc.), così è buona prassi incrociarlo con il dato dei palloni recuperati nella metà campo avversaria. Il Torino, con 23.77 recuperi a partita, si piazza dietro soltanto ad Atalanta (25.4) e Napoli (25.35).

Il Torino accetta spesso e volentieri di concedere la parità numerica contro i suoi difensori centrali, sganciando i centrocampisti e gli esterni contro i diretti avversari, e questo risulta spesso in un recupero palla tra il centrocampo e la trequarti, con una quantità media solo leggermente inferiore a quello di due squadre particolarmente abili e rodate in questo tipo di riconquista.

Gli intercetti hanno un’importanza radicale nel recupero palla del Torino, al terzo posto in Serie A per media di intercetti a partita (12), dietro soltanto ad Atalanta (12.3) e Chievo (12.1). Questa informazione, incrociata con l’atteggiamento generale, si traduce nell’immagine di una squadra che riesce a ottimizzare l’aggressività verticale dei suoi singoli, riducendo all’osso le situazioni in cui i suoi difendenti vengono puntati (7 i dribbling subiti a partita, meglio ha fatto solo la Juventus con 6.2).

Il pressing orientato sull’uomo del Torino. Con palla laterale, il portatore non ha nessuna soluzione di passaggio. Da notare i difensori centrali Nkoulou e Izzo che seguono le punte della Sampdoria fino al centrocampo.

L’organizzazione di Mazzarri per queste fasi è maniacale, ma il giusto plauso va rivolto anche alle individualità che compongono il suo Toro.

Armando Izzo sta disputando una stagione eccellente e si è esaltato in un contesto di gioco simile, per certi versi, a quello del Genoa di Gasperini che lo ha lanciato in Serie A, da difensore centrale di destra. Izzo è difficile da saltare (0.4 dribbling subiti p/90), mette a segno 2.1 contrasti p/90, con una efficacia dell’87.5%, e 2.5 intercetti p/90. Ha un’impostazione esplosiva della marcatura sull’anticipo, che lo rende difficile da “assorbire”; riesce sempre ad apparire tra avversario e pallone e a rigiocarlo in maniera pulita. La sua fisicità è incanalata in una pulizia non scontata e senza dubbio Izzo è il difensore del Torino che più ruba l’occhio. Sono state importanti dal punto di vista difensivo anche le stagioni di Rincon, rivitalizzato dopo l’esperienza alla Juventus e tornato sui livelli a cui si era espresso col Genoa; di Ola Aina, Ansaldi e De Silvestri per l’aggressività in ampiezza, ma anche quelle di Meité e Belotti. Le caratteristiche dei singoli, unite all’organizzazione di Mazzarri, rendono il Torino una squadra capace di adottare anche un atteggiamento ancora più orientato sul controllo dell’uomo, creando duelli a tutto campo (come ad esempio è avvenuto contro il Milan).

Grazie a tutti questi aspetti, il Torino è a oggi la terza miglior difesa del campionato (senza contare i rigori) per reti subite (27), a fronte però di un numero di xG concessi non di poco conto: 40.06. Questa overperformance in termini di gol effettivamente subiti è tra le più alte della Serie A dopo il Parma (che ha una differenza tra xG e gol subiti di 13.4) e il Cagliari (14.3). Nel caso del Torino, però, la fortuna va di pari passo con le prestazioni di Salvatore Sirigu, forse alla migliore stagione in carriera: esplosività ed elasticità tra i pali, freddezza sulle uscite. I granata hanno così mantenuto la porta inviolata per ben 15 partite.

Le imperfezioni offensive

Se da una parte il Torino è una squadra elitaria ed elaborata dal punto di vista difensivo, la fase offensiva rimane piuttosto essenziale, con poca elasticità posizionale e legata soprattutto alle iniziative creative individuali e allo sfruttamento della fisicità (conquista delle seconde palle, calci piazzati, cross). La prima cosa che stona guardando le proiezioni offensive della squadra di Mazzarri è la difficoltà a trasformare i tantissimi recuperi di palla in nitide occasioni da gol.

Una ripartenza gestita male dal Torino. Meité recupera palla sulla sua trequarti e si appoggia a Baselli, che verticalizza subito su Belotti, defilato. Solo Berenguer parteciperà all’azione oltre ai due, in una situazione di 3v5 che diventa subito di 3v8. Belotti verrà quadruplicato e perderà il possesso.

Il Torino recupera buona parte dei possessi nella metà campo avversaria ma, una volta riconquistato il pallone, i granata non sembrano particolarmente predisposti alla ricerca immediata di una verticalizzazione o ad accompagnare immediatamente con tanti uomini in avanti, per colpire la difesa avversaria mentre è disorganizzata, e preferiscono spesso il passaggio più sicuro per assicurarsi il possesso e manovrare l’offensiva per assumere delle posizioni prestabilite.

Se da una parte questo rende il Torino meno esposto ai tentativi di gegenpressing degli avversari (anche se in Italia le squadre che riescono ad applicare con costanza questo concetto sono davvero poche), dall’altra questa impostazione limita la pericolosità offensiva. Può sembrare paradossale, ma una squadra così aggressiva e verticale senza palla ha in realtà una matrice cautelativa abbastanza visibile.

Una ripartenza andata a buon fine è invece quella che porta al primo gol di Belotti contro la Sampdoria. Rincon intercetta e Meité si districa in mezzo a 3 avversari, scarica su Berenguer, che a sua volta allarga su De Silvestri. In questo caso tanti uomini in accompagnamento complicano la vita alla difesa della Sampdoria. Il gol è comunque ad alto coefficiente di difficoltà, ma almeno in questo caso il Torino è riuscito a sfruttare rapidamente uno dei suoi punti di forza, il colpo di testa di Belotti.

Mazzarri, in una recente intervista, ha dichiarato che la loro fase offensiva viene preparata in prevalenza con possessi a due tocchi, reputandosi soddisfatto del miglioramento tecnico trasferito ai suoi giocatori. Questa tipologia di allenamento consente di curare in particolar modo due tipi di gesto tecnico: il controllo orientato e la trasmissione con passaggi corti e lunghi, rendendo il calciatore più affidabile nei tempi di scarico e dunque meno attaccabile. Il rovescio della medaglia è che si può perdere qualcosa in termini di guizzo creativo: giocate di prima, ricezioni non sulla figura, smarcamenti anticipati nello spazio e così via. Il Torino non ha una fase di possesso consolidata particolarmente creativa e punta a guadagnare terreno sfruttando le doti fisiche e tecniche dei suoi giocatori, ricercando l’ampiezza e rifinendo spesso attraverso cross e traversoni, oppure attaccando le seconde palle.

In questo contesto assume un’importanza particolare la stagione di Ansaldi, diventato un vero e proprio leader tecnico della squadra, complice forse anche la stagione sfortunata di Iago Falque, in passato utilizzato come riferimento a tutto campo. L’argentino ha un bagaglio tattico enorme e in carriera ha giocato in diverse posizioni, è quasi perfettamente ambidestro e ha tempi di giocata rapidi, mantenendo la verticalità. Tutto questo lo rende spesso difficile da leggere dal diretto avversario, soprattutto in fase di rifinitura, dove può alternare il rientro sul destro all’attacco della profondità con il sinistro. In stagione è stato impiegato prevalentemente come esterno di sinistra, con qualche apparizione a destra, e in un paio di occasioni persino da interno. Ha una media di 2.7 dribbling riusciti p/90, il migliore della squadra, seguito da Parigini e Berenguer (2).

L’attacco paziente attraverso strappi e cambi di gioco, insieme a una costanza fisica e mentale nella ricerca della palla vagante, sono dunque i temi offensivi principali di questa squadra, che però sembra essere ancora piuttosto indietro, rispetto alle dirette concorrenti, nella costanza e nella qualità delle occasioni create. Sintomatica in questo senso l’aridità realizzativa: Belotti, il capocannoniere della squadra, ha realizzato appena 8 reti, senza contare i rigori, a fronte di 12.5 xG. L’underperforming di 4.5 è tra i peggiori nei primi 20 marcatori del campionato.

Le performance xG – gol dei migliori marcatori del Torino.

Nella classifica degli expected assist (xA), i più produttivi sono Berenguer (3.6), Belotti (3.3), Iago Falque (3.1), Baselli (2.9) e Ansaldi (2.8). Nessuna delle occasioni xA prodotte da Belotti è poi stata trasformata in gol (e dunque in assist); gli assist effettivi sono invece 3 per Berenguer e Iago Falque, 2 per Ansaldi e 1 per Baselli. È abbastanza singolare che una squadra in lotta per la Champions abbia così poche rifiniture nei piedi dei riferimenti offensivi principali, soprattutto considerando che Berenguer sembra aver trovato una centralità solo di recente e che Iago ha passato una stagione travagliata, e che non abbia altre fonti produttive di rilievo.

In questo grafico possiamo notare la marginalità delle fonti di rifinitura del Torino. È difficile, così, avere ambizioni di Champions League.

Insomma, il Torino è una squadra pratica e organizzata, che ha un evidente sbilanciamento a favore dell’organizzazione difensiva rispetto a quella offensiva, dotata di individualità efficienti soprattutto quantitativamente, con qualche eccellenza (su tutti Izzo, Sirigu e Ansaldi, appunto), che sembra meritare l’opportunità della corsa all’Europa, ma che forse sta pagando la mancanza di qualche risolutore in più negli ultimi 30 metri. Soriano, un profilo che sembrava idoneo alle esigenze di Mazzarri, non è riuscito ad imporsi, mentre Iago Falque sta passando la stagione peggiore dopo anni di assoluta garanzia in Serie A. In tutto questo, lo spartito offensivo del tecnico non sembra sufficiente a colmare del tutto l’assenza di determinati profili, ma il Torino rimane comunque una squadra temibile, che in una partita può realmente mettere in difficoltà chiunque.

I dati su xG, xA, PPDA e palle recuperate in attacco sono stati raccolti da Alfredo Giacobbe. Per le altre statistiche la fonte è il sito WhoScored.

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