Quella tra Simone Verdi e il Torino è stata una classica telenovela estiva. Nonostante fosse stato da tempo individuato come il principale rinforzo dei granata, la trattativa pareva essersi arenata a causa del suo costo. Alla fine, il contratto è stato depositato a tre minuti dalla chiusura del mercato, e Verdi è diventato il giocatore più costoso della storia granata per 25 milioni.
Probabilmente, anche l’eliminazione contro il Wolverhampton ha contribuito a convincere la dirigenza sulla necessità dell’acquisto, e a compiere quindi questo sforzo.
Una sorta di ritorno a casa, dato che Verdi ha esordito in B e in A proprio con la maglia del Torino. Fu poi mandato in prestito alla Juve Stabia iniziando così un lungo giro di squadre - Juve Stabia, Empoli, Eibar Carpi e infine l’affermazione definitiva a Bologna.
Perché il Torino aveva bisogno di Verdi
Il Torino 2018/19 è stata una delle sorprese del campionato, grazie alla sua identità ben definita e molto efficace nel contesto italiano. Il sistema difensivo di Mazzarri è stato tra i più interessanti della Serie A, merito di un pressing ultra-aggressivo, fortemente orientato sull’uomo, che ha reso il Toro una delle squadre col maggior numero di palloni recuperati nella metà campo avversaria, anche grazie alla sua fisicità. Un coraggio poco riconosciuto a un allenatore con una fama consolidata da conservatore.
La fase offensiva dei granata si è però rivelata problematica e lacunosa. L’anno scorso il Torino è stata l’ottava peggiore squadra per xG prodotti, con un’evidente difficoltà nel tirare da posizioni pericolose. I granata sono stati prevedibili tra le linee, con una rifinitura centrale quasi assente, scegliendo di attaccare in modo estremamente diretto. Basti pensare che, dopo Cagliari, Chievo e Parma, i granata sono stati la quarta squadra per lanci lunghi e tra le ultime per precisione passaggi (78.2% di pass accuracy).
Il tema principale in fase di rifinitura sono stati i cross. Ansaldi è così diventato il fulcro del gioco offensivo del Toro, e di conseguenza la fascia sinistra era la principale zona di rifinitura del Torino. Dai piedi dell’argentino sono passati quasi 8 cross e 1.7 passaggi chiave ogni 90’; non a caso, uno dei tipici gol del Torino di Mazzarri consiste nello stacco di De Silvestri (il laterale destro) sul secondo palo dopo il traversone dell’argentino.
Il primo gol contro il Wolverhampton ne è un esempio. De Silvestri è fondamentale nel riempire l’area sul secondo palo.
Un buon piano per una squadra con Belotti in squadra, ma in generale quella del cross è una delle armi offensive statisticamente meno redditizie. Alla luce di questa evidente carenza di alternative offensive, non stupisce che i granata cercassero sul mercato un profilo creativo nell’ultimo terzo di campo per poter dare maggiore imprevedibilità in avanti. La scelta è ricaduta appunto su Verdi, che aveva manifestato la volontà di giocare con più continuità dopo lo scarso minutaggio a Napoli, nonostante Ancelotti non intendesse cederlo.
I pregi e i limiti di Verdi, per come lo abbiamo conosciuto finora
Quando pensiamo a Verdi, come prima cosa vengono in mente la sua grande facilità di calcio e le doti balistiche con entrambi i piedi. Riesce a imprimere forza e precisione alla palla anche senza bisogno di grandi rincorse, e riesce ad essere temibile sia quando deve rifinire per i compagni che quando deve concludere in porta. A dire il vero Verdi ricerca un po’ troppo la conclusione da lontano: dei 2.9 tiri per 90’ effettuati nel Bologna 2017/18, ben 1.8 erano da fuori area.
Uno dei gol più belli nella stagione 2017/18.
In Emilia, Verdi ha disputato la stagione migliore della carriera, conquistando la chiamata del Napoli e aspettative di grande livello. Quel Bologna era una squadra molto difensiva, con poche soluzioni in avanti, e Verdi era di fatto il totale accentratore offensivo di una formazione che sceglieva di attaccare quasi solo in spazi larghi. Il dato più significativo: delle 40 reti totali realizzate dai felsinei il 50% è arrivato dai piedi di Verdi, che ha contribuito con 10 gol e 10 assist.
Il Bologna adottava una difesa di posizione piuttosto passiva e Verdi si è specializzato come raccordo per la risalita, abbassando parecchio la propria posizione per ricevere palla. Schierato soprattutto a destra nel 4-3-3, raramente veniva servito in modo pulito tra le linee, finendo per agire in posizioni più defilate. Nelle situazioni di allargamento in fascia, è venuto fuori un altro dei suoi grandi pregi: il lancio lungo. Senza riferimenti per associarsi sul corto, Verdi era fenomenale nel cambiare campo servendo il compagno sul lato debole.
Tuttavia, le caratteristiche tattiche di quel Bologna (soprattutto la mancanza di riferimenti con cui fraseggiare sullo stretto) ci hanno impedito di vedere a che punto fosse Verdi come rifinitore, di valutare l’efficacia del suo gioco e dei suoi filtranti sul breve. Dei 10 assist effettuati, 4 sono arrivati da calcio piazzato, e dei 1.7 passaggi chiave effettuati per 90’, solo 1.1 arrivavano da situazioni di open play.
A Napoli, invece, ha trovato un contesto diversissimo, ossia una squadra che manteneva un baricentro molto alto e che attaccava in spazi stretti. Al netto di qualche cambiamento saltuario, Ancelotti si è focalizzato su un 3241 asimmetrico, in cui il terzino destro resta bloccato e il laterale sinistro si alza per dare ampiezza. I trequartisti, tra cui appunto Verdi, giocavano quindi molto dentro al campo e vicine tra di loro.
Il 3241 del Napoli, con Mertens e Verdi alle spalle di Milik. In questo contesto, l’ex Bologna si defila raramente, poiché ha il compito di riempire l’halfspace.
In uno scenario tattico più elaborato, Verdi ha trovato poco spazio e non è riuscito a incidere in modo rilevante, facendo nascere il sospetto che alcuni difetti visti a Bologna fossero più lacune del giocatore che non esclusiva responsabilità del contesto. Nonostante il Napoli fosse una squadra di possesso, Verdi non è cresciuto in rifinitura, mantenendo la stessa media di passaggi chiave degli anni precedenti.
Inoltre, in spazi stretti si è notata parecchio la sua scarsa esplosività: non è riuscito a generare con frequenza superiorità numerica, con appena 1.5 dribbling riusciti contro i 2.5 di Bologna. Il passaggio a una squadra superiore non si è quindi tradotto in un salto di qualità per il giocatore.
L’impatto di Verdi a Torino
L’inserimento al Torino è stato abbastanza graduale, con Mazzarri che, dopo averlo schierato a gara in corso contro Lecce e Sampdoria, gli ha dato una maglia da titolare per la prima volta contro il Milan. Contro i rossoneri ha agito alle spalle del doppio 9 (Zaza e Belotti), mentre contro Parma e Napoli è stato affiancato rispettivamente da Meité e Lukic alle spalle del “Gallo”.
Anche se Verdi è stato acquistato principalmente per aumentare la creatività dei granata, non bisogna dimenticare che buona parte della forza del Torino dipende dall’aggressività in fase di non possesso, con gli attaccanti che hanno un ruolo determinante nella pressione. Verdi non è certo un giocatore intenso, tant’è che prima della trasferta di Parma Mazzarri ha dichiarato: «In questo periodo che non è così brillante, se lo liberiamo da qualche impegno difensivo può andare meglio».
Nonostante l’assist ad Ansaldi contro il Parma e i 2.8 passaggi chiave ogni 90’, nelle prime gare è sembrato un corpo estraneo. Il Torino ha continuato a giocare al solito modo, con la ricerca dell’immediata verticalizzazione per le punte. I movimenti di Verdi tra le linee erano sostanzialmente ignorati: i compagni si comportavano quasi come se non lo vedessero. Era spesso servito in situazioni molto statiche, in cui da fermo e nello stretto doveva inventarsi un dribbling che - lo sappiamo - non è nelle sue corde. Intorno all’ora di gioco Mazzarri lo ha sostituito, forse perché ancora in ritardo di condizione.
Tutto questo fino alla partita contro il Napoli, positiva, tanto per il giocatore quanto per la squadra. Si è visto qualcosa di diverso dal punto di vista tattico, col Torino che si è disposto con un 4-4-2 più prudente in fase difensiva. Quando gli avversari avevano palla, Verdi ricopriva la posizione di esterno sinistro, segno che evidentemente Mazzarri non lo riteneva adatto ad accompagnare Belotti nella pressione. Anche in fase di possesso, Verdi si è defilato molto di più rispetto alle precedenti partite, ricevendo in corsa sul lato debole e potendo così puntare Di Lorenzo. Con 2 passaggi chiave e 5 cross è stato uno dei più creativi dei suoi, nonostante la prevedibilità negli uno contro uno offensivi.
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Nella prima immagine c’è il 4-4-2 del Torino in fase di non possesso, un atteggiamento più prudente del solito senza palla. Anche in fase offensiva Verdi è partito da una posizione piuttosto defilata, accentrandosi poi quando Laxalt si sovrapponeva. Il Napoli ha concesso molto in ampiezza, nella seconda slide Verdi punta verso l'area ed effettua un cross su cui Belotti sfiora il pallone.
Senza dubbio Verdi può dare molta più creatività al Torino, ed è un profilo di cui i granata avevano disperato bisogno. Bisogna considerare che al momento i numeri del Torino non sono incoraggianti, il campione non è così significativo ma dopo 7 partite i granata sono penultimi sia nella classifica degli xG prodotti in open-play che in quella degli xG subiti. Mazzarri dovrà essere bravo a creare una struttura tattica ottimale per esaltare un giocatore al momento molto diverso rispetto al contesto, fatto di intensità senza palla e fasi di possesso poco ragionate. Verdi da parte sua potrà beneficiare di un attacco in spazi ampi dove può sfruttare la qualità del suo gioco lungo e nel raccordo delle transizioni, come già fatto a Bologna.
Lo schieramento visto col Napoli può essere un buon punto di partenza, un modo per riuscire a servire Verdi in situazioni dinamiche e pericolose. Dalla sua integrazione passa il miglioramento di una squadra che altrimenti rischia di essere monocorde e ripetitiva.