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L'Inter è ancora in gioco
29 nov 2018
A una giornata dalla fine del girone i nerazzurri hanno ancora tante possibilità di qualificarsi.
(articolo)
8 min
(copertina)
Foto di Ben Stansall / Getty Images
(copertina) Foto di Ben Stansall / Getty Images
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I dati di quest'analisi sono stati gentilmente offerti da Opta.

Oltre a essere decisiva per la qualificazione agli ottavi, la partita contro il Tottenham a Wembley doveva chiarire le ambizioni dell’Inter, dopo le risposte contraddittorie arrivate dal doppio confronto col Barcellona. Uscire imbattuti da Wembley non avrebbe solo assicurato il passaggio del turno, ma avrebbe cementato la consapevolezza di essere già all’altezza di certi palcoscenici, nonostante un esilio durato ben sei anni, che è poi il motivo per cui il sorteggio ha stabilito un girone così duro.

Come l'Inter ha affrontato la pressione del Tottenham

Erano in particolare due gli aspetti sui quali si sarebbe giocata la sfida con la squadra di Mauricio Pochettino: la gestione della palla contro il suo pressing molto aggressivo, che di recente ha mandato in crisi anche una squadra dal palleggio sicuro come il Chelsea di Sarri, e il coraggio nell’affrontare la sua manovra, per evitare di farsi schiacciare all’indietro dalle lunghe sequenze di possesso e recupero immediato che gli “Spurs” sono in grado di giocare e che avevano fatto soffrire anche la Juventus negli ottavi della scorsa stagione. «Non mi piace l’Inter che aspetta nella sua metà campo», aveva detto Luciano Spalletti alla vigilia.

Schierata la formazione tipo (l’unico assente era Vrsaljko, e così a destra in difesa ha giocato D’Ambrosio), l’accorgimento trovato da Spalletti per avanzare prevedeva la rotazione del triangolo di centrocampo, con Vecino che si alzava a giocare da mezzala destra e Brozovic a occuparsi di far uscire il pallone dalla difesa giocando da regista.

Vecino si alza, Brozovic si occupa di far arrivare il pallone avanti insieme a Skriniar e de Vrij. Il Tottenham si difende con Alli a centrocampo in un 4-5-1.

L’uruguaiano e Nainggolan, che nella rotazione finiva per giocare da mezzala sinistra, tendevano comunque ad allontanarsi da Brozovic e, più che a consolidare il palleggio occupando gli spazi lasciati dalle uscite in pressione dei centrocampisti del Tottenham, presidiavano la zona attorno alla palla dopo che da dietro avevano lanciato lungo e con la loro posizione avanzata potevano andare a occupare l’area sui cross.

I tagli a destra di Vecino, ad aggiungere un’opzione in verticale a chi iniziava l’azione, lanciando direttamente sull’uruguaiano o puntando sulle combinazioni con Politano, erano in pratica l’unico contributo concreto dato dalle mezzali per avanzare. Nainggolan, ancora lontano dalla migliore condizione fisica e uscito poco prima dell’intervallo, non riusciva a farsi trovare e oltretutto è stato molto impreciso. Un suo errore in appoggio ha dato il via all’azione conclusa dalla traversa colpita da Winks con un tiro da fuori al 38’.

L’Inter ha insomma scelto di affrontare il pressing del Tottenham nel modo più semplice: lanciando lungo per evitare di perdere la palla troppo vicino alla porta. In questo modo i nerazzurri hanno limitato la pericolosità degli “Spurs”, obbligandoli a ripartire da zone piuttosto basse (a fine partita i loro recuperi si sono assestati a un’altezza media: 40,2 metri). Alla squadra di Pochettino servivano giocate eccezionali, come quella con cui Kane ha saltato mezza Inter al 12’ o lo strappo in conduzione di Sissoko alla mezz’ora, per creare pericoli dopo aver recuperato la palla nella propria metà campo.

Il rovescio della medaglia erano le grandi difficoltà ad arrivare in area, non solo ripulendo la palla dopo aver lanciato lungo, ma anche nelle poche occasioni in cui i nerazzurri riuscivano a evitare col palleggio la pressione del Tottenham. Nel primo tempo l’Inter ha tirato solo due volte, e in nessuno dei due casi ha centrato la porta.

La svolta di Borja Valero

Da un episodio negativo come l’infortunio di Nainggolan è però arrivata la svolta che ha migliorato la partita della squadra di Spalletti. L’ingresso di Borja Valero al posto del belga ha alzato da subito la qualità del possesso interista. Con la sua attitudine a muoversi costantemente in appoggio a chi ha la palla, la sua abilità nel conservare il possesso, trovando poi il tempo e il modo migliore per restituire la palla, lo spagnolo ha ordinato la manovra nerazzurra, alzandola di diversi metri e creando i presupposti per arrivare con più continuità in area.

Nel secondo tempo l’Inter ha superato gli “Spurs” nel possesso, passando dal 44,1% al 53,3%, e ha costruito 8 delle 10 conclusioni totali della sua partita. Il contributo di Borja Valero è stato fondamentale, sia nel creare le condizioni per avvicinarsi alla porta (solo 3 passaggi sbagliati su 34), che nello spezzare il ritmo della partita (3 falli subiti, il dato più alto tra i nerazzurri, condiviso con Asamoah) e nel rifinire le azioni: con due occasioni create è stato il migliore dei suoi, e la statistica non tiene conto del passaggio con cui ha aperto il campo a Politano al 57’, forse la situazione più pericolosa creata dalla squadra di Spalletti, sciupata per un errore in rifinitura di Icardi, impreciso al momento di chiudere lo scambio con l’ex esterno del Sassuolo.

Non rientra tra le occasioni create, ma il passaggio di Borja Valero apre una metà campo a Politano.

Come si è difesa l'Inter

Se l’Inter ha iniziato a gestire il possesso soltanto dopo l’ingresso di Borja Valero, dal punto di vista difensivo le cose sono andate subito meglio, anche se non nel modo immaginato da Spalletti alla vigilia. I nerazzurri non hanno infatti sfidato il possesso del Tottenham nella sua metà campo, ma hanno preferito aspettarlo oltre il centrocampo negando gli spazi per avanzare. Alla fine il baricentro si è assestato molto in basso (44,4 metri), ma la squadra di Spalletti è riuscita a restare molto corta (23,7 metri) e difendere bene l’ampiezza (lo schieramento è rimasto piuttosto largo: 50,2 metri), sacrificando Politano e Perisic sui due terzini avversari, Davies e Aurier.

Al Tottenham bastava un cambio di gioco per aggirare i timidi tentativi di pressing alto dell’Inter, innescati di solito da Nainggolan, che inizialmente restava dietro Icardi nella zona di Winks e poi andava a pressare Alderweireld, e spingerla in basso. Gli “Spurs” iniziavano l’azione col centrale belga, che avanzando palla al piede poteva scegliere di allargare a destra a Aurier o Sissoko, che più di una volta si è abbassato a occupare lo spazio lasciato libero dall’avanzata del terzino ivoriano, oppure lanciare lungo su Kane o cambiare gioco per isolare Lucas e puntare sul suo spunto in dribbling sulla fascia sinistra.

Anche se costretta ad abbassarsi per questo tipo di costruzione piuttosto verticale scelta dagli “Spurs”, l’Inter si è difesa bene nei pressi della sua area, facendosi trovare scoperta soltanto quando il Tottenham riusciva a ripartire dopo aver recuperato la palla. L’altezza, piuttosto bassa, a cui si difendevano i nerazzurri ha esaltato Skriniar e de Vrij, praticamente impeccabili, sia nei duelli individuali che nelle marcature in area, fino all’azione del gol che ha deciso la partita.

Mauricio Pochettino nel frattempo aveva modificato profondamente la sua squadra. Alla vigilia il tecnico argentino aveva anticipato il ricorso a qualche rotazione, per far fronte alle difficoltà del calendario: dopo aver giocato contro il Chelsea e l’Inter, gli “Spurs” sono attesi infatti dal derby con l’Arsenal nella prossima giornata di Premier League. Dalla formazione iniziale sono rimasti così fuori sia Eriksen che Son, due dei protagonisti della netta vittoria contro la squadra di Sarri, nonché due dei giocatori più determinanti per gli equilibri offensivi del Tottenham. Pochettino li ha mandati in campo entrambi nel secondo tempo, modificando il sistema: dopo il loro ingresso gli “Spurs” si sono infatti schierati col centrocampo a rombo, con Eriksen mezzala sinistra, Alli trequartista e Son accanto a Kane in attacco.

La differenza di Eriksen

Il danese ha preso subito il controllo della manovra dei suoi ma, soprattutto, ha trovato l’inserimento che ha deciso la partita. Inizialmente Eriksen prova ad avviare l’azione in prima persona, andando a prendersi la palla da Alderweireld, ma poi appoggia a Winks e si sistema sul centro-sinistra. L’azione, intanto, si sviluppa sul lato opposto: Sissoko riceve da Aurier e parte in conduzione con uno dei suoi tipici strappi palla al piede. Brozovic non prova nemmeno a seguirlo, Skriniar esce lateralmente su Son, mentre de Vrij prima è impegnato da Kane e poi temporeggia facendo arrivare Sissoko in area. A quel punto, però, la difesa nerazzurra non può più recuperare: D’Ambrosio accorcia verso la palla ma è troppo distante da Alli, che si gira e spalanca la porta a Eriksen, che arrivando da dietro infila la palla sotto la traversa con il sinistro.

Il conto degli xG dice che, oltre al gol di Eriksen, l’altra grande occasione costruita dal Tottenham è un colpo di testa di Vertonghen su un calcio di punizione battuto dal danese. Anche l’Inter ha avuto la sua migliore occasione da un calcio piazzato, ma la spaccata da pochi passi di Skriniar sul cross di Perisic non ha inquadrato la porta. Alla fine gli “Spurs” hanno tirato di più, ma non sono stati più pericolosi dei nerazzurri. Anzi il valore di xG per tiro è identico: 0,1.

La sconfitta è arrivata nell’unica occasione in cui la difesa nerazzurra si è fatta trovare scoperta su un’azione manovrata del Tottenham, e ora la qualificazione agli ottavi è di nuovo in bilico. Il Barcellona al Camp Nou è senza dubbio un grande alleato, ma i blaugrana sono già certi del primo posto e non si giocano nulla nell’ultima giornata contro gli “Spurs”. Le probabilità di passare il girone sono scese ma non sono nemmeno tanto basse, anche se battere il PSV potrebbe non bastare.

I doppi confronti con Barcellona e Tottenham hanno lasciato più dubbi che certezze sulla consistenza dell’Inter a certi livelli, ma gli ottavi sono ancora raggiungibili. Un traguardo impensabile fino a due anni fa, quando l'Inter perdeva in Europa League contro l'Hapoel Beer Sheva; impensabile anche fino a un paio di mesi fa, quando il sorteggio sembrava chiudere le porte della qualificazione ai nerazzurri. Bisognerebbe sempre tenerlo presente nelle valutazioni.

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