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È bastato un buon Milan
09 mar 2023
Il Tottenham invece non sembrava voler davvero passare il turno.
(articolo)
10 min
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COLORSPORT/Ashley Western
(copertina) COLORSPORT/Ashley Western
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Il Milan torna nei quarti di Champions League dopo 11 anni e si mette definitivamente alle spalle la sua banter era, un decennio di scelte sbagliate, giocatori improbabili, sconfitte memorabili. Lo fa in una maniera magari poco spettacolare, senza toccare i picchi estetici e atletici della scorsa stagione, ma meritando nel doppio confronto con il Tottenham, accettando di cambiare alcuni meccanismi per ritrovare una maggiore solidità e finendo quasi per dover rimpiangere l’imprecisione dei suoi giocatori, se il colpo di testa di Kane nel recupero non avesse trovato le prontissime mani di Maignan.

Il Tottenham al contrario conferma quelli che sono i luoghi comuni di squadra senza mentalità vincente, incapace di rendersi pericolosa in maniera quasi ridicola. Non è la prima volta che succede, ma questa volta è ancora più doloroso nelle modalità in cui è accaduto. La squadra sembra aver rigettato lo spirito di Conte o è forse lo stesso Conte ad averlo perso. Dopo la partita l'allenatore si è rifugiato in questa lettura storica delle difficoltà del Tottenham: «A livello di storia si sono incontrate due squadre molto differenti», sottolineando come non bastano 14 mesi per cambiare la mentalità perdente di un club dalle enormi possibilità economiche. Dalle sue parole il Milan è sembrato un ostacolo insormontabile, come se - al contrario - non fosse la squadra di Premier League a essere favorita contro quella di Serie A. Parole che stridono anche rispetto all’andamento dei novanta minuti, in cui il Tottenham avrebbe avuto anche la possibilità di recuperare lo svantaggio, ma è sembrato quasi non volerlo fare.

Di questa partita abbiamo parlato anche in Che Partita Hai Visto, il podcast dedicato ai nostri abbonati in cui parliamo delle partite più importanti della settimana. Se non siete ancora abbonati, potete farlo cliccando qui.

I possibili vantaggi del Tottenham

Come all’andata, la disposizione delle due squadre in campo ha favorito una partita di duelli individuali, un andamento che avrebbe potuto (dovuto?) favorire gli inglesi che giocavano in casa, in uno stadio più bello che coinvolgente, e che dovrebbero essere più abituati a partite ad alta intensità e dalla alta posta in palio. Il Milan è sceso in campo con la nuova difesa a tre, con Thiaw centrale e Tomori e Kalulu ai suoi fianchi; Messias e Theo Hernandez erano gli esterni, Tonali e Krunic la coppia di centrali, a cui spesso si aggiungeva Diaz, quasi più mezzala che trequartista. In avanti Giroud era il riferimento centrale, mentre alle sue spalle si aggirava Leao, forse anche troppo libero di svariare. Nel Tottenham il centrale era Lenglet, alla sua destra Romero, a sinistra Davies; a centrocampo i centrali erano Skipp (entrato tra i titolari per le assenze di Bissouma e Bentancur) e Hojbjerg, gli esterni Perisic a sinistra ed Emerson Royal a destra; in attacco Kane era il centravanti, con Son, preferito a Richarlison, e Kulusevski trequartisti.

Nel primo tempo è stata la mobilità dello svedese a creare i maggiori problemi al Milan. Come tipico nelle squadre di Conte, il Tottenham usava la costruzione dal basso, spesso anche dentro la propria area di rigore (non a caso Foster è stato autore di più passaggi di tutti i giocatori offensivi), per attirare il Milan in avanti e poi giocare alle spalle della prima linea di pressione, spesso cercando proprio Kulusevski. Al 5’ è stato lui a ricevere da Romero con Tomori in ritardo, allungando di prima per Son, che ha servito Perisic, in quel momento il giocatore più avanzato nel cerchio di centrocampo. Il croato con una sponda di prima lanciato Kulusevski nello spazio, che però ha perso il duello in velocità con Tomori. Al 10’ il Milan ha prima recuperato un pallone nell’area avversaria con una bella riaggressione, poi però l’ha perso subito dopo per un errore di Krunic. Hojbjerg è andato subito in verticale per Kane, che nella sua veste di trequartista ha ricevuto, si è girato, ha aspettato il movimento di Kulusevski e poi l’ha servito; lo svedese è arrivato sul fondo per poi servire a rimorchio Emerson Royal, il cui tiro anemico di piatto è stato deviato diventando quasi pericoloso per Maignan.

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Dopo appena 5 minuti di gioco il Tottenham crea una potenziale occasione grazie anche allo scambio di posizioni tra Perisic e Kane e al movimento incontro di Son. Questa soluzione non si vedrà più.

In queste due occasioni, e in altri momenti del primo tempo, i centrocampisti e i difensori del Milan sono sembrati indecisi sulle scelte da prendere di volta in volta. Theo e Tomori non sapevano bene come dividersi Kulusevski e Emerson Royal quando si scambiavano di posizione; Thiaw quando uscire forte su Kane che veniva molto a giocare a centrocampo e quando non rompere la linea; Krunic e Tonali spesso avevano troppo spazio da coprire ai loro fianchi. Dall’altra parte però il Tottenham non sembrava avere idea di come sfruttare questi piccoli vantaggi. Dalla trequarti in su il gioco della squadra di Conte è stato lento e prevedibile, limitandosi spesso a dei cross dalla trequarti, che però, proprio per la lentezza con cui venivano preparati, trovavano la difesa del Milan schierata con Kalulu, Thaw e Tomori tutti molto forti nel difendere dentro l’area di rigore.

Non è la prima volta che le squadre di Conte sono prevedibili nel loro modo di attaccare, ma questa versione del Tottenham sembra aver rinunciato ai tipici meccanismi del gioco dell’allenatore italiano per una ricerca stantia delle individualità dei suoi attaccanti. Kane è sicuramente un regista raffinato, ma è sembrato molto lento spalle alla porta e soprattutto nessuno andava a occupare lo spazio alle sue spalle. Dall’altra parte, infatti, Perisic e Son sono sembrati quasi spettatori non paganti. Se erano loro due a dover attaccare il lato debole, non lo hanno fatto. Combinando le loro statistiche non vengono fuori quelle di un giocatore: 1 tiro da fuori, 46 passaggi tentati, 1 dribbling riuscito, 2 contrasti vinti, poco altro. I due non stanno vivendo una grande stagione, ma è difficile capire anche perché Conte non ha voluto, o i suoi giocatori non siano riusciti, anche solo a provare ad attaccare da quel lato, magari per mettere in difficoltà Messias, non abituato a coprire tutta la fascia e idealmente in svantaggio nel duello con Perisic.

Il Milan è stato la squadra migliore tra le due

Anche tra queste difficoltà, difficoltà a cui un ottavo di Champions League ti costringe per forza, il Milan è rimasto calmo e ha fatto il suo gioco. Senza palla ha alternato fasi in cui aggrediva più in alto e forte l’avversario ad altre in cui si schierava con un 5-4-1 nella sua metà campo. Recuperato il pallone poteva appoggiarsi a Giroud, autore di una partita oltre il generoso (5 duelli aerei vinti, più di tutti), oppure cercare di rallentare il ritmo, tenere un pallone che il Tottenham non sembrava volere più di tanto. Se, come abbiamo visto, nel primo tempo la squadra di Conte aveva potenzialmente la possibilità di far male all'avversario, è stato comunque il Milan a creare le occasioni più interessanti, banalmente perché i suoi attacchi erano portati meglio. Questo anche grazie alla capacità di Theo, tornato a essere imprendibile a sinistra, di farsi trovare sempre pronto a supportare la manovra sulla fascia ma anche in zone più centrali. Non è una novità, lo faceva anche quando il Milan difendeva a quattro, ma era proprio dalla sua parte che il Milan di gennaio ha avuto i maggiori problemi difensivi in una serie di prestazioni inguardabili. Il passaggio alla difesa a tre, per quanto non sia una raffinata idea tattica, sembra aver dato maggior tranquillità a lui e al resto dei compagni.

Sì è visto meglio nel secondo tempo, quando il Tottenham ha dovuto - per forza di cose - sbilanciarsi un po’ di più. Al 51’ Theo ha recuperato un pallone in zona centrale e ha spinto la ripartenza, rifinita poi da un triangolo tra Diaz e Messias, con lo spagnolo che dopo un rimpallo fortunato non è riuscito a concludere bene praticamente da solo davanti a Foster. Ancora più chiara l’occasione arrivata quindici minuti dopo, a seguito di una bella doppia triangolazione tra Leao e Theo, con il portoghese - scialbo nel primo tempo, più coinvolto nel secondo - che ha servito di punta Diaz solo al centro dell’area. Per qualche motivo il numero 10 del Milan non ha calciato, con tutta la porta aperta davanti, ma ha cercato un dribbling su un difensore che non c’era, perdendo il tempo. Un’azione che comunque evidenzia come, per attaccare bene, bisogna portare più uomini nell’area avversaria (in questo caso 5). Cosa che il Milan ha fatto e il Tottenham no.

In generale Theo è stato presente in quasi tutte le azioni offensive del Milan.

Questo errore poteva essere il grande rimpianto per i rossoneri. Non è la prima volta che un doppio confronto di Champions League gira su un episodio del genere, ma questo Milan-Tottenham non ha rispettato quel tipo di mistica che negli ultimi anni ha ammantato questo torneo. La pressione degli inglesi nella prima parte del secondo tempo (51,4% di possesso palla nel primo tempo, 65,4% nel secondo fino all’espulsione di Romero) aveva generato solo un tiro da equilibrista di Hojbjerg, ma stava salendo e dava l’impressione di poter diventare un lungo assedio finale, una fase di partita dove avere giocatori come Kane e Son può fare la differenza anche se non se in grado di attaccare in maniera organica. Ad aiutare i rossoneri però ci ha pensato Romero.

La confusione del Tottenham

Il difensore, già ammonito, al 75' ha pensato bene di abbattere Theo facendosi espellere per doppia ammonizione. Già all’andata l’argentino aveva fatto un entrata molto dura su Tonali, ai limiti del rosso diretto, e anche ieri dopo il primo giallo, per un’entrata molto dura su Leao, aveva rischiato con una manata in faccia a Diaz. Non è una novità per l’argentino - da quando è in Europa i cartellini gialli sono 57, i rossi 6; nelle ultime 11 partite è a quota nove gialli e due rossi per doppia ammonizione - ma è difficile capire cosa possa averlo spinto entrare in quel modo su Theo, in una situazione di relativo pericolo, in un momento della partita in cui rimanere in parità numerica era importante quanto segnare.

La confusione di Romero, la sua necessità di mostrare intensità con i falli e non nel gioco, è stata la faccia della confusione del Tottenham, quella che ha spinto Conte a togliere Perisic per spostare Emerson Royal, uno dei pochi che stava giocando bene sul lato forte, e inserire Pedro Porro; o a mettere Richarlison svuotando ancora di più il centrocampo, per poi togliere Kulusevski e inserire Davidson Sanchez. La stessa confusione della squadra, che anche in una situazione favorevole - dopo un recupero alto su Giroud - ha spinto prima Kulusevski a servire Richarlison invece che andare direttamente da Son liberissimo dall’altro lato, poi lo stesso brasiliano a girarsi dal lato sbagliato. Era una situazione interessante, con Thiaw indeciso su chi uscire e Kalulu costretto a stringere, ma non solo il Tottenham non ne ha tratto vantaggio, come nel primo tempo, ma non è riuscito neanche a replicare.

Gli ultimi minuti hanno visto il Milan gestire in maniera fantasiosa ma approssimativa il vantaggio. Leao è stato autore di alcune grandi giocate, Tonali e Origi hanno sbagliato due conclusioni facili, ma non è stato abile nel congelare il possesso come avrebbe dovuto. Il Tottenham è riuscito ad attaccare coi nervi, guadagnando qualche calcio d’angolo (di cui uno Son l’ha battuto direttamente fuori, un gesto simbolicamente indicativo della sua partita) e impegnando Maignan con un colpo di testa di Kane. Un’occasione che è anche difficile chiamare rimpianto e che, infatti, neanche Conte ha tirato fuori dopo il fischio finale.

Al contrario l’allenatore salentino è stato rinunciatario, chiamandosi quasi fuori dal Tottenham. Nell’ultima settimana è uscito dalla FA Cup, dalla Champions e la sconfitta con il Wolverhampton ha riavvicinato il Liverpool per la lotta al quarto posto. Con il suo arrivo il Tottenham sembrava pronto a vincere un trofeo, ma così non sarà, ancora una volta. È difficile immaginare un futuro per questa squadra, costruita per competere ai massimi livelli ma non in grado di mettere in difficoltà un Milan nemmeno eccezionale.

I rossoneri, invece, possono guardare a quanto di positivo ha detto questa partita, alla solidità ritrovata, all’ingresso in squadra di Thiaw, che riscatta almeno in parte un mercato che non ha funzionato. I quarti di Champions League sono un traguardo importante, tornare tra le prime otto squadre d’Europa fa bene all'anima e al portafogli. Certo, Pioli dovrà continuare a lavorare sui problemi tattici e strutturali, che ci sono e sono evidenti. Il prossimo avversario difficilmente non farà pagare al Milan la passività e le indecisioni viste al nuovo White Hart Lane. Tutto questo però conterà da domani, oggi è soprattutto una festa di bentornato, quella che i tifosi, anche ieri molti e molto numerosi, meritavano da tanto.

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