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Il difficile finale di stagione del Tottenham di Mourinho
09 apr 2021
Un'altra annata deludente.
(articolo)
7 min
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Dopo una partenza superiore alle aspettative, la stagione degli Spurs ha preso una brutta piega.

Lo scorso 11 dicembre José Mourinho ha vinto il premio di “Allenatore del mese” in Premier League: un riconoscimento individuale sorprendente, visto che la sua ultima vittoria risaliva addirittura al 2007, ma nel complesso meritato dopo gli ottimi risultati del Tottenham nelle precedenti settimane. Gli Spurs erano primi in classifica: 24 punti ottenuti in 11 gare e alcune vittorie prestigiose - come il 6-1 all’Old Trafford o i due 2-0 casalinghi contro Manchester City e Arsenal. Cavalcando l’onda mediatica di una possibile resurrezione calcistica dello “Special One”, vari commentatori e opinionisti si erano persino sbilanciati nell’indicare il Tottenham tra le favorite per il titolo, viste le difficoltà iniziali di Liverpool e City.

La realtà, però, si è dimostrata ben diversa da queste previsioni: nelle successive 19 giornate il Tottenham ha raccolto appena 25 punti (collezionando nel 2021 ben 6 delle 9 sconfitte complessive in campionato), ma è stato anche eliminato in maniera rocambolesca agli ottavi di finale della FA Cup e dell’Europa League (rispettivamente da Everton e Dinamo Zagabria). Quella che sembrava potesse essere una stagione di rilancio per il Tottenham e Mourinho, anche grazie a interessanti operazioni di mercato (Højbjerg, Reguilón e Doherty, oltre al suggestivo ritorno di Bale), si è presto trasformato in un dramma che rischia di ridimensionare ulteriormente il livello di entrambi verso il basso.

Cosa funzionava all'inizio del Tottenham

L’anno scorso gli infortuni di Kane e Son avevano caratterizzato i primi mesi di Mourinho al Tottenham, condizionando in maniera significativa la rincorsa della squadra al quarto posto; quest’anno, invece, i due sono rimasti quasi sempre sani e assieme hanno trascinato l’attacco degli Spurs, segnando ben 32 dei 50 gol della squadra in Premier finora, a cui vanno aggiunti 22 assist complessivi.

Recentemente hanno anche stabilito un nuovo record di assist tra una coppia di giocatori in una stagione di Premier League.

L’intesa tra i due è stata evidente soprattutto nel primo terzo di campionato: Kane veniva incontro per ricevere il pallone dalla difesa o dal centrocampo, mentre Son attaccava immediatamente la profondità sapendo di poter contare sulla precisione chirurgica dell’inglese nel gioco sul lungo (che sia un cross dalla trequarti, un cambio di gioco o un passaggio filtrante).

In quella fase della stagione, inoltre, Mourinho cercava di dare continuità all’attacco posizionale delle precedenti stagioni: contro le squadre di pari o inferiore livello, il Tottenham passava in maniera fluida dal 4-2-3-1 al 3-2-5, abbassando Højbjerg tra i due centrali e alzando contemporaneamente i due terzini in ampiezza.

Questo sistema esaltava il gioco totale di Kane, che - dopo l’inspiegabile ostracismo di cui è stato vittima Alli - è diventato il principale rifinitore della squadra, ma metteva in luce anche le qualità del rigenerato Ndombélé (che da trequartista aveva il compito di resistere alla pressione avversaria per poi superarla con dribbling o verticalizzazioni) e di Reguilón, un giovane terzino autore di una grande stagione a Siviglia lo scorso anno.

Nelle prime 5 giornate gli Spurs hanno prodotto ben 2.1 xG su azione in media a partita, ma i pareggi episodici subiti da Newcastle e West Ham nei minuti finali hanno spinto Mourinho ad accantonare la cura della fase offensiva in favore di quella difensiva: nelle successive 6 gare gli Spurs hanno subito un solo gol e collezionato clean sheets contro City, Chelsea e Arsenal.

Queste tre gare in particolare sono state caratterizzate da un approccio tattico molto reattivo: la squadra si è difesa con un baricentro basso (spesso abbassando i mediani in linea coi centrali) e davanti ha fatto affidamento solo sulle combinazioni tra Kane e Son.

Pur ottenendo ottimi risultati, il Tottenham dava la sensazione di essere una squadra in overperformance, cioè che stava avendo un rendimento superiore alle attese: l’ottima efficienza realizzativa di Son (i cui gol erano quasi il triplo dei suoi xG) permetteva agli Spurs di rinunciare al controllo del pallone in attesa dell’errore avversario da sfruttare, quindi – segnando presto – spesso capitava che tirassero poco o non tirassero affatto per lunghe fasi; inoltre, l’abbassamento dei mediani favoriva le iniziative offensive degli avversari nella zona centrale della trequarti, ma Lloris si opponeva molto bene alle loro conclusioni, tant’è che nelle prime 13 giornate aveva subito appena 6 gol su azione a fronte di 17.7 xG* (secondo il modello di Alfredo Giacobbe tarato sui portieri).

Mourinho non sembra più al passo con i tempi

Tuttavia, tra infortuni, squalifiche e una dose di sfortuna, è quasi impossibile mantenere a lungo questo tipo di rendimento nel calcio e anche il Tottenham ha subito una regressione notevole nei mesi successivi: dopo 11 giornate gli Spurs avevano una media di 2.09 gol fatti e 0.81 gol subiti, ma entrambi i dati sono peggiorati nelle successive 19 (con medie di 1.47 gol fatti e 1.21 gol subiti).

Se era scontato che gli allenatori avversari avrebbero studiato contromisure per Kane e Son, nessuno avrebbe immaginato che una rosa con un reparto offensivo di tale livello sarebbe stata così sterile contro difese schierate: oggi il Tottenham è una squadra che gioca senza idee, che non sa gestire il pallone sotto pressione e - a possesso consolidato - fatica a creare con continuità i presupposti per il tiro, in assenza di un regista offensivo oltre a Kane (un problema evidente soprattutto quando è mancato contro Liverpool, Brighton e Chelsea), oltre a essere poco brillante nelle transizioni offensive; di fatto è il sequel della scorsa stagione, dove però Mourinho aveva delle attenuanti.

Oltre ai problemi offensivi, però, ci sono anche questioni difensive preoccupanti: la squadra è molto passiva in fase di non possesso (in Premier League è 15ª per recuperi palla offensivi in media a partita) e c’è una scarsa coesione tra i giocatori nelle situazioni di pressing alto, il che rende lo spazio ai fianchi dei mediani facilmente accessibile ai trequartisti avversari.

Mourinho ha provato ad alzare l’intensità difensiva della squadra utilizzando il 3-4-2-1 con a marcature a uomo a tutto campo, ma la squadra continua ad avere un approccio piuttosto attendista, si fa schiacciare verso la sua area di rigore e, in più, mostra gli stessi limiti mentali visti con Pochettino in passato. Sono molti i gol concessi (o punti persi) per errori individuali quest’anno e il fatto che l’unico titolare dietro a oggi sia Reguilón la dice lunga su quanta poca fiducia abbia verso i suoi difensori in quelle situazioni (Aurier innanzitutto, ma anche nei confronti di Dier, che aveva spesso difeso pubblicamente). Davanti manca un elemento in grado di incidere nella finalizzazione e nella rifinitura oltre a Kane e Son: Alli sta giocando poco ed è stato molto vicino al prestito al PSG a gennaio; recentemente sembrava che Bale (autore di alcune belle prestazioni da titolare tra febbraio e marzo) potesse esserlo, ma il rapporto tra il gallese e Mourinho (che era già scontento di lui) sembra essere di nuovo peggiorato.

Il rendimento della squadra è oggetto di discussione quotidiana tra i tifosi: c’è chi sostiene che alcuni giocatori non siano all’altezza degli obiettivi, appellandosi al fatto che lo “Special One” avesse richiesto altri rinforzi in difesa (come Škriniar) la scorsa estate, mentre altri ritengono che il suo calcio reattivo sia inadeguato per la rosa che si ritrova: dopo l’eliminazione contro la Dinamo Zagabria, lo stesso Mou ha manifestato un certo fastidio verso la reazione della squadra alle sue indicazioni, il che – assieme all’intervista a Lloris - ci dice che esiste un problema più profondo nello spogliatoio.

In passato il portoghese ha costruito molti dei suoi successi sulla fiducia totale che i giocatori riversavano nella sua figura e nei suoi metodi, anche se sarebbe sbagliato etichettarlo come un semplice “motivatore”; da qualche anno, però, il suo man-management non si sta più dimostrando efficace e a livello tattico Mourinho (un pioniere metodologico anni fa) sembra non riuscire a stare al passo dei suoi contemporanei o dei tecnici emergenti. La mancata qualificazione alla Champions League per il secondo anno di fila, oggi improbabile visto lo stato di forma del Chelsea di Tuchel, potrebbe portare a scenari terribili nel medio-lungo periodo (come la partenza di Kane o Son), ma non è nemmeno da escludere un addio anticipato del portoghese.

Al secondo anno sulla panchina del Tottenham, l’avventura di Mourinho potrebbe essere già al capolinea e forse non basterà l’eventuale vittoria della finale di Carabao Cup (contro il City ad aprile, nda) per salvarne il bilancio.

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