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#Totti40
27 set 2016
40 momenti per celebrare i 40 anni del capitano della Roma.
(articolo)
29 min
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L’infanzia

Nonostante le agiografie su Totti siano iniziate ormai da anni, non c’è molto materiale sulla sua infanzia. I frammenti sono dettagli piccoli, che però aiutano a definire cos’è la romanità più di una pasta alla carbonara o dei fori imperiali. Ad esempio il fatto che la madre lo portava a giocare a calcio per togliergli da davanti il nonno malato («tutti a Roma hanno un nonno malato nella stanza in fondo al corridoio»), o l’aneddoto di Mazzone che lo convoca in prima squadra, non prima però di avergli raccomandato: «Francè, fino a sabato stai con noi, ma mi hanno detto che vai in motorino, lascialo sta ‘sto motorino che bene che va te piji la bronchite e me saltano i piani…». Oppure l’incredibile foto uscita su The Player’s Tribune qualche settimana fa, di Totti piccolissimo al mare in mezzo a papà Enzo e a Mamma Fiorella.

Totti col braccialetto d’oro che ti regalano al battesimo, con la bocca stretta, gli occhi corrucciati che guardano lontano in un’espressione praticamente identica a quella attuale. Viene quasi naturale ricollegare la foto all’episodio raccontato da mamma Fiorella qualche anno fa: «Si vedeva fin da piccolo che era forte di gambe. Quando aveva nove mesi siamo andati in villeggiatura sull’Adriatico, lui camminava già sulla spiaggia spingendo un pallone. Faceva ridere tutti, ho ancora le foto».

Il gol al mondiale U-17 in Giappone - 1993

Il gol può essere considerato il calco originario di una serie di gol che Totti farà tirando di mezzo esterno a uscire. Nell’esultanza si vede Buffon rincorrere Totti: l’Italia perderà quella partita mentre Totti segnerà a Buffon undici gol in carriera, alcuni bellissimi.

Il primo gol in Serie A - 4 settembre 1994

Questo è l’articolo del Corriere della Sera del 5 settembre 1994, intitolato “Il ragazzino illude, la Roma litiga”.

Le incomprensioni con Bianchi e la (quasi) cessione alla Sampdoria - 1996-1997

Se il destino delle persone è in qualche modo inscritto nei soprannomi che gli vengono affibbiati, e la Storia è una serie di corsi e ricorsi, il golpe più plausibile che minasse a spodestare un Re eletto vox populi dalla Madre Patria non poteva che venire da un Viceré prodotto dal Nuovo Mondo. Carlos Bianchi è giunto a Roma sull’onda dei successi con il suo Velez, e nei suoi piani rivoluzionari un posto per il ventenne Totti proprio non c’era, perché nella visione del “Virrey” la dieci sarebbe dovuta andare sulle spalle di Jari Litmanen.

«Non lo sopportavo», ricorderà poi Totti. «Voleva che mi cedessero alla Sampdoria; se me ne fossi andato non sarei mai più tornato in questo club, che è anche la mia casa, la mia vita». I due erano talmente incompatibili che Bianchi fece diventare la cessione di Totti una condicio sine qua non per la sua permanenza. A Franco Sensi disse: «O Totti o io». Nove mesi dopo il suo arrivo, Bianchi venne esonerato dalla panchina giallorossa. «Quel signore non voleva lasciarmi vivere il mio sogno», racconterà ancora il Capitano. Nel suo micromondo, giustificazione assolutamente sufficiente per escludere la convivenza.

Il torneo città di Roma - 9 febbraio 1997

Quel sogno Totti se lo riprende in una strana notte romana, il 9 febbraio 1997 nel surreale trofeo Città di Roma: triangolare tra i giallorossi, Ajax e Borussia Mönchengladbach, quando durante le pause per le nazionali si organizzavano amichevoli internazionali. L’idea alla base del torneo era quella di approcciare Litmanen, da tempo ossessione di mercato della Roma, e che avrebbe dovuto essere il fantasista giusto per la rinascita romanista. Inutile dire che il suo arrivo avrebbe costretto Totti a fare le valigie.

Invece Totti mette tutta la sua rabbia in quel torneo, in due mini partite segna un gol al Borussia di Effenberg e Dahlin e uno all’Ajax di Van Gaal, Overmas, Kluivert e De Boer brothers: un mese dopo ad andarsene è Carlos Bianchi.

A Scherzi a Parte - 1997-1998

di Emanuele Atturo

Il contesto di questo video è puro neorealismo. L’intonaco giallino stinto delle pareti, il segnaposto con i fiori, il cesto dei grissini al centro del tavolo, la giacca tre misure più grande di Petruzzi, Totti versione 97-98. Non so se i tifosi di Totti all’epoca erano contenti di vedere questo video o se avrebbero preferito mantenere intatta l’immagine del ragazzino ingenuo impacciato che era ancora Totti, che al massimo poteva uscire negli inserti di Cioè. Sono stati forse questo tipo di video, in cui Totti mostra la propria normalità senza freni inibitori, a contribuire a dividere le opinioni nei suoi confronti. Perché vorremmo che i calciatori fossero dei modelli, delle persone migliori di noi, e invece Totti non si è mai sforzato di sembrare migliore di noi. Anche in questa situazione si è comportato come un normale 21enne messo di fronte a una prova di virilità. Con quelle sfumature di ironia sempliciotta che sarebbero state bene nel Decameron messo in scena da Pasolini: il momento in cui mangia il pane senza staccare gli occhi dalla ragazza, la volgarissima battuta sul pesce, la pigrizia infantile di quando dice “La farina no, che poi mi devo fa la doccia”.

Pochi hanno incarnato l’ideale dell’eroe del popolo con la naturalezza di Totti, perfettamente a suo agio nel bene o nel male.

Totti e Zeman - 1997-1999

Con Zeman, Totti prende per la prima volta la maglia numero 10 e per la prima volta indossa la fascia di capitano (1998). Soprattutto, nella narrazione universalmente accettata, è Zeman a fargli compiere il salto di qualità tecnico e atletico necessario affinché esprimesse a pieno il suo valore. Forse Totti non giocherebbe ancora a 40 anni se non ci fosse stato quel Totti 19enne che si sacrificava in fascia con la Roma in 10 contro 11 ed esce dicendo di avere “le vertigini” per la fatica.

Il boemo ha sempre espresso grande ammirazione per il talento di Totti anche se le rispettive figure (il romano pigro e l’allenatore che fa salire i gradoni con i sacchi di sale sulle spalle) sono state spesso messe in contrasto, soprattutto quando i due si sono rivisti per la stagione 2012-13, l’ultima in cui Totti è andato in doppia cifra e ha giocato più di 30 partite in campionato.

Totti a Porta Metronia

di Valerio De Felice

“Francesco, Francesco” gridavamo dalla finestra in direzione del balcone dall’altra parte della strada, mentre l’insegnante tentava di richiamarci all’ordine. Francesco pazientemente rispondeva al nostro saluto e, alzando la mano, ci sorrideva. Sono stato bambino a Porta Metronia negli anni Novanta, cresciuto tra i pini di Villa Scipioni, il mercato di Piazza Epiro, i campetti della Romulea, i banchi delle scuole Manzoni e Pascoli. E ognuno di questi luoghi già recava l’eco del passaggio di Totti, una traccia lasciata dalle foto nelle bacheche scolastiche, dagli autografi in mostra sulle pareti dei bar, dei ristoranti, dei ferramenta, delle lavanderie. Un intero quartiere che si litigava i brandelli di popolarità di quel giovane idolo, come se la testimonianza del suo tocco di re Mida, rendesse tutti un po’ più dorati. E anche noi bambini, affacciati alla finestra della classe, ci sentivamo più splendenti dopo il suo cenno e “ha salutato me, mamma, proprio me” una volta tornati a casa.

Era la prima stagione di Zeman. L’anno dopo Totti sarebbe diventato capitano.

La partita d’addio di Giannini

di Emanuele Atturo

Il 17 maggio del 2000 la Lazio ha vinto lo scudetto da pochi giorni mentre allo Stadio Olimpico si sta celebrando l’addio al calcio di Giuseppe Giannini. A un certo punto nel cielo passa un aeroplano con lo striscione “Lazio campione d’Italia” e durante il giro di campo si apre un cancello della curva sud: la folla si riversa in campo distruggendo porte, panchine e terreno di gioco. La normalità ritorna dopo dopo un quarto d’ora: Giannini rientra in campo in lacrime, stempiato e imbolsito: già una versione trasfigurata e decadente del “Principe”, dice «Non doveva finire così». Cammina abbracciato a Bruno Conti e a Totti, che indossa la 10 come lui. Totti ha l’aria imbarazzata e sta attento a non incrociare il suo sguardo, quando aveva 18 anni e viveva ancora nella casa di Via Vetulonia teneva incorniciato nella cameretta un ritaglio di giornale con una dichiarazione di Giannini: «Tra due anni gli lascio la mia maglia».

Il cucchiaio a Van der Sar

Di tutti i cucchiai realizzati da Totti, quello a Van der Sar nelle semifinale degli Europei del 2000 è di gran lunga quello dal più alto peso specifico. Per l’importanza e la durata di quella partita folle, ma anche perché realizzato su rigore, ai rigori, in un torneo internazionale, una cosa che Totti non avrà più modo di ripetere. Condizioni che hanno scolpito quel rigore nella storia del calcio contemporaneo: da quella partita il cucchiaio verrà chiamato così, esautorando Panenka.

Euro 2000: Man of The Match della finale con la Francia

Non cercheremo altri esempi di giocatori eletti Man of The Match di una finale che la loro squadra ha perso. Ce ne sarà senz’altro qualcuno oltre a Totti, ma che ingiustizia che quella partita venga ricordata per i gol di Wiltord e Trezeguet e non per:

  • Il lancio di prima di Totti per Delvecchio (minuto 0.11 del video)

  • Il palleggio al volo di Totti in mezzo a tre giocatori francesi con palla in profondità per Pessotto (1.44)

  • Lo stop al volo su un campanile altissimo con Deschamps sulla schiena (3.50)

  • Il tacco per Pessotto (con Zidane che ne molla la marcatura come se non immaginasse il tacco di Totti) che poi crossa per il gol del vantaggio di Delvecchio (4.05)

  • La corsa palla al piede e il passaggio per Del Piero che avrebbe potuto chiudere la partita e invece calcia fuori di sinistro (4.55)

  • Il lancio morbido per Delvecchio da trequarti di campo, dopo aver resistito a un contrasto con Deschamps, con cui lo manda di nuovo al tiro di sinistro (5.50)

  • Il retropassaggio per Toldo a poco dalla fine, sull’1-0, perché lui ha sempre saputo come finire le partite (7.11)

Totti che se la prende con la Sud dopo l’errore di Antonioli - 2000-2001

Tra Totti e la Curva Sud non ci sono mai stati, né ci sarebbero mai potuti essere dei veri screzi. Quando contro il Perugia nell’anno dello Scudetto Antonioli si lascia scivolare una palla regalando a Saudati il suo warholiano quarto d’ora di gloria, Totti con la prossemica del padre di famiglia bonaccione ma scocciato rimbrotta la Curva che fischia il portiere: «Ma che state a fà? Sèmo primi, sèmo».

Il gol in Roma-Parma e la vittoria dello Scudetto - 17 giugno 2001

Il gol in Roma-Parma è sempre stato e sarà sempre, fin dalla prima volta che l’ho visto, Totti che si toglie la maglia mentre decine di persone lo abbracciano, e gli rimane la fascia da capitano attaccata al braccio, come se la sua stessa essenza dovesse rimanere appiccicata a quel momento per sempre. Lo scudetto è rimasto l’ossessione di Totti negli anni a seguire, molto di più delle coppe europee. Anche in questi ultimi anni ha fatto più volte intendere che forse si sarebbe ritirato, con un altro scudetto in bacheca.

Cucchiaio alla Lazio - 2001-2002

di Daniele Manusia

Il cucchiaio non è solo un gesto tecnico, di chi può permettersi di dare al pallone una parabola talmente inattesa da cogliere impreparato persino il portiere - che di mestiere deve costantemente pensare alla possibilità che la palla entri in porta - ma è anche l’ennesima manifestazione del dono calcistico di Totti, della sua superiorità sulla stragrande maggioranza dei calciatori venuti prima e dopo di lui. Per mettere la palla sopra la testa del portiere, per metterla virtualmente nello spazio verticale lasciato da quei pochi passi compiuti per chiudere lo specchio ai calciatori normali, non serve solo un piede delicato. È evidente come serva anche visione di gioco. Il cucchiaio di Totti, nella sua forma più pura, non è neanche un tiro, per come intendiamo i tiri nel calcio. I tiri normalmente devono essere effettuati di potenza o, comunque, anche se a giro, con una tensione sufficiente da anticipare il movimento del portiere. Il cucchiaio alla Lazio è più simile a un lancio, o a un tiro da 3 nel basket. Sfrutta la capacità di Totti di vedere meglio degli altri, e prima degli altri. Una palla innocua, che entra in rete persino con dolcezza. In questo modo si esprime anche il carattere beffardo di Totti, che nel bene e nel male ha sempre giocato con i suoi avversari. È una forma suprema di scherzo al portiere, se poi il portiere si offende, peggio per lui.

Tre gol su punizione in 2 partite, contro il Milan, in finale di Coppa Italia - 20 maggio e 31 maggio 2003

Tra le assurdità statistiche collezionate da Totti in carriera c’è una doppia finale di Coppa Italia in cui, tra andata e ritorno, ha segnato 3 gol tutti e 3 su punizione. C’è stato più di un periodo in cui Totti segnava quasi ogni punizione che calciava, ci sono stati anche periodi in cui non ne entrava uno, come è più normale che sia (in Serie A ne ha segnate 21, come Baggio e meno solo di Del Piero, 22, e Mihajlovic, 28).

I duetti con Cassano - 2001-2006

di Dario Saltari

Alla domanda “Qual è il più forte giocatore con cui hai giocato?”, Totti ha sempre dato la stessa risposta: Antonio Cassano. Il capitano della Roma è sempre stato molto evasivo nel giudizio dei suoi colleghi. Certo, ci sono le belle parole per Messi, Maradona e, ovviamente, Giannini, ma mi sembra che quelli siano per lui più che altro totem astratti, senza una consistenza reale. Con Cassano, invece, è stato diverso. Con lui il confronto è stato diretto e duraturo: il fantasista barese era un giocatore con una capacità di prevedere il gioco quasi equivalente ma con delle caratteristiche che a lui mancavano, come il dribbling nello stretto e la capacità di saltare l’avversario da fermo.

Quando hanno condiviso lo stesso campo e la stessa maglietta, i due si sono completati alla perfezione, e guardandoli giocare insieme si è avuta l’impressione che la frase “dialogare nello stretto” avesse davvero senso. Personalmente, non ho più rivisto due persone capirsi così profondamente giocando a calcio.

Totti vicino al Real Madrid - 2004

«Se fossi andato al Real Madrid avrei vinto tre Champions League, due Palloni d'oro e molte altre cose. Avrei avuto più possibilità, senza dubbio. Ma preferisco quello che ho fatto anche se ho il rimpianto di non aver vinto due o tre scudetti in più. Nel 2004 ero in partenza, destinazione Real. Volevo una grande squadra per vincere e, in quel periodo, i dirigenti non potevano darmi tutto quello che chiedevo. Ma alla fine, per fortuna, il cuore ha deciso di restare a Roma. L'amore che ti regala Roma nessun'altra città riesce a dartelo».

Le frasi fake messe in bocca a Florentino Perez (che pure ha confermato la sua intenzione di acquistare Totti quell’anno, mettendolo insieme a Vieira e Ronaldinho tra i suoi più grandi rimpianti) sono il ringraziamento più bello che i tifosi della Roma hanno fatto al loro capitano per questa scelta, il più grande what if di tutta la sua carriera. La mia preferita: «Ho speso molti soldi nella mia vita per costruire una squadra forte come il Real Madrid, ma il mio desiderio è sempre stato quello di comprare Francesco Totti. Sfortunatamente è impossibile, perché lui è sempre voluto rimanere nella sua squadra e nella sua città».

Segno del “4 gol e a casa” a Tudor - 2003-2004

Totti è impulsivo e alle persone impulsive spesso le cose tornano indietro, come questa vendetta di Lichtsteiner qualche anno dopo (ma le copie sono sempre peggio degli originali).

Anche i brutti momenti vanno ricordati: lo Sputo a Poulsen… - Euro 2004

Nella macrocategoria “gesti impulsivi di Totti che hanno finito per ritorcerglisi contro” lo sputo a Poulsen a Euro 2004 è forse uno degli zenit. In questo servizio della tv danese il montaggio insiste sui capelli scomposti, le scarpe slacciate, la mimica tutta italiana mettendola a contrasto il faccione indifeso e pieno di efelidi di Poulsen. Gli varrà un soprannome tutto sommato dal suono simpatico, “Snotti” (in danese “sputare” si dice “spytte”), e tre giornate di squalifica.

Esultanza con la telecamera al derby - 2003-2004

di Fabrizio Gabrielli

Il 21 Aprile del 2004 si recupera il Derby che era stato sospeso per questioni di ordine pubblico. Forse anche per “sdrammatizzare” l’aria cupa che aleggia su questa partita, di cui il Capitano si porta dentro tutte le ferite, nel momento in cui Totti realizza su rigore il gol del pareggio decide di ergersi a protagonista di una boutade scanzonata, sbarazzina, semplice nella sua ingenuità.

Dalle immagini del video non si capisce da subito cosa abbia intenzione di fare, sembra solo voler scavalcare i cartelloni pubblicitari per lasciarsi avvolgere dalla Curva Sud. È nello stacco delle immagini, invece, in quei dieci secondi di ubriachezza emotiva che poi non ricordi mai con precisione, che deve essergli balenata l’idea: corre verso un operatore e gli ruba il posto dietro la telecamera. Inquadra la sua Curva, in un gesto d’amore frutto della pulsione con cui scattiamo una foto alla nostra ragazza un giorno che ci sembra particolarmente bella.

È la versione old school dell’esultanza con selfie di dieci anni più tardi: la qualità dell’inquadratura e il device hanno tra loro lo stesso rapporto che corre tra l’Akai 950 e Maschine. Come nel caso del selfie, l’immaginevista dall’esterno è dieci volte meglio del risultatofinale.

“Er Cucchiaio”, the dark side - 2004-2005

A tre giorni dal suo ventottesimo compleanno, in una infrasettimanale casalinga contro il Lecce, Totti si fa parare un rigore calciato “a cucchiaio” da Sicignano. Una delle principali lezioni che ci regala l’epica è che l’hybris è una materia scivolosa, ti stende sotto i piedi una patina sdrucciolevole che prima o poi finirà per vederti al tappeto. Se il poema di Totti e dei Panenka l’avesse scritta Eschilo, l’anticlimax sarebbe stato tutto racchiuso nei versi in cui si racconta della facilità con cui Sicignano afferra la sfera e la rinvia, senza curarsi di Totti che stizzito lo spintona.

Matrimonio in diretta tv - 19 giugno 2005

di Dario Saltari

Totti ha una dimensione pubblica e popolare che è irripetibile e unica, nonostante tutti i più grandi calciatori siano per forza di cose anche figure pubbliche. Una dimensione che è diventata nel tempo sempre più grande e complessa, attirandogli, molto più dei suoi gesti in campo, tutto quell’amore e quell’odio che lo circonda oggi.

È difficile dire quanto sia stato un piano studiato, perché Totti non sembra avere la complessità per congegnare un’immagine pubblica costruita ad arte, ma il matrimonio del 2005 nella chiesa dell’Aracoeli a Roma, in diretta nazionale su Sky (i cui diritti TV saranno poi donati in beneficenza), con Ilary Blasi, ha rappresentato l’apice di questo processo: il popolo che li aspetta sotto la statua solenne di Marco Aurelio; le bandiere della Roma che sventolano; la coppia che ride di fronte al prete; i vestiti un po’ cafoni; lei che si sventola con l’opuscolo delle preghiere; la discesa dalla scalinata del Campidoglio aggrappati a quelle che sembrano guardie del corpo, con quella che sembrava la città intera riunita ai loro piedi.

Cucchiaio contro l’Inter - 2005-2006

di Francesco Lisanti (dal pezzo #Totti300)

Nel momento in cui la gravità consuma la velocità impressa alla traiettoria, modificandone la direzione e adagiando con la delicatezza necessaria il pallone nella rete, ho pensato a quanto Francesco Totti sia stato fortunato. Ovviamente in quanto calciatore, e singolarmente in quanto genio, ma lo è stato anche e in misura particolarmente speciale in quanto calciatore genio.

Per provare a restituire un senso delle proporzioni, il 26 ottobre 2005 Totti segna a Milano il BEST GOAL EVER, definizione che dà il titolo al video e sulla cui credibilità dibattono nei commenti utenti geolocalizzati in regioni estremamente opposte del globo. In gran breve, uno di quei gol lì.

È un gol assurdo in ogni frame che ne ricompone il gesto, dall’istante in cui controlla il pallone, che improvvisamente rallenta come piegato al suo volere, all’uso delle spalle con cui convince Cambiasso che sarebbe andato verso l’interno, salvo virare sull’esterno, fino alla forza muscolare con cui salta sulla scivolata di Ze María atterrando esattamente nella zona del pallone, e proseguendo la corsa senza perdere velocità né controllo.

A quel punto inizia a puntare Materazzi, convergendo progressivamente verso il centro, e solo un taglio meraviglioso di Mancini gli permette di creare quella distanza dal difensore tale da fargli vedere la porta. Julio César è fuori dai pali, ma come poteva saperlo avendo abbassato la testa tre secondi prima? Dove ha trovato le energie per la perfezione balistica dopo 30/40 metri percorsi correndo, saltando e spezzando continuamente il ritmo e la direzione? I secondi successivi gol sono belli almeno quanto i secondi precedenti.

Totti corre a braccia aperte verso il settore romanista, guardandosi intorno, certo di trovarsi in un bagno di folla entro pochissimo. È quello che succede, i panchinari arrivano per primi, poi i dieci titolari. Gli saltano addosso, ne sono attratti, si sentono testimoni. Quel pallonetto è una freccia di Cupido, i sorrisi sono incredibilmente spontanei, una ragazza salta istericamente davanti alla telecamera, De Rossi lo abbraccia una seconda volta per essere sicuro, per essere parte. Nel momento in cui ha fissato il piede perno nel terreno, Totti poteva prevedere il gol. Nel momento in cui ha segnato, poteva prevedere la reazione.

Ho pensato al complesso rapporto tra il talento e il riconoscimento, al tempo che passa tra la composizione e la pubblicazione, e poi tra la pubblicazione e i riscontri, al motivo nostalgico per cui chissà se Van Gogh è morto sapendo di essere Van Gogh, se Kafka è morto sapendo di essere Kafka. Totti invece sa tutto, il prima, il durante, il dopo, e per questo sarebbe paradossale inquadrare la sua carriera in un’ottica nostalgica. L’unico approccio intellettualmente onesto sarebbe saltargli addosso, per esserne parte.

L’infortunio - 18 febbraio 2006

Se riguardo alla temporalità della carriera di Totti viene subito in mente la sua longevità, più raramente si tiene conto che la sua “vecchiaia” calcistica è iniziata molto presto. Quando Totti si è infortunato contro l’Empoli aveva 30 anni: i suoi anni migliori erano già alle spalle ma quell’infortunio lo ha costretto a fare i conti molto presto con la sua mortalità calcistica. Prima dell’infortunio esisteva un giocatore in grado di camminare sulle acque; dopo l’infortunio uno che ha dovuto cucire il proprio stile di gioco attorno a un’atleticità ridotta, come un sordo costretto ad acuire gli altri sensi per compensare la propria mancanza.

Dopo il fallo Vanigli è andato in zona mista per scusarsi di fronte ai microfoni: «Ho combinato un disastro. Cercherò di contattare Totti il prima possibile» poi però qualcuno lo informa che Totti è già sotto i ferri e allora il difensore scoppia a piangere e a tremare, al punto che devono portarlo via. Dal punto di vista narrativo, il fallo di Vanigli ha subito assunto la consistenza di un atto vile di un popolano invidioso. Nei suoi confronti Totti è stato ambiguo: gli ha prima concesso l’assoluzione papale, poi lo ha usato come esempio della sua pietà nella lettera in cui ha accusato Balotelli, e infine, proprio lo scorso anno, con un tempismo spiazzante, è tornato sull’episodio definendo Vanigli di fatto il peggior difensore mai affrontato: «Quando mi chiamò per scusarsi mi arrabbiai. Un infortunio può capitare, ma io mi feci male dopo sette minuti e fino a quel momento mi aveva sempre irritato, senza darmi tregua».

Rigore v Australia - 26 giugno 2006

Totti è arrivato a giocare i Mondiali con una placca di ferro dentro il piede, appena quattro mesi dopo l’infortunio subito in Roma-Empoli (la sua riabilitazione è stata documentata da un video che il disincanto di Totti spoglia da tutta la retorica da Rambo). Qualcosa che andrebbe sempre considerato quando si mette in discussione l’attaccamento di Totti alla Nazionale. Il contributo di Totti in quel Mondiale, sebbene effettivamente ridotto e in generale “minore”, è stato anche sottovalutato. Come si vede bene da questo video, a parte i 4 assist, a parte i tanti passaggi “tottiani” oltre la difesa, il suo gioco lungo è stato fondamentale per una squadra che spesso aveva tantissimi metri di campo da risalire. Eppure il rigore contro l’Australia è non solo il momento più iconico di quel mondiale di Totti, ma spesso anche l’unico con cui viene ricordato.

È stato il primo momento importante di Totti associabile a un’idea di staticità, e ce ne saranno tanti altri in futuro. Anche a pensarci così a posteriori, Totti non aveva niente da guadagnare a tirare quel calcio di rigore.

Il gol alla Samp - 2006-2007

Forse il più bel gol di Totti in assoluto, di sicuro il più difficile. La coordinazione perfetta, con il braccio destro perfettamente perpendicolare al busto, il sinistro a cercare l’equilibrio, l’impatto col pallone di collo pieno, e ciononostante l’effetto prima ad uscire e poi a rientrare, per evitare alla perfezione l’allungo del portiere, l’angolo strettissimo in cui far passare la sfera. Non so se la gif di Case Jernigan gli renda onore, sicuramente è un bel tentativo.

Momenti non bellissimi: la spinta a Vito Scala - 2006-2007

Totti prende una gomitata da Galante, reagisce in maniera ingenua, “rosica” ma in maniera innocua, Galante accentua e Totti viene espulso. Potrebbe finire così, ma a bordo campo Vito Scala, massaggiatore e confidente del Capitano, con quell’intimità asfissiante tipica delle migliori famiglie romane attira su di sé il nervosismo di Totti. La spinta è minima, ma Totti è un atleta e Vito Scala no. Totti si ferma per un secondo e valuta i danni, sembra quasi aspettare che Vito Scala si rialzi prima di continuare a camminare verso gli spogliatoi. Mentre escono Vito Scala lo tiene per la maglia, un gesto puramente simbolico che è una riaffermazione di intimità, e nell’intimità a volte ci sta anche farsi male a vicenda.

La Scarpa d’oro - 2006-2007

Totti vince la Scarpa a poco più di un anno dal suo rovinoso infortunio alla caviglia, al secondo anno con Spalletti, quello in cui l’allenatore di Certaldo capisce le sue potenzialità da falso nove. La vince mettendosi alle spalle Van Nistelrooy, Milito, Kanouté, Ronaldinho, Drogba e Forlan. Le successive nove edizioni verranno vinte sette volte da uno tra Cristiano Ronaldo e Messi. Un’altra epoca.

Il calcio a Balotelli - 2009-2010

Forse il momento più basso della sua carriera, in un momento in cui la Roma tutta era annegata per l’ennesima volta nella frustrazione di non essere riuscita a vincere pur toccando l’apice delle proprie potenzialità. Sul calcio di Totti a Balotelli (forse anticipato da insulti razzisti) intervenì addirittura Napolitano, allora presidente della Repubblica, che piazzò il capitano tra i teppisti da stadio: «È un fatto che rientra proprio in questo panorama, ed è una cosa inconsulta», dove il panorama era il “tifo selvaggio” e le “violenze intollerabili”.

Totti cercò di districarsi dalla vicenda con una lettera al Corriere dello Sport in cui Balotelli non viene mai chiamato per nome (“lui”), come se fosse una nemesi innominabile. E forse lo era davvero, allora, se le prove portate alla giuria sono la sua esultanza irriverente verso i tifosi romanisti, in un Inter-Roma del 2009, e la linguaccia a Panucci.

L’abbraccio di Trigoria per l’anniversario dei 20 anni dall’esordio - 2012-2013

Nonostante abbia passato gran parte della sua esistenza galleggiando nella celebrazione più totale e assoluta, Totti sembra sempre impacciato quando si ritrova immerso in prima persona in situazioni di questo tipo. In questo caso, ad esempio, gli addetti di Trigoria gli fanno una festa a sorpresa per il ventesimo anniversario del suo esordio e lui non sa bene cosa dire o fare. “Mo’ che devo fà io?” dice prima di riuscire a ricavare una frase adatta al contesto: “In 20 anni alla Roma è la cosa più bella successa a Trigoria”. La timidezza estrema lascia trasparire solo una piccola parte dell’emozione del momento.

Totti supera Nordhal - 2012-2013

Con una punizione contro il Parma dal limite dell’area, «Adesso il mio obiettivo è superare Piola» ha detto a fine partita.

Totti sul New York Times - 2013

Non è che sul New York Times escano tutti i giorni dei long-read sul calcio, specialmente su quello italiano. Ma la città di Roma esercita un fascino assoluto e mesmerizzante sull’immaginario collettivo americano, e il fatto che la proprietà dei giallorossi sia yankee di certo ha favorito la crescita di interesse nei confronti della squadra e, giocoforza, di Totti che ne costituisce, ci piaccia o no, una notevole sinestesia.

Il pezzo che Rob Hughes ha dedicato a Totti nell’aprile del 2013 ha però due pregi principali: innanzitutto rifugge il facile accostamento anche lessicale tra il carattere eterno dell’Urbe e quello di Totti. E poi ruota tutto attorno a una domanda, «Dopo due decadi di creatività perché fermarsi proprio ora?», che come buona parte degli spunti sollevati da molti articoli del NYT riesce a essere attualissima ancora oggi.

Doppietta nel derby (con selfie) - 2014-2015

di Fabrizio Gabrielli

Non credo sia tanto stupefacente il fatto che Totti sia il cannoniere principe tra i giallorossi nelle stracittadine, quanto come lo sia diventato.

Nel gennaio del 2015 la Roma è sotto di due reti contro la Lazio, sta giocando una partita che la vede in totale balia degli avversari, per di più le reti portano la firma dei due calciatori biancocelesti che si dividono caratteristiche che solo Totti sa accentrare nella sua figura, cioè la capitanità e il talento più adamantino.

A inizio secondo tempo si avventa su una palla crossata da sinistra, il suo marcatore è in ritardo e lui non lascia scampo, destro a incrociare. Non esulta nella maniera classica in cui si può esultare in un derby in cui devi ancora recuperare un gol, è insolitamente sorridente. Deve dipendere dal fatto che già conosca, o sappia intuire, il futuro. Perché qualche minuto più tardi, su un cross di Holebas, è proprio lì che ci rendiamo conto di come Totti sappia in qualche modo fermare il tempo, premere il tasto pausa e concepire l’inconcepibile. Quando il pallone arriva sul suo destro è a mezz’altezza da quanto?, da un’eternità, in una posa plastica che a trentotto anni neppure più in spiaggia viene naturale incastrarsi.

In quanto al selfie che ne consegue, il Mirror ha trovato cinque parole capaci di combinarsi in quella che sembra la migliore definizione di Totti in quell’istante, e per estensione: “the man is so cool”.

Roma-Torino 3-2 - 2015-2016

di Francesco Costa

Quando guarderemo a Francesco Totti con gli occhi distaccati e freddi della Storia, sarà interessante scoprire se qualcuno avrà voglia di sostenere questa tesi: che l’ultimo Totti forse non è il Totti più forte, ma è l’unico davvero speciale. Totti è un calciatore dal talento meraviglioso, ma ci sono stati altri calciatori dal talento altrettanto meraviglioso; qualcuno con un talento persino più grande del suo. Altri ce ne saranno. Invece uno come il Totti di questo quarantesimo anno, a questo livello, non si era visto mai.

Quando un calciatore dal talento meraviglioso supera i 35 anni, si comincia a dire che giocherà sempre meno ma sempre meglio, che correrà sempre meno ma che correrà sempre meglio: luoghi comuni con qualche fondamento. Negli ultimi mesi della sua carriera, però, a Totti è riuscita un’altra cosa: per compensare il fatto che si sposti meno sul campo, sposta il campo. La sola sua presenza tra i 22 calciatori altera la temperatura dell’aria, la tonalità dei cori dei tifosi, le rughe dei telecronisti, le palpitazioni di avversari e compagni: e piega la realtà mettendola su un piano inclinato. Bologna, 11 aprile: entra, assist. Roma contro l’Atalanta, 11 aprile: entra, gol. Roma contro il Napoli, 25 aprile: entra, palla che apre la difesa avversaria e gol. Genova, 2 maggio: entra, gol. Il vero capolavoro però è quello del 20 aprile, in casa contro il Torino, quando la Roma è sotto e Totti entra che il cronometro segna il minuto 86. Al primo pallone è gol, con un colpo di reni reso possibile evidentemente da uno sforzo sovrumano, dove dieci anni fa sarebbe bastato un saltello. Passano altri tre minuti ed è di nuovo gol, stavolta su rigore.

L’immagine successiva è un tifoso che registra col cellulare quello che sta vedendo e intanto piange a dirotto: come se quel gol fosse valso la vittoria della Champions League e non una banale vittoria contro il Torino, come in preda a una visione mistica. Perché di calci di punizione e colpi di tacco e lanci senza guardare e tocchi di suola in questi anni ci siamo riempiti gli occhi: ma la realtà piegata in un modo così sfacciato non l’avevamo ancora vista.

Le magliette celebrative: il power ranking

5) 6 unica

4) 6 sempre unica

3) Liberate Giuliana

2) Scusate il ritardo

1) Vi ho purgato ancora

Le pubblicità

Totti, nella sua vita, ha fatto tantissime pubblicità: da quelle alla Sandra e Raimondo della Vodafone con Ilary, fino alle ultime, un po’ surreali, con 10eLotto. La più strana, però, è questa della Nike, un marchio con cui Totti ha avuto un rapporto difficile e controverso, perché è l’unica a non sfruttare la sua epica calcistica o la sua aria da sempliciotto simpaticone, che poi sono le uniche due dimensioni sulle quali si basa la sua immagine. L’aria grave dello spot, l’ambientazione distopica da Kenshiro, la storia strutturata su più livelli temporali, sono tutti tentativi pionieristici di esplorare una complessità che Totti non ha mai avuto. Nessuno si ricorda di questo spot.

Le barzellette

Quale tradizione calcistica può vantare due numeri 10 di quel livello riuniti a un bancone del bar a raccontarsi barzellette? Quale altro giocatore di quel livello avrebbe accettato di farsi prendere in giro dai suoi compagni di Nazionale in quel modo?

Totti incontra un tifoso con un tatuaggio enorme di Totti sulla schiena - 2016

Se i tatuaggi fossero a più strati, sotto la maglia del Totti tatuato scorgeremmo una schiena sulla quale è immortalata la scena di Totti che incontra un tifoso con un tatuaggio enorme di Totti sulla schiena.

Monumentalità

di Fabrizio Gabrielli

Il passaggio intermedio verso la monumentalità, in attesa di una statua equestre a Trigoria, per Totti è coinciso con l’essere ritratto in vari murales sparsi per la capitale, la cui dimensione è andata crescendo negli anni in maniera direttamente proporzionale al processo di glorificazione del Capitano.

Dallo stencil di Monti che lo ritrae nell’anno dello Scudetto, modesto nelle dimensioni ma non nella significanza, siamo passati all’ibridazione licantropa di Garbatella, per mano di Sten & Lex, fino alla celebrazione didascalica del concetto di edutainment sulla Scuola Giovanni Pascoli a Porta Metronia.

Una riproduzione murale è una grande responsabilità soprattutto per chi la osserva, perché significa scendere a patti con il livello di rappresentatività di un individuo per il proprio contesto (che nel caso di Totti con la città di Roma ha cinque stelline su TripAdvisor) e richiede il superamento di una reattività emotiva viscerale. Ma immagino che anche Marco Aurelio non fosse simpatico a tutti.

Il gol n. 250, e ulteriori obiettivi

Dal giorno in cui ha superato Nordhal ad oggi (cioè l’altroieri) Totti ha segnato altri 25 gol, praticamente il 10% del suo bottino in Serie A. Sono numeri relativamente monstre, perché sottolineano la prolificità di Francesco anche e soprattutto da quando è praticamente a mezzo servizio.

Dato che contro il Torino è parso ringiovanito, più biondo (forse anche grazie a un taglio nuovo che deve avergli suggerito Paredes), i momenti da incorniciare che vorremmo pronti per il 41° compleanno di Totti dovrebbero essere un gol contro l’Atalanta a Bergamo e uno a Genova contro la Samp, se possibile bello come quel gol alla Samp: ovvero, due reti con le quali supererebbe Vierchowod e Piola nella classifica dei marcatori più avanti con l’età.

Con l’obiettivo di mettere nel mirino i 41 anni e 25 giorni di Costacurta.

Avete impegni verso la fine di ottobre del 2017? Totti sì.

Bonus: Cristian Totti

E se di Capitano non ce ne fosse davvero solo uno?

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