1. Solo tre partite ci separano dal vincitore della Coppa, è arrivato il momento di dirci chi vedete meglio e vedete come favorita?
Flavio Fusi
Un po’ per realismo, un po’ per scaramanzia, dico Germania: basti pensare che “Die Mannschaft” è nettamente la squadra che ha effettuato più tiri (83) e ne ha subiti meno (21). Ma indipendentemente da queste evidenze statistiche, quella di Low è la squadra dal cammino più convincente oltre ad essere probabilmente quella con meno difetti.
Nei primi due terzi di campo i campioni del mondo sono sempre stati convincenti, anche se non hanno ancora trovato sul loro cammino squadre che hanno cercato attivamente di disturbare la loro costruzione, specie quella bassa, ma che hanno preferito difendere con un blocco basso, schiacciato sulla propria area di rigore. È pur vero che nelle prime due uscite, soprattutto contro la Polonia, le è mancato qualcosa nell’ultimo terzo ma il passaggio da falso centravanti Gotze all’ariete Gomez sembra aver risolto i problemi di profondità dell’attacco tedesco. Le soluzioni offensive non mancano e con l’avanzamento nel torneo anche i problemi di coordinazione fra gli uomini di Low stanno diminuendo: probabilmente in tutto il torneo nessuna altra squadra ha avuto un possesso palla più penetrante ed incisivo di quello della Germania.
Il gegenpressing che nel girone eliminatorio non aveva funzionato particolarmente bene è stato impressionante nel primo tempo con la Slovacchia, anche se il calo nella seconda frazione può far sperare gli Azzurri. Tra le due è il pressing a non essere così insormontabile, visto che anche Hamsík e compagni sono spesso riusciti ad eludere l’orientamento all’uomo dei tedeschi.
La Slovacchia è uscita spesso bene, ma quando la Germania recupera palla nella metà campo avversaria diventa letale.
Certo, sia dal punto di vista della qualità generale che da quello strategico, dover affrontare l’Italia ed eventualmente la Francia, colloca la Germania in una posizione tutt’altro che semplice, ma se riuscissero a superare questi due ostacoli, pensate davvero che la finalista dell’altro lato del tabellone riuscirebbe a scompaginare i piani della Nazionale di Low?
Emiliano Battazzi
Flavio è già arrivato al punto: la Germania è favorita perché ha meno difetti delle altre, non perché sia davvero così entusiasmante. È una squadra piena di talento e con una grande organizzazione: è guidata dallo stesso allenatore da addirittura dieci anni (e siamo a dodico se contiamo anche i due anni di Löw da vice di Klinsmann: il ct più longevo del mondo era Morten Olsen fino all’anno scorso, con quindici anni sulla panchina della Danimarca). Quando parliamo di Germania ci riferiamo quindi a un sistema calcistico che si muove con raziocinio e con convinzione, seguendo linee di sviluppo predeterminate ma senza paura di contaminazioni, come quelle del gioco di posizione guardiolesco.
La Germania è un sistema complesso e come tale ci sfugge sempre qualcosa sulla sua evoluzione: può andare in grande difficoltà contro l’Algeria (ai Mondiali di due anni fa) e la Polonia (Milik provaci ancora) o triturare il Brasile e la Slovacchia con la facilità di chi si impegna a correre più veloce di un bambino.
Eppure anche i tedeschi hanno mostrato qualche difetto: transizioni difensive difficoltose, problemi di spaziature tra i difensori centrali, attacco posizionale a volte farraginoso. Ma sempre meno di tutte le avversarie: e questo sembra un Europeo per chi sbaglia di meno, e forse è proprio un trend generale delle grandi competizioni per Nazionali (vedi la Spagna del tikinaccio).
Marco D’Ottavi
Avrei voluto continuare con il filone Germania favorita, come Flavio ed Emiliano che mi sembra abbiano individuato tutti i punti a favore dei tedeschi, perfino la parte della scaramanzia mi trova d'accordo, ma proprio mentre mi accingevo a rispondere ho cambiato idea: vado con la Francia. Proprio perché questi Europei non sembrano fatti per il gioco associativo prendo la squadra che più di tutte può fregarsene dell'idea che a calcio si gioca in 11 e può vincere col talento del singolo.
È ovviamente questo l'appiglio per dare la Francia favorita: il fatto che – a turno o tutti insieme – Pogba, Griezmann, Payet, Martial e dico anche Coman possano risolvere le partite sia con una singola giocata di enorme talento, come Payet contro la Romania; sia con la loro presenza in campo, come ad esempio Coman contro l'Irlanda. In più hanno in Giroud un centravanti - magari senza la grazia e la forza di un Lewandowski - perfetto per giocare con tutto quel talento intorno e assisterlo nel miglior modo possibile.
Un Pogba a centrocampo, poi, ce l'hanno solo loro e a differenza di Lineker credo sia un vantaggio non da poco. Finora è stato criticato, ma se andate a vedere le sue partite sono piene di momenti Pogba, giocate che nessun altro essere umano può permettersi fatte in totale controllo. Credo che da qui in avanti alcune di queste giocate saranno determinanti nel decidere le partite essendo dai quarti in poi molto sottile la linea tra vittoria e sconfitta.
1 Payet = 5 giocatori normodotati.
Sempre per poter credere in questa Francia come favorita, devo fare finta che i due centrali titolari non siano Rami e Koscielny, ma concentrarmi sul fatto che finora hanno preso gol solo su rigore e mai su azione di gioco. Che Evra e Sagna sono due terzini esperti, in grado di dare equilibrio ad una squadra che rischierebbe di sbilanciarsi troppo in avanti.
Dico Francia anche perché giocano in casa come nel 1998. Ecco questo è tutto, dico Francia per motivi molto astratti.
Federico Aquè
Italia-Germania, per me, è la vera finale di questo Europeo: chi passa il turno vince la coppa. Sui tedeschi avete già detto tutto: pur con i loro difetti, per talento e organizzazione sono i favoriti naturali, più che altro per mancanza di alternative credibili, visto che la Spagna è stata eliminata e la Francia continua a non convincere. L’Italia rappresenta l’ostacolo più duro da qui all’ipotetica finale (la stessa cosa, a parti invertite, vale per l’Italia), anche storicamente: la Germania ha vinto il Mondiale nel 2014 nell’unico grande torneo degli ultimi dieci anni in cui non ha incrociato né l’Italia né la Spagna, che l’hanno sempre eliminata. Dovesse rompere questo tabù (e l’amichevole vinta 4-1 a marzo dà ai tedeschi buone ragioni per essere fiduciosi), la Germania potrebbe riservare lo stesso trattamento dedicato al Brasile nel 2014 alla squadra padrona di casa di questo Europeo, la Francia, e affronterebbe la finale avendo di gran lunga i favori del pronostico.
Immaginiamo però lo scenario opposto, ovvero l’Italia che fa la seconda impresa del torneo ed elimina i tedeschi: chi non considererebbe favorita la squadra che ha eliminato in sequenza la Spagna e la Germania? Può sembrare assurdo da dire, perché quasi tutte le Nazionali rimaste ci superano in talento e anche quelle di fascia medio-bassa, Galles e Polonia, hanno una stella di valore assoluto a cui affidare le proprie speranze, Bale e Lewandowski. L’Italia, eliminando la Germania (e senza considerare l’ipotesi di un dramma nazionale francese per l’incredibile eliminazione da parte dell’Islanda), sarebbe l’unica Nazionale rimasta ad avere un’organizzazione offensiva definita, un grande vantaggio in un Europeo tatticamente mediocre e così sbilanciato sulla fase di non possesso, più che altro come ricerca della solidità nella propria metà campo che non come vera e propria organizzazione difensiva.
Mi piace pensare che, più dei grandi giocatori che tutti aspettavamo, saranno i due migliori CT del torneo, Antonio Conte e Joachim Löw, a fare la differenza. Tutti e due sono stati bravi a intervenire a Europeo in corso, in maniera diversa (Conte cercando i giusti adattamenti per neutralizzare la Spagna, Löw ritoccando la formazione per risolvere alcuni dei problemi mostrati nelle prime due partite), ma riuscendo entrambi a far salire di livello le proprie squadre per la fase a eliminazione diretta.
Dall’altra parte del tabellone l’unica variabile che riesco a immaginare è CR7 che improvvisamente entra in uno stato di forma semidivino per trascinare questo Portogallo nascondendone i limiti. Chissà, magari gli avranno fatto vedere come terapia gli highlights dell’Europeo giocato finora da Bale per caricarlo e fargli scattare la molla.
Daniele Manusia
Ovviamente ci stiamo concentrando sulla parte “forte” del tabellone e stiamo rispondendo alla domanda con l’interpretazione più sincera possibile, cioè implicitamente stiamo rispondendo secondo noi chi meriterebbe di vincere. Anche quando parliamo del gioco della Germania, che sicuramente è superiore per organizzazione e talento a qualsiasi altra squadra ancora in corsa, e se si tiene conto dell’organizzazione da sola non c’è nessuna squadra oltre all’Italia che può offrire una proposta altrettanto valida. Però non teniamo conto che nei novanta minuti di una finale anche le squadre dalla parte “debole” del tabellone possono giocarsela (chi più chi meno, con a un estremo la Polonia che ha già giocato all’altezza della Germania, e all’altro estremo il Galles) e che potrebbero arrivare meno affaticate al traguardo.
Sono rimasto deluso dall’ottavo di finale della Polonia e mi sono fatto l’idea che dipendano troppo dall’energia a disposizione. Entrando nella parte di torneo in cui le forze conteranno molto (questo vale anche per l’Italia) sto considerando la possibilità che il Portogallo, pur con tutti i suoi difetti, possa controllare la partita senza dominarla veramente. Tutto dipende dagli incastri ma se dovessi azzardare una previsione credo che il Galles batterà il Belgio (perché ha il gioco perfetto per esporne i limiti) e in quel caso la vincitrice di Polonia-Portogallo arriverebbe alla finale con meno stress rispetto a Germania, Italia o persino Francia. Sempre che la Francia riesca a trovare un gioco: anche in questo caso l’Islanda sembra l’ideale per metterla in difficoltà, chiudendo gli spazi per le giocate e ripartendo contro una difesa che definire fragile è un eufemismo, per questo una vittoria Islandese sarebbe clamorosa ma non così impensabile.
Quindi, ragionare sulla favorita significa pensare anche a tutti gli altri risultati possibili, e lo scenario più piano è quello che vede la Germania alzare la coppa, ma se la Polonia arrivasse riposata, o anche il Portogallo potesse giocarsi una finale dopo dodici anni da quella persa con la Grecia, allora non sarei così sicuro che i problemi di profondità e coesione (che riguardano sia la transizione difensiva, ma anche la fase di attacco posizionale) non si dimostrassero più gravi di quello che ci è sembrato, e le misure di Löw magari inefficaci contro squadre di alto livello (non posso credere che Mario Gomez sia la chiave per vincere questo Europeo). Diciamo che con una vittoria dell’Italia per me la favorita diventa la vincitrice tra Polonia e Portogallo, e tra le due oggi, a poche ore dalla partita, dico Polonia, perché potrà giocare come le piace: rubando palla e travolgendo la difesa avversaria come una muta di cani da slitta (con Krychowiak che da solo sposterebbe una piccola casa se messa su dei pattini).
Chiamate Capitan America per fermare Krychowiak.
Fabio Barcellona
Per me la favorita è la Germania e, in seconda battuta, se riuscirà a eliminarla dai quarti di finale, l’Italia. Per tutti i motivi che avete già elencato. Mi concentro quindi sulla parte alta del tabellone e consiglierei di gettare un occhio attento alla Polonia. Ha fermato la Germania in una partita in cui ha avuto occasioni da gol qualitativamente migliori rispetto alla squadra di Löw e se è vero che il secondo tempo dell’ottavo contro la Svizzera non è stato entusiasmante, per tutto il primo tempo la Polonia ha mostrato un gioco compatto e brillante allo stesso tempo. La fase difensiva è solida, Krychowiak è ormai un centrocampista da top club europei, la catena di destra Piszczek-Blaszczykowski, rodata da anni di Borussia Dortmund è probabilmente la migliore di questo Europeo, Milik ha sbagliato tantissimi gol, ma sta giocando bene ponendosi in verticale con Lewandowski. Che è un pò mancato, ma questo rinforza la sensazione che la Polonia possa davvero arrivare a giocarsi una storica finale.
La squadra di Nawalka ha dimostrato di potere giocare un buon attacco posizionale, utilizzando moltissimo il gioco sulle fasce con la catena di destra già citata e il duo formato dal velocissimo Grosicki e dal terzino Jedrzejczyk sulla sinistra e di essere pericolosissima in transizione offensiva utilizzando la velocità dei suoi giocatori esterni. Non deve però troppo impigrirsi in un calcio d’attesa come fatto dopo avere raggiunto il vantaggio contro la Svizzera. Se riesce a tenere un buon livello di attività e di energia per me è la migliore squadra della parte “debole” del tabellone.
E mi piacerebbe rivedere in campo per qualche spezzone di partita il ‘96 Bartosz Kapustka che mi è parso davvero dotato di una tecnica eccellente.
2. Come giudicate, tatticamente ed esteticamente, questo Europeo?
Alfredo Giacobbe
Non è stato un Europeo esaltante per chi si aspettava un bel gioco. Non lo è stato neanche per chi pensava che dal campo arrivassero novità. D’altra parte nessun grande torneo per Nazionali lo è: nel mondo connesso, è semplice studiare il lavoro di allenatori che vivono a 6 fusi orari e 8000 chilometri di distanza, e non è più necessario attendere l’occasione di un grande meeting internazionale.
A questo Europeo, nella maggior parte dei casi, i sistemi fortemente organizzati da un punto di vista difensivo hanno avuto la meglio sulle Nazionali dotate di talento individuale (Croazia) o su quelle tatticamente disorganizzate (Spagna e Inghilterra su tutte). In particolare mi è sembrato ci sia stato un ritorno di fiamma per le marcature a uomo, soprattutto a centrocampo.
Precludere ai centrocampisti la ricezione del pallone costringe i difensori ad assumere l’onere dell’impostazione. Le marcature possono orientare il giro palla in zone dove poi salire ad attaccare il portatore di palla, operando un turnover a poche decine di metri di distanza dalla porta avversaria; oppure possono costringere i difensori a calciare lungo, finendo così per regalare il possesso.
Poiché il giro palla nelle Nazionali è mediamente più lento, perché non c’è tempo di allenare un frangente di gioco complesso come l’uscita del pallone e perché i difensori tecnicamente dotati non possono essere acquistati come in una squadra di club, le marcature a uomo a centrocampo diventano un modo di difendere molto efficace.
Due esempi su tutti: il Portogallo ha costretto la Croazia a girare palla per lo più nella propria metà campo, perché i 4 componenti del rombo lusitano (Andre Gomes, Adrien Silva, Joao Mario, William Carvalho) hanno seguito i 4 avversari più creativi (rispettivamente Badelj, Modric, Brozovic, Rakitic) dal primissimo minuto all’ultimo. L’Italia contro la Spagna si è spinta oltre: il 3-5-2 che si trasformava in 3-4-3 in fase di non possesso, grazie alla salita di Giaccherini in pressione su Piqué, ha creato una serie di duelli uomo contro uomo per tutto il campo. Compatezza, unità d’intenti e aderenza al piano tattico hanno ridotto al minimo la percentuale di rischio connaturata con la perdita di uno solo degli 11 duelli.
Flavio Fusi
Ha ragione Alfredo nel sottolineare la diffusione delle marcature a uomo, scelta molto gettonata nel pressing offensivo. Non mi stupisce neppure la prevalenza della zona con l’uomo come punto di riferimento: allenare una zona pura richiede tempo, una risorsa davvero scarsa per un commissario tecnico. Senza la possibilità di rodare i meccanismi e affinare l’intesa con compagni (che molto spesso cambiano di convocazione in convocazione) è comprensibile la scelta di un meccanismo più semplice da implementare.
Allo stesso tempo il tempo manca anche per sviluppare concetti offensivi, per cui molte squadre si sono trovate in difficoltà nel disorganizzare tutti questi sistemi difensivi con l’uomo come punto di riferimento. Tra l’altro l’importanza strategica del centro fa sì che questo tipo di marcature si concentrino a centrocampo, con le fasce che diventano la via per cercare di aggirare il problema, ma spesso anche il trampolino per attacchi inefficienti. Penso al Belgio con Italia e Irlanda, che molto spesso svuotava la zona mediana del campo per aumentare la propria presenza sugli esterni ma poi non riusciva a ritornare verso il centro, o all’Inghilterra contro l’Islanda, con terzino e esterno d’attacco contemporaneamente larghi sulla stessa linea verticale e quindi facilmente isolabili.
Simbolicamente l'Europeo dell'Inghilterra si chiude su un angolo battuto da Kane.
Non mi aspettavo strutture posizionali particolarmente efficienti, ma praticamente tutte le squadre, chi più chi meno, hanno avuto problemi nello stabilire le connessioni e nel disegnare gli angoli necessari alla creazione di linee di passaggio. L’alibi dell’allenamento è sempre valido, ma credo che anche gli allenatori abbiano qualche colpa, considerato che in più di un’occasione alcuni ruoli ed istruzioni specifiche (o la mancanza di esse) mi hanno lasciato con più di qualche dubbio. Potrei fare nuovamente l’esempio dell’Inghilterra, con lo spostamento di Alli nel ruolo di trequartista che ha definitivamente bloccato la progressione del gioco della squadra di Hodgson contro l’Islanda, o quello della Francia, con troppi o troppi pochi giocatori a facilitare la fase di uscita dei Bleus. L’accumulo di fatica dovuto a stagioni sempre più lunghe ed intense può aver contribuito: non solo per l’incidenza della fatica “periferica” e quindi muscolare, ma anche di quella “centrale” con ripercussioni a livello nervoso.
Un’altra pratica altamente diffusa in questo torneo è quella del fallo tattico, da Éder su Mertens a Portogallo-Croazia, in cui un metro arbitrale forse un po’ troppo permissivo (40 falli, un cartellino giallo), ha permesso alle due squadre di ricorrere senza remore al fallo sistematico ogniqualvolta si creavano i presupposti per una transizione pericolosa. Al diffondersi di questa tendenza ha probabilmente contribuito il formato stesso del torneo, in cui molto spesso un pareggio poteva essere determinante nel passaggio del turno, che anche il motivo per cui molte squadre si sono spesso accontentate, rinunciando a spingere sull’acceleratore oppure ad attuare sistematicamente il gegenpressing, preferendo ritornare in formazione al più presto possibile. Un regolamento di questo tipo non favorisce lo spettacolo non perché ci sono troppe squadre e il livello medio è più basso, ma perché è troppo “facile” passare il turno.
Dario Saltari
Sono molto d’accordo con Flavio su quest’ultimo punto, almeno se consideriamo il numero di gol e i colpi di scena come indice di spettacolo. Anche secondo me prima delle questioni tattiche in questo Europeo hanno contato quelle strategiche, e la regola del ripescaggio delle quattro migliori terze ha avuto un peso determinante. Basti pensare che con tre 0-0 durante la fase a gironi le squadre avevano un 87% di possibilità di passare alla fase ad eliminazione diretta (leggi: erano praticamente sicure di passare). L’Irlanda del Nord è riuscita a passare perdendo due partite su tre e segnando solo in una partita. In totale durante la fase a gironi si sono segnati 69 gol, cioè appena nove in più rispetto all’Europeo ucraino di quattro anni fa dove però c’erano ben otto squadre in meno: si è passato così da una media di 2,5 gol a partita ad una di 1,9.
A questo bisogna poi aggiungere il fatto che la maggior parte delle squadre migliori sotto un profilo tecnico hanno deciso di fare quasi completamente ed esclusivamente affidamento sul talento che avevano a disposizione (penso a Belgio, Francia e Inghilterra, principalmente) mentre molte piccole squadre si sono presentate a questo Europeo con fasi difensive estremamente organizzate (Romania, Irlanda del Nord e Islanda su tutte). Di fatto le uniche due squadre che hanno meccanismi offensivi un minimo studiati sono proprio Germania e Italia (e una la perderemo per strada sabato sera).
In assenza di volontà e idee per attaccare l’avversario, quindi, quasi tutte le squadre hanno cercato di massimizzare le palle da fermo: oltre il 40% dei gol della fase a gironi di questo Europeo sono infatti venuti da calcio piazzato (compresi i rigori).
Emiliano Battazzi
A Italia ‘90 il portiere poteva ancora raccogliere con le mani un retropassaggio: media gol del torneo 2.21. Adesso, 26 anni dopo, durante questi Europei ci ritroviamo a quota 2. Nella fase a gironi si era segnato meno, in media, solo nel 1980 e nel 1992: champagne! Nelle motivazioni c’è un po’ di tutto di quello che è già stato menzionato e quindi provo a tirare fuori altri fattori: da una parte c’è un aumento generale nella diffusione della conoscenza calcistica e nell’applicazione di alcuni strumenti tattici. Molte squadre hanno dimostrato di saper usare il gegenpressing, anche se solo a sprazzi; altre hanno puntato sull’importanza dei corridoi di gioco e degli half-spaces, sia in fase offensiva che difensiva. Ormai si conoscono tutti a memoria, è quasi impossibile essere sorpresi da un avversario, lo studio a volte raggiunge addirittura le migliaia di ore.
In più, le stagioni calcistiche sono ormai talmente dense (perché i tornei competitivi estivi in USA, Australia e Cina sono già calcio vero) che a fine stagione ci si arriva pressoché bolliti: e invece di favorire lo spettacolo, si è creato un canale di privilegio per l’attesa, il controllo, l’attenzione per l’errore (tutto aumentato dalla possibilità di passare il turno con tre punti). Con il kick and run, che ormai speravamo in via d’estinzione, ci si arriva agli ottavi e pure ai quarti: esteticamente e tatticamente, poteva andarci meglio (sì, il Galles copre gli spazi intermedi come nessuno; la compattezza sia verticale che orizzontale dell’Irlanda del Nord era da manuale di tattica: ma abbiamo visto fasi offensive davvero troppo povere).
Marco D’Ottavi
Non è stato - per ora - un bel Europeo, ma è difficile che in competizioni di questo tipo si riesca a vedere del bel gioco, per tanti motivi. Quello che mi preoccupa è che non sembra neanche un Europeo così interessante. Tolta la narrazione dell'Islanda, che però è bella in quanto tale, non da veder giocare, non c'è un briciolo di idee nuove, qualcosa che faccia ben sperare.
Questo credo sia dovuto alla pochezza media dei commissari tecnici, che non mi sembra riescano a tenere il passo degli allenatori di club; ora non voglio sparare sulla croce rossa, già l'ha fatto in maniera più competente di me Flavio, ma prendiamo il caso dell'Inghilterra. La rosa ha un valore assoluto, soprattutto per quanto riguarda il potenziale offensivo, ed è stata data in mano ad Hodgson. Perdere ci sta, però quando hai una squadra del genere devi provare a costruire qualcosa, porre delle basi per un progetto. Invece l'Inghilterra non ha fatto nulla, ma proprio nulla. Lo stesso discorso, più in piccolo, lo possiamo fare per altre nazionali, anche maggiori e ancora in corsa. È Wilmots il miglior selezionatore possibile per il Belgio? Deschamps per la Francia?
L'iperspecializzazione degli allenatori va a discapito dei commissari tecnici, che magari non hanno il tempo, né la voglia di rischiare qualcosa di nuovo e arrivano ad una competizione della durata di un mese con l'enorme pressione di vincere addosso che certamente rende enormemente più difficile prendersi dei rischi.
Le uniche due Nazionali che non subiscono questa spinta verso il basso da parte dei propri commissari mi pare siano l'Italia, che ha avuto la fortuna di poter ingaggiare un allenatore giovane ed interessato a mettere tutto sé stesso nella sfida come vetrina, e che infatti lascerà subito dopo l'Europeo, e la Germania che ha in Low una specie di allenatore/commissario tecnico che è all'interno dello staff della nazionale da così tanto tempo che oramai conosce tutti i giocatori e tutte le variabili possibili di tornei come questo e più di tutti, mi pare, sia riuscito a correggere i difetti in corsa e anche fare delle scelte, come usare Kimmich – che è un '95 – da terzino. Grazie a questo lavoro è riuscito a rendere quella che è la rosa più forte degli Europei, anche la migliore squadra.
Sfortunatamente queste due squadre si incontreranno ai quarti e ne sopravviverà soltanto una. Per il resto, per fortuna, la bellezza del calcio sta anche in chi lo gioca e mi aspetto da oggi in poi di vedere i campioni fare i campioni.
Fabio Barcellona
Una delle cose che sono mancate in questo Europeo è stato il coraggio e, direi anche la fantasia, delle squadre che costituivano quella definibile come una sorta di “media borghesia” del calcio europeo. Mi riferisco a squadre come Austria, Russia, Ucraina, Svezia, Repubblica Ceca, Turchia. Di fatto, tra le prime otto, solamente la Polonia è ascrivibile in qualche modo a questa categoria di squadre, sebbene sia nobilitata dalla presenza di eccellenze quali Lewandoski e Krychiowiack.
Se le piccole squadre hanno potuto implementare sistemi difensivi e reattivi che hanno mostrato una certa efficienza e portato Islanda e Galles a raggiungere i quarti di finale, la classe media europea è rimasta intrappolata, per ragioni diverse, in un limbo in cui le scelte tattiche sono state approssimative e convenzionali e che la hanno di fatto condannato all’anonimato. Quasi tutte hanno giocato da un sistema 4-2-3-1 con possibilità di rotazione del centrocampo, quasi tutte hanno difeso facendo appello più alla quantità di corpi allineati nella propria metà campo che a strategie precise, quasi tutte, per la presenza di qualche individualità di rilievo, hanno trascurato l’organizzazione e le loro velleità offensive non sono state supportate da alcuna originalità o struttura consolidata. In questo quadro, nessuna è riuscita ad ottenere qualche vantaggio competitivo differenziando la propria strategia tattica rispetto a squadra maggiormente qualitative, finendo quindi col perdere contro i team più forti e, hanno consentito a molte piccole, Islanda e Galles, ma anche Irlanda del Nord e la stessa Albania, di superarle in virtù di un’organizzazione migliore e scelte più radicali e atipiche.
Oltre a questo si sono viste cose interessanti e veri e propri disastri. L’Italia, ne abbiamo parlato diffusamente, ha mostrato una struttura tattica definita, particolarmente originale e capace di flessibilità nell’adattamento alle caratteristiche degli avversari. Oltretutto Antonio Conte, ma anche Gianni De Biasi che ha guidato un’organizzatissima Albania, ha dimostrato che la carenza di tempo nell’allenamento delle nazionali è quasi sempre un pretesto per giustificare disorganizzazione ed affidamento esclusivo alle qualità individuali.
L’Islanda ha messo in campo un 4-4-2 molto canonico, ma declinato in una forma difensiva estrema ed organizzata, che accetta di affrontare gli avversari anche profondamente all’interno della propria area di rigore.
Qui non si passa.
Tra i top-team, costretti ad affrontare sistemi difensivi particolarmente chiusi, si è ampiamente scritto di strutture posizionali inefficienti, come quella della Francia, incapace di una decente costruzione dal basso e della pluricitata Inghilterra su cui è superfluo aggiungere altro. Particolarmente interessante è il riferimento di Alfredo e Flavio alla diffusione delle marcature ad uomo e, comunque, di sistemi difensivi a zona particolarmente influenzati dalla posizione degli avversari. In questo particolare aspetto l’Europeo segue una tendenza che mi pare di riconoscere in tutto il panorama continentale, compreso il calcio dei club e che di per se non ha alcuna accezione positiva o negativa, o ancora non discrimina tra un calcio propositivo e uno essenzialmente reattivo.
È una tendenza che meriterà di essere seguita nel tempo e che disegna un’evoluzione dei sistemi a zona che tra l’ultimo decennio del secolo scorso e il primo di quello attuale si erano ampiamente diffusi.
Daniele Manusia
La tendenza descritta da Fabio secondo me invece è reazionaria ed ha un’accezione negativa. È sbagliato dire che un maggiore tatticismo porta a gare bloccate proprio perché si associa la tattica a un’interpretazione per forza di cose reattiva (e cioè calibrata sulla tattica e i giocatori avversari) anziché una propositiva (che cerchi, cioè, il sistema migliore possibile per battere qualsiasi tipo di sistema avversario). Orientarsi sugli avversari anziché sui compagni e sullo spazio, aspettare che la squadra avversaria crei spazio con la palla tra i piedi, anziché farla uscire dalle sue posizioni giocando, rovinare il contesto avversario senza costruirne uno che esalti i propri giocatori migliori (selezionati in base a qualità spesso puramente fisiche) a mio avviso è un’idea di calcio che reagisce alla supremazia tecnica e tattica catalana di qualche anno fa, più difficile da raggiungere perché richiede programmazione pluriennale e capacità non banali anche da parte di dirigenti e allenatori. Non sto dicendo che il calcio debba essere solo questo, ma che lo è troppo poco.
Stiamo vivendo in tempi reazionari non solo se si parla di calcio, e la colpa è anche di una retorica anti-progressista che - qui sto parlando di calcio - ha mostrato tutta la sua ottusità proprio nelle critiche infondate al gioco del Barcellona di Guardiola, in cui alla fine sembrava si trattasse quasi di una forma subdola di violenza, e non di un’idea che, con i suoi limiti, era comunque nobile, che tendeva a un’ideale e cercava di staccarsi dalle contingenze materiali della gara. La reazione in questo caso è quella di un calcio che distingue in maniera netta tra fase offensiva e fase difensiva (a volte inglobando anche la fase offensiva all’interno di quella difensiva, come fa il gegenpressing), una prudenza elevata a eccellenza.
È un discorso complesso perché anche le utopie calcistiche sottostanno all’esigenza di fondo di dover vincere e se un’idea, per quanto reazionaria, si dimostra vincente (nei limiti del regolamento e tolte anche le variabili tipo i colpi di genio o la fortuna, con cui si può vincere anche senza nessuna idea) allora significa che l’idea nobile è ancora perfettibile. Certo, non è una novità che l’aumento dell’atletismo e della professionalizzazione dei calciatori favorisca un certo tipo di calcio rispetto, precludendo delle possibilità anche tattiche, ma il contesto è questo e non credo che potremo tornare indietro. Per cui ci vorrà una reazione alla reazione, e secondo me già ci sono casi di questo tipo se si guarda a squadre piccole (in Italia abbiamo gli esempi recenti dell’Empoli di Sarri e del Foggia di De Zerbi) che colmano ogni tipo di gap con una proposta di gioco offensivo ben organizzato.
Per quanto riguarda quest’Europeo stiamo vedendo squadre che a volte hanno davvero preparato solo la fase difensiva, lasciando quella offensiva all’improvvisazione. Comprensibile in casi come Galles e Islanda, meno se penso a squadre come Francia e Belgio che non hanno mostrato fin qui un’idea di gioco coordinato offensivo (se non, in entrambi i casi, quella del cross dall’altezza dell’area di rigore). L’Italia è una felice eccezione, perché si basa interamente sul gioco avversario (le mille piccole misure che Conte prende non hanno uguali a livello di Nazionali) ma ha una sua proposta di gioco. Le due fasi sono del tutto separate e la parte offensiva è anche prevedibile, ma almeno è una proposta coerente con le qualità dei giocatori e che per ora ha mostrato sufficiente varietà di soluzioni. Sarebbe bello se anche le Nazioni più piccole puntassero su un’identità forte riconoscibile magari negli anni. Sarebbe bello avere un Rayo Vallecano delle Nazionali.
3. Arrivati a questo punto, quali giocatori vi sono piaciuti di più e da chi vi aspettate prestazioni da MVP finale nelle prossime partite?
Francesco Lisanti
Non è quello che la definizione canonica prevede, ma alla prova dei fatti l’MVP di una competizione risulta spesso essere il miglior giocatore della squadra migliore. Quella di Jerome Boateng è una candidatura forte, a questo punto del torneo. Non avrebbe neanche dovuto giocare contro la Slovacchia per un infortunio al polpaccio, e invece ha aperto le marcature con uno dei gol più belli degli Europei (poco sotto il podio).
È il boss della media lunghezza, ormai in automatico alza la testa e serve Hector sulla corsa, saltando la prima linea di pressing e allungando il campo. Contemporaneamente con la stessa naturalezza può intercettare palloni in campo apertissimo. Al primo errore sarà di nuovo un meme, perché un difensore così non si è mai visto, e l’eccezionalità è riconosciuta unicamente nella sua connotazione freak, nella buona e nella cattiva sorte. In tutta onestà mi pare che l’impatto delle sue giocate ripaghi ampiamente i rischi che accetta.
Sul fronte “giocatori con una nazione sulle spalle”, i quarti di finale saranno l’appuntamento con obbligo di presenza per Bale, Ronaldo e Lewandowski. Nessuno dei tre ha propriamente deluso, anche se forse gli zero gol di Lewa avranno fatto la fortuna di diversi bookmaker. Hanno tutti dimostrato coscienza della responsabilità che li investe, anche nell’impossibilità tecnica di replicare le prestazioni che regalano durante l’anno.
Galles e Polonia non hanno il centrocampo di Real Madrid e Bayern, e quindi Bale e Lewa hanno fatto da collante, hanno ampliato al massimo il proprio raggio d’azione. Se il Galles vorrebbe avere dieci Bale, allora Bale prova a giocare per dieci, scendendo a centrocampo per ricevere per poi andare a saltare sul cross al centro. Molto simile è il ruolo di Lewandowski, che ha delegato i compiti da “nueve” a Milik e prova a fare tutto il resto, consapevole che se invertissero i ruoli sarebbe un disastro.
Ronaldo ci ha regalato grandi momenti di calcio contro l’Ungheria, e che incida o meno sul tabellino rimarrà sempre una minaccia così rilevante da occupare i pensieri (e le risorse) di qualsiasi allenatore, garantendo situazioni di superiorità tecnica o numerica per i compagni di squadra. L’importante è che Nani e Quaresma continuino ad approfittarne.
Alfredo Giacobbe
L’MVP sarà indiscutibilmente Gareth Bale se riuscirà a portare il Galles ad un piazzamento nei primi 4 posti. Non è una missione impossibile per la superstar del Real Madrid: lui e i suoi compagni hanno già incontrato il Belgio nelle qualificazioni e hanno inchiodato i Diavoli Rossi sullo 0-0 a Bruxelles e hanno inflitto loro una sconfitta di misura a Cardiff. Chissà se il CT Coleman avrà modo di pentirsi della lunga intervista rilasciata al Wales Online nella quale ha analizzato le scelte strategiche dietro ognuno dei match di qualificazione. Proprio Bale fu la chiave di quel doppio confronto: nella partita di andata fu schierato come unica punta nel 4-2-3-1 e i suoi tagli interno-esterno per esporre lo spazio alle spalle del terzino, costrinsero Jan Vertonghen a rinunciare alle sortite offensive; in quella di ritorno segnò il gol decisivo.
Gareth Bale: regista, trequartista, attaccante, cavallo scosso che vince da solo il Palio di Siena.
E ancora Bale in queste ore ha indicato la vittoria nelle qualificazioni come un sottile vantaggio psicologico nei confronti del Belgio. Gareth ha segnato 1 gol in ciascuno dei match del Gruppo B e con un suo cross ha propiziato l’autorete di McAuley che è valsa il passaggio ai quarti. L’aura del “qualcosa sta per accadere” che lo circonda ogni volta che entra in possesso del pallone, finora è da sola bastata a mettere paura gli avversari. È ora di mettere la sua impronta su Euro 2016.
Dario Saltari
Se intendiamo il MVP come il giocatore che ha più impatto sulla propria squadra e sul torneo in generale, direi uno tra Griezmann e Payet, almeno potenzialmente. Il caos veramente poco organizzato della Francia si basa infatti sui momenti liberatori regalati dalle invenzioni dei propri uomini migliori e finora sono questi due giocatori ad aver regalato più emozioni al pubblico di casa.
Per vincere questo torneo la Francia, dopo l’Islanda, dovrà battere prima una delle due squadre migliori del torneo (Germania o Italia), poi uno dei quattro one man team dell’altra parte del tabellone (Polonia/Lewandovski, Galles/Bale, Portogallo/Ronaldo, Belgio/Hazard). Se vuole avere qualche possibilità deve sperare quindi che uno di questi due uomini ricopra il ruolo di supereroe. E se lo faranno, a quel punto uno tra Griezmann e Payet diventerebbe automaticamente MVP del torneo.
Tra i due, personalmente, preferirei Griezmann, perché portare da solo la Francia alla vittoria dell’Europeo significherebbe completare quel processo di crescita che con l’Atletico l’ha portato a trasformarsi da semplice giovane promessa a uno dei cinque migliori giocatori in Europa in circolazione.
Emiliano Battazzi
Provocazione: forse non esistono più gli MVP nei grandi tornei per Nazionali, se per MVP intendiamo il grande risolutore, il deus ex machina della competizione. L’ultimo che mi viene in mente è Zidane nel 1998, ma per la doppietta in finale (hai detto niente); forse anche Ronaldo nel 2002. Poi hanno sempre vinto le squadre, trascinando i loro singoli: e infatti in questo Europeo, finora, abbiamo assistito al crollo degli dei, con Ibra senza un tiro nello specchio per 180 minuti, Cristiano che si risveglia solo contro l’Ungheria, Muller che non segna più, Pogba che finisce addirittura in panchina (per punizione, forse), Rooney dei passaggi orizzontali e Kane che non ne imbrocca una, Lewandowski senza gol. L’unico che ha retto è stato Bale: se porta il Galles in semifinale, merita di essere MVP, come dice Alfredo. Altrimenti, ancora una volta pescheremo un giocatore della squadra vincente: magari per una doppietta in finale.
Fabio Barcellona
Mi piace molto l’originale scelta fatta da Francesco che indicando Boateng ha probabilmente davvero individuato il miglior giocatore della migliore squadra del torneo. L’abilità di Boateng nella costruzione bassa (c’entra qualcosa Guardiola?) ha consentito a Low di utilizzare due piattaforme simmetriche di inizio della manovra, una sul centrodestra, con il difensore del Bayern e una sul centrosinistra con lo smarcamento in quella zona di Toni Kroos. Tamponare contemporaneamente due fonti di gioco così qualitative diventa un problema per gli avversari. Ci sono state grandi prestazioni individuali: Payet contro la Romania, Griezmann contro l’Irlanda, Hazard contro l’Ungheria, Bonucci contro il Belgio, ma inevitabilmente il MVP degli Europei sarà definito dalle rimanenti partite e dal destino finale del torneo. Magari sarà qualcuno che sino ad oggi non si è messo particolarmente in evidenza. Per me occhio a Robert Lewandowski e a Paul Pogba.
Marco D’Ottavi
Ma Hazard? A me è piaciuto moltissimo fin qui. Credo nessuno l’abbia citato perché giustamente nessuno vuole neanche pensare a questo Belgio come ad una possibile vincitrice. Ma è arrivato il momento di farci i conti: hanno talento, giocano male, possono vincere. Anche contro l'Italia è stato l'unico a non farsi ingabbiare, giocando un'ottima partita. Da lì in poi è esploso: 1 gol bellissimo, 3 assist, quasi 4 passaggi chiave a partita e 5.5 dribbling e la netta sensazione che quando voglia accellerare diventi molto difficile fermarlo. Considerando la pessima stagione al Chelsea credo abbia tantissima voglia di riscattarsi e si trova nella condizione perfetta per farlo. Tra tutti i possibili MVP, poi, è quello che ha la strada più spianata verso la finale e lo aspettano due partite contro squadre molto chiuse, che mi sembrano situazioni perfette per il suo modo di giocare.
Se dovesse risolvere una sfida molto chiusa con il Galles, se poi dovesse anche incidere in un eventuale semifinale, dove troverebbero nuovamente una squadra che fa dell'organizzazione difensiva il proprio cardine, diventerebbe un candidato forte al titolo di miglior giocatore della competizione.
Hazard moderatamente carico per i quarti di finale.
Se invece, come tutti speriamo, il Belgio dovesse fallire miseramente già contro il Galles, un uomo solo si staglierebbe al comando: Gareth Bale. Al momento questo Europeo è la naturale prosecuzione di un finale di stagione perfetto in cui segnava più o meno un gol a partita. Se riesce a portare la sua nazionale nelle prime quattro bisognerà prenderlo in considerazione anche per altri premi individuali che si consegnano a gennaio e che ultimamente sono un affare a due.
Altri che hanno giocato davvero bene sono, rullo di tamburi, Leonardo Bonucci e Griezmann. Ora lasciamo stare Griezmann che è un giocatore davvero forte e veniva qui solo per consacrarsi. Ma Bonucci? Io getto la maschera: se alla fine di tutto inseriremo il suo nome in un discorso con la parola MVP per me sarebbe un sogno. In parte perché vorrebbe dire che l’Italia ha fatto qualcosa di molto buono, ma principalmente perché sarebbe davvero il momento in cui Bonucci si libera da tutte le sovrastrutture che noi gli applichiamo e riusciamo a considerarlo per quello che è: un difensore moderno, diverso da tutta la scuola di difensori italiani che ricordiamo, ma comunque un difensore molto forte.
Federico Aqué
Raccogliendo tutto quello che avete detto e guardando il trend di questo Europeo, credo sia finalmente arrivato il momento far cadere un tabù e dare finalmente il premio di MVP a un difensore o a un portiere. Quindi sono anch’io del partito Bonucci o Boateng MVP, perché oltre a difendere benissimo hanno una notevole incidenza sul gioco di Italia e Germania. Per il gol (Boateng contro la Slovacchia) e l’assist (Bonucci per Giaccherini contro il Belgio) messi a referto finora, sono probabilmente i difensori più spendibili per un premio che solitamente spetta a un attaccante.
Voglio però andare ancora più in là, perché alle spalle di Boateng e Bonucci ci sono due portieri che finora non hanno subito gol: Manuel Neuer e Gianluigi Buffon. Se dovessero davvero riuscire a finire l’Europeo da imbattuti credo saremmo in una di quelle situazioni “ora o mai più”: cosa dovrebbe succedere d’altro per riuscire finalmente a premiare un portiere? Se giustamente avremmo premiato un attaccante capace di segnare in tutte le partite, va premiato anche il suo opposto, un portiere che non subisce gol in tutte le partite giocate.
Daniele Manusia
Io invece sono d’accordo con Emiliano, anche secondo me non esistono più gli MVP, ormai siamo abituati a un livello tale durante la regular season irreplicabile nei tornei internazionali, e votare Bale perché ha segnato qualche gol su punizione o Cristiano Ronaldo per una mezza partita giocata meglio degli altri mi sembrerebbe uno sforzo formale. Però mancano tre partite, e magari Bale farà la differenza con il Belgio e in semifinale, magari Cristiano Ronaldo segna il gol decisivo in finale. Interpretando il premio letteralmente, solo sulla base di quanto visto in questa prima parte di torneo, direi che il giocatore che vale di più Payet, per l’influenza avuta in una squadra comunque ricca di talento.
Un’influenza diversa ma di pari valore l’hanno avuta Iniesta (che però ha salutato la competizione troppo presto) e Toni Kroos, e in parte anche De Bruyne e Hazard. Solo da Kroos però mi aspetto altre tre prestazioni di livello, sempre che Conte lo lasci giocare fino alla finale.