Il pallone è all’altezza dell’area di rigore del Barcellona. Il Bayern pressa alto andando uomo su uomo, ma Balde riesce a sbloccare la situazione andando in verticale verso Lewandowski, che è sceso nella propria metà campo. Il polacco protegge palla e la scarica per Pedri, che a sua volta cerca Fermin Lopez sulla trequarti. Nel frattempo Raphinha, teoricamente l'ala sinistra del Barcellona, è entrata dentro al campo, posizionandosi al centro dell’attacco, nel posto che dovrebbe essere occupato da Lewandowski. La palla lo raggiunge poco dopo.
Fermin Lopez stoppa e con una giravolte notevole lo cerca in verticale, alle spalle della difesa avversaria. Kimmich intuisce ma riesce solo a sfiorare, e a quel punto Raphinha può andare in uno contro uno con Neuer. Il brasiliano lo salta allargandosi sulla sinistra e poi conclude a porta vuota. Sono passati 58 secondi.
A guardare i precedenti più recenti tra le due squadre, il gol immediato di Raphinha sarebbe potuto essere solo un ostacolo momentaneo per il Bayern. E in effetti anche ieri sera la squadra di Kompany si è scrollata subito di dosso l’accaduto e ha iniziato ad attaccare con continuità. Il Barcellona di Flick si difende con i difensori in linea, altissimi sul campo, un atteggiamento non troppo dissimile da una qualunque squadra della Bundesliga. Di conseguenza il Bayern sapeva come attaccarla: alternando filtranti e cambi di gioco, fino a trovare il gol del pareggio di Harry Kane al minuto 18. «Dopo il primo gol abbiamo avuto 15 minuti di difficoltà, ma è bello vedere che la squadra sa come riprendersi nonostante la giovane età», ha detto Flick a fine partita.
Quella tra Barcellona e Bayern negli ultimi anni è stata una rivalità a senso unico. La squadra tedesca ha vinto gli ultimi 6 scontri diretti, alcuni in maniera umiliante, come il celebre 8-2 quando sulla panchina dei bavaresi c’era proprio Hansi Flick. L’ultima volta che il Barcellona ha battuto il Bayern era nella semifinale di Champions League del 2015. In Baviera c'era ancora Guardiola e la carriera ad alti livelli di Jerome Boateng non era stata ancora terminata da quella celebre finta di Messi che incoronerà il 3-0 finale. All’epoca Lamine Yamal aveva 7 anni, Cubarsí 8, Gavi 10, Fermin Lopez, Casadó e Balde 11, Pedri 12. Da allora una generazione è cresciuta con il Bayern come una specie di nemesi.
L'importanza di Raphinha
Raphinha nel 2015 aveva 18 anni e giocava nelle giovanili dell’Avaí, ma era già da tempo un tifoso del Barcellona. Lo era diventato da quando il suo idolo assoluto e concittadino Ronaldinho si era trasferito in Catalogna, vincendo tutto ciò che c'era da vincere: «Anche se non ero qui, ho visto tutto ciò che è successo e l'ho sentito come tifoso del club. Questa partita è stata una sorta di rivincita» ha detto sorridendo a fine partita. Raphinha non ha mai fatto mistero del suo tifo per il Barcellona prima ancora di vestirne la maglia, accettando un contratto più basso rispetto a quelli offerti dalle altre squadre che volevano prenderlo dal Leeds.
"Il fatto che sia stato nominato tra i capitani della squadra in estate sembrava strano ma ora, con il suo coinvolgimento e la sua capacità di alzare il livello di competitività del gruppo, è un ruolo che gli si addice come un guanto", scrive oggi SPORT, "L’attuale Raphinha non è paragonabile a quello delle ultime due stagioni". Il merito, come detto, è anche del nuovo Barcellona creato da Hansi Flick. In passato la squadra catalana, davanti al gol subito, sarebbe andata nel panico, mentre ieri è successo l'esatto contrario. Il fatto che dentro questo nuovo contesto Raphinha spicchi, però, è sicuramente significativo. Certo, le stelle della squadra sono altre (Lamine Yamal, Pedri, Lewandowski), ma è difficile raccontare il Barcellona di oggi senza parlare dell'ala brasiliana.
Raphinha ha uno stile di gioco spigoloso, in cui la fisicità ha un ruolo importante. Utilizza braccia e gambe per tenere le distanze, e a volte sembra che gli basti solo sfiorare il pallone per fargli cambiare direzione. Certo, è anche un giocatore che sbaglia molto, ma chi lo marca non può mai distrarsi, e l'impatto psicologico di questa tensione continua non va sottovalutato. Raphinha logora il terzino avversario mentalmente e atleticamente fino a quando non trova la finta giusta o l’azione in cui l'avversario è in ritardo o poco concentrato.
Raphinha sembra improvvisare di volta in volta, forse non sa neanche lui dove lo porta l’azione che ha iniziato. Per questo la precisione tecnica non è il suo forte: deve adattare il gesto in continuazione, e a velocità altissima, spesso in precario equilibrio. Questa imprecisione magari non l'ha reso una stella della squadra, ma già con Xavi raramente ha perso il posto, e principalmente per due motivi: la velocità e la determinazione nei movimenti senza palla. Fino a questa stagione sembrava troppo poco e invece con Flick questo contributo è diventato determinante.
La rapida ascesa di Lamine Yamal come stella del Barcellona, che teoricamente avrebbe dovuto farlo fuori, per paradosso è stata una benedizione. Nel tridente offensivo Lamine Yamal ha assorbito buona parte del volume di gioco offensivo, poi c'è l’ingombrante presenza di Lewandowski, come terzo allora serviva un giocatore che toccasse pochi palloni. E Raphinha sembra a suo agio più è lontano dalla palla, muovendosi in accordo a dove si sviluppa l'azione. Certo, ha aiutato anche il fatto che, dopo un'estate di trattative, alla fine non è arrivato Nico Williams, che nei piani della società e nei desideri dei tifosi doveva essere la nuova ala sinistra titolare.
L'ombra di Nico Williams, va detto, non è del tutto sparita. In conferenza stampa prepartita, Raphina ha parlato con un certo risentimento di un video in cui un Tiktoker si personalizza la maglia del Barcellona con il numero 11 e il nome di Nico Williams. «Vedere la mia maglia numero 11 con il nome di Nico Williams sui social media è stato molto irrispettoso», ha detto Raphinha, «È stato uno scherzo di pessimo gusto. Dobbiamo rispettare i giocatori che sono qui, sul momento il video mi ha un po’ ferito».
Non voglio fare della psicologia spicciola, ma sappiamo quanto per gli sportivi il senso di rivalsa possa valere da combustibile mentale, e non è un caso che a volte i nemici esterni ce li si inventa per caricarsi da soli. In questo caso Raphinha era ben consapevole che nella testa di alcuni tifosi doveva essere lui il giocatore da vendere subito per riuscire a far arrivare l’agognato Nico Williams e ha iniziato la stagione con un atteggiamento opposto a quello con cui aveva terminato la precedente.
Raphinha aveva già risposto su Instagram con una serie di emoticons che ridono fino alle lacrime.
Comunque alla fine Nico Williams non è arrivato e Flick deve aver visto le caratteristiche di Raphinha come il pezzo del puzzle che mancava. L'allenatore tedesco gli ha chiesto di essere di fatto una seconda punta che parte largo, ma che riceve accentrandosi, dando profondità alla squadra. Che tocca pochi palloni da fermo, che riceve soprattutto in corsa e che, soprattutto, non deve fermarsi mai. Da inizio stagione tra gol e assist ha contribuito in media ad una rete ogni 65 minuti. Ma anche togliendo i gol il suo contributo a questa squadra è evidente.
Il gol del 2-1 contro il Bayern Monaco, in particolare, spiega tanto di questa nuova dimensione di Raphinha. Un'azione che lo vede scendere dopo un movimento in profondità centrale a associarsi con i compagni fino alla fascia destra. È lì, a destra, che rimane a giocare negli istanti successivi: passaggi corti, mentre con la mano indica a Lewandowski di rimanere alto a fissare la linea avversaria. Quando nota che il pallone passa da Cubarsí a Koundé, e che Fermin Lopez è scattato in avanti, fa un contromovimento per portare fuori Kim. Un contributo invisibile all'azione che però si rivela decisivo per permettere a Fermin Lopez di servire in area l’assist per Lewandowski.
Accettare i rischi
Da un punto di vista tattico, parte della vittoria del Barcellona deriva dall'aver accettato i rischi che derivavano da un difetto tattic strutturale, e cioè l’impossibilità di difendere bene i cambi di gioco. Con questa struttura, magari, il Barcellona concede più occasioni, ma resiste meglio alla pressione avversaria e soprattutto ha più facilità ad andare in verticale dietro la linea difensiva avversaria.
Ancora più importante, però, è stato il livello tecnico a cui il piano è stato eseguito. La coppia di centrocampo Padri-Casadó nel tenere il pallone, Fermin Lopez nel galleggiare tra le linee, Lewandowski nello scendere e offrire una linea di passaggio centrale, Lamine Yamal nell’avvicinarsi a ricevere e poi partire in conduzione, e Raphinha nello scattare in profondità senza palla, per ricevere oltre le linee.
Il lavoro del brasiliano era il più dispendioso fisicamente ma anche il più utile. La maggior parte degli scatti non possono essere premiati ma servono tutti per permettere alla squadra di allungarsi, abbassando la linea difensiva avversaria e facilitando la vita ai compagni: «Abbiamo lavorato duramente. Sapevamo che più ci allontanavamo dalla nostra porta, meglio era per noi». Il suo è stato un lavoro da alter ego di Lamine Yamal, da socio di Lewandowski, di un’importanza tattica che può passare in secondo piano solo rispetto al fatto che poi sono arrivati anche i gol.
Se ciò non bastasse, Raphinha era anche sulla prima linea del pressing alto, dove invece al centravanti Lewandowski viene chiesto di posizionarsi a schermo sul mediano Palhinha, in posizione di attesa. E se il Bayern riusciva a superare il primo pressing, l'ala brasiliana avrebbe dovuto seguire un terzino offensivo come Guerreiro fin nella propria trequarti. Mantenere la lucidità dopo tutto questo lavoro senza palla non è facile e infatti Raphinha non è stato perfetto. Ha sbagliato qualche tocco, qualche passaggio, ma davanti la porta in compenso è stato di ghiaccio. «Raphinha è un chiaro esempio di come funziona la squadra. È molto importante per noi perché pressa e fa anche gol», ha detto Flick a fine partita «Non ho mai avuto un giocatore come Raphinha, perché è incredibilmente dinamico sia con che senza palla. La sua velocità è fantastica, ogni squadra ha bisogno di un giocatore così e noi lo abbiamo».
Se il primo gol parla del suo lavoro per la squadra, il secondo e il terzo arrivano invece da una fiducia nei propri mezzi inedita. A fine primo tempo Raphinha opta per rimanere lontano dall’azione che si sviluppava a destra, nella propria metà campo. Raphinha stavolta non taglia, rimane altissimo sulla fascia sinistra e aspetta. Alla fine arriva il cambio di gioco di Casadó, che gli permette di avanzare in conduzione fino all’area avversaria col solo Guerreiro davanti. Il terzino portoghese ha la postura del corpo per provare a mandarlo verso l’esterno, ma Raphinha non ci pensa proprio e prende la traiettoria interna. Avanza ondeggiando per due metri buoni fino a quando non arriva al limite dell’area dove trova il raddoppio di Upamecano. È a quel punto fa partire il tiro calciando di destro, il suo piede debole, sul secondo palo.
L’ultimo gol segnato, quello che chiude di fatto la partita al 56’, mostra tutto il suo apporto tattico e mentale alla squadra. Il Barcellona recupera palla con Casadó all’altezza della propria area poi passa rapidamente dalla parte opposta del campo, da Pedri, e Raphinha si butta subito in verticale. Potrebbe essere l'ennesimo movimento senza palla che non verrà premiato, ma la sua utilità è già evidente nel fatto che la difesa del Bayern è costretta ad allungarsi mentre Lamine Yamal dall’altra parte riceve il pallone. Per fortuna di Raphinha, poi, Lamine Yamal premia il suo sforzo, servendolo dopo lo stop. Il pallone lo raggiunge quando si è già messo alle spalle Upamecano ed è lanciato oltre il centrocampo. A quel punto manca solo uno stop piuttosto difficile con il petto, due tocchi a grandi falcate e soprattutto il tiro rasoterra di sinistro ad incrociare.
È il gol della tripletta, segnata il giorno della sua centesima presenza con la maglia del Barcellona. C'è un modo migliore per chiudere la migliore partita giocata finora con la maglia blaugrana? Al 75’, sul 4-1 di vantaggio e con lo spettro del Real Madrid da dover affrontare sabato prossimo, Flick ha deciso di farlo uscire dal campo inserendo Dani Olmo. Un modo per fargli risparmiare qualche energia, certo, ma anche per concedergli una meritatissima standing ovation. In quel momento, il fatto che la fascia da capitano del Barcellona fosse legata proprio al suo braccio non sembrava strano a nessuno.