Nel 1996 il senatore repubblicano John McCain in una lettera inviata ai governatori dei 50 Stati americani definì le MMA un “combattimento tra galli umani”. Era impegnato a sostenere una campagna che voleva vietare la disciplina in tutto il paese e che tenne lontana UFC dalle televisioni, prima fonte di introiti per la promotion, fino a quando l’organizzazione non introdusse un regolamento ben definito, rendendo le arti marziali miste socialmente accettabili.
24 anni dopo un altro esponente repubblicano è invece uno dei principali sostenitori di UFC. E non un membro qualsiasi del partito, bensì il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. La passione di Trump per gli sport da combattimento ha origini antiche, legate anche a motivi di business. L’attuale Presidente infatti utilizzò la boxe per lanciare il boom immobiliare di Atlantic City, finanziato a sue spese, a partire dal 1984. Il magnate americano inaugurò diversi casinò e hotel nella città che ospitarono eventi di pugilato di altissimo livello come attività promozionale. Ad esempio Trump organizzò 10 incontri con protagonista Mike Tyson, dal 1985 al 1989, di cui alcuni titolati.
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Ma successivamente sono state le MMA a stregare The Donald. Il rapporto di Trump con UFC ha origine con l’amicizia e la stima reciproca che lega Dana White e lo stesso imprenditore americano a partire dai primi anni del Duemila. In quel periodo la promotion di MMA è in difficoltà proprio in seguito dell’offensiva lanciata da McCain. Trump decide di ospitare un trio di eventi firmati UFC (il numero 28, 30 e 31) nel suo Trump Taj Mahal di Atlantic City. Un’occasione che fornisce alle arti marziali miste, allora ai margini, un inedito palcoscenico mainstream. La promotion inizia così ad acquisire credibilità. Lo stesso Dana White, intervenuto alla convention repubblicana del 2016 in sostegno del futuro Presidente, ha spiegato così quel periodo: «Nel 2001 io e i miei soci di allora, Lorenzo e Frank Fertitta, abbiamo comprato UFC, quando le MMA venivano viste solo come uno sport sanguinoso. Le commissioni atletiche statali non ci supportavano. Le arene di tutto il mondo si rifiutavano di ospitare i nostri eventi. Nessuno ci prendeva sul serio, nessuno. Tranne Donald Trump. Donald è stata la prima persona a riconoscere il potenziale che noi avevamo visto in UFC e ci ha incoraggiato a sviluppare questo business».
Il volto di UFC continua: «Donald ha ospitato i nostri eventi al Trump Taj Mahal, è stato in trincea con noi, e quando quelle card sono andate in scena lui era seduto in prima fila a metterci la faccia. Donald ha sostenuto UFC prima che diventasse popolare e di successo, e gli sarò sempre grato di essere stato con noi in quel difficile periodo iniziale. Quindi stasera sostengo Donald Trump!».
Peraltro lo stesso Trump ha vissuto una parentesi da promoter, nel momento forse più critico del suo rapporto con UFC. Nel 2008 infatti il miliardario statunitense possedeva un numero rilevante di azioni dell’organizzazione Affliction MMA, derivata dall’omonimo brand di abbigliamento, in quel momento sponsor di UFC. Trump si spese in prima persona per lanciare la promotion in grande stile: il main event del primo appuntamento mise in scena il confronto tra Fedor Emelianenko e l’ex campione UFC Tim Sylvia. Emelianenko è stato protagonista anche del secondo evento firmato Affliction MMA, ancora contro un ex detentore del titolo UFC, Andrei Arlovski. Show di qualità elevata che comportarono investimenti notevoli con ritorni economici ipotizzati sul lungo periodo (solo le borse incassate dagli atleti in occasione dell’esordio della creatura di Trump si attestarono a 3,3 milioni di dollari). Un lasso di tempo evidentemente ritenuto poco sostenibile dai vertici dell’organizzazione, che nonostante il buon successo di pubblico chiuse i battenti alla vigilia della terza card. Intanto UFC si era preoccupata per il nuovo competitor, tanto da organizzare in fretta e furia un evento per contrastare lo sbarco di Affliction MMA nel mercato pay-per-view, e fu sollevata di riaccogliere l’originaria Affliction Clothing come sponsor dell’abbigliamento dei suoi fighter.
White ha ricambiato il supporto di Trump con appassionati endorsement pubblici e cospicue donazioni, tra cui una da un milione di dollari ad un’associazione che sostiene il magnate americano. White si è speso in prima persona per la rielezione di Trump: di recente, durante la convention nazionale dei Repubblicani prima delle elezioni, lo ha difeso riguardo la gestione dell'emergenza sanitaria dovuta alla pandemia («La sua massima priorità è sempre stata la salute e la sicurezza di tutti nel nostro Paese, non solo repubblicani, non solo i suoi sostenitori, ma di ogni singolo americano»), mentre sul movimento Black Lives Matter UFC non ha preso nessuna posizione ufficiale. Anzi, White ha dichiarato che la gente dovrebbe essere riconoscente alle forze di polizia per il lavoro che svolgono: «Sono sempre le persone a cui viene chiesto di farsi avanti quando le cose si mettono male […]. Si prendono cura di noi, ora noi dobbiamo prenderci cura di loro».
Da parte sua Trump è stato il primo Presidente degli Stati Uniti a partecipare ad un evento di MMA, nel 2019, difendendo l’operato della UFC e sostenendola anche nell’intento di organizzare eventi a porte chiuse nei mesi più duri dell’emergenza sanitaria, quando su White piovevano soprattutto critiche. E del capo della promotion più importante ha solo parole al miele: «Può fare qualsiasi cosa. È così intelligente, così astuto. Siamo amici da molto tempo». Inoltre l’imprenditore americano ha fatto parte della task force di esperti voluta da Trump ad aprile per cercare soluzioni alla situazione causata dal Covid-19, chiamata Opening Up American Again.
Anche nel roster di UFC Trump può vantare diversi sostenitori di eccellenza. Il fighter Colby Convington si è schierato pubblicamente a favore di Trump un paio d’anni fa, dichiarandosi un portavoce dei conservatori. Nel 2018 l’atleta californiano ha visitato la Casa Bianca da campione ad interim dei pesi welter insieme a White. Ma non solo: lo stesso Covington, Justin Gaethje (ex campione ad interim dei pesi leggeri UFC), Henry Cejudo (ex campione UFC dei pesi mosca e gallo) e il manager Ali Abdelaziz, insieme ancora una volta a Dana White, hanno partecipato ad un evento elettorale pro-Trump in Nevada più di un mese fa. In cambio, il Presidente in carica li ha elogiati durante il suo discorso e ha promosso i prossimi eventi UFC. In seguito a ciò Google Trends, un tool che mostra le tendenze di ricerca sul web, ha evidenziato un +2,800% di ricerche a tema UFC e un +3,950% di query su Dana White.
The Donald ha poi chiamato personalmente e in diretta TV Covington per complimentarsi con lui dopo la vittoria su Tyron Woodley. Il fighter, entusiasta del gesto ricevuto e visibilmente sopra le righe, pochi minuti dopo si è confrontato pubblicamente con il campione in carica dei Pesi welter Kamaru Usman, nigeriano e suo precedente avversario nonché rivale, affermando: «Tu da chi hai ricevuto una chiamata? Dalla tua piccola tribù? Ti hanno mandato segnali di fumo?». Queste esternazioni hanno provocato la dura reazione di molti altri combattenti UFC, che hanno accusato Covington di essere razzista. Peraltro tempo prima il fighter aveva già definito Woodley un “terrorista” a causa del suo appoggio al movimento Black Lives Matter. Covington si è difeso dichiarando: «Nulla di ciò che ho detto è razzista, e non c’è niente che abbia fatto di razzista. Fine della storia». Dana White ha chiuso la questione appoggiando la linea del fighter americano e aggiungendo che UFC non ha intenzione di impedire agli atleti di esprimersi e di svolgere un’attività di censura.
Ma non solo: Jorge Masvidal, star dell’organizzazione e detentore della cintura BMF (Baddest Motherfucker, recente trovata di marketing a firma UFC) si è prestato come testimonial di un tour chiamato “Fighters Against Socialism”, organizzato dal figlio di Trump nell’ambito della campagna di rielezione del Presidente in carica. Masvidal, già noto sostenitore di The Donald e di origini cubane, è stato scelto per convincere la comunità latinoamericana a votare Trump. Inoltre una tappa del suddetto tour si è svolta nella sede dell’American Top Team, tra le palestre di MMA più prestigiose del mondo. Il giornalista Karim Zidan in quell’occasione ha scritto sul Guardian che questa sarebbe l’ennesima conferma del ruolo fondamentale di UFC e dei suoi protagonisti nella campagna per la rielezione del magnate statunitense.
Questo rapporto simbiotico tra UFC e Trump non è certo passato inosservato e ha suscitato inchieste e polemiche. Sempre Zidan, questa volta sul sito BloodyElbow.com, ha accusato UFC di essere diventata un prodotto per repubblicani, polarizzandosi politicamente e offrendo un palcoscenico senza contraddittorio a Trump in cambio di visibilità e appoggio. Zidan ricorda come nel 2018 UFC abbia rilasciato il cortometraggio Combatant-in-Chief: The Story of Donald Trump’s History in Combat Sports nell’ambito di una serie di filmati che avevano lo scopo di celebrare i 25 anni di vita della promotion. Il video, lungo 14 minuti, celebra l’importanza di Trump nello sdoganamento di UFC, la vicinanza del magnate alla promotion e la stima reciproca che lo lega a White. Un’operazione criticata perché finalizzata a consolidare l’immagine di Trump, offrendogli promozione gratuita su un’importante piattaforma sportiva. Questa celebrazione è stata definita dal giornalista "un’agiografia" e addirittura un tentativo riuscito di sporstwashing, quella pratica in cui si utilizza lo sport per ripulire la reputazione di un personaggio politico, solitamente in atto nei regimi totalitari.
Ma i rapporti stretti tra Trump e UFC non coinvolgono solo Dana White in prima persona. The Donald è amico intimo anche di Ari Emanuel, CEO di Endeavor, società madre di UFC. Lo stesso Emanuel è uno degli azionisti di maggioranza della promotion, e in passato è stato legato a Trump anche da rapporti lavorativi.
Insomma, quello che lega l’uomo più potente del globo alla prima promotion di arti marziali miste al mondo è un sodalizio con radici profonde e diffuse, evidente a tutti, destinato a durare in virtù di un reciproco interesse.