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Una nuova racchetta potrebbe aver fatto vincere un torneo a Tsitsipas
04 mar 2025
Il greco ha vinto un torneo sul veloce dopo più di un anno.
(articolo)
8 min
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IMAGO / Paul Zimmer
(copertina) IMAGO / Paul Zimmer
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“Nessuno batte Stefanos Tsitsipas 12 volte di fila nella finale di un 500” ha scherzato su Instagram Novak Djokovic. Sabato il greco è riuscito a spezzare una delle sue migliori maledizioni, ovvero le sconfitte nelle finali dei tornei 500: 11 sconfitte su 11 partite. Uno dei record che meglio descrive il perché Tsitsipas è il più malinconico fra i giocatori della Lost Generation - quella generazione di tennisti che ha visto passare il proprio tempo storico senza alzare trofei.

Sabato Tsitsipas ha battuto nella finale di Dubai Felix Auger-Aliassime nel derby delle speranze perdute e ha vinto il suo primo 500 della carriera. Poi ha fatto un tweet stralunato dei suoi, scrivendo che la felicità è saltare le pubblicità prima di uno streaming.

La partita è stata interessante appunto perché si fronteggiavano due tennisti notoriamente perdenti. Auger-Aliassime, però, sta vivendo uno degli svariati periodi di resurrezione della sua carriera, che a 24 anni ha già vissuto un numero imprecisato di crolli e rinascenze. Dopo gli Australian Open ha vinto un torneo e perso appena tre partite. Tsitsipas invece arrivava da un periodo orrendo persino per i propri standard. Eliminato al primo turno da Michelsen agli Australian Open, eliminato dal tennis estroso di Bellucci a Rotterdam e da quello ultra-carico di Medjedovic a Doha, il 17 febbraio è finito fuori dalla top 10 per la prima volta dopo cinque anni. Il nadir di un’involuzione tecnica, mentale e di risultati.

È stata interessante, questa partita fra due uccellini feriti. Tsitsipas ha retto la pressione iniziale di Auger-Aliassime per poi strappargli il servizio nel classico settimo gioco. Un game recuperato da 30-0, rispondendo meglio del solito. Nel secondo set il greco ha resistito a due palle break di Auger-Aliassime, e poi ha trovato il break nel game successivo. È stato Auger a prendere di più l’iniziativa nello scambio, a spingere col dritto da sinistra verso il rovescio di Tsitsipas. Quello, però, ha miracolosamente retto la pressione, specie nei punti importanti. La differenza, poi, l’hanno fatta il servizio e il dritto: i due colpi che gli portano vincenti facili, contro un avversario che non ha colpi dai vincenti facili. Colpisce, semmai, come Tsitsipas sia riuscito ad annullare 7 palle break su 7: la guerra dei perdenti, insomma, ha avuto un chiaro vincitore.

L’aspetto più interessante, però, non è stata la partita in sé ma il fatto che Tsitsipas abbia vinto il suo primo torneo sul veloce da Los Cabos, ad agosto 2023; e questa vittoria è coincisa con un fatto da non sottovalutare, e cioè che Stefanos Tsitsipas abbia cambiato racchetta, cioè il ferro del mestiere.

RACCHETTA NERA
Dall’inizio della settimana Tsitsipas si è presentato con una racchetta nera, o meglio: una racchetta verniciata di nero, al posto della sua solita Wilson Blade. Da lì sono iniziate le congetture, che hanno portato a concludere, dopo una breve indagine, che si tratterebbe di una Babolat Pure Aero 98, la stessa racchetta di Carlos Alcaraz. La racchetta aveva la canonica ‘W’ disegnata sopra, ma chiaramente non era una Wilson, brand di cui Tsitsipas è peraltro il testimonial principale. Vendono la Blade letteralmente con la sua foto sopra.

Come si comporta un brand in questi casi? Cosa c’è di peggiore, a livello di immagine, di un tennista costretto a cambiare racchetta per migliorare? Quanti bicchieri si sono bevuti da Babolat per festeggiare? Cosa succederà ora?

Tsitsipas ha confessato il cambio di racchetta, spiegando che avrebbe bisogno di maggiore “comfort”: «Comfort è una cosa che sto provando ad aggiungere al mio gioco, e ho bisogno di un aiuto extra. Ho parlato di come le palline e i campi sono cambiati negli ultimi anni, e sto cercando di adattarmi a questo». Tsitsipas si riferisce alle palline morbide e ai campi più lenti, che lo hanno costretto appunto a cercare dalla sua racchetta un po' di spinta in più. Non è la prima volta che Tsitsipas fa discorsi generali, e un po' amari, sul fatto che si sente superato dalla storia.

Dopo l’eliminazione contro Michelsen agli Australian Open aveva detto che nel tennis di oggi si tira molto più forte rispetto a quando lui aveva fatto il suo ingresso nel circuito. In quella partita il rovescio piatto e filante di Michelsen aveva messo molto sotto pressione il rovescio a una mano di Tsitsipas, il suo tallone d’achille a dir poco, un colpo regredito fino al punto da non sembrare nemmeno suo. Sembra un colpo stregato, lontano anni luce dal livello degli altri colpi. Tra i rovesci a una mano è per distacco quello che produce meno vincenti e più errori non forzati. Insomma: se il rovescio a una mano è un colpo in estinzione, quello di Tsitsipas rappresenta la peggiore interpretazione di questo colpo estinto. Sulla risposta, il suo rovescio è una banca. I suoi avversari arrivano a servire sul suo rovescio il 90% delle volte (!). Nessuno ha un gioco così sbilanciato sui due lati, e avere un colpo debole genera problemi a cascata sulla sicurezza tattica e mentale di un giocatore. Per questo, probabilmente, Tsitsipas ha usato la parola “comfort”: ha bisogno di sentirsi più sicuro, meno vulnerabile e attaccabile.

PUNTI D’IMPATTO
La racchetta di Tsitsipas era una Blade molto punitiva, che teoricamente assicurava maggiore controllo e precisione ma meno spinta. Con la nuova Babolat, Tsitsipas cerca più potenza e più spin, certo, ma soprattutto cerca più velocità facile, diciamo. Le corde hanno uno schema diverso, passando da 18x20 della Blade a questo 16x20 della Babolat. In gergo tecnico si dice che abbia uno schema corde “aperto”. Se siete nerd di questo aspetto, vi consiglio un articolo di Supertennis a riguardo. Con meno corde orizzontali si lavora per avere più spinta e non bisogna essere sempre perfetti nel punto d’impatto sul piatto corde. Per semplificare, col nuovo schema corde è più facile per Tsitsipas avere “buoni” colpi anche quando non colpisce la pallina esattamente al centro. Questo perché la racchetta vibrerà meno e disperderà meno energia. Un vantaggio simile a quello ricercato da Federer a fine carriera, e alla base della sua svolta di carriera nel 2017: come Tsitsipas, Federer aveva problemi di “stecche” e colpi poco centrati sul rovescio, e per questo era estremamente vulnerabile. In quel caso ci fu un ampliamento dell’ovale, mentre qui solo uno schema corde più rilassato.

Certo, il rovescio di Tsitsipas resta vulnerabile, ma la sua velocità è già cambiata, come notato da Matthew Willis attraverso Tennis Insights.

Un rovescio dunque meno carico di topspin ma più penetrante, più capace di stare nella velocità di scambio su cui Tsitsipas si sente in affanno. Stiamo parlando di differenze piccole, ma in uno sport fatto di margini così stretti anche micro-cambiamenti di questo tipo possono essere di grande impatto. Il tennis è uno sport estremamente tecnico e basato sulla ripetizione del gesto, dove anche l’angolazione del polso, o di una mano, o del busto, possono avere conseguenze ampie sul gioco di un tennista. Bastano piccoli dettagli per generare rivoluzioni profonde.

Tsitsipas non è il primo a ricorrere all’aiuto tecnologico per sistemare problemi tecnici. Anche Tommy Paul, per esempio, ha abbandonato la sua Blade per passare a una Yonex con risultati immediati (prima semifinale Slam in Australia due mesi fa). Madison Keys, vincitrice del torneo, è passata da una Wilson a una Yonex. Se la velocità del tennis aumenta, in generale, si ricerca velocità supplementare con ogni mezzo a disposizione.

Tsitsipas è sempre stato considerato un giocatore neoclassico, “federeriano”, per il rovescio a una mano e l’impostazione piuttosto tradizionale del suo dritto. Lui stesso ha un po’ giocato con questa immagine estetizzante, nelle interviste ha spesso detto che il suo colpo preferito è il rovescio a una mano lungolinea - ma forse è perché gli riesce raramente - e si è sempre posto su un piano leggermente diverso nel discorso sull’evoluzione del tennis, come se appartenesse a una specie in via d’estinzione.

In realtà è stato un fraintendimento, visto che Tsitsipas è un giocatore molto contemporaneo in molti dei suoi pregi e difetti. Almeno se intendiamo per “contemporaneo” un tennista potente, poco vario e che ha bisogno di comandare il gioco (quindi una definizione di contemporaneo leggermente datata e un po’ stereotipica, ma fatemela passare). Tsitsipas basa il suo gioco sugli schemi di servizio e dritto, scende pochissimo a rete nonostante abbia un discreto tocco e ha un back di rovescio innocuo che non riesce a nascondere i suoi problemi. In risposta è in difficoltà perché tutti i suoi colpi hanno bisogno di tempo per essere caricati, specie il rovescio, specie con i peggioramenti negli ultimi anni. Non stupisce che con queste caratteristiche faccia sempre pochi risultati su erba. Con questo cambio di racchetta, da Wilson a Babolat, sembra un po' aver accettato la propria identità.


Tsitsipas è ancora relativamente giovane e ha ancora tutto il tempo per fermare il proprio processo involutivo. Negli ultimi anni è sembrato passivo rispetto a un gioco che regrediva e questo cambiamento di racchetta - anche indipendentemente dalla bontà dei suoi effetti - è un segno interessante della sua intenzione di cambiare rotta. Certo, nel torneo ha affrontato degli avversari che non lo hanno infastidito nemmeno nei momenti peggiori, come Berrettini e Auger-Aliassime, che dal lato del rovescio hanno problemi simili ai suoi, quindi il significato di questa vittoria non va ingigantito. Qualcosa, però, si muove, nel gioco di uno dei tennisti più talentuosi del circuito.

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