• Euro 2024
Emanuele Atturo

Non vi sarete mica persi Turchia-Georgia

La più bella partita degli Europei o solo la più pazza?

Cosa ci piace di una partita di calcio? Due squadre ben allenate che si distribuiscono sul campo con razionalità cartesiana? Ventidue giocatori che cercano di applicare principi di gioco al servizio del loro talento individuale? Due squadre che, col più duro illuminismo, cercano di rendere il dionisiaco del calcio apollineo?

 

Sì, ci piace tutto questo, che è ciò che rende grande lo spettacolo del calcio contemporaneo, ma ci piace anche la sua assoluta negazione. Ci piace il caos, il disastro, il ridicolo; mescolato però col coraggio, l’ambizione, l’assenza di calcolo e compromessi. Ci piace quando i giocatori devono confrontarsi col caso, provare a venirne a capo col talento. Ci piace quando il pallone detta una legge capricciosa sul campo da calcio: la palla è il vero elemento incontrollabile di una partita. E il pallone diventa un oggetto indomabile e la partita prende un andamento impossibile, un’accumulazione di episodi che non hanno niente a che fare l’uno con l’altro – in uno spettro che va dall’epico al comico.

 

Il calcio internazionale, soprattutto nei tornei brevi, dove ogni pallone diventa dirimente tra vittorie e sconfitta, sa essere così. E molte squadre sembrano sentire in modo particolare il piano simbolico che grava su una partita in cui si sfidano due squadre nazionali.

 

La Georgia era alla sua prima partita in un grande torneo internazionale, e aveva tutta l’intenzione di onorarla.

 

La Turchia non aveva mai vinto all’esordio in un grande torneo internazionale, e aveva tutta l’intenzione di rompere la maledizione.

 

Ne è venuta fuori una partita strana, pazza, incomprensibile, da molti indicata come la più bella di questo Europeo che in queste prime partite promette di essere un torneo di culto, per i tanti gol realizzati da fuori area (il 35% di quelli segnati finora), i centravanti grossi e sgangherati, le partite piene di gol e momenti drammatici. Uno stadio bellissimo, due tifoserie molto calde e una pioggia torrenziale.

 

Forse per parlare di Georgia-Turchia vale la pena partire dalla fine, e cioè da quando Akturkoglu è partito solitario dalla propria metà campo palla al piede, con pochi capelli e i calzettoni abbassati. La porta all’orizzonte, nessuno a difenderla, e nessuno tra lui e la possibilità di fare gol. Lo stadio di Dortmund, il Signal Iduna Park, diviso tra esaltazione e prostrazione ha visto il tempo di quel gol dilatarsi oltre il normale. C’è qualcosa di potente e al contempo goffo e ridicolo nell’idea di un uomo che corre per più di metà campo palla al piede verso una porta vuota. Mamardashvili, il portiere della Georgia, era salito in area di rigore per l’ultimo calcio d’angolo. Quante possibilità c’erano che fosse proprio lui a segnare il gol dell’incredibile pareggio? Quante volte succede? Non c’è modello statistico, o anche solo buon senso, che possa suggerire che sia una buona idea. Anche perché è un torneo che premierà le migliori terze, e in cui dopo tre partite bisognerà prendere la calcolatrice e contare la differenza reti. Eppure è proprio questo credere nell’improbabile, pagando un costo altissimo, che ha reso quel momento così glorioso, perfetto coronamento di una partita in cui le due squadre non si sono risparmiate alla ricerca della vittoria, o anche solo di un momento di grandezza.

 

Poco prima la Georgia era andata vicina al pareggio in modo caotico. Il portiere era già in area, Kvaratskhelia aveva calciato uno di quei cross insidiosi che nessuno tocca e che finiscono sul palo. Sulla respinta era arrivato Budu Zivzivadze che aveva fatto un tiro brutto ma efficace, di piatto, lasciando la palla rimbalzare per terra; Akadydin ha tolto la palla dalla porta tuffandocisi sopra di testa, con coraggio e intuizione. Poi aveva esultato sputando il cuore dalla gola.

 

Due minuti prima sull’ennesimo cross di Kvaratskhelia due giocatori della Georgia sono finiti per ostacolarsi. Kochorashvili è arrivato da dietro di gran corsa per togliere il pallone a Mikautadze e calciare di sinistro un tiro strozzato. La Georgia ce l’ha messa tutta al punto da mandare due propri giocatori al tiro in area di rigore a due minuti dalla fine. Se non è riuscita a pareggiare è perché il caos che ha governato questa partita non è andato dalla sua parte.

 

 

Del resto è stata una partita aperta da un gol di Mert Muldur. Non un gol qualsiasi ma un tiro di collo pieno forte sul primo palo su una palla che usciva dolce dall’area della Georgia; un gol vitale che è il contrario del Muldur mesto e random dei meme di Ufficiale; Muldur come meme simbolo che non abbiamo una vita oltre il calcio, e che stiamo dissipando la nostra vita e la nostra intelligenza dietro Mert Muldur che in cambio non ci offre niente. Almeno fino a ieri.

 

Nel frattempo il difensore del Torino Saba Sazonov, che ricorderete per un look stile Vlad l’impalatore e per girare per la città della mole a bordo del tram, era nella tribuna della Georgia in veste di capo ultrà.

 

In difesa il turco Bardakci sfoggiava delle treccine possibili solo in un delirio di appropriazione culturale di fine anni ’90 inizio ’00. È forse anche la persona a cui stanno peggio le treccine sulla faccia del pianeta: gli stanno così male che sembra essersele fatte per provocazione alla cultura afro-americana.

 

 

Un minuto dopo il gol del vantaggio Yildiz segna il 2-0 in un’azione bellissima rifinita da Arda Guler a destra. Solo la punta del piede è in fuorigioco, e così ci si è persi nella solita discussione; da una parte i filosofi che sostengono che un fuorigioco del genere nega la natura del gioco; dall’altra i puristi della legge che godono che una delle poche legge esatte del calcio venga applicata con assoluta cecità (la dea della giustizia non è forse bendata?).

 

Per la prima mezz’ora la Turchia ha imposto il proprio gioco: un calcio di controllo del pallone e possesso nella metà campo avversaria. Un calcio lento, ruminato, ipnotico, che mima la lentezza del Mediterraneo, se proprio vogliamo usare dei cliché, e che si basa sull’associazione tra i tanti giocatori tecnici della squadra. Una formazioni che ricorda certe squadre di Montella in Serie A una decina di anni fa. Nella prima mezz’ora ha messo insieme il 68% del possesso palla, e la Georgia era triste e passiva. È uno di quei momenti che ti fa credere che la Turchia sia la migliore Nazionale al mondo.

 

E proprio in quel momento che la Georgia segna. Kochorashvili a fine partita avrà corso più di 12 chilometri, e dopo la mezz’ora se ne va sulla fascia destra, fa un paio di finte e crossa basso per il tiro vincente sul primo palo di Mikautadze.

 

Una delle parti più belle dei grandi tornei è innamorarsi di giocatori mai sentiti prima. Quanti di voi conoscevano Kochorashvili prima di ieri, e quanti di voi, oggi, non lo vorrebbero nella propria squadra? Un centrocampista inesauribile, intenso, elettrico, in grado di cucire con ago e filo tutte le distanze tra i compagni della propria squadra. E un centrocampista con una sua follia. Al 70’, per esempio, Kochorashvili e Mikautadze duettano nella fascia centrale come fossero Totti e Cassano. Il centrocampista è al limite dell’area con una palla a mezza altezza e qualsiasi giocatore che pensa le cose in modo normale avrebbe tirato, Kochorashvili invece finta il tiro e col palleggio salta il difensore, ma alza troppo il tiro che prende la traversa.

 

È difficile riportare tutte le cose che sono successe, in una partita che dopo l’1-1 è ulteriormente impazzita. Una volta che la Turchia ha perso il controllo del pallone ha mostrato le proprie fragilità, e allora è venuta fuori tutta l’intensa creatività artistica dei giocatori georgiani, che del resto erano considerati i brasiliani dell’Unione Sovietica per il gusto tecnico con cui giocano.

 

È stata una partita incredibile anche perché ogni giocatore è sembrato giocare al massimo della libertà mentale, e delle proprie possibilità creative. Accettando anche gli errori, le imperfezioni, e le conseguenze negative di questa libertà mentale. Sembrava una partita sudamericana, ma di trent’anni fa, in una parte di mondo in cui non è arrivato il calcio totale, o il gioco di posizione, o ne sono arrivate delle versioni così degradate da essere strumenti auto-distruttivi. Per molti aspetti è stata il contrario della partita di lunedì sera tra Austria e Francia, più vicina a quella che in gergo viene definita una partita “di alto livello”, ma una partita in cui l’eccellenza fisica e tattica delle due squadre ha prodotto uno spettacolo sterile ed emotivamente arido.

 

Poco dopo l’ora di gioco Arda Guler prende la mira da circa venticinque metri. Ha segnato con gli ultimi sei tiri provati verso la porta, quindi lasciarlo tirare non è una buona idea. È chiaro a tutti quello che sta per succedere: proverà un tiro d’interno sul secondo palo. Eppure nessuno riesce a fermarlo, e il tiro è così forte e preciso che pur non spingendo al massimo con le gambe, il portiere non arriva a toccarla. È un gol pazzesco, il settimo con gli ultimi sette tiri tentati, tra Liga ed Europeo, ed è il tipo di gol con cui i talenti predestinati si presentano nei palcoscenici internazionali. È un gol simile al primo segnato con la maglia della Turchia, anche se da più lontano e con un tiro più di collo; ed è il gol che a 19 anni ha rotto il record di Cristiano Ronaldo come marcatore più giovane della storia degli Europei.

 

Sui social intanto le persone iniziano a impazzire per la partita. Ecco alcuni tweet che raccontano l’estasi di molti di fronte al match.

 

Kvara ha giocato con i parastinchi del Napoli, e ha tenuto troppo il pallone in effetti.

 

Se la Turchia avesse giocato meglio, con più controllo degli spazi, o mantenendo il controllo del pallone, la Georgia forse non sarebbe riuscita a rientrare nel punteggio, e la partita però non sarebbe stata così bella e così ricca di momenti imprevedibili e drammatici. Se la Georgia fosse stata più precisa, o più fortunata, sarebbe riuscita a segnare il 2-2; se avesse fatto più calcoli in previsione della differenza reti non avrebbe subito quel gol. Georgia-Turchia è stata una sequenza quasi indistinguibile di colpi di genio ed errori comici, grandi gesti tecnici ed esibizioni di stupidità. È però spesso dietro l’imperfezione che si nasconde l’estetica più pura di questo sport.

 

 

C’è forse un po’ di ludopatia, nel mio amico che dopo la partita mi ha mandato lo screenshot della sua giocata: Turchia vincente, quota 100, ma c’è anche un po’ di sogno, di fiducia cieca che questo sport sia meglio di quanto sappiamo aspettarci.

 

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Emanuele Atturo è nato a Roma (1988). Laureato in Semiotica, è caporedattore de l'Ultimo Uomo. Ha scritto "Roger Federer è esistito davvero" (66thand2nd, 2021) e "Visionari, la percezione alterata degli sportivi" (Einaudi, 2024).