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Tutta la frustrazione di John Wall
24 nov 2016
Stiamo perdendo uno dei migliori talenti della Lega?
(articolo)
9 min
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Nella settimana in cui tutto il mondo era concentrato su Washington e la Casa Bianca, a soli otto isolati di distanza la squadra di basket della città ha visto la propria stella John Wall assistere il compagno di squadra Bradley Beal per una schiacciata. A 26 anni e alla sua settima stagione nella lega, oggi Wall non è solo il miglior talento che abbia giocato nella capitale dai tempi di Arenas, ma da quel momento è entrato ufficialmente nella storia della franchigia: con quel passaggio ha superato l’Hall of Famer Wes Unseld nella storia dei Bullets/Wizards per numero di assist. Ma quella che poteva essere la stagione dell'assestamento di Wall come migliore PG ad Est — vista la poca concorrenza e la sua chiara voglia di rivalsa, espressa pubblicamente in una rancorosa intervista a SI — sta prendendo la piega sbagliata. La sua stella sembra stia calando verso il baratro di un mancato sviluppo personale, forse nato dalla frustrazione. Forse stiamo assistendo a una storia simile a quella del suo, tra l'altro, grande amico: DeMarcus Cousins.

La frustrazione a volte funziona come un moltiplicatore keynesiano e finisce per autoalimentarsi con l’andare della stagione. Esattamente come per Boogie, questo vivere sul limite della frustrazione, evidente in ogni gesto nei confronti degli avversari va poi a detrimento della sua stessa immagine, sia quando ha ragione — come nel flagrant subito senza apparente motivo da Bazemore — sia quando ha torto, come nel fallo per sfogarsi nei confronti di Marcus Smart. Marco Aurelio già ammoniva su quanto le conseguenze della collera siano peggiori delle sue cause (ad es. la multa di $25.000 per l’espulsione nata dal secondo tecnico per linguaggio inappropriato verso un arbitro). Wall sta mettendo i bastoni tra le ruote della sua stessa immagine. Gli spettatori vedono le reazioni e non riescono a separarle dalle cause di un fallimento, rendendolo comunque parte di un problema teoricamente più grande di lui, come il fatto che da anni i Wizards siano una palude e vengano gestiti come tale. Wall sta cercando un modo di distinguersi dal contesto orrido che lo circonda, ma lo sta facendo in modo autoreferenziale: rimarcando quanto non sia rispettato da arbitri e media fuori dal campo e giocando un basket rabbioso, aggressivo e accentratore. Questa risposta feroce di Wall alla frustrazione per una carriera che non sembra decollare è quella che preoccupa di più, perché rischia di far deragliare uno dei migliori talenti della lega.

Il John Wall Furioso

Il suo nuovo approccio è evidente all’occhio di chi guarda anche solo distrattamente, e pur essendo difficile dare ora un giudizio completo in termini numerici (dato il campione statistico ancora piccolo, avendo giocato solo 11 partite), possiamo comunque servirci di qualche dato. Anche solo guardando una partita di Washington, è evidente come in questa stagione Wall accentri il pallone ancor più che in passato: volendo dare una cifra, in questo caso NBA.com lo descrive bene con la Usage% (ovvero la percentuale di possessi che passano per le sue mani). In queste prime partite quel dato è passato dal 28% della scorsa stagione al 32% attuale, e potremmo aggiungere anche un connotato negativo alla cosa dicendo che nelle vittorie la Usage% di Wall è al 29% (in linea con la scorsa stagione) e nelle sconfitte decolla al 35%. Per provare a spiegare cosa significhi questa percentuale di Usage posso dire che Wall vale da solo praticamente tutta la costruzione della produzione offensiva della squadra (tolto il solo Bradley Beal), estremizzando le sue qualità tanto da esserne totalmente dipendente. Washington è una squadra senza identità non appena prova ad andare oltre al microcosmo della sua coppia di guardie. E di questa coppia quello che pesa di più ovviamente è Wall, quindi al momento non è molto lontano dalla verità dire che sia lui, da solo, l’identità di Washington sotto Scott Brooks.

Per parlare dell’impatto che Brooks avrebbe avuto a Washington, nello scorso aprile Zach Lowe scriveva che è difficile definire cosa sia l’identità di una squadra NBA, ma che è come per la definizione di "pornografia": la riconosci quando la vedi. Dopo anni di ritmi bassi e strutturazione con due lunghi classici, lo scorso anno Washington ha fallito lo sviluppo di un sistema orientato al "pace and space" basato sulle doti nel pick and roll di Wall e su un numero maggiore di possessi, tanto da finire fuori dai playoff (complici anche mille infortuni). Quel fallimento ha messo a dura prova il fatto che dietro alla maschera fornita dalle sue due guardie, gli Wizards non hanno un volto da poter proporre, mentre in passato quantomeno erano una più che discreta squadra difensiva. La situazione senza Wall è talmente grave da portare il centro titolare Marcin Gortat dopo l’ennesima sconfitta a doversi sfogare con la stampa: «Ci serve energia. Ci serve impegno. Dobbiamo fare canestro. Ci sono molte cose che potremmo fare meglio. Al momento abbiamo una delle peggiori panchine della lega».

Washington al momento è un sistema dove, tolto il sole Wall, ogni giocatore vive nella sua nicchia fatta di apporto personale al gioco (Beal con la palla, Gortat nel rollare e andare a rimbalzo offensivo, Morris spalle a canestro, etc) che messo insieme non riesce a dare un risultato maggiore alla somma delle sue parti, e che quindi finisce per aggrapparsi totalmente alla prestazione eccezionale del singolo di partita in partita (ad esempio nelle poche vittorie raccolta fino ad ora abbiamo Gortat che prende 15 rimbalzi contro Atlanta, Otto Porter che segna il suo career high contro Boston o Beal che ne fa 42 contro Phoenix). Al momento Wall è Washington, a cui occasionalmente si aggiungono le grandi giornate degli altri.

Le giocate in transizione sono praticamente sparite (ora sono solo il 12% dell’attacco di Washington contro il 19% della scorsa stagione) perché ogni volta si parte da una situazione in cui lui ha la palla in mano e finisce con una sua decisione, che normalmente prevede una sua penetrazione verso il ferro volendo sfruttare il fatto che non esiste un difensore in grado di tenerlo sul primo passo. Se non riesce a penetrare per la troppa densità, finisce per essere un tiro dal palleggio rigorosamente dentro l’arco (un’accoppiata che occupa l’82% dei suoi tiri).

La doppia operazione alle ginocchia in estate gli ha fatto saltare per l’ennesimo anno un lavoro estensivo alla meccanica di tiro, cosa che lo rende ancora totalmente inaffidabile quando si prende il jumper dal palleggio, situazione in cui sta tirando con un mediocre 36% da dentro l’arco. Ovviamente Washington dipende molto di più dalla sua eccellenza assoluta in materia di distribuzione del pallone dopo la penetrazione (quando è in campo il 59% degli assist della squadra è ovviamente merito suo), che sia un assist per il rollante sotto canestro dopo una sua penetrazione o per il tiratore fuori dall’arco.

Sotto questo aspetto va detto che Wall rimane nell’élite assoluta per visione di gioco, che abbinata a quel fisico e a quella velocità di esecuzione gli dà sempre la possibilità di trovare il compagno per un tiro comodo. Ciò lo porta ad avere una potenza di passaggio seconda solo a LeBron James e soprattutto a poter passare il pallone letteralmente sopra la testa del diretto marcatore.

Praticamente basta corrergli accanto per poter ricevere il pallone sotto canestro.

Difesa dove sei

Tutto questo affidarsi a Wall non ha cambiato però più di tanto le sorti di un attacco che con lui in campo rimane nella media NBA (104 di rating offensivo) e, cosa ancora peggiore, il dato non è migliorato rispetto alla scorsa stagione, mentre continua il declino del suo interesse verso la metà campo difensiva, che di certo non aiuta un allenatore come Brooks che da sempre pone il suo focus prima di tutto sulla difesa. Con Wall in campo anche da quel punto di vista Washington è nella mediocrità della Lega, un vero peccato perché con la sua stazza per il ruolo, l’esplosività, la reattività e la conoscenza del gioco potrebbe essere se non il migliore nel suo ruolo, uno che ci va molto vicino. Un peggioramento che sembra confermare come dalla sua frustrazione sia nato un gioco più aggressivo nell’accentrare su di sé le sorti della squadra, ma che dal punto di vista difensivo non ha visto un cambiamento sostanziale nell’approccio.

Dall’anno scorso Wall ha intrapreso un percorso di tacito astensionismo in difesa, forse convinto così di poter rimanere più lucido in attacco. Un trend che ha continuato in questa stagione: Wall non mette pressione sulla palla, preferendo mettere il corpo per rendere difficile la penetrazione e poi provare a rubare palla. La presenza accanto di un giocatore strutturalmente impossibilitato a difendere in modo eccellente come Beal ha reso Washington una squadra che non riesce a contestare efficacemente i tiri da tre (concede praticamente il 40% agli avversari, ultimi nella lega) e che comunque non trova negli esterni aiuto nei rimbalzi difensivi (la sua aggressività è ben visibile nel fatto che la percentuale di rimbalzi di Wall ha subito un miglioramento dal 1.7% al 3.2% in quelli offensivi, ma un crollo dal 13.8% al 10.3% in quelli difensivi). Due fattori che l’hanno resa passiva nei finali di gara e l’ha costretta ad essere totalmente legata alle fortune offensive nei finali di gara, con il pessimo record che ne consegue.

La direzione che sta prendendo la carriera di Wall in una comoda gif.

Wall sta sviluppando questa sua voglia di rivalsa nel peggior modo possibile in termini di miglioramento del proprio gioco nelle due fasi. È forse presto per dirlo, ma ci troviamo di fronte alla concreta prospettiva di avere in Wall una versione ad est di quello che è il suo amico Boogie ad ovest: un giocatore dall’enorme talento per il ruolo e sviluppo teoricamente verso l’élite in ogni aspetto del gioco, che invece finisce nella mediocrità esacerbando sia i suoi pregi che i suoi difetti, lasciando i riflettori a giocatori con meno talento ma in contesti più funzionali.

Wall si sentiva poco apprezzato in estate, ma la sensazione che mi sono fatto seguendo queste sue prime partite della stagione è che ha scelto il modo peggiore di reclamare attenzione in una lega che premia prima di tutto il successo di squadra e che vedrà il suo record di due passaggi di turno ai playoff in sei anni molto probabilmente rimanere solo una nota a piè di pagina. Dopo aver scritto il suo nome in modo indelebile nella storia di Washington diventandone il miglior uomo assist di sempre, è arrivato forse il momento per lui di provare a costruirsi un altro futuro in un contesto diverso. Questa versione oscura di Wall non fa bene al suo sviluppo e non porterà comunque molto lontano la sua squadra. Due aspetti che non cambieranno il suo status nella lega, che gli piaccia oppure no.

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