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Tutti gli errori di Thiago Motta
20 feb 2025
La Juventus non aveva strumenti per la Champions League.
(articolo)
7 min
(copertina)
Foto IMAGO / DeFodi Images
(copertina) Foto IMAGO / DeFodi Images
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La prima volta che la Juventus ha affrontato il PSV in questa stagione, il 17 settembre scorso, il problema più grande per i bianconeri sembrava essere il mantenimento della striscia di imbattibilità e, addirittura, della porta inviolata.

Era stato poi proprio Saibari, nei minuti di recupero di quella partita, a segnare il primo gol stagionale subito da Di Gregorio, ininfluente ai fini del risultato finale: un sonoro 3-1 per la squadra di Thiago Motta. Appena cinque mesi dopo, la situazione è decisamente diversa. La Juventus è stata eliminata dopo aver perso il terzo incontro stagionale e, paradossalmente, dopo aver vinto i due precedenti incontri con la squadra di Bosz. Così come prima della partita di settembre, anche stavolta i bianconeri arrivavano da quattro risultati utili consecutivi. Le premesse, però, erano ben diverse, dopo mesi di sofferenza e prestazioni altalenanti. Riuscire a superare il turno, se possibile in maniera convincente, sarebbe stato una bella iniezione di fiducia per il progetto di Thiago Motta, utile magari per sancire la fine di una fase a dir poco complicata.

Invece, al termine dei supplementari a Eindhoven, la cosa probabilmente più frustrante per i tifosi bianconeri sarà stato prendere atto che, in fin dei conti, al di là dell’episodicità delle singole partite, la loro squadra non si è dimostrata all’altezza di un posto tra le migliori sedici d’Europa, per una serie di incongruenze e debolezze emerse prepotentemente anche durante l’eliminatoria.

Già nei primi dieci minuti di partita, il PSV sembrava pronto a passeggiare sulle macerie di una Juventus completamente incapace di venir fuori dalla propria metà campo, che fosse in ripartenza o in costruzione, subendo in maniera repentina soprattutto le riaggressioni degli olandesi a palla persa e il loro pressing sul pallone. C’è voluto lo sfortunato infortunio di Veiga, che per altro pareva essere particolarmente sul pezzo, per interrompere il ritmo dei padroni di casa e consentire ai bianconeri di riprendere fiato e, quantomeno, poter concludere il primo tempo con una parvenza di controllo maggiore, riuscendo a contenere le sfuriate di Noa Lang e compagni grazie a una buona applicazione difensiva, senza però riuscire a pungere in attacco.

Il PSV si è dimostrato particolarmente intenso nel pressing e nel “coprire la palla”, ma la Juventus dal canto suo è sembrata fin troppo arrendevole nella prima circolazione, a cominciare da un incerto e impreciso (soprattutto sui lanci) Di Gregorio, ma con un preoccupante atteggiamento di insicurezza da parte di quasi tutti i difensori e i centrocampisti davanti a loro.

La qualità di palleggio (inteso non solo come trasmissione palla, ma anche come uso del corpo e movimenti funzionali) dei centrali di Thiago Motta non è certo eccelsa, ma la Juventus è sembrata incapace non solo di pescare, salvo rare eccezioni, illuminanti verticalizzazioni, ma anche di imbastire il più banale dei ricicli del possesso per provare a “tirare fuori” il pressing olandese. Una squadra che, insomma, non sembrava avere strumenti adeguati per manipolare l’avversario e decidere a che ritmo giocare una partita decisiva; cosa che invece la squadra di Bosz ha fatto egregiamente, sfruttando la qualità di Boscagli e la lucidità di Schouten in particolare, prima di accelerare per pescare le iniziative fulminanti di Noa Lang sulla sinistra.

Alla Juventus è mancato tutto questo: è mancato un palleggio convincente con i centrali, sono mancate iniziative dei centrocampisti nell’andare a prendere palla e giocare col ritmo all’azione, ma allo stesso tempo sono mancate anche letture che potessero consentire di sfruttare in maniera adeguata la verticalità, e quindi una profondità che, in fin dei conti, il PSV sembrava incline a concedere e difendere con fatica. Abbastanza grave se consideriamo le caratteristiche dei giocatori offensivi scelti da Motta, in particolare Kolo Muani.

Il risultato è stata un’altra partita inconcludente dal punto di vista offensivo, per occasioni create ma soprattutto per quanto riguarda il controllo del “flow” della partita, che è rimasto prevalentemente nelle mani del PSV. Alla lunga, dopo oltre un’ora di gioco passata per lo più a rincorrere, la Juventus è progressivamente crollata e non è riuscita nemmeno più a difendere con mordente e precisione le iniziative avversarie sempre più frequenti. Emblematiche le prestazioni di Perisic e Noa Lang, apparsi una spanna sopra i corrispettivi avversari e sempre nel vivo dell’azione, così come in occasione dei primi due gol.

Ma il problema principale della Juventus, forse ancor più della fragilità difensiva di fine partita, è stato ancora una volta la sua effimera qualità offensiva, in particolare nella totale assenza di trame centrali, di gioco in diagonale e associazioni efficaci dei giocatori più creativi e qualitativi. Nell’analisi di tutto ciò emergono, principalmente, due ragioni diverse.

La prima è sicuramente prestazione deludente a livello di scelte e intese individuali nella metà campo avversaria, con Conçeiçao più volte arrivato a un passo da una rifinitura o un third-pass determinante, poi vanificata per la refrattarietà nel giocare un passaggio in verticale, magari andando poi a suggerire una triangolazione; oppure, come nel caso della seconda azione qui sopra, un’intesa scarsa con i compagni, per esempio il movimento di Kolo Muani che preferisce andare a schiacciarsi sulla porta invece di insistere con l’arretramento per “chiamare” il passaggio in cutback al compagno.

La seconda ragione, però, ha più a che fare con il modo in cui Thiago Motta ha voluto/dovuto comporre il suo attacco; o meglio, a quali giocatori ha scelto di affidare le responsabilità creative, e ancor di più che tipo di contromisure ha deciso di prendere in corso d’opera. Ormai è evidente che dietro la punta Thiago Motta abbia una predilezione per i giocatori abili nel movimento senza palla, nel riempimento dell’area e nel pressing in avanti, ragion per cui gli eletti sono spesso Koopmeiners e McKennie. Al di là di questa specifica scelta, però, la Juventus sembra avere una grossa carenza di combinazioni rapide con cui scombinare le difese schierate e di associazioni ravvicinate sulla trequarti, anche per il modo in cui vengono utilizzati, e sicuramente anche per le loro caratteristiche, gli esterni alti.

Viene dunque spontaneo domandarsi se, soprattutto in una partita via via sempre più compromessa come quella di ieri, ci fosse modo di cambiare il tipo di trequartista utilizzato, magari tornando a impiegare Kenan Yildiz (non nel pieno della sua brillantezza stagionale, a dire il vero) come a inizio stagione, garantendosi un altro tipo di vantaggio centralmente. Motta però sembra preferire Yildiz defilato, tanto da arrivare a schierarlo a destra, con il piede forte sull’esterno (così come Nico Gonzalez dall’altra parte), forse per aprire ancora più spazio centralmente. Nel turbinio di eventi successivi al 2-1 del PSV, un acciaccato Cambiaso è stato scelto temporaneamente come mediano, prima di lasciare il campo per un fastidio inguinale, anziché alzarlo a destra (o a sinistra) e abbassare McKennie.

Solo Thiago Motta potrebbe chiarire il motivo di queste scelte, che sicuramente avranno dei ragionamenti sensati alla base, ma che a conti fatti non sembrano garantire grossi vantaggi alla Juventus in nessun aspetto del gioco se non, magari, un certo ordine nel mantenimento delle distanze nel blocco senza palla. Solidità che però, come abbiamo visto, si è sfaldata sotto l’intensità del PSV dopo due terzi di partita.

Tutto ciò, al momento, è troppo poco per ambire a un posto negli ottavi; anche se l’eliminatoria sarebbe potuta andare in un modo diverso con qualche rimpallo più fortunato (pensate, per esempio, ai diversi esiti tra il gol di Flamingo e il palo di Vlahovic). Ciò, però, non avrebbe sanato i problemi strutturali di questa Juventus. Dopo mesi di lavoro con un gruppo decisamente deficitario, sia nei numeri che nel livello atteso, ci saranno certamente delle attenuanti, che però vanno a sommarsi anche con delle scelte abbastanza controintuitive, dall’esterno, da parte della guida tecnica. Insomma, il risultato di tutto questo è che la Juventus oggi è una squadra che non funziona, e sebbene l’uscita dalla Champions potrebbe portare dei preziosi giorni di lavoro in più su cui provare a ricostruire (o tenere in piedi) il progetto, è difficile pensare che una prestazione negativa del genere in una partita chiave non possa lasciare degli strascichi, tanto più in un contesto problematico come quello della Juventus attuale.

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