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Tutti i problemi di Qatar 2022
15 nov 2022
Una serie di link ad articoli, inchieste e documentari che ricostruiscono le continue violazioni dei diritti umani e dei lavoratori nel paese che ospita i Mondiali 2022.
(articolo)
7 min
(copertina)
Etsuo Hara/Getty Images
(copertina) Etsuo Hara/Getty Images
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Come rivista di sport ci siamo interrogati su come coprire questo Mondiale, problematico sotto diversi punti di vista. Come trovare il compromesso migliore tra il nostro lavoro, che è sempre quello di dare dignità alla cultura e allo spettacolo del calcio, senza ignorare la palese violazione dei diritti umani alla base di questo torneo? Non crediamo sia compito di una rivista di sport boicottare un Mondiale, il cui ruolo storico e culturale prescinde le istituzioni che lo organizzano: c’è bisogno di costruire una memoria collettiva oggi per essere ancora più critici domani. Il ruolo dei giornali e delle riviste in questo senso è di vitale importanza e responsabilità. In questo articolo abbiamo raccolto i più importanti articoli e inchieste usciti su quello che è successo e sta succedendo in Qatar. È un articolo che terremo in continuo aggiornamento e che linkeremo in cima a ogni articolo dedicato al Mondiale.

  • Forse l’inchiesta più importante dei 12 anni intercorsi tra l’assegnazione del Mondiale e il suo effettivo svolgimento. L’articolo del Guardian, pubblicato il 23 febbraio del 2021, fornisce una stima indicativa del numero di operai morti durante la costruzione delle infrastrutture necessarie allo svolgimento del Mondiale (circa 6500), raccontando alcune delle sue storie. Un modo per ricordarci che la sofferenza e lo sfruttamento delle persone alla base di questo Mondiale sono reali molto al di là della grandezza dei numeri.

  • In questo articolo di ESPN si racconta la storia di Mosharraf Hossen, morto in Qatar mentre lavorava alla costruzione di uno stadio, attraverso le parole del figlio Abdus Salam: «ci ha detto c'era troppa sofferenza in Qatar, troppo caldo. Non poteva sopportare il caldo». Alla sua morte la famiglia di Hossen, arrivato dal Bangladesh, ha ricevuto 686 dollari di arretrati dal datore di lavoro, ma niente dal governo del Qatar, che ha sostenuto la morte sia avvenuta per infarto e insufficienza renale e non a causa delle condizioni di lavoro.

  • La rivista norvegese Josimar ha raccontato il caso di Adbullah Ibhais, ex membro del Comitato Supremo di Qatar 2022, l’organizzazione governativa che si occupa della sua organizzazione, arrestato per aver denunciato le condizioni di alcuni lavoratori che non ricevevano stipendio da mesi. Ibhais è in carcere da circa tre anni e il processo che lo riguarda è stato definito una farsa da alcune organizzazioni umanitarie. Pochi giorni fa la Corte di Cassazione del Qatar ha tenuto un’udienza in sua assenza, a seguito del quale la famiglia di Ibhais ha pubblicato un comunicato in cui chiede giustizia.

  • L’ultima edizione internazionale cartacea di Josimar racconta le storie di 32 lavoratori migranti che lavorano in condizioni disumane per la costruzione delle infrastrutture necessarie per questo Mondiale. Farvelo spedire in Italia costa 30 euro, si ordina qui.

  • L’organizzazione non governativa “Human rights watch” ha documentato sei casi di percosse gravi e ripetute e cinque casi di molestie sessuali a opera della polizia qatariota tra il 2019 e il 2022 a danni di persone della comunità LGBT+.

  • Da inizio novembre gli inviati dei giornali sono in Qatar, dove hanno potuto constatare l’arretratezza del piano organizzativo, soprattutto per quanto riguarda gli alloggi. Alla base di questo Mondiale c’è anche la sensazione straniante di creare dal nulla le infrastrutture e un discorso sul calcio in un luogo che non ne ha. Sembra la colonizzazione di un nuovo pianeta. Gli enormi interessi economici, e il sacrificio di vite umane, alla sua base sembravano poter garantire almeno un’organizzazione efficiente. A quanto pare però, per ora, non è così, come racconta questa inchiesta dell’Economist.

  • Un documentario di Arte.tv (in tedesco, con sottotitoli in inglese) con interviste a lavoratori immigrati in Qatar e immagini riprese direttamente da loro delle condizioni in cui hanno lavorato.

  • Stanno uscendo fuori diverse notizie di come il Qatar stia pagando tifosi di diverse nazionali per partecipare alla coppa del mondo e in cambio fare post positivi sui social media oppure per controllare gli altri tifosi e fare le spie su eventuali comportamenti non corretti. Questi tifosi, si dice circa 400, si sono impegnati a rispettare un codice di condotta e devono rimanere in Qatar per almeno quindici giorni. In cambio riceveranno voli gratuiti, alloggio, biglietti per le partite e 60 sterline al giorno aggiunti a una carta Visa per coprire il costo di cibo e bevande. Ne ha parlato NOS per quanto riguarda 50 tifosi olandesi, qualche giorno prima era uscita una notizia simile riguardo 40 tifosi inglesi.

  • La FIFA ha vietato “per motivi tecnici” alla Danimarca di usare la maglia con la scritta “Diritti umani per tutti” come maglia di allenamento durante i Mondiali.

  • Il Qatar si sta rifiutando di istituire un fondo di risarcimento per i lavoratori morti o gravemente feriti nella costruzione delle infrastrutture e degli stadi di questo Mondiale. Una proposta che viene da alcune federazioni europee e dalla ONG Human Rights Watch, che ha anche chiesto alla FIFA di agire indipendentemente nell'istituzione di un proprio fondo. La comunità nepalese in Qatar è stata particolarmente colpita da queste tragedie, che spesso vengono etichettate dal governo di Doha come morti naturali. Se volete approfondire, ne ha scritto Global Voices.

  • Il Qatar, a sorpresa, ha finalmente dato una sua stima "ufficiale" dei morti sul lavoro nella costruzione delle infrastrutture necessarie al Mondiale. Secondo il regime di Doha sarebbero state 414 dal 2014 al 2020, un numero lontano dalle 6500 dell'inchiesta del Guardian, ma comunque molto grande. In ogni caso è un passo avanti, se si pensa che fino a poco tempo fa il Qatar si rifiutava di rendere pubblici questi dati.

  • Un operaio filippino è morto nel centro di allenamento dell'Arabia Saudita, durante lo svolgimento del Mondiale, anche se non è chiaro quando esattamente o in quali circostanza. La FIFA si è detta «rattristata» e le autorità competenti del governo del Qatar hanno cominciato un'inchiesta. Intanto Nasser Al Khater, amminastratore delegato del Mondiale, ha commentatoa un report di Reuters che «la morte fa parte della vita» e poi infastidito: «Siamo nel bel mezzo di un Mondiale di successo e dobbiamo parlare di questo?». Sì, dobbiamo parlare di questo.

  • Nella notte di venerdì, più precisamente durante i tempi supplementari di Olanda-Argentina, è morto il giornalista sportivo Grant Whal. A 48 anni era uno dei più influenti giornalisti sportivi americani, anche uno dei più esperti in materia di calcio: questa era la sua ottava coppa del mondo. Ha collaborato Sports Illustrated e da tempo aveva lanciato il suo sito, era in Qatar per CBS Sports. Pochi giorni prima si era rivolto ad una clinica in Qatar per quella che gli era stata diagnosticata come bronchite, dovuta forse a un esaurimento dovuto ai molti impegni lavorativi e al poco sonno. Durante la partita tra USA e Galles è stato fermato per venticinque minuti dagli steward all'ingresso dello stadio Ahmed Bin Ali Stadium di Al Rayyan perché indossava una maglietta con i colori dell'arcobaleno, in sostegno dei diritti LGBTQIA+. Al momento non ci sono sospetti ufficiali sulla sua morte, la cui causa tuttavia non è stata comunicata dal Hamad General Hospital dove è stato trasferito dopo il malore. Il fratello ha detto che aveva ricevuto minacce di morte e di non credere alla versione ufficiale. Aggiornamento: l'autopsia effettuata a New York ha detto che la causa della morte di Whal è un aneurisma. «Non c'è nulla di sospetto».

  • La procura di Bruxelles ha aperto un'inchiesta su una possibile rete di corruzione con cui il governo del Qatar e del Marocco avrebbero provato ad assicurarsi l'appoggio di esponenti del Parlamento Europeo, tra cui uno dei 14 vicepresidenti, la greca Eva Kaili, e quattro italiani.

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