Manchester United-Liverpool 4-3 «entrerà per sempre nella storia della FA Cup», ha detto il telecronista di DAZN nel momento stesso in cui l’arbitro ha fischiato la fine. La partita è stato uno di quegli eventi paranormali che hanno costruito la fama del calcio inglese. Il video di highlights della partita dura quasi otto minuti, quando di solito si fa fatica a raggiungere i due. In tutto ci sono stati 53 tiri, di cui 22 in porta, oltre 5 Expected Goals creati, un numero difficilmente quantificabile di gesti tecnici, errori, occasioni. Manchester United-Liverpool è stata come comprimere quattro partite diverse in una partita e mezzo (per via dei supplementari). È stata come se per quei 120 minuti il mondo della pubblicità e il mondo reale avessero preso il posto uno dell’altro. È stato come una partita di Fortnite. Per gli occhi è stato quello che per le pupille gustative è un kebab alle quattro di mattina dopo una serata a bere. Manchester United-Liverpool è stato il sogno allucinato degli amministratori delegati in giacca e cravatta che cercano di convincere i fondi di investimento che il calcio sia esattamente questo. Un cocktail di emozioni che riesce a farti attraversare tutto lo spettro dell’emozione umana.
Lo sappiamo come stanno le cose, invece: domani torneremo ai nostri video da highlights da un minuto con tre replay diversi di un fallo a centrocampo, alle nostre giornate in cui cercheremo di tirare fuori il sangue da questo sport fatto di niente. Partite come queste sono un dono. E quindi godiamocelo: ecco una lista per quanto possibile ragionata di tutto ciò che è successo ieri, anche al di là dei gol e delle occasioni.
La partenza a razzo dello United
Alla fine della partita, con una perifrasi degna del miglior Walter Mazzarri, Erik ten Hag ha dichiarato che «i primi trenta minuti sono stati i migliori di tutta la nostra stagione». È stato effettivamente straniante vedere fin dai primi secondi di partita lo United “fare il Liverpool”, come se i suoi giocatori avessero bevuto le anime dei propri avversari negli spogliatoi. La squadra di Klopp è sembrata tramortita dal pressing alto e dall’intensità dello United, e avrebbe potuto subire il gol dell’1-0 già prima del decimo minuto. Dopo nemmeno 90 secondi Kobbie Mainoo ha acceso la sua incredibile partita con un dribbling che gli ha permesso di penetrare in area, ed è riuscito a servire con un diagonale all’indietro Wan Bissaka da solo nel cuore dell’area. Il terzino dello United, però, si aspettava una palla più sui piede ed è sembrato scivolare su una banana. Un paio di minuti dopo lo United ha recuperato un altro pallone in alto conquistando un fallo laterale a destra. Garnacho è entrato in area ma a quel punto, con la difesa del Liverpool schierata, ha trovato un grande di cambio di campo secco per Rashford, che si era liberato dall’altra parte grazie allo scivolamento della linea difensiva di Klopp. Rashford ha provato a tirare di prima sul palo più lontano ma Kelleher ha risposto con la prima grande parata della sua strana partita.
Che il dominio dello United fosse fragile e la partita instabile, però, lo si è capito subito. Una manciata di secondi prima che segnasse il gol dell’1-0, la squadra di ten Hag si è fatta sorprendere a difesa a schierata da un grande assist di Darwin Nuñez, un cross di mezzo esterno che ha pescato Salah alle spalle di un distratto Dalot. L’attaccante egiziano non è andato full shaolin soccer con una mezza rovesciata, citando Francesco Totti nel famoso derby del selfie, ma ha preferito una specie di passo di can-can. Un tiro al volo molto in alto, insomma, che ha superato Onana ma che non è riuscito a prendere l’angolo alla sua sinistra.
È come se i giocatori di ten Hag avessero preso la stellina di Super Mario: andavano al doppio della velocità dei propri avversari ma avendo anche la metà del controllo. Il Liverpool, invece, non aveva il controllo e basta. Il gol dell’1-0, per dire, nasce da un fallo guadagnato nella propria metà campo battuta immediatamente verso la metà campo avversaria, come se lo United avesse fretta di recuperare un risultato che però era ancora sullo 0-0. La squadra di ten Hag ha costruito le sue fortune sulla fascia sinistra, sovraccaricandola con gli spostamenti da quel lato di Bruno Fernandes e con i tagli verso il centro di Garnacho. Il gol di McTominay nasce proprio così. Rashford e Bruno Fernandes scambiano sull’esterno sinistro, facendo scivolare la difesa avversaria verso di sé, e nel frattempo Garnacho taglia al centro, in mezzo ai due centrali. È uno di quei momenti che a uno spettatore italiano fanno chiedere se il Liverpool alleni davvero la fase difensiva. Perché Joe Gomez lascia la propria posizione per attaccare Rashford se sul suo lato c’è già Quansah? Per Garnacho è troppo semplice tirare dal limite dell’area piccola e propiziare così il gol di McTominay, che ribatte in rete la risposta incerta di Kelleher.
La grande partita di Kobbie Mainoo
Oltre agli strappi di Rashford, alla sensibilità tecnica di Bruno Fernandes, ai tagli di Garnacho, la superiorità dello United a sinistra si è retta anche sulla partita francamente incredibile di Kobbie Mainoo.
Mainoo deve ancora compiere 19 anni ma alla sua prima stagione in prima squadra è già entrato stabilmente tra i titolari, forse la migliore notizia nell’ennesima stagione interlocutoria del Manchester United. Che Mainoo avesse qualcosa di speciale lo si era già capito dalle primissime apparizioni. Al suo esordio stagionale, contro l’Everton alla fine di novembre, la sua prestazione era stata talmente scintillante da far dire a Gary Neville che «sembrava un giocatore del Manchester City». Uno di quei giocatori, cioè, capaci di illuminare con un singolo tocco, che rendono migliori i compagni semplicemente con la loro presenza. Mai prima di ieri, però, Mainoo aveva giocato a questo livello, e non solo perché di fronte aveva una delle squadre più in forma d’Europa. Il centrocampista ha effettuato tre intercetti, vinto due contrasti, mantenuto l’82% di accuratezza di passaggio, ma soprattutto gli sono riusciti quattro dribbling, cioè tutti i dribbling che ha tentato.
Nessuno di questi numeri, però, rimarrà come la serpentina con cui di fatto ha concepito l’occasione con cui McTominay è andato vicino alla doppietta e il Manchester United vicino al 2-0. Al 35esimo si addentra di nuovo a sinistra, in una zona in cui è circondato da cinque giocatori di Klopp. Mainoo però sembra avere un campo magnetico intorno, gli avversari che provano ad avvicinarsi sono respinti o mancano clamorosamente il bersaglio. Szoboszlai prova ad inseguirlo ma lui pettinando il pallone con la suola lo manda dal lato sbagliato. Endo gli chiude un lato del campo ma lui si è già spostato sull’altro. Joe Gomez prova ad allungare la gamba ma lui lo aggira passandosi il pallone da un piede all’altro.
Forse dovremmo parlare di più di Luis Diaz
Forse non c’è cosa più calcio inglese del fatto che il Liverpool abbia provato ad andare in porta immediatamente dopo questa occasione non una ma DUE volte. In mezzo ha rischiato nuovamente di subire il 2-0 ma è stato come se non avesse percepito il pericolo. La partita assomigliava già alla scena della roulette russa de Il cacciatore, noi i vietnamiti inebriati dalla violenza dello spettacolo che si svolgeva davanti ai nostri occhi.
La prima volta Luis Diaz ha provato una specie di azione rugbistica con l’aiuto di Szoboszlai, facendo passare la palla sopra la testa di Bruno Fernandes che provava a recuperare la palla in avanti, ma lo United ha recuperato correndo velocemente all’indietro come uno steward con un invasore di campo. Nemmeno cinque secondi dopo eravamo di nuovo nell’area del Liverpool: Garnacho ha provato a tirare a giro sul palo più lontano ma ha colpito il busto di van Dijk, e la squadra di Klopp ha pensato: ecco un’altra occasione per lanciare Luis Diaz verso la porta. L’ala colombiana ha seminato proprio Garnacho (uno che sembra vivere con la stellina di Super Mario iniettata direttamente nelle vene), ha superato l’intervento in scivolata di Lindelof, e poi ha provato a sorprendere Onana sul primo palo senza successo.
Ieri è stata l’ennesima grande partita della stagione di Luis Diaz, che ha sostituito un giocatore come Sadio Mané senza che nemmeno ce ne accorgessimo. Un giocatore che sembra nuotare nell’elettricità di questo tipo di partite, che improvvisa ad ogni singolo pallone, e che mi sembra ci abbia assuefatto a giocate eccezionali. Esattamente due settimane fa, contro il Manchester City, aveva fatto questo ma anche allora c’era altro di cui parlare.
Jarrell Quansah?!
Il 25 febbraio, poco dopo la vittoria della Coppa di Lega in finale contro il Chelsea, Jonathan Liew sul Guardian ha scritto che la più grande eredità lasciata da Klopp ad Anfield, oltre ai trofei e le vittorie, sono i Liverpool’s fearless youngsters. In quella partita avevano giocato sei diversi giocatori cresciuti nell’academy del club: Caoimhín Kelleher, Conor Bradley, Harvey Elliot, Bobby Clark, Jayden Danns e, entrato nel secondo tempo supplementare, Jarrel Quansah. “Nessuno è sembrato intimidito. Nessuno è sembrato fuori luogo. Nessuno sembrava avesse avuto scuola la mattina o che stesse indossando una maglia due taglie più grande”.
Le parole di Liew sono sembrate risuonare al 44esimo quando, con il Liverpool ancora in convalescenza per il grande primo tempo dello United, Quansah ha preso palla dal centrocampo e ha visto una crepa nel blocco basso avversario. Il giovane centrale inglese ha aggirato Bruno Fernandes, poi in conduzione ha seminato Rashford, prima di entrare in area e servire al centro Darwin Nuñez. Il centravanti uruguaiano ha scaricato all’indietro per MacAllister, che di prima è riuscito a trovare la deviazione di Mainoo che ha ingannato Onana.
Quansah gioca nel Liverpool da quando aveva cinque anni. La scorsa stagione ha fatto sei mesi in prestito al Bristol Rovers, in League One, che sembravano annunciare una lunga lista di trattini sulla sua pagina Wikipedia. E invece un buon precampionato ha convinto Klopp a tenerlo in prima squadra e ad impiegarlo in momenti sempre più decisivi della stagione, fino al gol dell’1-1 di ieri. “Ci vuole un’intera cittadina per crescere un calciatore”, ha scritto Liew “Dagli scout che individuano i giovani talenti, alle persone che li assumono, agli allenatori che mettono i cinesini nei ghiacciati martedì sera. Ma la cultura che permette a questi calciatori di giocare senza paura, il coraggio di concedergli il palcoscenico più importante e la fiducia di poterci stare: forse questo, tanto quanto le percentuali di vittoria o i trofei, è il vero lascito di Klopp”.
Il dibattito su Onana è destinato ad andare avanti
Un altro dei temi destinati ad andare a fondo nel mare di cose successe ieri pomeriggio è la prestazione di André Onana, il portiere più divisivo d’Europa. Di Onana al Manchester United si parla dall’inizio della stagione, da quando cioè ha iniziato ad alternare grandi parate ad interventi pazzi o goffi. Solo che non se ne parla come se fosse un portiere dalla forma altalenante ma come in Italia si parlerebbe della cipolla nella amatriciana: senza fare prigionieri. “Tutti i portieri sbagliano, hanno stagioni altalenanti, picchi e cali di forma, fanno miracoli ed errori a distanza di pochi giorni”, ha scritto Daniele Manusia qualche tempo fa “Ma quelli di Onana – di errori – pesano di più, le reazioni sono sensibilmente più divertite, più cattivelle”.
Onana ieri ha parato 8 degli 11 tiri in porta del Liverpool eppure, nonostante la vittoria, il portiere camerunese non ha fatto svanire del tutto la sensazione che potesse fare qualcosa di più nei momenti decisivi della partita. Sarebbe potuto arrivare sul tiro deviato da Mainoo? Avrebbe potuto respingere meglio il tiro di Darwin Nuñez che pochi secondi dopo ha dato la possibilità a Salah di segnare il momentaneo 1-2? Onana ha fatto alcuni interventi molto solidi anche ieri, in una stagione in cui il Manchester United sta concedendo una valanga di tiri. Per esempio sul tiro a incrociare da fuori area di Szloboszai al 53esimo. O su quello di Nuñez sul suo palo al 63esimo.
La sua insicurezza in alcuni momenti chiave, però, è sembrata gettare benzina su una partita che già andava a fuoco. In un certo senso, la partita di ieri è anche merito suo. All’88esimo, nemmeno due minuti dopo che il Manchester United aveva tirato un sospiro di sollievo per aver pareggiato la partita, una sua uscita avventata su Gakpo ha come accelerato la realtà. Onana è rimasto a metà strada, la porta è rimasta vuota, Gakpo ha provato a crossare in mezzo, ma Onana ci ha messo un braccio, e la palla è rimasta lì a rimbalzare in mezzo all’area. È arrivato Elliot che col primo controllo di petto si è allungato troppo il pallone, fino a pochi passi dalla linea di fondo. Ormai l’azione sembrava essersi spenta: Elliot ha messo un cross in mezzo solo per non far finire la palla oltre la linea di fondo ma a quel punto la traiettoria ha preso vita propria. Invece di andare in mezzo all’area, la palla è passata perfettamente tra i corpi di Eriksen e Gakpo, ha iniziato a dirigersi verso la porta, come un boomerang che ci torna indietro col vento, e si è stampato sul palo opposto.
Era la conferma che nemmeno un gol del pareggio a un passo dal novantesimo ci avrebbe messo davvero al sicuro.
La via crucis di Marcus Rashford
Se tutta la partita è stata la ricerca disperata di un equilibrio impossibile, la persona che l’ha incarnata meglio è stata di sicuro Marcus Rashford. Il numero 10 del Manchester United ha cercato di segnare per tutta la partita, ha tirato verso la porta quattro volte, poi a 15 secondi dalla fine ha avuto il pallone che avrebbe completato una rimonta che già avrebbe avuto dell’incredibile, che gli avrebbe donato la gloria eterna, e Rashford l’ha mandata fuori. È stato come riassumere tutta la sua carriera con un tiro. Un giocatore con un’elasticità da supereroe, con momenti di pura onnipotenza tecnica, ma che nel momento in cui c’è da scrivere il suo nome sulla storia si dimentica sempre la penna a casa.
Sembrava destinato a ripensarci a lungo a quel pallone, che in allenamento avrebbe messo in porta anche da bendato e con le mani dietro alla schiena. Soprattutto quando, dopo un primo tempo supplementare in cui il Manchester United ha provato a segnare in tutti i modi, Elliot ha trovato il gol del 2-3 a 30 secondi dalla fine - con il secondo tiro deviato vincente della partita del Liverpool (uno dei tanti dettagli irreali di questa partita: la deviazione di suola di Eriksen finisce perfettamente tra le gambe di Maguire e si infila nell’angolino più lontano da Onana).
È stato un altro momento in cui la partita sembrava finita e invece è nata un’altra partita. Praticamente il paradosso di Achille e la tartaruga, ma ad ogni passo di Achille il ritmo accelera come se giocasse a Guitar Hero. Rashford segnerà il gol del 3-3 a poco più di otto minuti dalla fine del secondo tempo supplementare, riscattando una partita che sarebbe potuta essere una pietra tombale sulla sua stagione. Dopo il gol Rashford corre verso i suoi tifosi, rischia di scivolare davanti alla tribuna, e viene accolto da un uomo reso pazzo da questa partita, e che sembra minacciarlo indicandolo con un dito. Non c’è più nulla di stabile, a partire dalle menti delle persone che stanno guardando questo spettacolo.
Il gol di Rashford arriva a otto minuti dai rigori e si può pensare che sia questa la fine della partita. Invece, negli otto minuti rimasti, assistiamo all'ennesima partita nella partita.
Lo strano intervento divino per mano di Amad Diallo
Prima di questa partita, con la maglia del Manchester United Amad Diallo aveva giocato 63 minuti su tre presenze tra Premier League e FA Cup. La sua era una delle propaggini conosciute in Italia della galassia di negatività che orbita intorno al Manchester United. Diallo arrivato in Italia in circostanze torbide; cresciuto all’Atalanta con l’aura del talento nascosto all’ombra del fratello più conosciuto, Hamed Traoré; comprato dal Manchester United nel gennaio del 2021 per una quarantina di milioni di euro come se fosse un profumo sovrapprezzo su un volo Ryanair. Diallo che fa un paio di buone stagioni in prestito, prima ai Rangers e poi al Sunderland, che ritorna allo United solo per infortunarsi gravemente al ginocchio poco prima dell’inizio della stagione. Nelle ultime settimane le uniche notizie che avevamo di lui riguardavano la decisione di cancellarsi dai social e del fatto che potesse essere un segno di insoddisfazione per il rifiuto del Manchester United alle offerte arrivate nella sessione di gennaio. Ten Hag continuava a ripetere di voler puntare su di lui e sembrava il segnale definitivo del suo stato di confusione, della fine del suo regno.
Diallo era entrato all’85esimo addirittura per Rafa Varane, circa tre partite fa, quando il risultato era ancora sull’1-2 e il Manchester United era alla disperata ricerca del gol che avrebbe completato la rimonta. Il suo peso nella partita era stato ambivalente. Diallo aveva contribuito al gol del 3-3, sporcando un passaggio orizzontale di Nuñez e innescando il recupero alto del pallone. Pochi minuti dopo era stato ammonito una prima volta, per aver battibeccato con un avversario sull’esatto punto di battuta di una punizione a centrocampo. Una di quelle cose che di solito ti si ritorcono contro prima della fine della partita.
E invece questa partita andava così, come quel cross che è partito cross dai piedi di Elliot ed è finito sul palo più lontano. Proprio Elliot, che non aveva fatto nulla di sbagliato, ha fatto l’unica cosa sbagliata quando mancavano tre secondi dai calci di rigore, e questo è tutto ciò che so sul gioco del calcio. Il fearless youngster di Klopp è stato troppo fearless, ha provato a controllare un pallone difficile palleggiando al limite dell’area, e Diallo lo ha anticipato col ginocchio, permettendo a Garnacho di innescare il contropiede in due contro uno che ha portato all’incredibile 4-3 finale.
Insomma, sarebbe potuto essere un’altra finale tra Guardiola e Klopp (il Manchester United in semifinale affronterà il Coventry City), la possibilità per l’allenatore tedesco di vincere quattro trofei nella sua ultima last dance, e invece quasi letteralmente dal nulla è spuntato Diallo, con il suo assurdo gol, e la sua assurda esultanza, in questa assurda partita, che non si è fatta mancare nemmeno l’espulsione dell’uomo partita per essersi tolto la maglietta ed averla mostrata ai propri tifosi. Nel calcio il destino non è scritto da un vecchio saggio dalla barba bianca che scrive in piuma d’oca su una scrivania di legno. Nel calcio il destino è scritto da un bambino che ha una faccia così.