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Il sogno di settembre dell'Udinese di Runjaic
17 set 2024
17 set 2024
La squadra friulana è tornata in cima alla classifica a quasi tredici anni dall'ultima volta.
(copertina)
IMAGO / AFLOSPORT
(copertina) IMAGO / AFLOSPORT
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È settembre, le giornate si accorciano, il buio inizia a sembrare più buio, eppure l’impressione - soprattutto in Italia - è quella di essere di fronte a un nuovo inizio. “Se ne riparla a settembre” perché a settembre si ricomincia da zero, si torna dalle vacanze con un’energia nuova, si porta indietro la sveglia di qualche quarto d’ora con l’idea che da adesso saremo persone diverse, più produttive, e anche se non si è avuta la possibilità di fare le vacanze si è passati agosto in città deserte e desolate, e con la pioggia tornano anche le persone, gli eventi, il traffico.

Anche la Serie A come tutto il resto a settembre porta con sé novità che sembrano effimere già sul loro nascere, come quella sveglia che riporteremo al loro stadio originario senza nemmeno accorgercene dopo un paio di settimane. Ma è davvero così? Perché si parla tanto di calcio d’agosto e così poco del calcio di settembre? Due stagioni fa, dopo cinque giornate, l’Atalanta guardava dall’alto tutte le altre squadre dopo aver raccolto 13 punti. La scorsa stagione, dopo quattro, il Lecce aveva otto punti, solo quattro in meno dell’Inter capolista, e il Frosinone aveva già battuto l’Atalanta. Oggi, dopo quattro giornate, è l’Udinese a occupare il primo posto della classifica in solitaria, con dieci punti e nemmeno una sconfitta, e la domanda oggi è se a marzo, quando torneremo ad apprezzare il tepore del sole, sarà un’Atalanta o solo un altro Frosinone.

Paradossalmente oggi è facile fare i cinici e guardare la squadra di Kosta Runjaic già con gli occhi di novembre o dicembre, quando queste prime giornate settembrine forse ci sembreranno ingenue. Il calendario infatti è stato abbastanza morbido e, nonostante questo, ci sono voluti diversi bivi fortunati per fare arrivare l’Udinese a quei dieci punti che oggi valgono un primo posto in classifica che a Udine non si vedeva da quasi tredici anni (come ha notato Giuseppe Pastore su Instagram, quella volta alla fine lo scudetto lo vinse a sorpresa la squadra allenata di Antonio Conte, che anche allora non giocava le coppe).

Contro il Bologna, alla prima giornata, è riuscita a portare a casa un punto nonostante abbia subito 23 tiri verso la propria porta, 2.73 Expected Goals (dati StatsBomb) e un rigore realizzato da Orsolini - il tipo di prestazione che hanno reso celebre per il motivo sbagliato Vincenzo Italiano, l’ayatollah dell’autodistruzione. Contro la Lazio, nel primo big match vinto in casa in questa stagione, l’Udinese è riuscita a difendere in dieci il vantaggio di due gol nell’ultima mezz’ora del secondo tempo e alla fine ha portato a casa i tre punti dopo aver concesso altri 1.42 xG, 18 tiri e una traversa. Persino contro il Como la squadra di Runjaic aveva dovuto battere, e di molto, i gol attesi (0.61 contro 1.75 della squadra di Fabregas) per vincere una partita sulla carta non ostica, mettendo in cima a questa pila di piccoli colpi di fortuna anche lo strano gol di Brenner (nato da un tiro ciancicato che, dopo esser rimbalzato ubriaco a terra, si è anche permesso il lusso sadico di toccare il palo prima di entrare in rete) e il rigore sbagliato all’ultimo secondo da Cutrone. Dopo la partita, in conferenza stampa un giornalista aveva semplicemente riportato le parole di Fabregas secondo cui il Como aveva dominato sia nel primo tempo che nel secondo tempo, e Runjaic altrettanto semplicemente aveva risposto che «se dice così, allora è così».

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L’allenatore viennese, pescato dall’Udinese senza alcun preavviso in Polonia, dove ha riportato in alto il Legia Varsavia, è l’immagine più concreta di una società che non ha voluto credere alla fortuna della scorsa stagione, quando ha ottenuto la salvezza all’ultima giornata in maniera ancora oggi incomprensibile, e che oggi viene ricompensata con la stessa soddisfazione con cui si raccoglie una montagna di fiches passando il braccio sul panno verde da gioco dopo aver svelato un bluff. Nonostante la salvezza ottenuta, infatti, l'Udinese ha cambiato, ancora prima dell’allenatore, il responsabile dell’area tecnica, facendo entrare nella dirigenza Gökhan Inler e dando maggiori poteri a Gianluca Nani, ex direttore sportivo del Watford e storico dirigente dei Pozzo, celebre soprattutto per la sua esperienza alla fine degli anni ’90 nel Brescia di Toni, Pirlo e Marek Hamsik. Oggi, quindi, l'Udinese sembra già incassare il prezzo del proprio coraggio, come se la fortuna aiutasse davvero gli audaci.

La rottura con il passato è però soprattutto Kosta Runjaic, e non solo perché era un nome pressoché sconosciuto in Italia che ha costruito il grosso della sua carriera in Polonia, ma anche per quell'atteggiamento radicalmente stoico, obiettivamente irresistibile nel panorama calcistico italiano, un campionato dove la maggior parte degli allenatori non riesce proprio a non lamentarsi di qualcosa, e che un anno fa lo portò a coniare la frase che magari un giorno potrebbe utilizzare come titolo della sua biografia: Celebrate today, get fired tomorrow.

Anche ieri, dopo la vittoria in rimonta contro il Parma, l’allenatore viennese ci ha tenuto a ricordare che «la classifica non è importante in questo momento», che adesso bisogna «rimanere lucidi e continuare a lavorare per migliorare». Semplici frasi di buon senso dopo quattro giornate, e che però stridono con una vittoria che è stata molto diversa dalle tre giornate che l’hanno preceduta.

Per la prima volta infatti l’Udinese ha affrontato una squadra molto in salute, anzi, che nelle prime giornate sembrava scoppiare di salute, come il Parma di Fabio Pecchia, e soprattutto per la prima volta in questa stagione si è vista costretta a recuperare un doppio svantaggio un po’ immeritato, dopo un primo tempo in cui, nonostante i due gol subiti, aveva raccolto occasioni più chiare (0.61 xG contro i 0.45 del Parma a fine primo tempo) e anche un palo.

A fine partita Runjaic ha detto che la svolta è arrivata quando «nella ripresa abbiamo deciso di mettere maggior passione e maggior coraggio», eppure a me è sembrato che l’Udinese al contrario sia rimasta calma di fronte alla tempesta, fedele al proprio piano iniziale, stoica come il proprio allenatore. La notizia migliore per la squadra friulana allora non è tanto il risultato, temporaneo come questa buona sorte settembrina, quanto il fatto che abbia effettivamente un piano, cosa che non si vedeva dalle parti di Udine ormai da diversi anni e che aiuta ad avere fiducia che le cose miglioreranno, anche quando vanno piuttosto male. Non sembra essere cieco ottimismo, insomma, quando Runjaic dice che «oggi abbiamo mostrato grandi miglioramenti» e che «il processo è in corso», come se il meglio non fosse il primo posto in classifica, per quanto effimero, ma ancora da scoprire nel futuro.

Effettivamente, ancora più strano che vedere una squadra recuperare un doppio svantaggio con tre cross quasi identici, è stato ancora più straniante vedere l’Udinese farlo attraverso un’identità molto rinnovata rispetto a quella che ne ha determinato il grigiore degli ultimi anni. Una squadra che per lungo tempo si è costretta a difendere senza palla con un 3-5-2 basso ed esclusivamente reattivo, che faceva affidamento quasi solo sull’atletismo straripante dei suoi giocatori in campo aperto, che giocava per rendere il campo una lunga prateria su cui correre, ieri forse per la prima volta cercava di fare densità nella zona della palla, provava a moltiplicare le linee di passaggio, associava i propri giocatori per esaltare le proprie caratteristiche tecniche. È ironico, in questo senso, che Runjaic, che nelle prime giornate aveva sempre usato il 3-4-2-1, sia passato contro il Parma al 3-5-2, e che l’abbia fatto non per convenzione ma per convenienza, cioè con l’idea di avere maggiore controllo. L’idea infatti era quella di alzare le due mezzali, Payero e Lovric, affiancandole al demiurgo Thauvin in modo da formare una specie di rombo in mezzo al campo che veniva completato in basso da Jesper Karlstrom, forse l’unica richiesta sul mercato da parte di Runjaic, e che per essere un giocatore dell’Udinese ha una caratteristica che lo rende di per sé eretico e simbolo di un nuovo corso: è lento.

Il "rombo" di centrocampo dell'Udinese, in cui Karlstrom e Thauvin sono geometricamente e simbolicamente alfa e omega.

Dopo l’esordio con il Bologna, il centrocampista svedese ha giocato tutti i 90 minuti di tutte le altre tre giornate, e per l’appunto è una notizia. Karlstrom non è infatti né particolarmente alto né particolarmente grosso, non fa delle letture difensive il suo fiore all’occhiello come lo è stato per molti mediani passati per Udine. È, al contrario, un giocatore cerebrale, che cerca di anticipare dove andrà il pallone - uno di quelli che, come si dice, ordina la propria squadra con il possesso. Karlstrom si mette davanti ai tre centrali con lo scopo di aiutare l’inaspettatamente studiata fase di uscita del pallone della difesa. Poi, una volta ricevuto, si occupa di trovare uno dei tre centrocampisti alle spalle delle linee avversarie, uno tra tutti: Thauvin.

Della rinascita del trequartista francese ha già scritto Daniele Manusia, ed è sempre più ovvio che ad essa si deve una buona parte di queste prime fortune dell’Udinese. Ci sono i due gol di ieri a testimoniarlo, ma anche un attitudine a farsi centro di gravità della squadra, a prendersi molte responsabilità scendendo anche a prendersi palla direttamente dai difensori, aiutata anche dal fatto che, sia col 3-4-2-1 che col 3-5-2, è più vicino anche al centro “geografico” della squadra.

Thauvin ieri era preposto a mettere in connessione i braccetti della difesa a tre con le due mezzali, che si alzavano anche più di lui, allargandosi verso gli esterni per creare superiorità nei confronti dei terzini del Parma. Due dei tre gol sono arrivati così: sovraccaricando la zona di sinistra per liberare Kamara (la prima volta con uno stilosissimo velo di Ekkelenkamp), che sta dimostrando di avere un cross di sinistro niente male. L’Udinese ci aveva provato diverse volte anche nel primo tempo e su una di queste Thauvin stava per segnare il gol dell’anno con una rovesciata che forse avrebbe incenerito il Tardini all’istante.

Thauvin, come detto, è il cardine del gioco dell'Udinese: è lui ad attivare la superiorità sulla sinistra che permette a Kamara di arrivare sul fondo e crossare, permettendo allo stesso Thauvin di tirare da dentro l'area.

Un Udinese che si fida così tanto della propria costruzione dal basso è una novità ma anche una buona idea per mascherare i limiti dei propri esterni e dei propri centrali, che quando sono costretti a difendere bassi o addirittura in area mostrano sempre limiti inquietanti, come si vede nell’incertezza condivisa tra Bijol e Giannetti nel pur bel gol di Bonny. Il baricentro più alto serve anche a sostenere una fase di pressing che sembra destinata a diventare molto più aggressiva rispetto al passato, se queste prime giornate ci dicono davvero qualcosa oltre a una manciata di punti in cascina. Secondo i dati StatsBomb, l’Udinese al momento è ottava per PPDA (11.11; poco sotto l’Atalanta, per capirci) e settima per tiri effettuati entro cinque secondi da una palla recuperata nella metà campo avversaria (3.25 a partita, dietro la Juventus). Certo, il campione è ancora ridotto e magari è un caso, ma anche ieri l’Udinese ha creato un paio d’occasioni recuperando palla sulla trequarti avversaria. Chi ben comincia è a metà dell’opera, come si dice, soprattutto se si sta seguendo un progetto, come sembra che l’Udinese stia davvero facendo.

Che il meglio debba ancora venire non è solo un augurio che Runjaic fa a se stesso, ma anche la logica conseguenza dei giocatori che rientreranno dai rispettivi infortuni o che si integreranno ogni giorno meglio, allenamento dopo allenamento. Sulla trequarti devono ancora arrivare Alexis Sanchez e Deulofeu, e ieri abbiamo avuto un primo assaggio del talento di Ekkelenkamp, che potrebbe ulteriormente alzare il livello tecnico sulla trequarti. Non che l’anima affetta da gigantismo dell’Udinese sia del tutto sparita, come dimostrano le due decisive torri effettuate ieri da Davis, il gioco aereo di Lucca o il possibile utilizzo del nuovo centrale di difesa Isaak Touré, secondo alcuni il giocatore più alto nella storia della Serie A. Ma è bello pensare che questa vittoria contro il Parma non sia la fine di un’illusione ma l’inizio di un’Udinese diversa, chissà magari ancora in alto anche quando le giornate torneranno ad allungarsi.

«Tante persone non hanno capito la mia decisione di andare all’estero», ha detto Runjaic l’anno scorso, commentando il suo passaggio dalla Germania al Pogon Stettino, in Polonia, «in una squadra in fondo alla classifica. Ma volevo costruire qualcosa di nuovo, aiutare a modellarlo. E se abbiamo avuto successo e perché ho avuto tempo». Magari tra un mese avremo già dimenticato queste parole o magari allora ci sembreranno preannunciare qualcosa di ancora più grande. Chi lo sa? Alla fine siamo solo a settembre.

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