
Posizione dello scorso campionato: 15°
Chi in più: Damian Pizarro, Gonçalo Esteves, Jesper Karlstrom, Iker Bravo, Jurgen Ekkelenkamp, Alexis Sánchez.
Chi in meno: Matheus Martins, Walace, Adam Masina, Roberto Pereyra.
Una statistica interessante dalla scorsa stagione: L'Udinese è stata la seconda squadra col PPDA più alto, quindi quella che concedeva più passaggi in impostazione alle squadre avversarie. È stata anche quella che si è difesa più vicina alla propria porta. Dati Statsbomb qui e in tutto l'articolo.

L’Udinese ha annunciato Kosta Runjaić come nuovo allenatore il 14 giugno, 20 giorni dopo l’ultima partita di Serie A: l’1-0 esterno al Frosinone che ha sancito una tribolatissima salvezza. L’Udinese si è guadagnata la sua ventinovesima stagione consecutiva in Serie A, ma in un modo fortunato e miracoloso. Più per demeriti altrui che per meriti propri. Di questo è sembrata consapevole anche la dirigenza, che ha preso una serie di decisioni forti, che hanno modificato a fondo la società. Tra fine giugno e inizio luglio l’Udinese ha ufficializzato Gökhan Inler come responsabile dell’area tecnica e Gianluca Nani come Group technical director. E poi è arrivato l’ingaggio di Runjaić: un nome sorprendente e fuori dai radar, ma non è la prima volta per l’Udinese - se avete una memoria abbastanza buona per ricordare Julio Velázquez nel 2018. Non è semplice capire la ratio dietro alcune scelte di panchina dell’Udinese. Si va da soluzioni interne e remissive come Gotti e Cioffi, che poi finiscono per funzionare, ad altre esotiche di allenatori che non hanno mai allenato in grandi campionati come Velázquez, Tudor o Runjaić. Di sicuro l’ingaggio del tecnico croato contiene anche un pentimento rispetto alla scelta fatta in primavera, quando l’Udinese ha assunto la leggenda Fabio Cannavaro per ottenere una salvezza che poi è arrivata, ma non nella forma sperata.
L’Udinese 2023/24 ha cambiato tre allenatori e ha vissuto tre stagioni diverse. Le prime dieci giornate sono servite a consumare definitivamente l’esperienza di Sottil in Friuli - già apparsa in esaurimento nel girone di ritorno della stagione precedente. Dalla decima alla trentatreesima è tornato Gabriele Cioffi, che ha mantenuto un rendimento piuttosto mediocre; e poi ci sono state le ultime partite con Cannavaro, strane e comunque insoddisfacenti. Dopo tre cambi di allenatore l’Udinese ha capito che i suoi problemi vanno ben oltre la guida tecnica, e così ha deciso di cambiare in modo più radicale.
È stata una stagione strana, difficile da descrivere. A inizio stagione l’Udinese ha pagato oltre misura la crisi realizzativa di Lorenzo Lucca (e la cessione di Beto), che ci ha messo un po’ a trovare la convergenza con la porta avversaria. Senza contare Lovrić, centrocampista che in inserimento finiva spesso a concludere in area, sbagliando molto più del previsto e facendo disperare i suoi fantallenatori. In più era una squadra fragile in transizione e carente nei duelli individuali, che ha pagato anche la cessione di un difensore dinamico come Becão. Verso la fine del girone d’andata, con Cioffi, questi problemi tattici sono migliorati, e Lucca ha iniziato a segnare, e tuttavia l’Udinese riusciva a sciupare punti virtualmente già conquistati. Dalla nona alla ventunesima giornata si è aperta una striscia mostruosa di partite buttate negli ultimi dieci minuti di gioco: 16 punti persi per gol subiti tra l’80’ e il 90’. A fine campionato l’Udinese sarà tra le peggiori squadre per saldo gol nell’ultimo quarto d’ora (-13); le uniche che hanno fatto peggio sono l'Empoli e due delle retrocesse, Sassuolo e Frosinone.
È a questa gestione dei momenti, alla fragilità mentale della squadra, che si può ricondurre una stagione più difficile del previsto. Se guardiamo le statistiche avanzate il rendimento della squadra è stato mediocre ma non pessimo. L’Udinese ha subito più gol del previsto e ne ha segnati meno: segnale piuttosto inequivocabile di una rosa ricca di problemi, con qualche individualità interessante ma complessivamente indebolita in estate. L’Udinese aveva fatto un calciomercato di cessioni e costruito una squadra con pochi punti di riferimento e scarso equilibrio: inadatta al 3-5-2 che i suoi allenatori hanno continuato ad applicare come un tributo inevitabile all’identità del club - costruita su salvezze arcigne con questo modulo, calciatori fisici e gioco reattivo e verticale.
La cessione di Beto a fine calciomercato era stata in particolare molto difficile da rimpiazzare, nonostante Lucca sia stato in fondo una delle poche note positive dell’annata dell’Udinese. L’altro acquisto oneroso, Brenner, è stato un grande fallimento, anche a causa degli infortuni.
C’è molta curiosità intorno a Runjaić, perché la Serie A è un campionato conservatore ed è rarissimo che arrivi un allenatore straniero di così poca esperienza. Kosta Runjaić ha un passaporto da allenatore mitteleuropeo di inizio novecento. È nato a Vienna, ha nazionalità tedesca e genitori di origini serbe. In conferenza, con delizioso nostalgismo novecentesco, si definisce “jugoslavo” ed "europeo", inteso come qualcuno che è «interessato alla personalità delle persone e non alle loro origini». Un’identità di confine molto appropriata per il contesto friulano. Ha una lunga carriera minore in Germania, dove collaborava in alcuni club e nel frattempo vendeva assicurazioni. Poi si è messo in mostra al Darmstadt, dove ha vinto la Regionalliga Sud. Era comunque il 2010 e le migrazioni di Runjaićw erano solo all’inizio. Un altro momento di svolta è stato in Polonia, al Pogon Stettino, dove ha ottenuto due terzi posti eccezionali per la storia del club, qualificandosi anche in Conference League. Un’esperienza che gli è valsa la prima grande panchina in carriera, quella del Legia Varsavia, considerato il Bayern Monaco di Polonia, ma che lui ha preso in zona retrocessione. È un allenatore, insomma, che ha già dimostrato di saper costruire un ciclo, e di saper gestire situazioni complicate. E in più di lanciare giovani; Walukiewicz e Benedyczak sono stati lanciati nel Pogon, il trequartista albanese Muci nel Legia.
In estate hanno fatto scalpore i video dell’Udinese che si allenava con palloni giganti: un esercizio che sembrava fatto apposta per alimentare l’aura memetica che gira attorno ai friulani; palloni giganti per giocatori giganti. E poi c’è stata l’amichevole fantasma persa per 9-0 contro lo Shabab Al-Ahli Dubai Football Club, squadra allenata da Paulo Sousa, che in realtà aveva affrontato la primavera dell’Udinese.
Fuori dai meme, cosa dobbiamo aspettarci da Runajić?
Le sue squadre si sono contraddistinte per una grande cura della fase senza palla, e in particolare per un pressing a uomo portato in qualsiasi contesto. Tra le migliori prove delle sue squadre bisogna citare le grandi prestazioni d’intensità contro squadre fisicamente attrezzate come Aston Villa e AZ. Il suo Legia Varsavia praticava un pressing a uomo piuttosto aggressivo, con i centrali che uscivano fino al centrocampo per andare incontro all’avversario di riferimento. In carriera ha giocato col 4-3-3 ma al Legia è passato in maniera stabile al 3-4-2-1 che gli permetteva di essere più coperto nelle varie scalate in avanti.
Un gol segnato in casa dell'Aston Villa, messo solo per mostrarvi la spregiudicatezza del pressing del Legia in casa di una squadra inglese.
Col pallone Runjaić responsabilizzava molto i difensori centrali, che dovevano condurre e cercare dei filtranti taglialinee verso i due trequartisti che si smarcavano dietro le linee avversarie. Era una squadra che sapeva essere molto diretta, quando ne aveva l’occasione, e che anzi dava il meglio di sé quando le avversarie la andavano a prendere in alto e poteva sfruttare a proprio vantaggio l’aggressività altrui.
Al Legia Runjaić ha mostrato una grande organizzazione, ma ha pagato i limiti individuali - soprattutto atletici - della sua squadra. Non è un problema che avrà all’Udinese, storicamente una delle squadre più fisiche del campionato italiano. La versione di quest’anno non sembra fare eccezione, anche se mentre scrivo è difficile farsi un’idea troppo precisa di che Udinese vedremo.
Sul mercato l'uscita più significativa, per ora, è quella di Walace: un addio non di poco conto. È stato il miglior centrocampista dell’Udinese nella scorsa stagione, o comunque uno dei più importanti, pur con una flessione finale; un mediano scolastico col pallone, ma sottovalutato nelle sue letture difensive, davvero di alto livello. La squadra si è separata definitivamente anche dal “Tucu” Pereyra, rientrato un anno fa a stagione in corso un po’ per reciproca disperazione.
Al posto di Walace è arrivato Jesper Karlström dal Lech Poznan, probabilmente una richiesta di Runjaić. È difficile non vederci un passo indietro rispetto al brasiliano. È un altro mediano con buone letture difensive e ordinato nella distribuzione del gioco, ma tutto da testare a livello atletico in un campionato come la Serie A.
Più interessanti senz’altro gli acquisti offensivi. Sono arrivati due attaccanti di prospettiva, uno spagnolo e un cileno, che hanno vibes da Udinese primi anni 2000, quando i friulani erano considerati “l’Ajax italiano” per la capacità di scouting globale. Il primo si chiama Damián Pizarro, è un centravanti cileno, viene dal Colo Colo ed è stato pagato 6 milioni e mezzo di euro. Viene da una stagione in doppia cifra, in cui ha mostrato un interessante repertorio di finalizzazioni. Ha buoni movimenti, soprattutto tagli da sinistra verso il centro, o ad allargarsi. Ha un fisico spesso ma non è lento e in conduzione non è niente male. Difficilmente partirà titolare e avrà bisogno del fisiologico periodo d’adattamento, di solito anche più lungo per i centravanti, ma se vi piacciono i centravanti enfatici che vengono dal Sudamerica - doppi tagli ed esultanze estreme - tenetelo d’occhio. Un intervento per la rimozione di una cisti ossea ne sta rallentando l’inserimento.
Iker Bravo è un altro centravanti del 2005 che si contenderà con Pizarro gli Hunger Games per chi giocherà di più da giovane punta. Iker Bravo ha un curriculum particolare; ha già giocato nel Barcellona, nel Real Madrid, nel Bayer Leverkusen. Il suo passaggio dal Barça al Real durante gli anni giovanili fu piuttosto clamoroso. È uno di quei giocatori di cui si può fare una compilation fenomenale su YouTube senza troppo sforzo. È stato l’MVP degli Europei Under-19 giocati poche settimane fa e l’Udinese è stata attenta a opzionarlo prima del torneo. Con i capelli platinati, e una stempia già generosa, Iker Bravo è cresciuto nel mito di Fernando Torres. È un centravanti molto meno verticale e meno intenso nell’attacco della profondità, ma con un livello tecnico notevole. Un attaccante che compensa la non straordinaria forza fisica nei duelli con un gioco di raccordo pulito, e non privo di grandi intuizioni. È un giocatore da cui è davvero difficile capire cosa aspettarsi, praticamente senza esperienza, ma che sembra avere colpi notevoli. Calcia la palla davvero davvero bene, d’interno, di collo, anche d’esterno. Per facilitarne l’inserimento potrebbe essere usato nei due trequartisti.
Gianluca Nani - che fu dirigente del Brescia di Pirlo, Toni e Baggio - nella sua conferenza ha messo lo sviluppo dei giovani al centro di questo nuovo ciclo dell’Udinese: «Il marchio distintivo dell'Udinese è la ricerca e lo sviluppo del talento. Cercheremo giovani promettenti in tutto il mondo, portandoli in Italia per coltivare le loro abilità. Questa sarà la nostra base operativa. L'Udinese è un modello ammirato all'estero, e la vera sfida non è trovare i calciatori, ma svilupparli dopo la firma. Ci impegneremo a replicare i risultati ottenuti negli ultimi trent’anni».
Ora però bisogna parlare dell’arrivo più clamoroso, ovvero quello di Alexis Sánchez, che torna all’Udinese tredici anni dopo essere andato via. In coppia con Di Natale ha rappresentato una delle esperienze estetiche più entusiasmanti in un periodo buio per la Serie A, e ora torna all'Udinese per fare da chioccia ai giovani, ma anche per contribuire alla salvezza. A 36 anni è un giocatore capace ancora di momenti eccezionali, sempre più rari, però, all’interno delle partite. È perfetto come trequartista del 3-4-2-1 di Runjaić, ma col giusto supporto atletico dei compagni e con un dosaggio alchemico delle sue energie.
In mezzo sembra mancare qualcosa, così come in difesa il reparto sembra corto. Molto dipenderà da cosa vorrà fare il club con Jaka Bijol, reduce da un Europeo eccezionale. Lui, come il connazionale Lovrić, ha sofferto il contesto tattico confusionario dello scorso anno ma entrambi gli sloveni potrebbero tornare importanti con Runjaić. Nessuno dei due, però, è sicuro di restare al momento.
A centrocampo è arrivato anche un giocatore potenzialmente di culto come Jurgen Ekkelenkamp. Alto, slanciato e un po’ compassato, doveva essere la nuova grande mente del centrocampo dell’Ajax. Ha dovuto invece fare una gavetta più lunga ed è in Belgio, all’Anversa, che ha trovato la sua dimensione. A 24 anni arriva per 8 milioni, la stessa cifra della cessione di Walace. Pur essendo nato come centrocampista, sia all’Hertha che in Belgio ha giocato più avanzato: trequartista centrale o anche esterno, per mascherare i suoi difetti difensivi ed esaltarne invece la visione di gioco. È un centrocampista squisito quando può servire i filtranti in verticale, giocare di prima, associarsi con i compagni. Un acquisto davvero interessante, che potrebbe funzionare insieme a Payero e Sánchez. Dovrebbe giocare, soprattutto all’inizio, da trequartista di sinistra. L’impressione, però, è che un altro mediano d’equilibrio serva.
La situazione davanti è affollata, soprattutto se dovesse succedere come lo scorso anno, e cioè che dopo tante chiacchiere alla fine Samardzić rimanga a Udine. Nani ha parlato nei termini di chi non vuole svendere: «Samardzić è un giocatore dell’Udinese che non vogliamo vendere, è importante. Se dovesse arrivare una proposta che reputiamo all’altezza fa parte del nostro lavoro valutarla e discutere sia con il calciatore che con l’entourage e la squadra che propone». L'impressione però è che tutti questi arrivi preparino il terreno a una cessione del tedesco; in quel ruolo c'è affollamento, possono giocare Thauvin, Ekkelenkamp, Sánchez, Brenner, Success, Pafundi (!) e il giovane Pejičić, che ha già esordito lo scorso anno e su cui è lecito nutrire aspettative. Anche Payero e Lovrić possono essere avanzati nel caso. Deulofeu invece ha malinconicamente annunciato che non farà parte della rosa 2024/25 per provare a recuperare finalmente dal grave infortunio.
Nelle prime amichevoli la squadra ha giocato facendo volentieri a meno del pallone, ma mostrando grande quadratura difensiva. L’Udinese si è schierata con un blocco medio che diventava aggressivo all’altezza del centrocampo, soprattutto quando la palla passava dall’esterno. Un blocco che si alzava in pressing a uomo su rimessa del portiere, e che retrocedeva più in basso in altre situazioni. È forse presto dirlo, e gli avversari non sono certo stati incredibili, e mancano ancora tanti titolari, ma si è visto qualcosa nella disciplina mostrata dalla squadra, che era mancata nell’ultimo anno e mezzo, in cui l’Udinese è sembrata una squadra soprattutto moscia.
In quanto allenatore straniero e senza un curriculum particolarmente vistoso, Runjaić sarà sotto pressione fin dall’inizio, ma ne ha passate talmente tante che è difficile immaginarlo troppo teso. È un uomo di mondo. In un’intervista rilasciata in Polonia aveva scolpito una massima cinica che denota la grande consapevolezza dei rischi del proprio lavoro: «Celebrate today, get fired tomorrow».
Miglior scenario possibile
L’Udinese fatica a trovare spunti offensivi ma dietro concede poco, grazie anche alla permanenza di Bijol. Col tempo Alexis Sánchez trova la condizione e i giovani iniziano ad ambientarsi, la squadra si eleva fino alla parte sinistra della classifica. Fa un campionato tranquillo, in cui riesce a mettere in mostra i suoi giovani migliori. Esteves è la rivelazione della Serie A e Festy Ebosele, con una stagione da 5 gol e 7 assist, verrà venduto l’estate dopo all’Aston Villa per 35 milioni di euro.
Peggior scenario possibile
Al 29 settembre l’Udinese deve ancora vincere una partita in Serie A, e ha due soli punti, ottenuti grazie ai pareggi con Parma e Roma. La sconfitta col Como mette i tifosi di cattivo umore, la panchina di Runjaić inizia a ballare e si vocifera di un ritorno di Sottil, che sarà definitivo dopo il 4-0 in casa contro l'Inter. La squadra avrà una stagione simile allo scorso anno, con salvezza ottenuta all’ultima giornata contro una Fiorentina senza obiettivi: gol di Sánchez su rigore, che poi si toglierà la maglia e la mostrerà al pubblico di Udine come Messi nel Clásico.
Giocatore da tenere d’occhio
All’Udinese sono arrivati alcuni giovani interessanti che, a differenza degli scorsi anni, non hanno qualità solamente atletiche. Se siete romantici e vi piacciono i centrocampisti olandesi che giocano a testa alta dovete tifare per Jurgen Ekkelenkamp. Se al Fantacalcio siete in una lega molto affollata un credito su Brenner potrebbe avere senso.
Peggiore cessione
In attesa di capire il destino di Samardzić e Bijol, siamo sicuri che l’Udinese abbia calcolato bene i rischi della cessione di Walace? Il giocatore aveva qualche problema con l’ambiente. Con la fascia di capitano addosso, non aveva reagito bene ai fischi dei tifosi dopo il pareggio contro la Salernitana. Voleva andare via, pur senza avere grande mercato, ed è tornato in Brasile. Dunque il club poteva farci poco, ma Walace aveva una grande influenza tattica sulla squadra, era importante per le sue letture difensive, soprattutto per una squadra che tendeva a perdere le distanze. Per ora non sono arrivati mediani alla sua altezza, almeno sulla carta, e allora l’Udinese dovrà tamponare la sua perdita con una maggiore organizzazione collettiva.