Quando Jaka Bijol ha girato sul secondo palo quel colpo di testa obiettivamente complicato, l’Udinese ha segnato una rete che, come si dice in questi casi, era nell’aria. Come se il gol fosse un virus che si presenta con tutte le avvisaglie del caso: raschietto alla gola, senso di spossatezza, mal di testa. Sintomi che si erano visti nelle diverse transizioni che l’Udinese ha portato ai fianchi dell’Inter a partire dalla metà del secondo tempo. Il palo di Deulofeu, la conclusione di Samardzic e quella di Walace, respinta goffamente coi piedi da Handanovic. Tutti indizi che alla fine fanno una prova. I neroazzurri attaccavano con la frenesia di chi non può lasciarsi sfuggire la vittoria dalle mani, e aprono la guardia. L’Udinese sapeva di poter subire il gol del 2-1, ma sapeva anche di poterlo segnare, e al secondo posto in campionato, con alle spalle il vento di quattro vittorie consecutive, è più facile essere ottimisti.
Il gol di Bijol arriva da calcio d’angolo, e dieci minuti dopo c’è il 3-1 di Torgay Arslan con un colpo di testa in tuffo che corona l’ennesima transizione furiosa, condotta dai due giocatori più tecnici della squadra, Deulofeu e Samardzic. Oggi l’Udinese è terza in campionato, dietro Atalanta e Napoli, e dopo 7 giornate non può essere casuale.
Nove anni fa i friulani partecipavano alla loro ultima competizione europea, ai preliminari d’Europa League, dove la squadra venne eliminata dal modesto Slovan Liberec. Un finale un po’ mesto di una storia europea che durava ormai da qualche anno, e che ha avuto il suo apice e il suo punto d’esplosione nel celebre cucchiaio di Maicosuel. Quell’anno la squadra chiuse il campionato su un anonimo tredicesimo posto che segnò la fine dell’era Guidolin, la migliore della storia dell’Udinese.
Questi nove anni sono trascorsi senza sussulti, se non per qualche stagione passata con la paura di retrocedere. Per il resto l’Udinese ha rappresentato una squadra della classe media da cui non aspettarsi mai granché, senza una precisa identità di gioco e con uno scouting progressivamente impoverito. Un club noto per scovare giovani sorprendenti in ogni anfratto del mondo, si è accontentato di vivacchiare: troppo forte per non retrocedere, troppo debole per poter ambire a una nuova qualificazione europea. Le squadre sono state costruite seguendo questo umile sogno di metà classifica, dei 3-5-2 senza particolari guizzi, fatti da giocatori fisicamente strutturati ma senza creatività. I pochi talenti passati per Udine, come Rodrigo De Paul, sembravano predicare nel deserto, uno spreco.
Le cose hanno cominciato a prendere una piega interessante nel girone di ritorno della scorsa stagione, quando il club ha deciso di sostituire in panchina Luca Gotti con Gabriele Cioffi. Una decisione non del tutto comprensibile in quel momento, ma che ha portato subito risultati. Il gioco della squadra si è sciolto intorno ai sofisticati istinti offensivi di Gerard Deulofeu, alla pericolosità in area di Destiny Udogie, alla forza fisica di Beto e alla tecnica di Nahuel Molina. L’Udinese ha abbandonato anni di calcio reattivo, e ha iniziato a far gol con una regolarità piuttosto sorprendente. L’addio di Cioffi in estate sembrava una battuta d’arresto a questa crescita, ma Andrea Sottil, arrivato a sostituirlo, pare invece aver portato la squadra su un livello diverso.
Dopo la sconfitta alla prima giornata contro il Milan, e l’interlocutorio pareggio contro la Salernitana (arrivato con un uomo in meno), sono arrivate solo vittorie, alcune clamorose, contro squadre con ambizioni più alte: l’1-0 alla Fiorentina, il 4-0 alla Roma il 3-1 all’Inter. L’Udinese ha oggi il miglior attacco del campionato con 15 gol segnati, più di due a partita.
L’Udinese ha mantenuto la sua identità di squadra atleticamente formidabile, capace di portare un’intensità in campo rara nel nostro campionato. Contro l’Inter, che è una squadra che ama blandire la partita col palleggio e abbassare i ritmi, l’Udinese è stata intransigente nel suo pressing uomo su uomo nella metà campo offensiva. L’esterno destro Pereyra si alzava fino al centrale di sinistra Bastoni, lasciando Becao a prendere Darmian, cioè l’esterno sinistro dell’Inter.
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È stata un pressing molto ambizioso, inconsueto da vedere in Serie A, specie se a portarlo è la squadra meno attrezzata. Nel secondo tempo l'Udinese si è abbassata, ma è interessante che questo atteggiamento spregiudicato sia arrivato proprio contro l’Inter. Nelle altre partite l’Udinese aveva mantenuto un assetto difensivo più prudente, adattandosi agli avversari con vari accorgimenti strategici. Contro la Roma, che fatica ad attaccare difese schierate, per esempio, l’Udinese si è preoccupata soprattutto di schermare le ricezioni dei trequartisti, Dybala e Pellegrini, spegnendo la fonte creativa degli avversari. La squadra difende sempre in modo intenso e attivo, ma l'altezza del campo in cui prova la riconquista varia a seconda della partita. Il campione statistico non è ancora del tutto significativo, ma finora l’Udinese è la terza squadra nel PPDA (cioè la terza a concedere più passaggi agli avversari prima della riconquista), ha il sesto baricentro più basso del campionato ed è terzultima nel dato che misura il dominio territoriale. Aver giocato già contro Inter, Roma e Milan di sicuro influenza questi numeri, ma l’Udinese ha comunque bisogno di aprirsi il campo in avanti per le proprie transizioni.
L’Udinese resta una squadra che ama attaccare con uno stile molto diretto e verticale. Il modo in cui lo fa, però, non è affatto banale ed è l’aspetto in cui si vede di più la mano di Sottil. Il club ha ceduto i due esterni offensivi titolari, prima Molina e poi Soppy, e alla terza uscita contro il Monza il tecnico ha avuto l’intuizione di far giocare in quella posizione Roberto Pereyra. Dopo la vittoria Sottil ha detto che «Pereyra in quella posizione era un'idea che avevo già dalla scorsa giornata, è un giocatore importante che mi ha dato grande disponibilità anche da capitano». Pereyra è l’unico superstite della squadra che si qualificò in Europa League dieci anni fa e se in passato gli era già capitato di ricoprire quel ruolo, era difficile immaginarlo lì a fine carriera. Pereyra però interpreta il ruolo con grande libertà, e aggiunge imprevedibilità e rotazioni a una squadra che ama attaccare con grande fluidità sulle catene laterali. L’idea dell’Udinese è risalire il campo dai lati per poi tornare al centro negli ultimi metri. Il lato destro è quello più sollecitato, con rotazioni continue. Pereyra offre un appoggio sicuro nell’uscita dal basso, ma nella metà campo offensiva tende ad accentrarsi. La sua posizione in ampiezza viene coperta da Deulofeu (che si muove su entrambi i lati) o addirittura da Becao. In quella zona di campo l’Udinese fa tanta densità e avvicina tutti i suoi giocatori di maggior qualità in spazi stretti, compreso Sandi Lovric, rivelazione di questo inizio di stagione. L’Udinese ha grande atletismo e intensità, ma questi risultati sono arrivati anche grazie a un undici fatto da giocatori più tecnici del solito. Al posto di Lovric talvolta ha giocato Lazar Samardzic, che ha piedi squisiti.
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Nella prima immagine Deulofeu è a destra con Pereyra che stringe; nella seconda vediamo Becao sovrapporsi; nella terza si scambia invece la posizione con la mezzala Lovric; nella quarta c’è una transizione offensiva corta dopo un recupero a sinistra, e Pereyra è furbo a farsi trovare subito in zona centrale dove offre spesso rifiniture d’alta scuola.
In quella zona Becao viene usato in modo spregiudicato, alzandolo in fase di possesso per dare copertura in caso di transizione difensiva, ma anche permettendogli inserimenti profondi. Come detto nell’intervista a Sky - in cui ha ripetuto diverse volte l’importanza dell’intensità e della verticalità - per Sottil è importante che la squadra attacchi con tanti uomini.
La catena di sinistra viene usata invece di più per finalizzare il gioco e sfruttare il tempismo negli inserimenti di Udogie. Anche da quel lato però l’Udinese mostra una grande fluidità. Nell’occasione sotto, per esempio, con Makengo in possesso Udogie si libera dietro la linea dell’Inter in zona più centrale ed è Deulofeu ad attaccare l’ampiezza.
Quando l’Udinese parte in transizione, insomma, i suoi giocatori riescono a occupare i corridoi del campo sempre con grande intelligenza, non dando mai riferimenti agli avversari. Come avrete capito, in questo contesto Gerard Deulofeu rimane il metronomo di tutte le rotazioni offensive. Si muove con una libertà assoluta, offrendo sempre appoggio in zona palla e allargandosi spesso sull’esterno. Nel gol di Udogie contro la Roma l’azione dell’Udinese passa da sinistra a destra grazie al lavoro di cucitura di Deulofeu sulla trequarti, che spazia su tutto lo spettro orizzontale. Il catalano è l’architetto delle rapide transizioni della squadra, che esaltano la tensione verticale che ha sempre avuto in carriera, ma negli ultimi due anni sta mostrando un’intelligenza negli smarcamenti e nelle letture in continua crescita.
Come notato da Jacopo Azzolini, l’Udinese è un altro esempio di squadra in grado di modernizzare il 3-5-2, un modulo tipico della Serie A, ma spesso troppo schematico e prevedibile. È curioso che la più grande prestazione stagionale sia arrivata contro una squadra di Simone Inzaghi, un altro tecnico che ha usato quel modulo con tante rotazioni e fluidità negli ultimi anni.
Oggi l’intensità e l’atletismo che porta in campo l’Udinese sembra fuori scala per molte squadre di Serie A. Viene in mente l’intervista di Ivan Juric a Paolo Condò di qualche giorno fa. L’allenatore del Torino ha sottolineato la differenza tra Serie A e Premier League soprattutto in termini di ritmo e intensità. Ha anche detto che spesso si fraintende la fisicità con la stazza dei giocatori, mentre bisognerebbe considerare il loro dinamismo, la capacità di coprire campo ad alti ritmi. L’Udinese è una squadra ricca di giocatori con queste caratteristiche, e l’intensità e l’atletismo che porta in campo sono spesso difficili da fronteggiare per le compassate squadre italiane.
Ora l’Udinese è a un punto dal primo posto e non sarebbe giusto aspettarsi che possa continuare a questi ritmi. La squadra sta vivendo un momento di grazia dal punto di vista realizzativo, ed è quella con la conversione dei tiri più alta in Serie A. Cioè la squadra che sta segnando più gol rispetto a quelli attesi (dati Statsbomb via Fbref). I dati sugli xG non sono particolarmente incoraggianti ed è lecito aspettarsi che l’Udinese smetta di segnare con questa facilità. L’Udinese però è già riuscita nel lavoro più importante del suo campionato: fare tanti punti presto, lasciarsi alle spalle i bassifondi in cui proliferano il pessimismo e l’ansia. Ora la squadra può giocare con una spensieratezza adatta a una rosa giovane e che vuole praticare un gioco offensivo. Se oggi resta difficile pronosticare un ritorno dell’Udinese in Europa, la squadra ha però ritrovato la voglia di stupire smarrita negli ultimi dieci anni.