Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Come giocava l'Udinese di Zaccheroni
01 apr 2020
La squadra che portò il 3-4-3 in Italia.
(articolo)
15 min
Dark mode
(ON)

Quando non scrivo su queste pagine, la mia vita si divide tra il mio vero lavoro, da chimico, e quello invece saltuario, che nasce dalla mia passione per il calcio, come allenatore di una piccola squadra di Under 13. Ho iniziato ad allenare nella stagione calcistica 98/99. Lo storico tecnico della nostra squadra - l'ASD Pallavicino, il quartiere di Palermo dove sono cresciuto - che mi aveva iniziato ai principi della zona e del 4-3-3 era stato infatti chiamato l’anno precedente ad allenare nel settore giovanile del Messina. Era un'epoca in cui la maggior parte degli allenatori erano orientati su rigide marcature a uomo (il 5 a marcare il 9, il 2 l’11 e il 4 il 10, e così via...) e in cui persino dare un numero di maglia insolito a un centravanti si configurava come una mossa tattica. Ma non voglio farvela lunga: il sostituto di quel vecchio allenatore si era dimesso dopo una sola stagione e quell’anno, piuttosto che andare alla ricerca di qualche vecchio allenatore di squadre dilettanti, la scelta dell'ASD Pallavicino ricadde per qualche ragione su di me, che mostravo interesse e passione per il ruolo. Io, però, in realtà giocavo ancora.

Alla fine decisi di accettare, pur non rinunciando a giocare, ricoprendo così il doppio incarico di allenatore-giocatore. Grazie agli allenatori precedenti, pur nella modestia tecnica di una squadra puramente dilettantistica, i miei compagni di squadra conoscevano già i congegni dei moderni 4-3-3 e 4-4-2, ma io volevo mettermi alla prova con qualcosa di diverso. La stagione precedente, infatti, ero rimasto impressionato dall'Udinese di Zaccheroni, di cui avevo registrato alcune partite su videocassette VHS. Al punto che volevo che la mia prima squadra giocasse come quella Udinese.

Da dove esce l'Udinese di Zaccheroni

Il 13 aprile 1997 l’Udinese affronta la Juventus allo Stadio delle Alpi di Torino per la ventisettesima giornata del campionato di Serie A. Prima della partita i friulani occupano l’undicesimo posto in classifica e la trasferta in casa della capolista sembra proibitiva. La Juventus campione d’Europa è infatti reduce da una splendida prestazione ad Amsterdam contro l’Ajax nella semifinale di Champions League, una sorta di rivincita della finale di Roma dell’anno precedente.

Per l'Udinese, poi, la partita inizia malissimo: dopo soli 3 minuti di gioco viene espulso per proteste il terzino destro Regis Genaux che lascia così in 10 i propri compagni di squadra. La mossa più prevedibile per ovviare all’inferiorità numerica sarebbe quella di tramutare il 4-4-2 di partenza - il modulo di gioco abitualmente utilizzato dall’Udinese - in un 4-4-1 sostituendo uno degli attaccanti con uno dei terzini disponibili in panchina, Valerio Bertotto o Pier Luigi Nicoli. A sorpresa, però, Zaccheroni non rinuncia però né a Oliver Bierhoff né a Marcio Amoroso, ma sacrifica l’esterno sinistro Tomas Locatelli inserendo il ghanese Mohammed Gargo, capace di giocare sia in mezzo al campo che in difesa. Con l’ingresso in campo di Gargo, Zaccheroni abbandona la difesa a 4, schierando il ghanese al fianco di Pierini e Calori in una linea a 3 e disegnando un inedito 3-4-2.

E quello che succede dopo ha dell'inspiegabile. L’Udinese in 10 uomini vince 3-0, espugnando il campo della Juventus dopo 35 anni, complici anche i due rigori sbagliati, peraltro con la squadra già in svantaggio di 3 reti, da Vieri e Zidane. Da quel momento in poi Zaccheroni si convince a optare definitivamente per il 3-4-3 con cui la squadra comincia quasi letteralmente a volare. La domenica successiva vince a Parma, contro la squadra di Cannavaro, Thuram, Crespo, Chiesa, del giovane Buffon e ovviamente Ancelotti, che contenderà fino all’ultimo lo scudetto ai bianconeri. Con l’impressionante ruolino di marcia di 6 vittorie e un pareggio nelle ultime 8 giornate di campionato giocate con il nuovo modulo di gioco l’Udinese raggiunge il quinto posto e la qualificazione alla Coppa UEFA dell’anno successivo.

Nella sua prima versione del 3-4-3 l’Udinese schiera in difesa Gargo o Bia, Pierini e Calori, i due interni sono Giannichedda e Rossitto, i due esterni Helveg e Sergio, mentre in attacco Paolino Poggi affianca Biehroff e Amoroso. Allora Zaccheroni era un giovane allenatore di 44 anni dal modestissimo passato da calciatore che ha costruito la sua carriera partendo dai campionati minori della Romagna.

Zaccheroni è un tecnico di ispirazione sacchiana e inizialmente predilige il 4-4-2 e la difesa a zona, pur frenando sulla cosiddetta tattica del fuorigioco tanto utilizzata specie negli anni precedenti. Dopo avere condotto il Riccione dall’Interregionale alla C2 e il Baracca Lugo addirittura sino alla serie C1, Maurizio Zamparini lo ingaggia al Venezia, che Zaccheroni porta ad una promozione in Serie B. Dopo un passaggio al Bologna, ottiene una salvezza tranquilla in Serie B con il Cosenza, partito con 9 punti di penalizzazione e imbottito di giovani. L’esperienza in Calabria gli vale la chiamata di Pozzo per la panchina dell’Udinese appena promossa in Serie A. Alla sua prima stagione Zac raggiunge un ottimo decimo posto, seguito appunto dal quinto posto della stagione conclusa adottando nelle ultime 8 partite il modulo di gioco 3-4-3.

All’epoca il modulo di gioco definiva in maniera precisa l’identità di una formazione, o meglio, sicuramente più precisa di oggi, in cui la fluidità posizionale è ormai patrimonio comune di tutte le squadre. I moduli di gioco più diffusi erano il 4-4-2, spesso associato a squadre più quadrate e attente all’equilibrio e il 4-3-3, collegato a un gioco più coraggioso e spregiudicato. In Italia la difesa a 3 era diffusa nella versione del 3-5-2, portato al successo principalmente da Nevio Scala a Parma, mentre nel resto d’Europa il filone olandese-catalano metteva in mostra splendide versioni del 3-4-3 con il centrocampo a rombo e due veri ali sulle fasce. L’Ajax di Van Gaal, ad esempio, proprio con quel modulo negli anni precedenti aveva raggiunto due volte la finale della Champions League, vincendo quella contro il Milan e perdendo ai rigori quella contro la Juve, e aveva vinto la Coppa Intercontinentale.

Il successo del nuovo modulo di gioco nella parte finale della stagione 96/97 convince il tecnico Zaccheroni a puntare sul 3-4-3 anche per la stagione successiva. La squadra si rinforza con gli acquisti del nazionale belga Johan Walem dall’Anderlecht, del giovane esterno Jonathan Bachini dal Lecce e del nazionale Under 21 danese Martin Jorgensen dall’Aarhus. I primi due prendono posto nell’undici titolare: Walem affianca Giannichedda in mediana, mentre Bachini prende possesso della fascia sinistra. In difesa il veloce Bertotto completa il reparto arretrato con Calori e Pierini schierato sul centro sinistra, Helveg occupa la fascia destra e viene riconfermato il trio d’attacco Poggi, Bierhoff, Amoroso, con Jorgensen e il talentuoso Locatelli come primi cambi.

Le novità

Il quinto posto della stagione precedente vale ai friulani la partecipazione alla Coppa UEFA. Dopo avere eliminato nel primo turno i polacchi del Widzew Lodz, il sorteggio assegna all’Udinese la sfida contro l’Ajax. Certo, non è l'Ajax dominante di Van Gaal degli anni precedenti, ma una versione ridotta, affidata al danese Morten Olsen. Lo scontro tra le due squadre è tatticamente molto interessante e mette bene in evidenza le differenze tra il 3-4-3 con il centrocampo a rombo giocato dagli olandesi e parecchio analizzato anche negli anni a venire e il 3-4-3 di Alberto Zaccheroni.

Quello dell’Ajax è infatti un calcio molto più ragionato in cui la squadra, tramite il palleggio, prova a risalire compatta il campo creando zone di superiorità numerica e posizionale sugli avversari. Fondamentali, in questo senso, sono i movimenti dei vertici dei due rombi che il modulo di gioco disegna in difesa e a centrocampo. Il vertice basso del centrocampo, in questa partita il nigeriano Sunday Oliseh – ex Reggiana e futuro acquisto, con scarso successo, della Juve di Ancelotti – come è da tradizione olandese può abbassarsi sulla linea della difesa in fase di costruzione per creare superiorità o scambiare la propria posizione con Danny Blind, il vertice arretrato. Più avanti è il finlandese Litmanen a muoversi liberamente partendo dalla zona di trequarti per garantire sempre una soluzione di passaggio ai suoi compagni. Il compito di tenere corta e compatta la squadra è affidata alla strategia di palleggio e non alla corsa della squadra.

Di tutt’altra natura è invece il 3-4-3 disegnato da Zaccheroni. Il calcio progettato dall’allenatore romagnolo è molto più diretto e verticale e lo stesso tecnico ne ha più volte spiegato le origini concettuali. L’idea di partenza è quella di utilizzare tre attaccanti e sfruttare le combinazioni tipiche del 4-3-3, senza però costringere i due esterni offensivi ai ripiegamenti che di fatto tramutano il 4-3-3 in un 4-5-1 in fase di non possesso. Il 3-4-3 costruito in questo modo evita anche le storture difensive che può assumere il 3-5-2, come quello del Parma di Nevio Scala o della Germania vincitrice degli Europei del 1996 o del Borussia Dortmund che aveva appena conquistato la Champions League, che finisce per trasformarsi quasi inevitabilmente in un 5-3-2 in fase difensiva che abbassa la squadra e la costringe ad avere un baricentro troppo basso. Per ovviare a quelli che lui ritiene i due principali difetti dei moduli con la difesa a 3 maggiormente utilizzati, Alberto Zaccheroni disegna così il suo 3-4-3 con il centrocampo in linea.

Il gioco mira a coinvolgere più frequentemente e più velocemente possibile gli attaccanti. Le due punte esterne giocano a piede invertito e, a differenza che nel 4-3-3 ortodosso, non partono troppo larghe, ma si posizionano preferibilmente in quelli che oggi sono chiamati half-spaces. Amoroso a sinistra e Paolo Poggi a destra, smarcandosi con movimenti a ricciolo, possono ricevere il pallone direttamente dai passaggi verticali dei due esterni della difesa a 3, Bertotto e Calori. Dopo la ricezione, l’opzione principale è quella di condurre il pallone verso il centro del campo per vedere i movimenti del centravanti e della punta del lato opposto che possono entrambi tagliare alle spalle o davanti ai difensori attaccando la profondità o, in maniera alternata, venire incontro per ricevere sulla figura. Anche quando la palla è in possesso degli esterni, Amoroso e Poggi preferiscono ricevere internamente, tagliando verso il centro del campo, limitando gli smarcamenti in ampiezza a zone lontane dalla porta avversaria. Un’altra soluzione offensiva particolarmente ricercata è il lancio lungo verso Olivier Bierhoff, dominante nella gestione delle palle alte in ogni zona del campo, da spizzare alle sue spalle verso gli inserimenti in profondità dei suoi due compagni di reparto o da giocare di sponda sul movimento sotto palla di uno dei due attaccanti esterni. L’ampiezza è garantita dai due esterni, Helveg e Bachini, che attaccano lo spazio sulle ricezioni delle punte, per ricevere in corsa e giungere al cross.

Un’azione tipica dell’Udinese di Zac. Lancio lungo diretto del portiere Turci verso Bierhoff, spizzata su Poggi alle sue spalle, che apre su Helveg che arriva in corsa. Cross del danese e conclusione chirurgica di Bierhoff.

Le tre punte sono centrali nel gioco di Zaccheroni, sia in fase di rifinitura che di finalizzazione, e questo aspetto del gioco è confermato dal fatto che più del 75% dei 62 gol in campionato sono realizzati da attaccanti. A primeggiare è Oliver Bierhoff, campione d’Europa con la Germania, che quell'anno vince il titolo di capocannoniere con 27 gol. E insomma non è una stagione normale per fare l'attaccante in Serie A, quella. Basti sottolineare che Bierhoff lascia dietro sé nell’ordine, Ronaldo, Baggio, Del Piero, Batistuta, Montella e Inzaghi.

Le combinazioni in velocità tra gli attaccanti, supportate dalle soluzioni in ampiezza degli esterni, sono difficilmente controllabili dalle difese avversarie. Bierhoff gioca da centravanti totale, Amoroso mette in mostra la sua tecnica unita alla agilità tagliando da sinistra a destra, mentre Paolo Poggi spicca per capacità di lettura degli spazi da attaccare e per la qualità delle finalizzazioni con il piede sinistro.

Un’altra azione classica dell’Udinese. Amoroso riceve sul centro-sinistra, conduce palla verso il centro e serve Poggi che viene incontro. Gioco a muro di Poggi, e filtrante di Amoroso per il taglio in profondità di Bierhoff.

La costruzione bassa è snella e finalizzata a cercare prima possibile il passaggio in verticale verso le punte. I due interni non si abbassano mai sulla linea dei difensori a giocare il pallone, ma rimangono in posizione e ricevono preferibilmente il pallone dagli esterni o dalle sponde delle punte. Anche le loro giocate sono orientate alla ricerca del reparto offensivo o, in alternativa, alla ricerca della profondità sulle fasce servendo le corse senza palla degli esterni.

In fase di non possesso la volontà di Zaccheroni è realmente quella di difendere con una difesa a 3 evitando il più possibile che i due esterni si abbassino sulla linea dei difensori. Per questo la squadra, nonostante la verticalità, tende a rimanere corta grazie al dinamismo di Walem e Giannichedda che accompagnano l’azione e che consentono alla squadra di giocare buone fasi di riaggressione immediata dopo la perdita del possesso. In generale la squadra tende a essere attiva nella fase difensiva, utilizzando il pressing come mezzo di riconquista del pallone.

A primeggiare nell’efficacia del pressing è Giuliano Giannichedda, mentre il suo compagno di squadra Walem è più brillante, con il suo mancino, nella distribuzione del pallone. Sul lato forte sono sempre i due esterni ad alzarsi in pressione, senza preoccuparsi di lasciare spazio alle proprie spalle, che viene coperto da uscite sin fino alla linea laterale degli esterni della difesa a 3. Gli attaccanti laterali rimangono così più alti e posizionati più centralmente, immediatamente disponibili per un’eventuale ripartenza. L’esterno opposto invece controlla il lato debole, pronto a coprire un eventuale inserimento di un avversario alle spalle dell’ultimo dei tre centrali.

La fase di non possesso è interpretata secondo i principi di controllo dello spazio tipici della zona con uscite codificate, quanto la squadra è ordinata, in funzione della posizione del pallone. Chiaramente il controllo dell’ampiezza, con una difesa che frequentemente tenta di mantenere la linea a 3, obbliga inevitabilmente i quinti di centrocampo a scivolare sull’esterno e a leggere e ad interpretare, al di là della codifica delle situazioni di gioco, in maniera specifica ogni singola azione. Inoltre la linea a 3 favorisce, grazie alla doppia copertura, una buona aggressività sugli attaccanti avversari in zona centrale. La volontà di mantenere la squadra corta, alzando quindi la linea, unita all’aggressività in fase di riaggressione, espone talvolta la squadra alle ripartenze avversarie che la linea a 3 gestisce temporeggiando e chiudendosi internamente per proteggere la propria porta indirizzando verso l’esterno la manovra avversaria.

I risultati

In definitiva, l’Udinese è una squadra diretta, intensa, che ama attaccare presto e velocemente e mettere sotto pressione le difese avversarie cercando sempre giocate decisive con le combinazioni degli attaccanti e gli inserimenti degli esterni. Per sostenere le tre punte e dispensarle il più possibile da compiti difensivi ,e nonostante prediliga il gioco lungo, la squadra prova sempre a rimanere corta, riducendo le distanze tra i reparti.

L’innovativo 3-4-3 di Zaccheroni, sperimentato con successo sul finire della stagione 96/97, regala ai friulani una stagione da sogno. L’Udinese raggiunge il terzo posto alla dodicesima giornata e rimane ai vertici della classifica per parecchio tempo. Batte l’Inter in casa, vince due volte a Roma, contro la Lazio e contro i giallorossi di Francesco Totti e Abel Balbo. A inizio aprile ha un piccolo rallentamento, perdendo in due trasferte consecutive a Bologna e contro l’Inter, scendendo così al sesto posto in classifica. Quattro vittorie con 11 gol realizzati nelle ultime 4 partite riportano però l’Udinese ad uno storico terzo posto che, ai tempi, valeva solo la qualificazione alla fase finale di Coppa UEFA.

A fine stagione Zaccheroni, accompagnato da Bierhoff ed Helveg, viene scelto dal Milan per sostituire Fabio Capello. A Milano il tecnico romagnolo demolisce la sacralità della ormai più che decennale difesa a 4 del Milan, portando a San Siro il suo 3-4-3 che nel corso della stagione virerà verso il 3-4-1-2 per mettere Boban nelle migliori condizioni di esprimere il suo talento. A Udine arriva invece Francesco Guidolin che porterà i friulani a un buon sesto posto e alla qualificazione UEFA dopo lo spareggio contro la Juventus. Marcio Amoroso vincerà la classifica cannonieri con 22 gol, 2 in più di quelli realizzati da Bierhoff al Milan. D’estate Amoroso e Walem andranno al Parma, Bachini alla Juventus, Pierini alla Fiorentina e, a gennaio, Poggi verrà acquistato dalla Roma.

Insomma, dopo quella stagione l’Udinese di Zaccheroni non esiste più. Quello che rimane è però il ricordo di quel 3-4-3, che alla fine degli anni novanta ha costituito un’esperienza abbastanza singolare nel calcio dell’epoca. Un modo di giocare che nasceva da una sintesi originale e spregiudicata che tanti allenatori adottarono negli anni a seguire e che ancora oggi viene frequentemente utilizzata. Senza dimenticare, poi, che bisognerà aspettare altri 14 anni per vedere nuovamente un’altra provinciale sul podio della Serie A. Sarà ancora una volta l’Udinese, questa volta guidata da Guidolin, a raggiungere il terzo posto nel 2011/12. Solamente l’Atalanta di Gasperini, lo scorso anno, riuscirà ancora una volta a inserirsi tra le grandi nei primi tre posti del campionato.

Per quanto riguarda la mia squadra, invece, quell’anno con il 3-4-3 di ispirazione zaccheroniana arrivammo a una sorta di spareggio casalingo all’ultima giornata per accedere ai playoff promozione. Noi avremmo dovuto vincere, mentre ai nostri avversari sarebbe bastato un pareggio per centrare i playoff. Finì 0-0: il nostro 3-4-3 spregiudicato e offensivo non riuscì a scalfire il muro costruito dai nostri avversari. La ricordo, però, ancora oggi come una stagione indimenticabile.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura