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Il veleno di TJ Dillashaw
08 ago 2018
A UFC 227 sono andati in scena due incontri da ricordare.
(articolo)
10 min
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Nel bel mezzo del picco di caldo estivo, giusto in tempo per esordire su DAZN che ne ha raccolto i diritti dalla defunta propaggine italiana di Fox Sport, la più importante promotion al mondo ha messo in scena un altro evento che entra nella storia di questo sport ancora giovane (ma neanche troppo).

UFC 227 ha regalato momenti indimenticabili, con la rivalità tra TJ Dillashaw e Cody Garbrandt che sembra arrivata a conclusione, almeno per ora, o quella tra Demetrious Johnson e Henry Cejudo che ci ha regalato il più grosso colpo di scena degli ultimi mesi e forse l’incontro più bello della storia dei pesi Mosca UFC.

Il veleno del serpente

Nessuno avrebbe pensato che l’epiteto affibbiato a TJ Dillashaw da Conor McGregor sarebbe diventato qualcosa di cui il campione dei gallo potesse andare fiero. “The Snake in the grass”, il serpente nell’erba, per via del tradimento di Dillashaw nei confronti della sua palestra d’origine, l’Alpha Male, la stessa di Cody Garbrandt, ha assunto un senso nuovo oggi, ricontestualizzato dallo stesso Dillashaw in riferimento al suo stile di combattimento elusivo e veloce.

La facilità con cui Dillashaw cambia guardia e si muove all’interno dell’ottagono è impressionante. TJ lotta in maniera diversa rispetto ai suoi avversari, e al suo confronto Garbrandt “gioca a un gioco pericoloso”, come ha detto lui stesso. Lo stile da stand and banger di Garbrandt, disposto a subire colpi pesanti pur di andare a segno, lo aveva portato già alla sua prima sconfitta da professionista, sempre contro TJ, e gli è costato caro anche questa seconda volta.

Forse per questo Ibra non aveva dubbi prima dell’incontro.

TJ Dillashaw ha colpito sempre con un attimo di anticipo il suo avversario, noto per caricare i colpi. I ganci larghi di Garbrandt sono andati a segno, ma smorzati, appena dopo che Dillashaw lo aveva raggiunto. TJ ha scommesso tutto sulla maggiore velocità, sul suo footwork versatile, immediato e continuo, basato su una magistrale gestione delle distanze.

Dillashaw è un maestro dell’avanzare e dell’indietreggiare. La sua gestione del match e dei momenti è quella del fighter esperto e sin dai primi movimenti ha mandato un segnale a Garbrandt, impedendo che lo mettesse spalle a parete. Inseguire un fighter estremamente mobile come Dillashaw costa delle energie, molte energie. Se poi si è dei combattenti molto offensivi, come Garbrandt, ci si espone a rischi molto alti.

La stance di Dillashaw è abbastanza frontale, nonostante cambi spesso lato verso il quale girare e braccio avanzato: il movimento è quasi impercettibile agli occhi più inesperti, ma TJ attende il momento giusto, l’apertura giusta, e colpisce, quasi senza caricare i colpi, estendendosi. Come un serpente, appunto. Le finte, poi, i cambi di livello per tornare all’attacco e tutta una serie di movimenti di corpo che TJ utilizza per spezzare tempi e ritmo dell’avversario, costringono quest’ultimo a ricominciare l’azione.

Il Dillashaw che vediamo oggi è parte di un’evoluzione cominciata anni fa, e Garbrandt, pur non volendo forzare la mano - dopo il primo minuto di studio è stato Dillashaw ad iniziare a scambiare - ha voluto imporre il proprio ritmo, e far valere la propria potenza. Ha tentato subito una carica, due pugni ed un headkick che TJ ha contenuto in maniera agevole, ma dopo che Garbrandt ha chiuso la combinazione, con tre passetti Dillashaw lo ha costretto a lasciargli ancora una volta il centro dell’ottagono e a schivare.

Da segnalare, dopo un minuto e mezzo, un avanzamento di Dillashaw in doppio “ducking” (dalla boxe) che ricorda molto i movimenti di Manny Pacquiao, per poi tornare in guardia e colpire con un perfetto calcio circolare al corpo. C’è tutto Dillashaw qui: finta per intimidire l’avversario, trova l’apertura, colpisce in maniera efferata e veloce.

Anche Cody ha avuto dei buoni momenti, e poco dopo ha affondato un ottimo diretto che ha preso in pieno il suo avversario, anche se TJ non è sembrato accusare minimamente il colpo. Cody ha insistito e lo ha raggiunto con un calcio frontale al volto, mentre TJ prova un cambio di livello. A quel punto Garbrandt ha preso fiducia e subito dopo è andato a segno con un colpo micidiale che ha fatto perdere l’equilibrio a TJ.

Dillashaw però è tornato in piedi e proprio mentre Garbrandt lo inseguiva cercando di centrarlo, ha risposto indietreggiando piazzando ben tre ganci alla testa. Lo scambio è selvaggio, Dillashaw però ha schivato i colpi di rientro di Garbrandt, che invece ha deciso di incassare i colpi del campione. Scelta sbagliata.

Mentre Dillashaw si muove sulle gambe e assorbe i colpi ma non a piena potenza, Cody li assorbe in pieno, con i piedi piantati a terra, provando a rispondere con ferocia sempre un attimo dopo.

Garbrandt va al tappeto una prima volta, si ritrova seduto e si rialza in breve tempo. Ma è l’inizio della fine. La determinazione di Garbrandt, la sua abnegazione, l’impeto che lo hanno fatto affermare come il prospetto più pericoloso della nuova generazione e il campione capace di ridicolizzare l’ex dominatore Dominick Cruz, alla fine sono stati usati contro di lui.

È stato ancora TJ a prendere l’iniziativa. Con le spalle alla gabbia, Garbandt ha tentato un ultimo assalto, ma Dillashaw lo ha aspettato, ha schivato ancora verso il basso ed è rientrato con un gancio destro potente che gli ha fatto tremare le gambe. Passo avanti, breve, ma deciso, il colpo successivo fa tracollare Cody.

Il ground and pound successivo è l’anticamera di un finale esplosivo: ginocchiata, diretto destro, sinistro a seguire. L’arbitro, Herb Dean, dice che basta così: è la fine della faida tra Dillashaw e Garbrandt, tra Dillashaw e il Team Alpha Male, con un TKO alla prima ripresa che non lascia dubbi arrivando addirittura con un round d’anticipo rispetto al loro primo incontro.

È stata la vittoria del footwork di Dillashaw ma anche della sua strategia (quella del serpente) più matura e saggia, oltre che più articolata rispetto alla boxe di Garbrandt. È stata la maturità che ha battuto l’irruenza giovanile. Irruenza non certo dell’ultimo arrivato, ma senz’altro di un fighter che ha pagato l’inesperienza nella gestione dei momenti e che ha dimostrato di avere imparato poco o nulla dall’ultima sconfitta. Per citare ancora una volta Dillashaw, l’irruenza di chi fa un gioco pericoloso.

Dillashaw si è dimostrato uno dei fighter più moderni nelle MMA di oggi, l’esempio da seguire, il punto di riferimento. Il suo stile elusivo e velocissimo gli consente di affondare i colpi al momento giusto e di effettuare gli atterramenti con un timing preciso e inaspettato.

Adesso però ha di fronte a sé un dilemma. A fine incontro è tornato a parlare della super-sfida con il campione dei Pesi Mosca, di cui parlava già da tempo. Solo che il campione, pochi minuti prima, era cambiato e da Demetrious Johnson, che veniva da 11 difese del titolo consecutive, rendendo la possibilità di un incontro tra campioni di categorie differenti persino sensato, si è passati a Cejudo, che con tutta probabilità dovrà difendere prima la cintura con dei pari peso.

Anche Dillashaw, volendo, avrebbe una missione diversa da portare a termine. Cosa deve fare per togliere ogni dubbio su chi sia il miglior peso gallo in circolazione? Vendicare la sua sconfitta - per decisione non unanime - contro Dominick Cruz. Che in teoria al momento è libero da incontri (ma che non combatte dalla sconfitta con Garbrandt di quasi due anni fa…). La decisione, come sempre, spetterà alla UFC.

La caduta del Re

Nonostante la sconfitta subita da Demetrious Johnson - per decisione non unanime - sia stata tutt’altro che schiacciante, la sua prima sconfitta da quasi sette anni ha fatto giustamente rumore. Inevitabile anche se si considera che “Mighty Mouse” è stato finora il primo e unico campione da quando la categoria dei pesi Mosca è stata creata in UFC. La sconfitta contro Henry Cejudo è solo la terza frenata in carriera per Johnson, la prima in assoluto nella categoria delle 125 libbre. Era stato Dominick Cruz l’ultimo uomo capace di superare Demetrious Johnson, ma il match era al limite delle 135 libbre, valevole per il titolo dei pesi Gallo UFC.

Ed è obbligatorio sottolineare come l’abbia affrontata Johnson: da vero campione, senza alcuna lamentela, senza recriminazioni di sorta. Un atteggiamento signorile, così insolito nel nostro sport da suscitare immediatamente l’empatia del pluricampione Daniel Cormier tramite Twitter.

L’impresa compiuta da Henry Cejudo è unica: ha sconfitto il campione più dominante della storia UFC, quello con il record di difese titolate (11). Ma va detto che Johnson è sembrato insolitamente opaco. O meglio: normale, quando di normale Mighty Mouse non ha mai avuto nulla prima. Nell’incontro si è infortunato al piede e al legamento collaterale del ginocchio, ma non ha parlato degli infortuni per giustificare la sconfitta.

Il merito va a Cejudo che, molto semplicemente, si è evoluto stilisticamente e mentalmente ed ha sopperito agli errori fatti nel loro primo match, quando Johnson lo schiacciò nettamente. È passato da una tradizionale impostazione in guardia orizzontale a una stance molto laterale, quasi da karateka, che non poteva non ricordare Lyoto Machida. In apertura del match Cejudo ha avuto dei problemi alla caviglia sinistra, che pareva voler cedere sotto i suoi stessi movimenti, secondo lui per ragioni nervose.

Nel corso della prima ripresa Johnson ha preso più e più volte l’iniziativa, trovando un certo successo con low e middle kick circolari. Cejudo ha assorbito senza accusare i colpi. Poi Johnson ha trovato un ottimo headkick, facendo reagire la folla, ma ancora Cejudo ha assorbito bene - il taglio del peso dev’essere riuscito al meglio e coi tempi giusti, i liquidi sono stati reintegrati ed Henry sembrava in uno stato fisico eccellente.

Cejudo è cresciuto col passare delle riprese. Si è sciolto, diventando più fluido, non rimanendo davanti a Johnson ad attendere la sua iniziativa. Ed è superfluo parlare del footwork estremamente rapido e perpetuo di tutte e due i contendenti: nella categoria di peso più bassa in UFC, la velocità di movimento e di pensiero è indescrivibile; per comprendere al meglio il ritmo e la velocità di un incontro del genere, la sua spettacolarità atletica unica, sarebbe ancora meglio osservarlo dal vivo.

Sono state le battute finali della seconda ripresa che hanno regalato a Cejudo, leggermente più grosso di Johnson, l’avanzamento e l’imposizione anche sul piano dello striking. Nel round precedente era riuscito ad ottenere un takedown a fronte di quattro tentati e a controllare l’ex campione per più di un minuto. E sembra quasi incredibile notare che Johnson schiena a terra - forse davvero l’unica area in cui Mighty Mouse non eccelle - non sia riuscito a tornare in piedi.

Nel terzo round si sono viste tutte le difficoltà di Johnson nel clinch una medaglia d’oro olimpica di lotta come Cejudo, che a quel punto ha tenuto il centro dell’ottagono e poteva permettersi di assorbire i colpi e rispondere immediatamente, centrando più volte l’ex campione. Ai middle kick ha risposto con larghi overhand, quasi per sottolineare la sua imponenza fisica. Nelle battute finali del round Demetrious si è esposto con una carica, Cejudo ha tentato il takedown e Johnson mette a segno uno scramble fenomenale grazie al quale è tornato subito in piedi.

In apertura del quarto round uno scambio selvaggio è andato a favore di Cejudo, con Johnson che va giù un attimo ed è subito in piedi, ma da quel momento l’inerzia è passata dalla parte dello sfidante. Quando Cejudo ha ottenuto l’atterramento a poco più di due minuti dalla fine della ripresa è riuscito a imporre un controllo asfissiante, impedendo a Johnson di tornare in piedi.

Nella quinta è stato ancora Cejudo a tenere il centro con grande personalità, quella di un campione vero. La sua tranquillità a quel punto è diventata impressionante: con Johnson che gli girava intorno piazzando ottimi colpi, secchi, Cejudo indietreggiava per evitare le combinazioni e rientrava senza forzare l’azione. Ha portato a parete Mighty Mouse, lo ha cinturato e ha ottenuto il takedown, l’ultimo dell’incontro. Johnson è tornato in piedi poco dopo stavolta, giusto in tempo per scambiare ancora selvaggiamente un’ultima volta, ma anche l’ultimo scambio è andato a favore di Cejudo.

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