
Se non era chiaro già prima che UFC 313 aveva in serbo un incontro speciale, lo è stato quando Bruce Alex Pereira è diventato il terzo uomo ad essere annunciato da Bruce Buffer come «the one, the only» (epiteti che Buffer finora aveva utilizzato solo per Jon Jones e Conor McGregor). Davanti al campione dei massimi-leggeri c’era Magomed Ankalaev, per niente impressionato dalla presentazione e pronto a dimostrare quello che aveva detto nei giorni precedenti: che meritava lui di essere campione. Ankalaev aveva confessato di essere stato costretto a rompere il digiuno del Ramadan per via del taglio del peso, e sullo sfondo c’era sempre la questione della battaglia dell’UFC contro la noia e l’ipotesi che la promotion volesse avvantaggiare il proprio campione, un maestro del KO, ed evitare che un altro daghestano vincesse la cintura. Indovinate un po’ come è andata a finire?
Il match è stato tutt’altro che noioso. Cominciato con un ritmo non altissimo in termini di colpi, la tensione tra i due fighter era percepibile e si capiva dalle finte e dai movimenti continui. Pereira ha gestito benissimo l’apertura delle danze e grazie alla sua freschezza ha dominato gli spazi per l’intera durata del primo round, costringendo il russo a combattere al suo range ideale e a subire i suoi leg-kick al polpaccio. Come descritto da molti analisti, ma anche da molti fighter professionisti, i calf kick di Pereira sono un’arma subdola (nel senso buono del termine: sembrano quasi innocui, perché partono da una distanza molto breve, quindi privi di grande potenza, ma grazie alla sua tecnica individuale e a una densità ossea sicuramente non comune, arrivano al bersaglio come delle mazzate, creando grossi danni in maniera immediata) che necessita di brevissimo tempo per creare impatti importanti.
Ankalaev l’ha capito subito e forse si è ricordato di quando Blachowicz (contro cui aveva avuto una prima opportunità di vincere il titolo, finita con un pareggio) aveva rischiato di azzopparlo con quella stessa strategia. Così ha preferito accorciare e provare a gestire l’iniziativa, rischiando - in maniera relativa, vista la buonissima impostazione della guardia mancina - sul gancio sinistro. E invece è uscito sempre indenne dagli scambi ravvicinati, assorbendo solo qualche jab nella fase d’entrata. Da parte sua, Pereira, girando e lasciando l’avanzamento ad Ankalaev (cosa non comune: di solito Pereira preferisce attaccare in avanzamento) e colpendo di rientro, ha portato abbastanza chiaramente il primo round dalla sua parte.
Ankalaev è partito alla carica già dal principio della seconda ripresa. Fintando e avanzando con dei buoni micromovimenti, è riuscito a piazzare subito due buoni calci frontali nella zona sopra la cintura del campione. Pereira ha preferito attendere l’iniziativa del russo per rientrare col colpo pesante, ma i movimenti di Ankalaev, seguiti dalle finte di cambio di livello e anche dai colpi a spezzare il ritmo dell’azione, gli hanno consentito di gestire benissimo i tempi e di contenere buoni headkick di Pereira, ai quali ha risposto con dei diretti a segno al volto del brasiliano.
Il secondo round è stato del russo, in virtù dei colpi migliori a segno, specie negli ultimi secondi con un sinistro che ha perforato la guardia di Pereira facendogli tremare le gambe proprio sul suono della sirena. Era molto tempo che non vedevamo il brasiliano così in difficoltà.

Gancio sinistro a segno di Ankalaev al termine del secondo round. Forse il colpo più interessante dell’incontro.
In virtù di una grande chiusura del round precedente, il terzo round ha visto ripartire il russo verticalmente per mettere in difficoltà Pereira, ma il campione è riuscito a riprendere le misure e a contenere le sue offensive. Ankalaev ha iniziato a lavorare bene con i leg-kick e ha messo in difficoltà Pereira avanzando ed attaccando, limitando il brasiliano non solo dal punto di vista del counterstriking ma mettendo in allarme il campione anche per i cambi di livello che di tanto in tanto provava.
Ankalaev non è riuscito a portare giù Pereira in nessuna occasione (e questo certifica il miglioramento di “Poatan” in appena un paio d’anni) ma lo ha tenuto impegnato spesso spalle a parete. Nel terzo round Pereira è andato a segno con qualche buon diretto, ha messo a segno una miriade di leg-kick che hanno stabilito il record numerico per singolo match del brasiliano, ma non ha contenuto quell’avanzamento perpetuo che l’ha costretto spalle a parete. Anche questo round, a mio avviso, ha visto più Ankalaev che Pereira.
In apertura del quarto Ankalaev ha provato subito a portare giù Pereira, non trovando successo ma costringendolo con i due under-hook spalle a parete. Pereira ha lavorato bene liberando un braccio e poi ha contenuto l’aggressività di Ankalaev controllando un bicipite e liberandosi poco dopo. Ankalaev però è subito tornato alla carica, costringendolo ancora spalle a parete. Nonostante Ankalaev stesse attaccando, l’arbitro Marc Goddard ha fatto ricominciare i due dal centro dell’ottagono per mancanza di attività. Una scelta discutibile, non del tutto errata però, dopo due richiami. In chiusura di round, dopo aver subito la fisicità di Ankalaev, Pereira è riuscito addirittura a sbilanciarlo, proprio sulla sirena. Troppo poco, troppo tardi.
Nell’ultima ripresa Pereira ha accelerato sensibilmente. Pur indietreggiando e girando in maniera circolare, è riuscito a rispondere con dei jab secchi e precisi e a non subire il pressing di Ankalaev. Pereira è andato a segno con un buon head-kick e poi ha fermato l’ennesimo tentativo di cambio di livello di Ankalaev con uno stiff-jab perfetto che ha piegato all’indietro la testa del russo. Ankalaev ha tentato di legare ancora, ma senza riuscire a portare a terra Pereira, mantenendosi a parete fino alla fine della ripresa.
Alla fine, i giudici hanno dato unanimemente la vittoria ad Ankalaev: due 48-47 e un 49-46. Mi sono trovato d’accordo coi primi due giudici, avendo assegnato personalmente secondo, terzo e quarto round ad Ankalaev, e primo e quinto a Pereira. Questi match non sono mai facili da giudicare e anche la stampa di settore si è trovata divisa, con 11 testate in favore di Ankalaev, tutte per 48-47, un pareggio 47-47 da parte del New York Post (del quale sarei curioso di vedere i cartellini perché non riesco proprio a capire come possa essere uscito un pareggio a chi ha giudicato) e 9 in favore di Pereira.
Insomma, tutt’altro che l’assolo che il russo aveva previsto, ma comunque una prestazione che l’ha portato alla conquista della cintura. Un match che lascia molti interrogativi e che tanti osservatori hanno definito quasi incompleto, forse perché i due atleti si sono temuti troppo. Come detto da Dana White, il rematch è l’opzione più probabile e Ankalaev, dopo aver ringraziato e onorato Pereira e il suo team, si è detto disponibile per un eventuale rematch. Anche a noi, sembra l’opzione più plausibile, in una categoria che vede - Jan Blachowicz a parte - due scalini di distanza tra i primi due fighter al mondo e tutti gli altri. Pereira come al suo solito non ha fatto tragedie, come non fa proclami dopo le sue vittorie. Ha detto che è stato un match duro, ma che sta bene ed è pronto all’eventuale rematch. E visto com’è uscito da questo, con gli aggiustamenti necessari e la giusta strategia, potrebbe tornare in scena alla grande.
JUSTIN GAETHJE È TORNATO IN GRANDE STILE
«Probabilmente è perché nella mia ultima uscita sono stato messo a dormire», così ha risposto Justin Gaethje ad un giornalista che chiedeva come mai gli allibratori lo dessero come sfavorito contro Rafael Fiziev.
Dal canto suo, Fiziev effettivamente si è detto sorpreso: non solo aveva perso il primo confronto con Gaethje, ma aveva anche accettato questo match in short notice per sostituire Dan Hooker, che si è infortunato alla mano una settimana fa. Per Gaethje - quattordici bonus in quattordici match - era un normale rematch del sabato sera, ovvero un bagno di sangue. In questo match, pura delizia per gli occhi degli amanti della bagarre, Gaethje si è dimostrato ancora resistente oltre ogni aspettativa e capace di giocarsela coi migliori. Per Dana White, non gli manca molto per considerare un’altra chance titolata ed il fatto di accettare in short notice i match che UFC gli propone è senz’altro una motivazione in più per la promotion, che può contare su un fighter affidabile che è garanzia di spettacolarità.
Fiziev non è da meno. Striker straordinario che praticamente vive alla Tiger Muay Thai di Phuket, della quale è anche coach, ha collezionato scalpi importanti ma veniva da una serie negativa di due sconfitte; un ritorno positivo contro Gaethje lo avrebbe riportato in alto nei ranking.
In apertura, nessuno si sarebbe aspettato che Fiziev, dopo aver piazzato un paio di leg kick, avrebbe tentato un takedown, soprattutto Gaethje. Fiziev ha ripetuto il tentativo poco dopo, andando a segno di nuovo. Nello scramble, ha assestato un triangolo inverso su Gaethje che, nel tentativo di liberarsi rapidamente, ha rischiato di girare dal lato sbagliato. Dal canto suo però, Fiziev, piuttosto che mettere pressione sulla choke, ha preferito spostare il peso in avanti e colpire al costato di Gaethje, una scelta che un lottatore puro, con tutta probabilità, non avrebbe mai fatto, ma che sembra logica se presa da uno striker. È stato, comunque, un momento piuttosto incredibile.

La testa che spunta è quella di Justin Gaethje.
L’unico a portare a terra più di una volta Gaethje (wrestler fenomenale durante gli anni del college) nella sua carriera in UFC era stato Khabib Nurmagomedov. L’americano è uscito dalla morsa poco dopo, tornando in piedi col desiderio di scambiare, come al suo solito, selvaggiamente. Ecco, quando davanti si ha Rafael Fiziev, non c’è bisogno di pregare per avere una rissa. Gaethje ha iniziato a trovare le misure poco dopo e Fiziev, un fighter coriaceo e duro, ha spinto per entrare nel clinch e colpire con le ginocchiate; Gaethje, invece, ha sempre cercato i montanti e i leg kick. I ganci discendenti in uscita da parte di Gaethje sono sempre stati pericolosi e la guardia bassa di Fiziev ha favorito gli overhand dell’americano che, con tutta probabilità, ha portato a casa il primo round, nonostante un inizio caotico.
Anche il secondo round, dopo una breve interruzione a causa di un colpo basso, è partito in maniera intensa, con Fiziev carico e votato all’attacco. Fiziev ha stabilito un range ideale e con un lavoro di entrata e uscita è riuscito a mettere a segno buoni colpi, evitando quelli di Gaethje, caricati e pericolosi, almeno fino più o meno a metà round, quando lo statunitense è riuscito a piazzare un buono uno-due.
Fiziev è tornato alla carica poi con un headkick e un diretto, prima di subire una controffensiva; in generale, il secondo round è stato equilibrato fino a che, con un minuto sul cronometro, un montante di Gaethje in uscita dal clinch ha centrato Fiziev al mento, facendogli tremare le gambe. Gaethje non ne ha approfittato per cercare il KO, dando l'opportunità a Fiziev di riprendersi, ma portando comunque la ripresa dal lato dell’americano.

Montante perfetto di Gaethje in uscita. Fiziev, per un attimo, è sembrato capitolare.
Anche il terzo round è partito in maniera aggressiva da parte di entrambi i fighter, che si sono scontrati spesso anche sul colpo singolo. Gaethje, ascoltando il suo coach Trevor Wittman, che gli aveva chiesto di essere “sharp”, letteralmente “affilato”, ma utilizzato probabilmente nella sua accezione di “preciso”. Gaethje non ha mollato un centimetro, avanzando e sfiancando fisicamente il meno allenato Fiziev, che ha provato fino alla fine a cercare il KO, ma che ha trovato un atleta nella sua forma ideale, disposto ad incassare e restituire doppiamente i danni subiti. Tutti e tre i giudici hanno dato alla fine il primo round a Fiziev (secondo me, invece, Gaethje aveva recuperato nonostante le prime difficoltà) e gli altri due a Gaethje, che ha potuto lasciare l’arena da vincitore per decisione unanime col punteggio di 29-28.
Fiziev si è complimentato con Gaethje alla fine del match, l’americano gli ha detto: «Alleniamoci insieme, non combattiamo mai più, a meno che non sia per la cintura». Poi, trovandosi alla terza posizione dei ranking dei pesi leggeri, ha strizzato l’occhio a un eventuale match titolato. D’altronde, con questa qualità, come regalo d’addio prima del ritiro da parte di UFC, non risulterebbe nemmeno troppo scandaloso. E siamo sicuri che i fan gradirebbero.