Da oltre vent'anni per due sere all'anno, più o meno nella prima decade di dicembre, l'Europa si scopre finalmente forte, compatta, unita da un sentire comune che conti qualcosa all'interno degli scenari socio-politici: la computazione all'unisono delle classifiche avulse del gruppo C, F o H, allo scopo di scoprire se lo Shakhtar Donetsk la sfanga anche quest'anno o se la legione di brasiliani che popola il Donbass sarà costretta a giocarsi le chance di una vita migliore in un bollente giovedì sera a Siviglia. Che rumore fanno trecento milioni di appassionati di calcio che discutono nello stesso momento di scontri diretti e differenza reti? Nell'attesa di scoprirlo anche quest'anno, ecco le ultime giornate più laocoontiche, intrecciate, della fase a gironi della moderna Champions League.
Avvertenza: I grandi esclusi
Dalla Top 5 che seguirà abbiamo privilegiato i finali più cerebrali e labirintici, escludendo perciò i gironi che si sono risolti di fatto in una singola partita. Per intenderci, non c'è spazio per le due grandi disfatte turche della storia del calcio italiano. Quella del Milan 1999 all'Ali Sami Yen di Istanbul, contro il Galatasaray di Fatih Terim che rimontò da 1-2 a 3-2 negli ultimi cinque minuti, lasciando i rossoneri di Zaccheroni nell'ignominia di un quarto posto. E quella della Juventus 2013 nella Turk Telekom Arena, uno stadio tutto nuovo ma governato da principi morali non meno bizantini che in passato: la neve impose la sospensione e il rinvio al pomeriggio successivo, e gli spalatori sistemarono solo la metà campo in cui doveva attaccare il Galatasaray, fino all'inevitabile gol di Sneijder che mandò in Europa League i bianconeri di Conte.
Non c'è spazio neanche per altri episodi mitici di cui all'estero ancora si favoleggia, per esempio Liverpool-Olympiakos del 2004: costretti a vincere con due gol di scarto e sotto 0-1 all'intervallo (gol di Rivaldo, nel suo periodo di svernamento nel Pireo), i Reds raddrizzano la partita grazie all'ingresso del reietto francese Florent Sinama-Pongolle e passano il turno a cinque minuti dalla fine grazie a una cometa di capitan Gerrard la cui lunga scia arriverà fino alla finale di Istanbul (ancora!), come ben ricorderà l'allenatore che in questi giorni visiterà Anfield alla guida del Napoli. Oppure l'altra faccia dei Reds, eliminati in maniera inaudita nel 2002 dal piccolo Basilea: avanti 3-0 a mezz'ora dalla fine di una partita in cui basta il pareggio, agli svizzeri viene il braccino e si fanno rimontare 3-3 con clamorosa sofferenza finale e lunghe teorie di calci piazzati e palloni dell'avemaria.
5.L'ora dei lupi - Champions League, 2015/16 – Gruppo B
Classifica a 90' dalla fine
Wolfsburg 9
Manchester United 8
PSV Eindhoven 7
CSKA Mosca 4
Ultima giornata
Wolfsburg-Manchester United
PSV Eindhoven-CSKA Mosca
Il Manchester United di Van Gaal è nella palta. È costretto a vincere a Wolfsburg per non dipendere dal risultato del PSV Eindhoven, che affronta in casa il CSKA Mosca con un piede e tre quarti fuori dall'Europa; l'unica chance di Europa League per i russi è proprio quella di vincere in Olanda. A inizio dicembre il boring United ha già inanellato sei 0-0 stagionali e dunque si presume che abbia perlomeno una buona difesa: la serata spazzerà via anche quest'estrema certezza. Dopo dieci minuti Anthony Martial porta in vantaggio i Red Devils, ma quattro minuti dopo tutti si perdono il difensore-goleador Naldo, ben pescato da una punizione di Ricardo Rodriguez, e i Lupi pareggiano, completando il sorpasso al 29' con un'azione stile-Barcellona finalizzata dal portoghese Vieirinha.
Il Wolfsburg è del resto una squadra piuttosto frizzantina, si è rinforzata strappando Draxler alla Juventus all'ultimo giorno di mercato, arriverà fino ai quarti di finale e metterà seria paura anche al Real Madrid, prima di essere spazzato via al Bernabeu dal tornado CR7. Da Eindhoven tutto tace, così che all'intervallo la classifica dice: Wolfsburg 12, PSV e Man UTD 8, con gli olandesi avanti per gli scontri diretti.
Basterebbe un pareggio, ma lo United rischia più volte il tracollo. Non aiutano le mosse enigmatiche di Van Gaal, che al posto di Darmian decide di lanciare nella mischia il debuttante Cameron Bortwick-Jackson, 18 anni, che al momento in cui scriviamo languisce in terza serie nello Scunthorpe United. Con generosità ben poco teutonica il Wolfsburg fallisce ripetutamente il 3-1, grazie anche ai balzi da saltimbanco di De Gea, tenendo la situazione sul filo del rasoio fino al 76'. Quando notizie inaudite giungono dall'Olanda: il vecchissimo Ignashevich ha portato in vantaggio su rigore il CSKA, relegando improvvisamente il PSV all'ultimo posto! Neanche il tempo di festeggiare e la difesa russa canna in blocco il fuorigioco, spalancando a Luuk De Jong le porte dell'1-1. Nuovo giro di giostra: all'82' il difensore francese Guilavogui fa improvvisamente harakiri e infila di testa il proprio portiere Benaglio, per il pareggio del Man Utd che significa finalmente qualificazione!
Ancora tutto troppo logico e troppo poco van-gaalesco, un territorio dove l'eccesso di razionalità sconfina rapidamente nella follia. Il Wolfsburg batte a centrocampo e conquista un corner. La battuta sul secondo palo trova ancora libero da impedimenti il possente Naldo, che fa doppietta nonostante il disperato tentativo di Blind sulla linea. Da un olandese all'altro, a Eindhoven Davy Propper spezza finalmente gli indugi di un PSV angustiato dalla prospettiva di poter davvero eliminare il grande United: una rasoiata da 20 metri porta in vantaggio i suoi e pone fine a un lungo minuetto che mortificherà ulteriormente la carriera e la reputazione di Van Gaal, atteso dal siluramento a fine stagione. A marzo completerà il capolavoro al contrario, facendosi eliminare nel derby di Europa League dal Liverpool di Klopp, quasi senza colpo ferire.
Classifica finale
Wolfsburg12
PSV Eindhoven10
Man UTD 8
CSKA Mosca 4
4. Higuain's Twelve - Champions League 2011/12 – Gruppo F
Classifica a 90' dalla fine
Arsenal 12
Borussia Dortmund 9
Napoli 9
Marsiglia 0
Ultima giornata
Napoli-Arsenal
Olympique Marsiglia-Borussia Dortmund
Tornato in Champions League grazie all'ottimo lavoro di Walter Mazzarri, il nuovo Napoli di Rafa Benitez si ritrova un comitato d'accoglienza composto da Borussia Dortmund, Arsenal e Marsiglia: trattamento ingeneroso anche per una quarta fascia. La rosa è stata però profondamente rinnovata: il fiore all'occhiello è Gonzalo Higuain, ma sono arrivati anche Callejon, Albiol, Koulibaly, Reina e Mertens, quasi tutti pilastri del Napoli attuale. Così l'inizio dell'avventura europea è esaltante: Insigne dà spettacolo e trascina i suoi verso uno splendido 2-1 al San Paolo contro il Borussia Dortmund, con la famosa metamorfosi di Jurgen Klopp nello strangolatore di Boston a simboleggiare la frustrazione dei vice-campioni in carica.
Il Marsiglia si rivela essere il materasso del girone, e perderà con tutti: la qualificazione si decide perciò negli scontri diretti, e il Napoli cade piuttosto nettamente sia all'Emirates che a Dortmund. A loro volta Arsenal e Borussia si dividono tre punti per una e la situazione del girone a 90 minuti dalla fine è di rara intricatezza: dando per scontata la vittoria dei tedeschi a Marsiglia, se il Napoli battesse l'Arsenal al San Paolo avremmo tre squadre tutte a 12 punti.
Ed è esattamente quello che succede, anche se le cose non sono così facili - in un'ultima giornata di Champions League tutto diventa sempre estremamente grottesco, come nel finale di un film dei fratelli Coen. Per cominciare segna subito Il Grande Lewandowski, alla sua ultima stagione in giallonero; ma passano dieci minuti e il Marsiglia pareggia con un gol di testa di Souleymane Diawara in sfacciato fuorigioco. Dopo aver riversato in campo la loro napoletanità con il già proverbiale urlo “Deceeeeeempioooons!”, i tifosi del San Paolo iniziano a scuotere la testa alla sempre più labile prospettiva di dover vincere con tre gol di scarto, per non dover dipendere da qualsiasi risultato arrivi dal Vèlodrome. Wenger naturalmente è di tutt'altro avviso e imposta la gara secondo cadenze balneari che i ragazzi di Benitez non riescono ad accelerare. Le poche occasioni create vengono neutralizzate da Szczesny, mentre a Marsiglia lo stralunato Payet (non ancora il giocatore pazzesco ammirato a Euro 2016) si fa espellere al 34' per doppio giallo, complicando ulteriormente i piani di resistenza dei francesi, così conciati male da aver appena esonerato l'allenatore Baup e aver piazzato in panchina il direttore sportivo Anigo, in attesa di tecnici migliori (non ne troveranno).
Il sottilissimo equilibrio regge ancora per mezz'ora, nonostante circostanze sempre più incredibili. Reus colpisce un palo, Mandanda dice di no a Blaszczykowski anche se i tedeschi sostengono che la palla sia entrata, poi è Lewandowski a calciare sull'esterno della rete solo davanti al portiere. Dai e dai, il Napoli sfonda: l'ingresso di Insigne ridà elettricità a un San Paolo semivuoto, Callejon e Higuain iniziano a duettare al limite dell'area e al 72' il Pipita trova lo spazio per scoccare un sinistro di fattura limpidissima: 1-0 e Napoli qualificato.
Paura e disdoro a Marsiglia, mentre l'Arsenal continua a fischiettare ostentando indifferenza, anche quando rimane in 10 per l'espulsione di Arteta. La fretta è tutta del Dortmund, ora clamorosamente retrocesso in Europa League, e in secondo luogo del Napoli, che dovrebbe accelerare alla ricerca del secondo e del terzo gol. Ma una strana paralisi si impossessa del San Paolo, interessato solo ad ascoltare la radio. Da Marsiglia arrivano le proteste del Borussia che chiede un rigore (85', Mandanda su Lewandowski, fischiato fallo in attacco) e poi passa a tre minuti dalla fine con un tiraccio sbucciato da Kevin Grosskreutz che diventa imparabile per un Mandanda non esattamente incolpevole.
Non c'è più tempo, anzi sì, c'è tempo per il beffardo 2-0 di Callejon a trenta secondi dalla fine, che nega al Napoli anche il tempo materiale per l'ultimo assalto. Gli azzurri passano alla storia come la prima squadra eliminata nella ventennale storia dei gironi di Champions pur avendo realizzato 12 punti. La triste diapositiva europea del Napoli di Benitez, i cui due anni sono stati all'insegna di un “vorrei ma non posso” che, in alcune seratacce ben precise tra Dnipro e Bilbao, si è trasformato in un più fastidioso “potrei ma non voglio”.
Classifica finale
Borussia Dortmund 12
Arsenal12
Napoli 12
Marsiglia 0
3. La grande ammucchiata - Champions League 2000/01 – Gruppo D
Classifica a 90' dalla fine
Sturm Graz 9
Galatasaray 7
Rangers Glasgow 7
Monaco 6
Che l'autunno sia – come sostiene Giuseppe Ungaretti - la stagione della precarietà, e si stia come sugli alberi le foglie lo dimostrano anche taluni gironi di Champions League. Per esempio il Gruppo D dell'edizione 2000/01, non esattamente il più prestigioso della storia della competizione: Galatasaray, Sturm Graz, Monaco e Rangers Glasgow, con i turchi teste di serie in virtù della storica vittoria in Coppa UEFA la stagione precedente, poi bissata in Supercoppa Europea nientemeno che ai danni del Real Madrid. E' uno di quei gironi che si vivono una volta nella vita: vi basti sapere che a 90 minuti dalla fine lo Sturm Graz è primo con 9 punti in 5 partite ma -3 di differenza reti, a causa di due sconfitte per 5-0 incassate in trasferta a Glasgow e a Monte-Carlo. Così ogni squadra nutre legittime speranze di passare il turno, visto che il calendario dell'ultima giornata prevede Galatasaray-Sturm Graz e Rangers-Monaco.
C'è del nostalgismo moderato in ognuna delle quattro formazioni. Lo Sturm Graz di Ivica Osim si regge su una banda di trentenni di qualche passato, come Ivica Vastic e Sergei Yuran, ma nessuno sa davvero spiegarsi come facciano a essere primi nel girone. Nel Galatasaray di Lucescu regna sovrano il bomberissimo Mario Jardel e iniziano a farsi conoscere Emre e Okan, destinati all'Inter dalla stagione successiva. Nei Rangers di Dick Advocaat è venuto a chiudere la carriera Ronald De Boer e al centro della difesa, al massimo del suo vigore, sta il primo capitano cattolico della storia del club, Lorenzo Amoruso. Nel Monaco di Claude Puel segna gli ultimi gol della sua parabola europea Marco Simone, agghindato con delle terribili mèches bionde fin de siècle.
Senza farla troppo lunga, la coppia delle due qualificate cambierà per sei volte lungo la serata, e al 90' la situazione sarà gattopardianamente identica a com'era iniziata, per effetto del doppio 2-2 maturato tra Ibrox Park e l'Ali Sami Yen: dunque Sturm Graz primo e Galatasaray secondo. L'andamento delle due partite è simile: due volte in vantaggio, le squadre di casa vengono sempre raggiunte. A Istanbul il Galatasaray rimane in 10 e sceglie la via del tacito accordo con gli avversari, ben contenti di dedicarsi a un'apprensiva melina in attesa di novità da Glasgow, dove in teoria entrambe le squadre dovrebbero riversarsi in attacco a testa bassa per sottrarsi all'abbraccio mortale del 2-2. Invece nelle cronache dell'epoca trova spazio solo la delusione dei 50mila scozzesi, traditi proprio da una défaillance di Amoruso, che a 12 minuti dalla fine perde il pallone sanguinoso recapitato in rete da Simone, che segna così, senza gioia, l'ultimo dei suoi 25 gol in Champions League (il che fa di lui il terzo marcatore italiano della storia del torneo, dopo Inzaghi e Del Piero).
Classifica finale
Sturm Graz 10
Galatasaray 8
Rangers Glasgow 8
Monaco 7
Il melinone finale a Istanbul, dopo che è arrivato il risultato finale di Rangers-Monaco.
2. Ultimo tango a Kiev - Champions League 2003/04, Gruppo B
Classifica a 90' dalla fine
Lokomotiv Mosca 8
Arsenal 7
Inter 7
Dinamo Kiev 6
Cominciamo dalle cose semplici: cosa ci fa il più bell'Arsenal dell'era Wenger, quello che vincerà la Premier League senza neanche una sconfitta, impelagato a soli 7 punti in un girone del genere? Dopo essersela presa comoda con un punto nelle prime tre partite, agli Arsène-boys è sufficiente vincere in casa contro la Lokomotiv Mosca, certo non un compito difficile per gli Invincibili - eppure travolti 0-3 in casa dall'Inter di Cuper all'esordio nel girone, prima di prendersi la tremenda vendetta vincendo 5-1 a San Siro contro un avversario che nel frattempo, come da consuetudine autunnale morattiana, ha cambiato allenatore, ed è diventata l'Inter di Zaccheroni, che nel frattempo è stata allenata per una sola, sciagurata partita da Corrado Verdelli: Lokomotiv Mosca-Inter, un 3-0 finale che orienterà la classifica finale. La Lokomotiv, vittima sacrificale di Henry e soci (che infatti condurranno 2-0 già alla mezz'ora, con gol di Pires e Ljungberg) è fritta se una tra Dinamo Kiev e Inter vince, ma passerebbero clamorosamente il turno in caso di pareggio a Kiev; ed è su questo risultato che si concentrano i loro sforzi. Tutti a Kiev, allora!
Dinamo Kiev-Inter 2003 è il remake in chiave B-movie di una partita del cuore per ogni tifoso nerazzurro dai trent'anni in su: la semifinale di coppa UEFA 1998 Spartak Mosca-Inter, in cui Ronaldo il Fenomeno coi piedi aveva recitato poesie su un campo al di là del bene e del male. Ma l'Inter di Zaccheroni non ha Ronaldo il Fenomeno – al limite El Jardinero Cruz, il cui soprannome suona sarcastico su un campo brullo e spelacchiato con qualche vaga chiazza di verde. Le sei vittorie di fila in campionato, una delle quali in casa della Juventus, danno ai nerazzurri l'abbrivio per fare la partita e sfiorare ripetutamente il vantaggio contro una Dinamo asserragliata nella propria metà campo.
Nel secondo tempo, le notizie da Londra obbligano le squadre a mollare gli ormeggi e affrontarsi a guarda bassa come pugili all'undicesimo round. In una surreale sfida sui ghiacci l'Inter schiva il primo cazzotto con un provvidenziale salvataggio sulla linea di Matias Almeyda e lo sferra tre minuti dopo con il suo grande amico Daniele Adani, che corregge la punizione di Emre con un colpo di testa lento e preciso che si infila nell'angolino alla sinistra dell'antico Shovkovsky. Ma il buon Obafemi Martins non è provvisto allo stesso modo di garra charrùa, e si divora imperdonabilmente due occasioni di 0-2 per eccessi di egoismo pesantemente redarguiti dai suoi compagni soli a centro area, mentre i palloni scagliati da 30 metri dagli ucraini fanno fischiare i pali di Toldo.
La roulette ucraina degli ultimi minuti sorride alla Dinamo, che agguanta il pareggio a 5' dalla fine dopo un paio di rimpalli in area interista, con Adani che tiene in gioco il brasiliano Diogo Rincon. Seguono lunghi minuti deliranti in cui le due squadre tentano disperatamente di azzannarsi senza riuscirci, come due dobermann legati a guinzagli troppo corti. Pure lunghissima, è l'Inter a fallire le cartucce migliori: Recoba tenta di pescare il biglietto vincente della lotteria con un sinistro a giro deviato in angolo di ginocchio (!) da Shovkovsky, Vieri e Martins sprecano un due contro uno galoppando ciechi nella steppa della metà campo della Dinamo, come cavalieri diretti verso l'abisso. E agli ottavi ci va fischiettando la Lokomotiv, ed è un peccato che oggi su YouTube sia difficilissimo trovare immagini di quei minuti finali; ma forse è anche giusto così.
Classifica finale
Arsenal10
Lokomotiv Mosca 8
Inter 8
Dinamo Kiev 7
1. The Hateful 8 - Champions League 1997/98 – tutti i gruppi
Se la mega-Champions di oggi è una faccenda for boys , quella di fine anni Novanta era for men. Ventiquattro squadre divise in sei gironi da quattro, e solo otto qualificate ai quarti – ovvero, le vincenti dei sei gruppi più le due migliori seconde. Questo voleva dire seminare sul campo di battaglia vittime illustri già dalla fase a gironi, per esempio il Parma, l'Arsenal, il PSG, il Barcellona umiliato al Camp Nou dalla Dinamo Kiev di uno sconosciuto attaccante di nome Andriy. E soprattutto, all'ultimo giro, tenere presente i risultati di sei o sette campi contemporaneamente, come tentò di fare Canale5 con un lodevole e pionieristico tentativo di Diretta Gol applicata alla Champions League, in cui i giornalisti fecero irruzione via audio da Cologno Monzese per informare sui gol del Rosenborg e del Monaco. All'epoca, sembrò il futuro.
La situazione: con quattro squadre già qualificate ai quarti (Borussia Dortmund, Dinamo Kiev, Manchester United e Bayern Monaco) e altre due quasi (Monaco e Bayer Leverkusen, a cui basta un pareggio all'ultima giornata per passare a braccetto – e pareggeranno), ci sono ancora due posti da assegnare. Uno andrà alla vincente del gruppo D, in cui al Real Madrid basta battere il Porto già eliminato per spuntarla sul Rosenborg; l'altro è il posto della seconda miglior seconda, per cui sono in lizza tutte le squadre degli altri cinque gironi, ad eccezione di quello di Monaco e Bayer Leverkusen – tutto chiaro? A 90 minuti dalla fine la meglio piazzata è il Rosenborg, a cui basterà vincere in casa dell'Olympiakos per disinteressarsi di ciò che succede altrove.
Nella conferenza stampa che precede Juventus-Manchester United Marcello Lippi ha esaltato lo spirito piratesco della sua ciurma, con una dotta citazione di Robert Louis Stevenson: «Siamo contati, siamo solo quindici. Quindici uomini sulla cassa del morto, e una bottiglia di rhum». È incappata in un'onorevole sconfitta a Old Trafford e una molto più inspiegabile a Rotterdam contro il Feyenoord, sotto le cesoie del Giardiniere Cruz, che dunque si erge a deus ex machina in ben due momenti di questa top 5. Se batte al Delle Alpi lo United già qualificato va a 12 punti e può contare su una miglior differenza reti rispetto al PSG, ma deve sperare che il Rosenborg incespichi all'Olimpico di Atene.
Tutta la serata vive sul filo diretto Atene-Torino, anche se nel primo tempo non succede alcunché, almeno a livello di gol – e ripetiamo, se la Juve non vince è tutto inutile. Senza lo squalificato Del Piero e gli infortunati Amoruso e Deschamps, pur con la coppia Inzaghi-Fonseca diretta da un sontuoso Zidane, la Juve non riesce a sfondare l'onesto autobus piazzato da Ferguson che non è certo venuto a Torino con le riserve (ma tra i titolari c'è anche Poborsky, che nel 2002 avrà un certo ruolo in un'altra di queste volate mozzafiato della storia juventina). Il Real Madrid invece archivia la pratica-Porto in mezz'ora, dicendo chiaro al Rosenborg che la lotta è solo per la seconda posizione. Anche il PSG e il PSV Eindhoven passano in vantaggio scavalcando i bianconeri, ma tanto poi pareggeranno – ve lo diciamo per facilitarvi la comprensione delle righe successive.
Nel secondo tempo succede di tutto. Intanto entra Fabio Pecchia e già questo è un inizio sorprendente, un po' come l'inatteso elemento comico che spezza la tensione di un bel thriller. Poi segna l'Olympiakos!, ma dannazione, il Rosenborg ci mette solo due minuti a pareggiare. I campioni di Norvegia non sono certo una squadra da tappezzeria come accade oggidì: l'anno prima si sono spinti fino ai quarti eliminando a San Siro nientemeno che il Milan del Sacchi-bis, e formano almeno per otto undicesimi l'ossatura dell'ottima Nazionale architettata da Egil Olsen, che a un certo punto degli anni Novanta è addirittura seconda nel Ranking FIFA, costruendo un discreto mito sul fatto di essere l'unica Nazionale al mondo imbattuta contro il Brasile (non è uno scherzo: in quattro precedenti, due vittorie norvegesi e due pareggi). Una ragguardevole quota di hipsterismo è assicurata da giocatori che hanno un senso solo nel Rosenborg e i cui cognomi sono ancora incisi sui tronchi delle conifere dei fiordi più desolati: il terzino Bergdolmo, la mezzala col vizio del gol Skammelsrud, la rapida ala destra Brattbakk, il centravantone Rushfeldt o il fantasista Jahn Ivar Jakobsen, che come tutti i fantasisti anni '90 è molto basso e perciò porta sulla schiena il soprannome “Mini”.
Nel frattempo la Juventus sbatte la testa anche contro Peter Schmeichel, che in qualche dialogo bisbigliato da corridoio ancora oggi viene definito il portiere più forte di tutti i tempi (qualcuno lo dice anche di Angelo Peruzzi). Schmeichel è strepitoso in uscita bassa su Inzaghi e su una girata da primo ballerino di Zidane, che avrebbe meritato di meglio. Fonseca colpisce un palo e passa i trenta secondi successivi a smoccolare al cielo in un antico dialetto guaranì. Pecchia sbaglia un gol incredibile a porta vuota scippando il pallone a Inzaghi, che non gli riserva parole di comprensione. A complicare le cose le radioline del Delle Alpi hanno anche gracchiato la notizia del vantaggio del Rosenborg (doppietta di Rushfeldt), eppure questa Juve non è abituata a lasciare le cose a metà, e a sei minuti dalla fine l'ennesima pennellata di Zidane trova Inzaghi completamente solo sul secondo palo – nel più classico dei gol di Inzaghi, che era uomo da oltre 70 gol nelle coppe europee ma riusciva lo stesso a muoversi in modo tale da farsi trovare solo in piena area piccola. L'esultanza sembra finanche eccessiva visto che la qualificazione è appesa a un filo, ma le Parche hanno in serbo un destino favoloso per la Vecchia Signora: e “in serbo” va inteso letteralmente, perché proprio al 90' lo jugoslavo Predrag Djordjevic imbrocca la gran punizione del 2-2, pareggio Olympiakos, appianando i rapporti sempre piuttosto tesi tra la Juventus e lo stadio Olimpico di Atene.
La notizia incendia il gelo del dicembre torinese, con un Lippi magnifico nel suo paltò immerso nella nebbia che esulta abbracciandosi con il luogotenente Michelangelo Rampulla. La Juve è ai quarti e con pieno merito, avendo dominato per 90 minuti i campioni d'Inghilterra e futuri triplettisti nella stagione successiva. Mentre invece, siccome le Parche sono un po' monelle e adorano i romanzi a puntate, un altro serbo di nome Predrag aspetterà la Juventus all'angolo della strada alcuni mesi dopo, in una notte di maggio, facendola cadere da cavallo. Così va talvolta la vita, quando ti incaponisci di voler vincere la UEFA Champions League.
Classifica migliori seconde
Bayer Leverkusen13
Juventus12 (differenza reti +4)
PSG 12 (differenza reti +1)
Rosenborg 11
PSV Eindhoven 9
Parma 9