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Umtiti ha ritrovato il piacere di difendere
19 gen 2023
Uno dei protagonisti del gran momento del Lecce.
(articolo)
11 min
(copertina)
Nicolò Campo/IMAGO
(copertina) Nicolò Campo/IMAGO
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Raccontato oggi sembra un cattivo scherzo, ma c’è stato un momento in cui Umtiti era stato così avvantaggiato dagli infortuni altrui, tanto che in Francia si diceva avesse fatto ricorso a uno stregone (culla dell’illuminismo, a quanto pare l’unica spiegazione che in Francia sanno dare alle casualità è la magia). Proprio lui, a cui i problemi alla cartilagine del ginocchio sinistro hanno tolto quattro anni di carriera, lui che ha pianto mentre chiedeva a Laporta di tenerlo al Barcellona, lui che ha provato a rafforzare la muscolatura intorno al ginocchio pur di non operarsi, e che poi è diventato vegano perdendo peso, sempre per aiutare il ginocchio, lui che è riuscito anche a rompersi un piede in allenamento e che alla fine ha dovuto accettare di ripartire da Lecce, dalla lotta salvezza in Serie A, proprio lui un tempo è stato aiutato da infortuni occorsi ad altri giocatori.

Era il 2016, Umtiti era rimasto fuori dalle convocazioni per l’Europeo da giocare in casa salvo poi rientrare nella lista per gli infortuni a catena di Varane, Sakho e Mathieu. Aveva ventidue anni e veniva già da tre stagioni da titolare nel Lione, di cui (in assenza di Gonalons) era stato anche fatto capitano, ma Deschamps lo ha lasciato in panchina fino ai quarti di finale, dove è stata di nuovo la fortuna - la squalifica di Ramy - a spingerlo in campo. Dopo quella partita con l’Islanda, il suo esordio con la Nazionale maggiore (con l’Under 20 aveva vinto il Mondiale tre anni prima), è stato confermato sia in semifinale contro la Germania che nella finale con il Portogallo. Umtiti all’epoca scherzava sulla sua fortuna: «Diciamo che lo stregone è il lavoro. Non c’è stregone che possa farti giocare un quarto, una semifinale e una finale dell’Europeo. Il lavoro, solamente il lavoro, può portarti fino a qui».

In semifinale contro la Germania, Umtiti ha giocato una delle più belle della sua carriera, simbolo di quel difensore che, per qualche anno appena, è stato tra i migliori al mondo. Il Barcellona (che lo aveva acquistato a Europeo in corso, prima che esordisse) al momento di dover rinnovare per la prima volta il suo contratto penserà di proteggerlo con una clausola da 500 milioni. Un centrale di difesa sicuro, tranquillo, attento nelle letture e al tempo stesso esplosivo, elastico, e con un piede sinistro da centrocampista che gli permetteva di lanciare, dribblare, salire con la palla.

Contro la Germania, con il punteggio ancora sullo 0-0, a metà del primo tempo un cross lungo da destra sbatte su Draxler e carambola su Thomas Muller al centro dell’area. Sembra la classica azione che Muller conclude a rete semplicemente perché si è trovato al posto giusto al momento giusto, solo che stavolta sulla sua strada c’è Umtiti che, di destro, libera lo spazio davanti a Lloris. È un intervento non pulitissimo e fortunato, anche se Umtiti ha quantomeno lo stesso merito di Muller (trovarsi al posto giusto al momento giusto, appunto) e riflessi più rapidi, che ci parla di un difensore a cui in quegli anni riusciva praticamente tutto bene.

Chi lo ha visto giocare in quegli anni ha tirato un sospiro di sollievo, adesso che Samuel Umtiti è tornato in campo, adesso che sta giocando persino bene, seppur in un contesto minore rispetto al Barcellona in cui era arrivato (quello di Iniesta capitano, Messi, Neymar, Suarez, eccetera). Certo non è più il giocatore delle prime due stagioni in Liga, in cui è stato semplicemente fantastico. Era considerato l’erede di Puyol e anche se non aveva la sua folle intensità emanava la stessa tranquillità con cui Puyol usciva dalle situazioni più complicate.

Umtiti non era solo affidabile, costante, in grado di pareggiare gli attaccanti più tecnici con la tecnica e quelli più fisici con il fisico, ma era anche in possesso di quella qualità intangibile che di solito chiamiamo carisma, che lo faceva sembrare fresco e rilassato. Umtiti era il giocatore che metteva ordine, che calmava le acque, che fermava le azioni avversarie prima ancora che cominciassero con un anticipo secco e pulito, come se il centrocampista avversario gli avesse passato volontariamente la palla. E che, dopo aver segnato un gol importantissimo - quello con cui la Francia ha battuto il Belgio nella semifinale della Coppa del Mondo 2018 - esulta con una specie di danza scomposta, ancheggiando e lasciando andare le braccia, in equilibrio precario su degli immaginari tacchi a spillo.

Un flash di quel giocatore si è staccato dal passato, ha viaggiato nel tempo ed è arrivato fino allo stadio Via del mare di Lecce. Dopo due minuti e mezzo di gioco nella partita contro la Lazio, la prima dopo la pausa per il Mondiale in Qatar, la sua sesta in stagione. È arrivato a Lecce ad agosto, non è riuscito a rispondere alle domande dei giornalisti locali per i canti che gli dedicava la gente all’aeroporto, che si è goduto fino in fondo - siamo venuti fin qui, per vedere giocare Umtiti - e che lo hanno commosso, ma poi ha dovuto aspettare fino a inizio ottobre per esordire. Baroni lo ha gestito per non sovraccaricalo ma poi, di nuovo, si è infortunato dopo un’ora nella partita con l’Udinese. In quella dopo con l’Atalanta è entrato alla fine e ha giocato per intero quella ancora successiva con la Samp. Poi è arrivata la Lazio.

Dopo due minuti e mezzo Cataldi gioca un filtrante in verticale per Milinkovic-Savic, il centrocampista più indifendibile della Serie A. Milinkovic-Savic si era mosso nel mezzo spazio, riceve la palla con un controllo orientato di destro, girandosi verso l’interno. Umtiti arriva dal lato opposto, è salito a marcarlo e sembra al massimo poter per prendere contatto con l’avversario che copre la palla col corpo, invece va per l’intervento e con il piede sinistro gli porta via la palla, o meglio la inchioda sul posto, facendo perdere l’equilibrio a Milinkovic-Savic. Poco dopo Umtiti alza la testa e serve con un pallone alto e morbido Strefezza tra le linee.

È un momento insignificante, nel contesto di una partita che il Lecce vincerà 2-1 in rimonta, una palla rubata a centrocampo, un’azione trasformata da difensiva in offensiva, ma che il Via del mare sottolinea con un cambio di temperatura, coprendo i cori con una piccola esultanza.

Una quarantina di minuti dopo Umtiti anticipa ancora Milinkovic-Savic, infilandosi tra palla e avversario dopo che quello aveva stoppato di petto un lancio del portiere, per poi dribblare Basic e conquistare un fallo sulla trequarti.

Umtiti è ancora quel tipo di difensore che fa tirare un sospiro di sollievo ai suoi tifosi. Non lo sarà sempre, non con quella prepotenza e superiorità che aveva un tempo, ma con la stessa sicurezza che probabilmente conserverà finché sarà in grado di stare in piedi su un campo da calcio. Ma diciamolo meglio. La qualità tecnica di cui era in possesso Umtiti, il suo rapporto con la palla, indipendentemente dal fatto che ce l’abbia lui tra i piedi o un suo avversario, è rimasta intatta, ha resistito al logorio fisico.

È la sua tecnica che gli permette, a inizio del secondo tempo di quella stessa partita, di portare palla nella metà campo laziale e di servire Gallo, il terzino, al limite dell’area con un filtrante preciso di venti metri (anche qui il Via del mare ha esultato, anche se poi Gallo ha crossato addosso a Casale). Così come è la sua tecnica che al settantesimo gli ha permesso di leggere e tagliare con largo anticipo una sponda di Immobile per Vecino e partire in transizione, portando palla fino al limite dell’area, girandosi di tacco sul destro e ricavarsi lo spazio per calciare in porta (Cataldi in scivolata lo ha murato).

A proposito di tecnica. Samuel Umtiti, quando ha iniziato a giocare nella sua Lione - dopo che i genitori, quando aveva due anni, hanno lasciato il Camerun - era così più forte degli altri che il suo allenatore gli permetteva di usare solo il piede destro, quello debole, per provare a equilibrare un po’ di più i valori in gioco.

Dite la verità, avevate dimenticato che Umtiti era capace di segnare gol del genere?

Il suo stato di forma recente, diciamo stabile, influisce su quello del Lecce, che non perde da sei partite e ha staccato la zona retrocessione di 11 punti. Con il Milan, lo scorso fine settimana, Umtiti ha giocato la sua quarta partita intera consecutiva. Ha anticipato più volte in modo pulito l’ex compagno di nazionale Giroud e chiuso gli spazi in area con i gesti fermi e controllati di un padre che rimbocca le coperte al figlio che dorme. Alla mezz’ora di gioco, con il Lecce sopra di due gol (come sappiamo, finirà 2-2), Umtiti deve coprire una spizzata di Giroud che ha sovrastato Baschirotto, la palla gli sfila davanti e alle spalle ha Pobega (non proprio un passerotto) che prova a superarlo. Umtiti aspetta Falcone che però non esce, sente che Pobega gli sta passando a destra, o forse lo vede con la coda dell’occhio, protegge la palla da quel lato e, senza fretta ma senza neanche esitazioni, calcia in fallo laterale.

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Poco dopo Brahim Diaz si infila, al limite dell’area, suo centro-sinistra, tra Hjulmand e Joao Gonzalez (che come Umtiti viene dal Barcellona). Pezzella è in fascia e Umtiti non vuole lasciare Giroud da solo alle proprie spalle. Temporeggia, aspetta che Diaz faccia un tocco appena dentro l’area per portarsi la palla in avanti, sul destro, prima di staccarsi e chiudergli lo spazio per il tiro.

Anche queste sono azioni tutto sommato minimali ma che fanno tutta la differenza del mondo. Difensori in grado di coprire le spalle ai propri compagni, con questo livello di lettura del gioco, tecnica e tempismo negli interventi, sono rari. Anche se non è al meglio di se stesso, questa versione di Umtiti è comunque un lusso per una squadra che punta a non retrocedere nel campionato italiano.

È una versione del giocatore che conoscevamo prima meno disposta a prendersi rischi. Umtiti non viene solo da quattro stagioni in cui ha giocato, in media, poco più di dieci partite (con un record negativo in quella ‘21-’22 in cui è sceso in campo una sola volta) ma adesso ha anche 29 anni, la sua esuberanza fisica non è più quella di una volta e forse il fatto che ha perso peso gli ha fatto perdere un minimo di incisività nei duelli corpo a corpo.

Umtiti vuole evitare, soprattutto, prestazioni come quella con il Celta Vigo del giugno 2020. Il Barcellona aveva perso il primato in classifica due partite prima, pareggiando 0-0 con il Siviglia, e Umtiti in quella stagione aveva già perso il posto a favore del connazionale Lenglet. Nonostante ciò, Quique Setién lo ha messo titolare in una partita difficile, contro una formazione brillante e offensiva e Umtiti è finito spesso fuori posizione, causando il primo gol e altri pericoli poi sventati da Piqué e Ter Stegen. Era un Umtiti il più lontano possibile dalla sua migliore versione: spaesato, incapace di interpretare il gioco avversario, la cui aggressività veniva usata contro la sua stessa squadra. Forse era anche - ancora - infortunato. Forse Umtiti non si è mai ripreso da quel Mondiale 2018, almeno finora.

Umtiti ha giocato e vinto con il ginocchio sinistro già dolorante, ignorando chi gli consigliava di operarsi e scegliendo di andare fino in fondo a costo di peggiorare la situazione. Vale la pena di mettere a rischio la propria carriera per vincere una Coppa del Mondo? Anni dopo, nel mezzo del proprio purgatorio, Umtiti diceva comunque di non rimpiangere le sue decisioni: «Sì, ho rischiato», ha detto alla trasmissione francese Telefoot nel marzo 2019. «Ma il Mondiale c’è una volta ogni quattro anni e non puoi mai essere sicuro di giocarlo».

I tifosi del Barcellona lo fischiavano mentre lui giurava di aver fatto tutto per rientrare in campo. Lo hanno accusato di essere attaccato al proprio stipendio (cosa che, voglio dire, non mi sembrerebbe neanche così sbagliata) ma Umtiti rispondeva giurando amore al Barça: «Non mi vedo giocare per nessun’altra squadra. Impossibile. È molto chiaro per me. Voglio dimostrare di avere ancora il livello per giocare qui». La scelta di Lecce non deve essere stata facile, ma serve a chiudere un cerchio.

Sarebbe stato bello se le sue ultime lacrime fossero state quelle dell’aeroporto, lacrime di riconoscenza e sollievo, e non altre lacrime di frustrazione e rabbia come quelle che i giornali italiani hanno detto abbia pianto dopo i cori razzisti con la Lazio. Con una storia e un talento come il suo pensate quanto si debba essere insensibili, quanto si debba avere una visione limitata del mondo, per provare qualcosa che non sia semplice ammirazione per un giocatore del genere. Ma, appunto, con una storia come la sua sono offese che lasciano il tempo che trovano. Per togliergli, oggi, la voglia di giocare a calcio, di giocare bene, ci vuole qualcosa di più.

È difficile sapere come stia davvero Umtiti e quanto può durare. Se le cartilagini nel suo ginocchio sono definitamente apposto o se ci sono altri problemi dietro l’angolo. Teniamolo d’occhio, però. Guardiamolo da vicino perché di difensori più atletici di lui, più veloci, più forti fisicamente e dominanti ce ne sono parecchi ormai, ma di maestri dell’arte difensiva come Umtiti ne nascono pochi per ogni generazione.

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