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L'unica squadra di calcio di Lampedusa
17 apr 2025
Un estratto da "Mare Aperto", il nuovo libro di Luca Misculin edito da Einaudi.
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Pubblichiamo un estratto di "Mare Aperto", il nuovo libro di Luca Misculin, edito da Einaudi, sulla storia umana del Mediterraneo centrale. Se volete acquistare il libro potete farlo cliccando qui.

Più o meno ogni due settimane, a Lampedusa, una ventina di persone si sveglia alle 5 di mattina, guida fino all’aeroporto, sale a bordo di un aereo, poi di un pullman, si cambia, fa una corsa, una doccia al volo, poi riprende il pullman, l’aereo, la macchina o lo scooter parcheggiato in aeroporto, e prima di sera è di nuovo a casa. Tutto questo, senza ricevere alcun compenso. Sono i giocatori dell’Academy Lampedusa Calcio, l’unica squadra di calcio dell’isola, nonché la sola società a offrire la possibilità di fare uno sport di squadra e uscire regolarmente dall’isola per disputare un campionato.

Oggi il Lampedusa gioca nel girone B della Seconda Categoria siciliana, l’ottavo e penultimo livello dei campionati italiani di calcio a 11. Se il calcio italiano fosse una piramide, in cima ci sarebbe la Serie A, mentre alla base i 143 gironi di Terza Categoria. Le squadre di dilettanti vengono raggruppate in gironi sempre uguali, su base regionale o provinciale, in modo che le trasferte non costino troppo. In teoria il Lampedusa dovrebbe giocare nel girone A, quello della provincia di Agrigento: in realtà viene sempre assegnato al girone B, cioè quello di Palermo, perché ad Agrigento non c’è un aeroporto e le trasferte sarebbero di fatto impossibili. Anche cosí, sono assai complicate da organizzare. A Lampedusa, nei weekend di autunno, inverno e primavera – quando i voli sono drasticamente più limitati rispetto all’estate – partono per Palermo tre voli al giorno: alle 7, alle 13 e alle 16,30. Da qualche anno sono gestiti dalla Danish Air Transport (Dat), una piccola compagnia aerea danese che nel 2018 si è aggiudicata l’appalto per via di un’estesa esperienza nel collegare la terraferma con i fiordi nordici. Gli orari dei voli Dat però si incastrano male con quelli delle partite di Seconda Categoria, che si giocano di domenica e iniziano fra le 14,30 e le 15,30, in base alla stagione. Per il Lampedusa però la Lega nazionale dilettanti fa un’eccezione: quando va in trasferta gioca sempre alle 10,30, in modo che la squadra possa prendere l’aereo delle 7 e poi quello di ritorno delle 14,35, il penultimo della giornata. Perché non quello delle 20? «Perché se non parte abbiamo grossi problemi con la gente che l’indomani deve andare a scuola e al lavoro», spiega seduto a cavalcioni su un tavolo dello spogliatoio dell’unico campo sportivo dell’isola Massimo Tuccio, gestore di un noto bar nonché vicepresidente e allenatore del Lampedusa. È lui che ogni due settimane organizza le trasferte nei minimi dettagli, quasi al minuto, per evitare problemi ai giocatori ma anche alla società: ogni trasferta giornaliera costa circa tremila euro, e se per qualche ragione l’aereo delle 20 non partisse – perché c’è troppo vento, o perché è previsto un temporale – l’intera squadra sarebbe costretta a dormire a Palermo, bruciando il proprio risicatissimo bilancio. Per questo Tuccio è inflessibile sugli orari. Quando il campo è particolarmente lontano, ai suoi giocatori non permet- te nemmeno di farsi una doccia a fine partita: e in casi del genere, sul piccolo biplano da cinquanta posti che li riporta a Lampedusa, si sente.

L’orario delle partite non è l’unico sforzo di adattamento che è stato necessario perché sull’isola si potesse giocare a calcio in maniera organizzata. Lampedusa è un’enorme roccia calcarea emersa dal mare centinaia di migliaia di anni fa, e coltivare qualcosa è praticamente impossibile: per questa ragione il campo su cui il Lampedusa si allena e gioca le partite ufficiali è coltivato a Paspalum, un’erba graminacea poco diffusa in Europa che ha il vantaggio di poter essere irrigata anche con l’acqua di mare. Solo grazie al Paspalum il campo di Lampedusa, che si trova nella zona del Porto Nuovo, a poche centinaia di metri dal molo dove arrivano le imbarcazioni di migranti, riesce a rimanere in buone condizioni, a gennaio come ad agosto. «Qui le cose sono diverse, e dobbiamo adeguarci», dice Tuccio.

Per molto tempo, a causa di tutte queste limitazioni a Lampedusa semplicemente non si è giocato a calcio. La prima squadra di sempre se la inventò un professore di educazione fisica dell’isola, che nel 1985 la iscrisse a un campionato federale. Allora il campo era semplicemente una spianata alla periferia dell’abitato principale dell’isola. «Si giocava in mezzo alle pietre», ricorda Tuccio, che fece parte per anni di quella squadra come difensore centrale. Come capita ancora oggi a moltissime società che giocano nelle categorie piú basse della piramide, ogni stagione il Lampedusa doveva trovare i soldi per pagare le magliette, le borracce, i biglietti aerei per le trasferte. Non sempre ci si riusciva. Nel suo numero di luglio 2005, l’unico giornale cartaceo dell’isola, «Punta Sottile» – ora scomparso –, titolava minacciosamente La fine del calcio a Lampedusa, in un articolo che dava conto delle difficoltà economiche della squadra, che è stata rifondata più volte, l’ultima delle quali nel 2019, quando è stata di fatto assorbita dalla scuola calcio che Tuccio aveva fondato nel 2006. I colori sociali sono il blu e il giallo, e sullo stemma compare un ghepardo, per assonanza col Gattopardo della persona più illustre associata all’isola, lo scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

Dalla rifondazione a oggi Tuccio ha lavorato molto per riorganizzare la società, e renderla più professionale. Il campo e gli spogliatoi sono stati ristrutturati con un piccolo finanziamento della Lega Serie B. Le magliette e i borsoni ricordano quelli di squadre piú in alto nella sopraccitata piramide. Nell’estate del 2024 la preparazione estiva è stata affidata per la prima volta a un professionista esterno. Piú in generale l’organigramma è ormai ben definito: oggi la prima squadra ha uno staff dedicato di sei persone – ci sono anche un preparatore atletico e un fisioterapista – che organizzano e gestiscono tre allenamenti a settimana, alle 19. Tutti i giocatori hanno un altro lavoro, e prima di quell’ora non potrebbero allenarsi.

Poi c’è la scuola calcio, di cui Tuccio è particolarmente orgoglioso. «Abbiamo un centinaio di ragazzi fra primi calci, pulcini, esordienti, giovanissimi e allievi», spiega elencando le varie categorie del calcio giovanile. Quasi tutti i maschi di Lampedusa passano dalla scuola calcio, prima o poi: anche perché le strutture dell’isola non offrono molto altro. Non ci sono piscine o palestre particolarmente attrezzate – il Comune sogna da anni di costruire un enorme campo polisportivo, per ora senza successo –, e per i bambini l’alternativa è una scuola di taekwondo, mentre alle bambine viene offerto soltanto un corso di danza (al momento non ci sono piani per mettere insieme una squadra femminile dell’Academy Lampedusa Calcio). Le squadre giovanili del Lampedusa non partecipano a tornei fuori dall’isola, perché la società non ha abbastanza fondi per coprire i costi delle trasferte: al massimo, quando si può, Tuccio le iscrive a tornei di qualche giorno, con spese totalmente a carico delle famiglie. Il Lampedusa però non ha la squadra juniores, quella a cui si accede dai quindici ai diciotto anni: un po’ per scelta, per dare modo ai ragazzi più piccoli di confrontarsi da subito con un campionato più impegnativo, un po’ per assenza di alternative. A differenza delle squadre contro cui gioca, infatti, il Lampedusa non può fare mercato. «Ho tanti colleghi in Sicilia che dopo l’infortunio di un centrocampista vanno subito al paese vicino e lo prendono. Ma noi dove andiamo?», si chiede retoricamente Tuccio. Il Lampedusa non ha nessun paese vicino e non paga alcuno stipendio ai propri giocatori: ogni anno deve quindi sperare che sull’isola nasca un futuro terzino di spinta, o che ci arrivi da adulto perché lavora in una delle varie forze armate presenti sull’isola. Tuccio, per esempio, spera che a breve l’aeronautica ritrasferisca a Lampedusa un ragazzo che faceva il portiere e che manca sull’isola da tre anni. Nel Lampedusa non giocano regolarmente dei migranti: la stragrande maggioranza di quelli che arrivano via mare rimane per qualche giorno chiusa nell’hotspot, e poi viene trasferita in Sicilia. Esiste un’unica eccezione.

Joseph Bouallegui, tunisino, era arrivato a Lampedusa una prima volta nel 2017. «Sono uscito in barca con mio cugino che voleva farmi un regalo per il giorno del mio compleanno. Volevo vedere mio fratello che viveva in Francia, – ha raccontato qualche tempo fa all’Ansa, – e mio cugino mi ha detto: “Ti porto a Lampedusa, è vicina”. Ho accettato perché pensavo di restare soltanto 6 mesi e poi tornare a casa». A Lampedusa Bouallegui ha incontrato una donna che poi è diventata sua moglie, e con cui si è stabilito definitivamente sull’isola dopo un periodo in Francia. Dopo aver capito che l’isola sarebbe diventata la sua casa, Bouallegui chiese di poter giocare con il Lampedusa, e tutti si accorsero che con la Seconda Categoria non c’entrava nulla. Fino al 2013 infatti Bouallegui giocava per le giovanili del Club Sportif Sfaxien, una delle squadre più forti del paese, stabilmente nella Serie A tunisina. Tuccio descrive Bouallegui come un calciatore a metà fra un trequartista e un centravanti, di parecchie categorie superiore ai suoi compagni. Nella stagione 2022-23 Bouallegui ha segnato undici gol ed è stato determinante per la promozione in Seconda Categoria. Poi si è un po’ perso, «per via di problemi familiari», racconta Tuccio: nella stagione successiva i gol sono scesi a tre, mentre nel girone d’andata del campionato 2024-25 si sono azzerati. Il secondo straniero della squadra è Amadin Julius, centravanti – «hai presente Lukaku?», chiede Tuccio – nonché dipendente della Croce Rossa di stanza sull’isola. Da qualche mese però è infortunato, e la sua assenza è stata particolarmente critica per il Lampedusa, che ha concluso il girone di andata della stagione 2024-25 all’ottavo posto su 11, con 10 punti in 10 partite, 12 gol fatti e 19 subiti. Il capocannoniere della squadra è il suo trequartista, il numero 10 Vincenzo Lo Verde: 35 anni, un piede discreto e una certa abilità nel muoversi senza palla. Lo Verde ha segnato 3 gol. Dietro di lui, il vuoto.

Lo si è visto anche durante una recente partita giocata in casa, in una domenica autunnale, contro l’Isola delle Femmine. Ad assistere alla partita c’erano un’ottantina di persone in tutto: la maggior parte in piedi, con le mani sulla recinzione che delimita il campo, all’ombra di alcuni provvidenziali alberi appena dietro le panchine, sul lato lungo del campo. Altri parcheggiano l’auto o lo scooter sul lato piú vicino alla strada comunale, e guardano la partita seduti nell’abitacolo. Il campo del Lampedusa non ha ancora una tribuna: a Tuccio il Comune la promette da anni, ma non sa dire quando arriverà davvero. Il Lampedusa gioca con una specie di 4-2-3-1 estremamente pragmatico, con cui cerca di arrivare il prima possibile ai 3-1, cioè soprattutto il suo centravanti – il numero 20, un signore brizzolato con un bel gioco di sponda – e l’ala destra, il numero 15 Antonio Paterna, 18 anni e una gamba «frizzante», come la definirebbero oggi gli allenatori di Serie A (a proposito: Tuccio dice di ispirarsi a Thiago Motta e a Davide Nicola, di cui ammira soprattutto «la tenacia»). Durante la partita Paterna si è mosso moltissimo, ogni volta che puntava l’esterno sinistro dell’Isola delle Femmine – che giocava con un 3-5-2 standard – gli metteva paura. Non è bastato: quel giorno il Lampedusa ha perso 2-0. La giornata successiva ha battuto 3-2 lo Sciara, ottenendo la prima vittoria in campionato. Il resto della stagione sarà un po’ interlocutorio: la zona promozione è troppo lontana da raggiungere. Al contempo non c’è un vero rischio di retrocedere: lo Sciara e il Club Finale sono ben più scarsi e decisamente indietro in classifica. Per l’anno prossimo bisognerà sperare in un carabiniere che in una vita precedente sia stato un talentuoso centravanti degli Allievi della Fiorentina, o qualcuno di simile.

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