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Valorizzare Pjanic
07 dic 2016
Il bosniaco è arrivato alla Juventus senza che fosse chiaro come utilizzarlo.
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Al termine del girone di qualificazione della Champions League e dopo un terzo di campionato di serie A è giunto il momento di fare un bilancio sul rendimento di Miralem Pjanic alla Juventus. Sin dalla notizia del suo passaggio ai bianconeri la presenza di Pjanic nella squadra di Allegri è stata oggetto di speculazioni tattiche: la discussione riguardava la possibile posizione in campo, considerando anche che la Juve da anni non aveva in rosa un centrocampista con le sue caratteristiche. Se possibile il dibattito si è fatto più animato dopo l’effettivo inizio della stagione, complici le prestazioni che la maggioranza dei critici ritengono al di sotto delle potenzialità. Le domande possibili sono molteplici: dove deve giocare Pjanic nella Juventus? Come sta giocando? E a monte, ancora un’altra domanda, che sebbene sia più vecchia non ha ancora una risposta univoca: che giocatore è Pjanic?

Per assegnare una posizione in campo, o giudicare con cognizione di causa una prestazione, è necessario conoscere a fondo un giocatore e il contesto in cui si deve muovere. La prima qualità che viene in mente pensando a Miralem Pjanic, la dote che maggiormente lo caratterizza, è la sensibilità del suo piede destro, che si esalta in particolare nell’esecuzione dei calci piazzati. Oltre che nei calci da fermo, Pjanic sfrutta il piede destro soprattutto per portare i compagni di squadra al tiro: per capirci, la passata stagione in serie A solo Hamsik ha fatto più passaggi chiave di Pjanic e solamente Paul Pogba è riuscito a eguagliarlo nel numero di assist (12).

Fuori dalle categorie comuni

La qualità tecnica del numero 5 bianconero è messa al servizio delle sue peculiari propensioni mentali. Il bosniaco è un centrocampista che ama i giocatori intelligenti e che riflettono quando giocano e a modo suo vorrebbe essere quel tipo di giocatore. Ma questo non fa necessariamente di lui un “geometra di centrocampo”, un “metronomo”; la differenza con questi giocatori sta nell’interpretazione del gioco di Pjanic, in cui non è centrale utilizzare la tecnica per aiutare la squadra a dominare il possesso del pallone, e non è primario usare i passaggi per ordinare tempi e posizioni del proprio schieramento. In questo senso non è né un regista classico, né una tipica mezzala di possesso alla Xavi.

Ma non è neanche agli antipodi di questo tipo di giocatori: nonostante i suoi numeri eccezionali, Pjanic non è nemmeno un giocatore alla continua ricerca della giocata decisiva e del compagno da mandare in porta a tutti i costi. Pjanic segue le proprie inclinazioni in campo, cercando il ritmo e la distribuzione del gioco a lui più congeniali. Può giocare sicuro, sia sul corto che sul lungo e consolidare il possesso palla della squadra; al contempo, e con estrema efficacia, può attraversare linee avversarie con filtranti di rara precisione e servire assist ai compagni. Ma nessuna delle due caratteristiche è quella dominante e restituisce l’essenza del gioco del centrocampista bianconero.

La descrizione di Pjanic per mezzo della affermazione di ciò che non è rappresenta forse un grosso indizio per definire, per sottrazione, il giocatore della Juventus: è un centrocampista dotato di tecnica sopraffine e capace, più che di ordinare il gioco, di farlo fluire, abile a permettere la transizione dalla fase di preparazione a quella di rifinitura/finalizzazione.

Passaggio di prima a tagliare linee avversarie e successiva ricerca della profondità. L’essenza del passatore Pjanic.

Complici gambe poco esplosive, e una ridotta velocità sul breve, il bosniaco ama far viaggiare il pallone e limita i dribbling a una parte residuale del proprio calcio. Nei club, in carriera ha una media di 2.35 dribbling ogni 90 minuti con una percentuale di successo di poco superiore al 50%. Particolarmente interessante è analizzare l’andamento storico nel campionato italiano, dove il numero di dribbling tentati ogni 90 minuti è progressivamente diminuito ogni anno (fatta eccezione per il primo), passando dai 4.7 del 2012-13 agli 1.6 dell’ultima stagione a Roma agli 0.6 attuali alla Juventus, segno di una sua evoluzione.

Di contro, le doti aerobiche sono notevoli e sottovalutate: Pjanic si muove parecchio in giro per il campo. Con 11897m ogni 90 minuti è il giocatore che ha percorso mediamente più campo in Champions League tra i titolari della Juventus - più degli esterni Alex Sandro e Cuadrado e più di ogni altro centrocampista. In fase di possesso palla accumula metri smarcandosi continuamente e creando linee di passaggio per i compagni. Anche in fase di non possesso può coprire un’ampia porzione di campo, tagliando linee di passaggio correndo in avanti o orizzontalmente.

Chiaramente, Pjanic esprime il suo meglio quando la propria squadra ha il pallone. Il suo contributo in fase di possesso, in termini quantitativi e qualitativi, è superiore a quello fornito alla fase difensiva e in questo senso è classificabile come centrocampista offensivo. In fase difensiva, facendo uso della sua capacità di lettura del gioco e delle sue doti aerobiche, esprime il suo meglio nell’intercettare le linee di passaggio avversarie. La ridotta forza esplosiva ne limita l’efficacia nel tackle e, in generale, nelle fasi di difesa maggiormente statiche e in quelle in cui non può utilizzare gli spostamenti per il campo come arma difensiva.

Limiti e abitudini

Pjanic preferisce giocare ed è più efficace nelle zone interne del campo, dove ha ogni angolo aperto per cercare una soluzione di passaggio e minori possibilità di essere pressato. Sull’esterno gioca meno volentieri e in maniera meno efficace: la linea laterale taglia possibili traiettorie di passaggio e la pressione degli avversari lo può costringere a soluzioni individuali poco gradite.

In carriera è stato impiegato in più posizioni: vertice basso in un centrocampo a 3, interno di un centrocampo a 4, trequartista e, nella Roma, persino nella posizione di punta esterna nel 4-3-3 di Zeman. La posizione più frequentemente occupata in carriera, però, è quella di mezzala in un centrocampo a 3 e lui stesso dichiara che questa è la posizione in campo che più preferisce.

In genere la posizione di vertice basso di centrocampo presuppone, nell’interpretazione più comune, un certo presidio della zona di campo davanti la difesa in entrambe le fasi di gioco, che si accorda male con l’istintiva tendenza di Pjanic a muoversi molto alla ricerca del pallone e a trovare smarcamenti che per posizione in campo e postura del corpo sono piuttosto rischiosi per un centrocampista che occupi la posizione davanti alla difesa.

La sua protezione del pallone non è sempre ottimale, specie spalle alla porta, e ciò rappresenta un limite contro la pressione degli avversari e un ostacolo a un rendimento elevato da centrocampista basso.

Inoltre, sebbene Pjanic si consideri un ragionatore, non è il tipo di giocatore che pensa prima di ricevere palla. Nello scegliere la giocata da effettuare, i possibili sviluppi successivi del gioco non sono un fattore determinante per Pjanic.

Qui Pjanic perde il pallone perché, prima di riceverlo, non ha deciso cosa ne avrebbe fatto.

Per questi motivi, anche la funzione di distribuzione del gioco e organizzazione complessiva della manovra, che solitamente si assegna al vertice basso di centrocampo, non è perfettamente nelle sue corde, anche se può interpretare il ruolo in maniera atipica.

Meno definiti, in genere, i compiti richiesti a un trequartista: ci sono i trequartisti incursori che attaccano gli spazi creati dalle punte, i trequartisti rifinitori che giocano tra le pieghe delle linee avversarie e da lì si occupano principalmente della rifinitura del gioco e i trequartisti mobili che, partendo dalla loro posizione originale, si muovono liberamente, anche abbassandosi, per cucire il gioco e semplificare la circolazione del pallone creando zone di superiorità numerica e/o posizionale. Miralem Pjanic può occupare il ruolo interpretandolo secondo quest’ultima accezione: non ha la velocità e la forza per giocare da puro incursore, né la rapidità e la protezione del pallone per giostrare costantemente negli angusti spazi tra le linee avversarie. Se invece è libero di muoversi, di abbassarsi al fianco degli altri centrocampisti, di trovare gli spazi di smarcamento senza necessariamente occupare staticamente lo spazio tra le linee, ma uscendone per poi magari rioccuparlo dinamicamente, Pjanic può essere efficace anche nella posizione di trequartista.

Inoltre, in Nazionale gioca spesso da interno in coppia con un altro centrocampista: in questo caso, gli istinti di Pjanic si combinano bene con un giocatore di posizione e ordine che lasci al bosniaco la possibilità di smarcarsi in avanti e di accompagnare con continuità l’azione offensiva per giocare nell’ultimo terzo di campo. La maggiore porzione orizzontale di campo da coprire concede a Pjanic più spazio per i propri movimenti in fase di possesso, mentre, in fase difensiva, non costituisce un grosso ostacolo, vista la capacità aerobiche del bianconero.

Come detto, la posizione di mezzala in un centrocampo a 3 è quella in cui Pjanic è stato maggiormente schierato nella sua carriera: coperto da un mediano può abbassarsi a ricevere il pallone, supportare in avanti la manovra offensiva e occupare dinamicamente lo spazio tra le linee avversarie.

Alla Juve

Nelle amichevoli pre-campionato Pjanic viene impiegato più volte come vertice basso del centrocampo e Allegri si dice convinto che il bosniaco possa occupare la posizione, almeno sino al rientro di Claudio Marchisio. Complice però qualche affaticamento, Pjanic rimane in panchina nelle due partite di agosto della serie A; in campo, nel 3-5-2 di Allegri, vanno Lemina in posizione di mediano e Asamoah in quella di mezzala sinistra.

Alla ripresa del campionato, dopo la sosta per le Nazionali, Pjanic prende il posto da titolare come mezzala sinistra nel 3-5-2 con cui la Juventus sconfigge per 3-1 il Sassuolo. La partita contro la squadra di Di Francesco rappresenta forse una sorta di crocevia psicologico per la Juventus e per lo stesso Pjanic. I bianconeri giocano una partita particolarmente brillante. Pjanic, al suo esordio ufficiale in maglia Juventus, segna un gol, manda al tiro per tre volte i compagni e si rende estremamente importante per la manovra della sua squadra occupando dinamicamente lo "spazio di mezzo" di sinistra, bilanciando la posizione occupata da Paulo Dybala sul centro-destra e distribuendo in tal modo le responsabilità creative della manovra bianconera.

Pjanic gioca quasi in posizione speculare a Dybala e si connette all’argentino, fornendo quantità e qualità al gioco interno e tra le linee della Juventus.

Al termine del match, però, Allegri non è contento di qualche presunto sbandamento in transizione difensiva dei bianconeri e afferma che la partita sarebbe dovuta finire 9 a 3, fornendo implicitamente un giudizio negativo sull’equilibrio della propria squadra. La partita successiva, in Champions League contro il Siviglia, cambia l’intera corsia sinistra del proprio 3-5-2, sostituendo Alex Sandro e Pjanic con Evra e Asamoah, certificando ulteriormente la priorità della ricerca di un supposto equilibrio a scapito di una maggiore brillantezza tecnica e tattica.

Pjanic torna titolare in campionato contro l’Inter come vertice basso di centrocampo, nella posizione ipotizzata da Allegri in estate. La Juventus perde e la prestazione di Pjanic è giudicata insufficiente. Il bosniaco non trova gli smarcamenti giusti contro la furiosa pressione dei nerazzurri, complice la posizione arretrata non gioca nessun key-pass e soffre nel gestire difensivamente lo spazio alle sue spalle. Nella partita più difficile della stagione per i bianconeri prima del disastro contro il Genoa, Pjanic viene definitivamente bocciato come centrocampista basso e quella con l’Inter rimane l’unica partita giocata in questa posizione.

Pjanic torna a giocare come mezzala sinistra nel 3-5-2, con interessanti eccezioni. In casa contro l’Olympique Lione Allegri schiera la Juventus con il 4-3-1-2 lasciando a Pjanic il ruolo di trequartista, ruolo occupato anche per frazioni di partita contro il Genoa e a Siviglia e nell’ultima partita di campionato contro l’Atalanta. Contro il Chievo, invece, il solito modulo fluido della Juventus è essenzialmente assimilabile a un 4-4-2 con un centrocampo formato da Cuadrado a destra e Sturaro a sinistra, con Pjanic a far coppia con Hernanes in mezzo al campo.

Non proprio un organizzatore di gioco.

Pur tenendo a mente che il campione statistico è piuttosto limitato, i numeri offensivi di Pjanic reggono il confronto con la passata stagione. Il bosniaco è passato dai 0.33 gol ogni 90’ e 2.71 key pass con la Roma a 0.39 gol e da 2.93 key-pass con la Juve. Il numero di assist è praticamente invariato: 0.36 assist ogni 90’ con la Roma, 0.37 assist con la Juventus. In forte calo è invece il numero di intercetti, il principale indicatore statistico per la fase difensiva del bosniaco, passati da 1.93 intercetti a 1.17 ogni 90’.

Sistema non ideale

Il contesto tattico in cui Pjanic si trova a giocare non è stato sino ad ora forse l’ideale per le sue caratteristiche. Nel ruolo di mezzala le richieste tattiche del 3-5-2 di Allegri sono diverse da quelle tipiche del 4-3-3 a cui era abituato. Con due giocatori in fascia – il terzino e la punta esterna – il 4-3-3 della Roma richiedeva al bosniaco poche escursioni sull’esterno, zona di campo dove Pjanic è poco efficace; il 3-5-2, invece, schiera un solo esterno e occupa il centro con due punte, richiedendo alle mezzali un contributo più continuo in fascia.

In aggiunta, le qualità di passatore del bosniaco sarebbero favorite da un gioco maggiormente diretto e da una più continua ricerca della verticalizzazione, mentre il possesso palla della Juventus è troppo spesso orientato al mero mantenimento del pallone.

Dal punto di vista difensivo, le qualità di difensore in movimento del bosniaco sono invece penalizzate da un eccesso di difesa posizionale che ne mette in evidenza i limiti e che spiega il drastico calo del numero di intercetti. Anche l’alchimia con i compagni di reparto e di squadra non sembra favorire Pjanic. Troppo spesso la Juventus mostra poco movimento senza palla e molti dei giocatori bianconeri sono naturalmente orientati a ricevere il pallone sui piedi senza attaccare la profondità o, comunque, senza aggredire con decisione gli spazi. Le qualità di inventiva e di passatore del bosniaco non riescono a esprimersi pienamente. Inoltre la prolungata assenza di Marchisio, non adeguatamente rimpiazzato in termini di organizzazione del gioco dai sostituti Lemina ed Hernanes, ha caricato il bosniaco, forse più agli occhi degli osservatori che di Allegri, di eccessive responsabilità nell’organizzazione del gioco.

Se i compagni si muovono, Pjanic sa cosa fare.

Le migliori partite di Pjanic con la Juventus sono state quelle in cui il contesto tattico e l’interpretazione del match sono state adatte alle sue caratteristiche. Da trequartista mobile contro l’Atalanta, è stato favorito dalla possibilità di trovare gli spazi a lui maggiormente congeniali, da una fase difensiva giocata in maniera maggiormente aggressiva, da una Juventus più diretta nel cercare la verticalizzazione e più ricca di movimenti senza il pallone.

In posizione di interno nel 4-4-2 contro il Chievo, con due coppie di giocatori per fascia, due punte davanti e una maggiore possibilità di muoversi rispetto allo statico posizionamento del tipico 3-5-2 bianconero, Pjanic ha fornito una della più convincenti prestazioni della stagione.

Infine, nella già citata partita contro il Sassuolo, l’interpretazione elastica del 3-5-2 e l’atteggiamento spregiudicato della squadra, censurato nel post-match da Allegri, hanno permesso a Pjanic di giocare una partita convincente e ricca di qualità.

Fine dei fraintendimenti

La questione non sembra tanto essere quindi la mera posizione in campo, ma la funzione di Pjanic all’interno dell’economia della squadra e la coerenza tra le caratteristiche del bosniaco e quella della squadra bianconera.

Pur riconoscendo prestazioni complessive ancora al di sotto delle sue effettive possibilità, il giudizio su Pjanic è parecchio influenzato da equivoci sulla reale natura del giocatore e da un contesto tattico non sempre ideale per esaltarne le caratteristiche. L’iniziale investitura quale sostituto di Marchisio ha probabilmente lasciato immaginare per il bosniaco, fraintendendone le qualità, un ruolo di organizzatore del gioco bianconero che al momento non pare appartenere al bagaglio tecnico e mentale del giocatore.

Di contro, le sue doti di passatore, pur confermate da un numero di key pass e assist del tutto coerente con la sua carriera, sono state depresse da un gioco offensivo troppo statico e carente di movimenti senza palla dei possibili riceventi. La rigidità del 3-5-2 di Allegri ne ha inibito la capacità di trovare gli spazi utili alla ricezione e all’avanzamento del gioco dalla fase di costruzione a quella di rifinitura; la difesa posizionale spesso adottata dalla Juventus ne ha evidenziato i limiti in fase di difesa statica.

Va aggiunto che l’adattamento alle richieste di un ambiente come quello juventino, abituato a vincere e a richiedere continuità nella ricerca di questo fondamentale obiettivo, non è sempre facile, e Pjanic sembra ancora sulla strada di un completo ambientamento. Ma le prestazioni di ogni giocatore sono fortemente influenzate dal contesto in cui si trova ad esprimersi: vale anche per i più forti e, chiaramente, vale anche per Miralem Pjanic.

Se la Juventus imboccherà la strada di un calcio maggiormente diretto, con una fase difensiva maggiormente orientata al pressing e non all’attesa e una fase offensiva più ricca e varia nei suoi movimenti, la posizione in campo del bosniaco non sarà più un grosso problema, la reale funzione nello sviluppo del gioco della squadra si chiarirà e la qualità delle prestazioni probabilmente si innalzerà. E, dimenticando Pogba e improbabili paragoni, Pjanic diventerà ancora di più un pezzo importante del centrocampo della Juventus.

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