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L'anno in cui Christian Vieri ha rotto la Liga
12 nov 2020
Racconto della mitologica stagione all'Atletico Madrid.
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13 min
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«Io mi cederei, senza pensarci un attimo» dice Christian Vieri al giornalista, con la stessa spigolosità con cui l’abbiamo visto dominare un campo da calcio. Da un paio di mesi l’Atletico Madrid sta provando a strapparlo alla Juventus in tutti i modi. È l’estate del 1997 e il calciomercato si sta riempiendo di miliardi. Al presidente Gil ne servono trentaquattro per convincere Luciano Moggi a lasciar partire l’attaccante. Era diventato il preferito dell’Avvocato Agnelli, ma non è bastato, troppi soldi per un giocatore pagato sei miliardi appena l’anno prima.

Mentre Vieri vince il Campionato delle discoteche con la maglia del Pineta, segnando un gol decisivo nella finale contro l’Aquafan, in Italia il coro è unanime: la Juventus ha fatto l’affare. È vero, negli ultimi mesi ha mostrato dei lampi di onnipotenza, ma può essere un attaccante da tanti gol a stagione? Moggi, ad esempio, pensa di averci guadagnato nel cambio con Inzaghi: «Noi ci siamo già assicurati il capocannoniere del campionato [...] Io sono convinto che giocando nella Juventus dovrebbe avere meno difficoltà a far gol». Negli stessi giorni Vieri festeggia il compleanno in grande stile nel privè del Byblos, la torta è un grande campo da calcio con 24 palloni, di cui 8 in porta. «Visto che sei tu, mi sembrano un po' troppi, tutti lì dentro» lo prende in giro proprio Superpippo presente alla festa, a far intendere che poi la porta bisogna prenderla.

Pochi giorni prima Ronaldo era finito all’Inter dal Barcellona per quattordici miliardi in più, ma il brasiliano segnava più di un gol a partita dalla nascita e il calcio era ai suoi piedi. Intorno all’attaccante italiano invece rimanevano da sempre alcuni dubbi di carattere tecnico. Cresciuto col rugby in Australia, Vieri ha scoperto il calcio tardi (a 11-12 anni) e quando è tornato in Italia (a 14 anni) dicono sia molto indietro nei fondamentali rispetto ai pari età. Anche quando cresce e diventa un professionista il suo calcio è quello della forza della natura, animalesco, ma non rotondo.

Come ne parlava Mondonico che pure lo ha portato in prima squadra al Torino.

I 14 gol segnati nell’ultima stagione in bianconero sono un record per lui, in un’annata che lo ha visto giocare per gli infortuni di chi aveva davanti più che per meriti acquisiti nel tempo. Insomma nessuno ne discute il valore, ma può un attaccante sgraziato valere così tanto?

L’incredibile inizio di Vieri

Gil però è sicuro: «Vieri è un diamante». Lui arriva a Madrid e in aeroporto trova una baraonda di tifosi e giornalisti, mentre scappa dice solo «Spero vada tutto bene, il presidente ha speso molti soldi». Dicono che Antic si fosse innamorato di Vieri vedendo dal vivo la partita contro il Milan, quella finita 1-6, in cui l’attaccante aveva distrutto Baresi. Gli attribuiscono anche questa frase in quell’occasione: «Vieri morto è più bravo di qualunque altro attaccante vivo».

Vieri esordisce al Bernabeu contro i rivali di sempre del Real Madrid. La partita finisce 1-1, al vantaggio iniziale di Juninho risponde Seedorf, con un gol da distanza irreale. Vieri stecca, sbaglia almeno tre gol mostrando un’imbarazzante legnosità nel primo controllo. Nel più evidente Karanka liscia un lungo rilancio di Molina e l’attaccante dell’Atletico Madrid si trova davanti un’autostrada verso la sua porta. Al momento dello stop però intruppa con il pallone, costrigendosi a tirare in allungo con il portiere davanti, fallendo una ghiotta occasione per imperizia.

Il giorno dopo la Gazzetta dello Sport titola “Vieri tradisce l’Atletico”, i tifosi dell’Atletico pensano anche di peggio. L’attaccante si sblocca alla terza partita, il 16 settembre in Coppa UEFA con il Leicester, con un gol su rigore. Il 26 segna una doppietta contro il Celta Vigo. Prima uno stacco di testa imperioso, quasi imbarazzante come asfalta il suo marcatore su calcio d’angolo, poi ancora un rigore. Non tutti sono contenti però, Vieri è un ciclone, muove le difese spagnole come un vento a cento all’ora, ma sbaglia troppo. Antic lo sottopone a doppie sedute di finalizzazione, Vieri e il portiere.

Contro il Real Oviedo segna di nuovo, è il 5 ottobre. Un’altra volta lanciato in campo aperto, Vieri si mostra freddo: rallenta la corsa per aspettare il movimento del portiere e poi lo batte con un tocco sotto. Fa in tempo anche a giocare contro l’Inghilterra, l’11, sentirsi male nel dopo partita al ristorante, essere ricoverato per una ferita lacero-contusa alla testa, tornare in Spagna e segnare anche contro il Merida, il 13, ancora con un mezzo tocco sotto. Il 17 invece Vieri segna una tripletta contro il Real Saragozza. Tre gol in cui calcia semplicemente troppo forte per il portiere avversario. Vieri ha già segnato 7 gol, la metà del suo record stagionale, ma lo ha fatto in sette partite.

Quattro giorni dopo, il 21, l’Atletico deve giocare in Coppa UEFA contro il Paok Salonicco. Prima della partita Vieri scherza con Futre: dì al presidente che se segno un’altra tripletta lui mi regala una Ferrari. Il portoghese ci va a parlare, Gil accetta. Chi segna due triplette in 4 giorni? Messi e Ronaldo hanno rispettivamente 10 e 12 anni in quel momento. Vieri segna una tripletta.

Il gol al Paok

Il primo gol lo segna di rapina, avventandosi su un pallone di nessuno; il secondo arriva dopo una doppia triangolazione con Kiko, con l’attaccante che dopo un bel movimento chiude con un piatto sinistro da pochi passi; ma è il terzo gol a cambiare la storia. Sempre Kiko, i due formeranno una coppia deliziosa lungo tutta la stagione, si abbassa nella propria metà campo per costruire il gioco. Una volta ricevuto il pallone lo calcia dritto e veloce nello spazio vuoto, dove Vieri si è lanciato.

Deve aver piovuto - o forse sta piovendo, tra il pubblico compare qualche sparuto poncho - perché il pallone dopo il primo rimbalzo schizza via, più veloce di Vieri. L’attaccante italiano comunque non molla, non mollare era una sua qualità dopotutto, e lo insegue mentre quello, per fisica, decelera. Dai pali però non si è fatto pregare Nikolaos Michopoulos, uscito per far la guardia, impedire fisicamente a Vieri di recuperare il pallone. Il suo vantaggio sembra così evidente che il portiere invece di calciare fuori o mettere il corpo a protezione, fa una finta gigionesca passando sopra la palla e continuando la sua corsa come se nulla fosse.

Vieri però ci arriva con l’interno del piede sinistro, impedendo al pallone di uscire mentre già si sta girando verso il centro del campo. È un attimo. L’inerzia lo trascina fuori dal campo, il pallone fermo sulla linea di fondo, un giocatore del Paok con la mano alzata che ha già capito. Vieri calcia con l’interno del piede sinistro, il pallone totalmente bianco - è l’anno del Nike tutto bianco con l’inconfondibile sbafo nero - si lascia guidare docile prendendo una curva dolce che lo spedisce a baciare il lato corto della rete.

È l’apoteosi per Christian Vieri, che per la prima volta esulta per un suo gol con la maglia bianca e rossa dell’Atletico, troppo spettacolare per rimanere impassibile. Lo stadio canta il suo nome per interi minuti. Il giorno dopo Marca titola “È il gol dell’anno” infilando cinque o nella parola gol, una televisione gli chiede se si sente più popolare del Re Juan Carlos. Lardin, che nel video è quello che si mette le mani in testa, dice che un gol del genere lo aveva visto fare solo a Maradona con l'Inghilterra in Messico («Lardin esagera, è un amico» dirà l’attaccante). Anche i giornali cambiano idea: è l’Atletico ad aver fatto l’affare del secolo.

Ma più di tutto è una rete in grado di cambiare il paradigma Vieri togliendolo di peso dalla categoria dell’attaccante sgobbone, che apre gli spazi, che mena e si fa menare, per inserirlo in quello dei marcatori geniali che trasformano il calcio in arte, il gol in esibizione. Su El Pais il giornalista José Miguelez sintetizza bene l’aurea del gol di Vieri: «La magia è scesa sul Calderón: i tifosi hanno iniziato ad applaudire, i giocatori rojiblancos a festeggiare come invasati e persino Vieri, il freddo pistolero dal piglio imperturbabile, è stato visto sorridere. Era il gol della sua consacrazione, l’ultimo regalo per la sua grande notte e per la partita della sua vita».

Vieri, invece, richiama a sé il suo spirito guerrigliero anche in un gol che è un ricamo: «Dietro il terzo gol al Paok c'è' la mia filosofia: mai mollare, nemmeno un istante, su nessun pallone». Lo dice dal ritiro azzurro dove si è fiondato dopo la partita con il Paok per l’andata dello spareggio contro la Russia. L’Italia non ha mai avuto così tanta abbondanza davanti, ma l’attaccante dell’Atletico Madrid non può stare fuori dopo 6 gol in pochi giorni. E infatti nella tempesta moscovita i gol diventano 7. Le condizioni sono così improbabili che ancora oggi è difficile capire come sia arrivata la sua rete.

Escono già le prime voci che lo vogliono nostalgico dell’Italia (l’Avvocato, pare, lo cerchi già). In Spagna lo chiamano El mudo perché non parla, sempre col muso. Lui smentisce «Mi diverto a fare l'indiano» dice «Noi dell'Atletico siamo gli indiani, perché siamo vicino al fiume, il Manzanarre, perché abbiamo un presidente che ha l'autorità di un grande capo tribù e perché, dicono, attacchiamo i bianchi, cioè il Real Madrid».

Non avrà arco e frecce, ma Vieri continua a colpire. Il primo novembre segna di testa al Betis. Da sinistra arriva un cross sul secondo palo e lui lo schiaccia con forza tra le gambe del portiere, a questo punto il rapporto tra l’attaccante e il gol sembra un flusso naturale, come l’acqua che scorre in un ruscello. I numeri sono spaventosi: Vieri segna più di un terzo dei gol dell’Atletico, in Liga timbra ogni 75 minuti, in più ci sono da aggiungere 5 assist serviti ai compagni.

Gli infortuni

La striscia si interrompe dopo appena tre minuti della partita contro il Compostela. Vieri sente una fitta tremenda dietro la coscia, il responso parla di uno stiramento al bicipite femorale sinistro. Aveva già saltato il ritorno con il Paok per un piccolo risentimento, ma per i medici poteva giocare. Sta fuori un mese e mezzo, l’Atletico intanto si stacca sempre di più dalla vetta. Torna, ma dopo appena 45 minuti ha una ricaduta. Salta un’altra partita, torna di nuovo, fa gol, il 3500° della storia del club in Liga, poi si riferma.

Vieri conviverà con gli infortuni muscolari per tutta la carriera, ma mai come in quei mesi a Madrid diventano un fantasma. Per i medici può giocare, lui non se la sente, dicono sia un problema psicologico. Prima del derby di ritorno dice che «All'80 per cento non sarò della partita», Antic però lo vuole in campo, il presidente Gil va direttamente in ritiro per parlare con Vieri e convincerlo, «quando vedrà il Calderon scoppiare, non potrà rifiutarsi di giocare». L’attaccante gioca, una delle poche partite in cui non va in gol, poi si ferma di nuovo.

In totale, sulle 50 partite stagionali dell’Atletico, Vieri ne salterà 19. Quanto avrebbe segnato quell’anno se avesse potuto giocarle tutte? Quando recupera pienamente dall’infortunio, segna per sei partite consecutive, tra cui in Coppa UEFA con il West Ham, decisivo per il passaggio alla semifinale. Dopo il gol all’Oviedo, in cui spacca la porta con il sinistro, mostra la maglia di Juninho sotto la sua. Il brasiliano si è infortunato gravemente poche settimane prima, compromettendo ancora di più la stagione dell’Atletico.

Contro il Salamanca, il 21 marzo, Vieri segna 4 gol, ma la sua squadra perde 5-4. L’attaccante torna negli spogliatoi e spacca tutto, Gil dovrà pagare i danni. Ai microfoni dice «È la prima volta che segno quattro gol e non vinco la partita» con una logica inoppugnabile. Vieri si dimostra un attaccante meraviglioso quando sta bene, sta trovando la sintesi perfetta del suo gioco: potenza, ma anche efficacia.

L’Atletico Madrid finirà il campionato come il miglior attacco della Liga con 79 gol, uno in più del Barcellona campione della Liga, ma sarà anche una delle peggiori difese del campionato. Vieri si incupisce, contro lo Sporting de Gijón riesce nella stessa azione a dare un pugno in faccia a un avversario e poi segnare. L’arbitro vede solo il gol, dopotutto l’attaccante continua a sembrare un gol che cammina. Pur saltando altre due partite per infortunio, il premio di Pichichi non può scappargli. Intanto l’Atletico, dicono, lo abbia messo in vendita: Gil ha provato a convincere l’attaccante a restare, ma Vieri sembra non ne voglia sapere.

Un lungo addio

Contro il Mallorca, con la squadra sopra di un gol, al 65° Antic sostituisce Vieri, che mentre esce lo insulta «Non vedi quello che succede in campo» gli urla, poi aggiunge «sei pazzo, figlio di puttana». Come risposta il club fa sapere che dalla prossima stagione l’allenatore sarà Arrigo Sacchi. Tra Vieri e l’allenatore la rottura è definitiva. Già al suo arrivo si era lamentato per la scarsa intensità degli allenamenti, sostenendo che il suo fisico aveva bisogno di lavorare molto per entrare in forma. Il 14 maggio, poco dopo aver segnato due gol in uno spettacolare 5 a 2 al Barcellona, distrugge Antic in un’intervista a El Pais. Gli accolla le colpe dei suoi infortuni e dei compagni, dovuti ai pochi allenamenti. Dice che ha smesso di parlarci perché «non è una persona intelligente». L’allenatore dichiara che le parole di Vieri sono «stronzate», poi non lo convoca per l’ultima partita del campionato, mettendo fine in anticipo all’esperienza madrilena dell’attaccante italiano. L’ultima frecciata sarà un grande classico, che impareremo a conoscere anche in Italia «Vieri ha chiuso tutte le discoteche di Madrid» lo accusa.

Gli ultimi due gol di Vieri con l’Atletico Madrid.

Poco dopo partirà per il Mondiale con l'Italia, dove continuerà a segnare un gol a partita, ma anche in quel caso non basterà per vincere. Passerà un'estate sui giornali, vicino a lasciare l’Atletico per tutte le migliori squadre del mondo. A due giorni dalla chiusura del mercato sarà la Lazio a riportarlo in Italia, pagando 55 miliardi. Nel giro di due stagioni Vieri ha quasi decuplicato il suo valore, l’Atletico due anni dopo finirà per retrocedere.

Vieri riparlerà spesso di quella stagione dopo il ritiro. Nella sua biografia scriverà che andare all’Atletico è stato un errore dettato solo dal portafoglio, un’uscita ritrattata poco dopo in un’intervista a Marca, dove ha sostenuto di non essersi mai pentito della scelta. Recentemente a Radio 105ha parlato di quei giorni in maniera disincantata: «Ho giocato in Spagna e ho vinto la classifica cannonieri, sai quante volte mi sono allenato? Due volte, ero spesso in discoteca o sul lettino; in quel periodo era più facile all’estero».

Non è facile entrare nei dettagli di un anno burrascoso fuori dal campo. Restando dentro al campo, la stagione di Vieri in Spagna fu pazzesca, con 29 gol in 32 partite. Indubbiamente si può discutere del livello delle difese spagnole in quegli anni - in alcuni gol per Vieri sembra anche troppo facile - ma guardando le partite si nota come il suo dominio andasse oltre le singole reti.

A 24 anni Vieri ha sublimato un talento grezzo ma evidente in una stagione esplosiva, confermando in maniera straordinaria una tendenza visibile negli ultimi mesi con la Juventus. Il gol segnato al Paok è una rappresentazione simbolica di questa evoluzione, che tutti i grandissimi attaccanti fanno a un certo punto della loro carriera. Pur senza essere un prodigio tecnico, Vieri ha iniziato ad avere troppe armi per fare gol. Il fisico, certo, ma a guardarlo giocare si nota come di partita in partita la sua sensibilità migliorasse. Sgraziato ma capace di coordinarsi in un fazzoletto, brusco ma efficace, caciarone ma sempre al posto giusto. L’esperienza di Vieri all’Atletico Madrid fu breve, ma fondamentale. Fosse rimasto alla Juventus, forse, sarebbe tornato a doversi guadagnare tutto, senza avere quella fiducia totale che trovò dal presidente Gil e dai tifosi. Un'anno all'estero, dicono, è fondamentale per la formazione di una persona. Per Vieri è sembrato particolarmente vero.

«È stata la cosa migliore che ho fatto da quando gioco a calcio» disse del suo trasferimento all'Atletico nei giorni in cui era il Re di Madrid e, ancora oggi, è difficile dargli torto.

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