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Nessuno difende la palla come Villar
14 gen 2021
Il centrocampista della Roma ha la miglior percentuale di dribbling riusciti nei principali campionati europei.
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11 min
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Un anno fa Maurizio Sarri sedeva ancora sulla panchina della Juventus, il Sassuolo era a pochi punti dalla zona retrocessione e Ibrahimovic aveva appena segnato il suo primo gol della sua seconda esperienza al Milan. A Roma, dove Gianluca Petrachi era ancora il DS, iniziava a circolare la voce di un doppio acquisto spagnolo per rinforzare la rosa: Carles Perez, che aveva impressionato con la maglia del Barcellona (con cui aveva segnato anche un grande gol all’Inter, in Champions League), e un certo Gonzalo Villar, numero 8 dell’Elche, squadra di Serie B spagnola - un acquisto che sembrava un capriccio di uno scout che sentiva di dover dimostrare qualcosa. Oggi sulla panchina della Juventus siede Andrea Pirlo, il Sassuolo lotta per un posto in Champions League e Ibrahimovic è in corsa per la testa della classifica cannonieri, dopo aver segnato altri 19 gol solo in campionato. A Roma, dove nel ruolo di DS (o quasi) è arrivato Tiago Pinto, Carles Perez è finito ai margini della rosa e potrebbe lasciare presto i giallorossi, mentre Gonzalo Villar è diventato uno dei perni della squadra di Fonseca nonché uno dei giovani centrocampisti più interessanti del campionato.

Nel calcio, si sa, il tempo scorre diversamente ma mai come nel 2020 i concetti di vicino e lontano nel tempo hanno assunto nuovi significati. In un anno in cui il calcio ha dovuto fermarsi per tre mesi e poi comprimere due stagioni nei restanti nove, anche l’evoluzione di Villar ha seguito un andamento imprevedibile. Solo sei mesi fa, con appena una manciata di minuti giocati alle spalle, sulla sua esperienza in giallorosso si erano già addensati nuvoloni cupi. In un Olimpico caldo e vuoto, con la Roma inspiegabilmente in maglia bianca e Zaniolo platinato da poco tornato in campo, Villar era entrato contro il Parma a sette minuti dalla fine sciupando due occasioni, una più incredibile dell’altra. Il centrocampista spagnolo aveva prima tirato addosso a Sepe un pallone raccolto fortunosamente quasi al limite dell’area piccola. E poi non era riuscito a concludere in porta un inserimento in area da dietro (con un movimento senza palla che oggi diremmo non essere nelle sue corde) che l’aveva portato ad andare in uno contro uno con il portiere del Parma senza avere la minima idea di cosa fare. Il centrocampista spagnolo aveva rinunciato al tiro facile con il destro, si era accentrato senza una ragione apparente ritardando fino all’inverosimile il momento della conclusione, e poi aveva tirato debolmente e fuori equilibrio, colpendo di nuovo le mani di Sepe.

Oggi quel momento sembra lontano sei anni invece di sei mesi, mentre l’inizio della carriera da professionista di Villar, risalente a più di tre anni fa, appare più coerente con quello che stiamo vedendo in campo queste settimane, e quindi per paradosso più vicina a noi. Nell’autunno del 2017, infatti, Villar era considerato il prodigio delle giovanili del Valencia, l’unico insieme al portiere Cristian Rivero ad allenarsi con la prima squadra. Era il momento in cui il centrocampista di Murcia veniva identificato come uno dei possibili “Dani Parejo del futuro”, in cui si diceva che l’allora allenatore del Valencia, Marcelino, si fosse innamorato di lui dopo una sessione d’allenamento incentrata sulla precisione tecnica e sulla costruzione del gioco offensivo. Poi, alla fine di quella stagione, la rottura con la dirigenza per incomprensioni legate alla durata del contratto, il sospetto che volesse trasferirsi in un’altra squadra di Liga in cerca di minutaggio e compensi migliori, le accuse di essere un mercenario da parte dei tifosi e infine la cessione punitiva all’Elche, nella seconda divisione spagnola. Da lì, la lenta risalita che l’ha portato fino in Serie A, passando per le convocazioni nella nazionale Under-21 (dove, a quanto pare, gli scout della Roma lo hanno ammirato per la prima volta), l’interesse di Gianluca Petrachi, e quella clausola non esercitata, che permetteva al Valencia di ricomprarlo per una cifra intorno ai 600mila euro.

Oggi tutto questo fa parte di un passato che doveva essere veloce, che poi è diventato improvvisamente lento, e che adesso sembra tornato ad accelerare vertiginosamente. Una storia che aderisce perfettamente a un talento che sembra non avere nulla di eccezionale se non la capacità di manipolare il tempo. Quello di Villar è infatti un gioco in cui le cose semplici sono indispensabili: fondamentali che nel calcio d’élite sono dati per scontati - come il primo controllo, la postura del corpo quando si calcia, la capacità di tenere il pallone attaccato al piede in conduzione - sono invece gli unici strumenti a disposizione del centrocampista spagnolo. Villar non è veloce, non è elastico, non salta più in alto degli avversari o calcia in maniera potente o precisa in porta, Villar nel suo repertorio non ha trick con cui ipnotizzare i difensori. Con le gambe lunghe e il baricentro alto Villar non è nemmeno vicino all’idealtipo della mezzala di possesso piccola e sgusciante (come Xavi e Iniesta) e assomiglia a un fenicottero quando trotterella in mezzo al campo in cerca di una ricezione. Eppure nessuno in Serie A sa difendere il pallone dalla pressione come lui nelle zone più centrali e pericolose del campo, giocando in mezzo a mucchi di avversari senza che il possesso vada perso.

E non è solo un’iperbole retorica, perché se c’è una cosa in cui statisticamente Villar eccelle quella è la percentuale di dribbling riusciti sul totale dei dribbling tentati. Quella del numero 14 giallorosso arriva al 90,9%, più di qualunque altro centrocampista sia in Serie A che nei cinque principali campionati europei. Tra quelli con almeno 2 dribbling riusciti per 90 minuti (a Villar ne riescono 2.4), l’unico che riesce ad avvicinarsi è Bennacer, che comunque è quasi 20 punti sotto (71.4%). Anche allargando lo sguardo ai centrocampisti del nostro campionato che rischiano meno dribbling (e che quindi hanno per forza di cose hanno percentuali di riuscita maggiore), nessuno riesce a tenere il pallone con la sua efficienza. Kessié, che tenta meno dribbling di quanti Villar ne vinca (1.5 per 90 minuti), arriva al massimo all’86.4%. Negli altri quattro campionati europei più importanti, tra i centrocampisti che vincono almeno due dribbling per 90 minuti solo Mario Lemina e Marco Verratti (rispettivamente 84.6% e 78.8%) riescono a tenere il passo. Letteralmente si potrebbe dire, visto quanto il passo - inteso come frequenza di corsa e di tocco di palla - sia centrale nel gioco di Villar, che quando ingaggia un duello con un avversario 9 volte su 10 ne esce con la palla attaccata al piede.

Eppure guardandolo giocare si potrebbe dire che di dribbling non ne tenti affatto. Da sempre nel calcio è difficile tracciare nettamente il limite tra ciò che è un dribbling e ciò che non lo è, ma nel caso di Villar questa distinzione è ancora più sfumata. Spesso si vede il centrocampista della Roma semplicemente girare intorno agli avversari, evitarli come se fossero dei passanti, senza tutto quel bagaglio di tocchi e finte che siamo abituati associare al concetto di dribbling. Il suo talento è talmente minimale, invisibile a un primo sguardo, da portarci alle questioni più essenziali di questo sport. Forse è per questo che la definizione di dribbling data dal vocabolario della Treccani, quella che utilizzeremmo per spiegare questo fondamentale a una persona che non ha mai visto una partita di calcio, sembra aliena per qualsiasi giocatore tranne che per Villar: “Manovra individuale dell’atleta che consiste in leggeri tocchi del piede, dati rapidamente al pallone, per portarlo da destra a sinistra o viceversa, così da ingannare l’avversario e scartarlo velocemente”.

Parlare di Villar senza parlare del modo in cui il suo corpo comunica con il pallone, insomma, è impossibile. Per questa ragione ho scelti cinque suoi dribbling da questo campionato che vi diranno qualcosa in più sul suo talento e sul suo ruolo in campo per la Roma, senza togliervi il dubbio se si possano davvero considerare dribbling o meno.

Giravolta contro il Parma

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Anche se il centrocampista di Murcia non è esattamente un regista per caratteristiche, nella Roma di Fonseca è sempre di più lui a ricevere spalle alla porta dai tre centrali per far risalire il possesso, togliendo d’impaccio Veretout, che in quella posizione di campo ha commesso diverse sbavature gravi. Villar sa meglio di lui come muoversi e dove muoversi senza palla per sfuggire alla schermatura avversaria, ma soprattutto sa come utilizzare il corpo per aprirsi la luce per i passaggi e uscire da situazioni complicate. In questa giravolta contro il Parma, ad esempio, Villar invita Kucka a intervenire fintando un semplice passaggio in verticale con il piatto destro ma poi, invece di passare davvero, punta la gamba destra sul terreno e la utilizza come perno per girarsi su se stesso. Come in una porta girevole, Kucka si ritrova in un attimo alle sue spalle e Villar può sfuggire alla densità centrale per aprire per Spinazzola.


Tra due contro il Cagliari

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Villar è un maestro nell’arte del dribbling difensivo - quel dribbling, cioè, che è fatto per mantenere il possesso del pallone - ma le sue giocate non sono mai conservative. Il centrocampista di Murcia non resiste solo alla pressione ma la attira consapevolmente a sé. In altre parole, invita con il corpo gli avversari, facendo credere loro di potergli rubare il pallone, in modo da spostarli e crearsi delle linee di passaggio. In questo dribbling ripetuto nella partita con il Cagliari, ad esempio, Villar attira le attenzioni dell’intero centrocampo della squadra di Di Francesco: non solo di Nandez e di Marin, che erano già lì nel tentativo vano di togliergli la palla, ma anche di Oliva (il numero 21), che abbocca alla finta di passaggio del giocatore della Roma e si stacca per un attimo dalla marcatura di Mkhitaryan, che poi verrà servito un secondo momento di sinistro facendo risalire l’azione dei giallorossi.


Minislalom contro il Benevento

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I movimenti di corpo e le finte di passaggio non sono però che l’aspetto più esteriore del talento di Villar, la cui essenza, come abbiamo detto, ha a che fare con la manipolazione del tempo. Se gli avversari vengono ingannati dal suo utilizzo del corpo non è infatti tanto per le finte in sé, quanto perché il centrocampista spagnolo sa alternare spartiti diversi che rompono con il ritmo classico a cui vanno le partite in Serie A. Villar, infatti, sa come frammentare il ritmo di gioco in frazioni più piccole rispetto a quelle a cui gli avversari sono abituati: se il calcio fosse direttamente traducibile in musica, potremmo dire che mentre gli altri centrocampisti in Serie A eseguono le semiminime, lui sa arrivare fino alle crome.

Se guardate questo hockey pass contro il Benevento forse vi sarà più chiaro perché. Villar conduce palla in verticale con l’esterno e, arrivato al cerchio di centrocampo, non ha più molti tocchi palla per trasformare questa transizione in un’occasione vera e propria. È a questo punto che, come un giocatore di scacchi, il centrocampista spagnolo mette il tempo in pausa e infila quattro giocate dove di solito se ne farebbero due. Dove siamo abituati a vedere una giocata per allungarsi un’ultima volta la palla e una per aprire il gioco verso Mkhitaryan, Villar fa invece prima una piccola pausa ad attirare Schiattarella, poi un tocco leggero di interno destro seguito da un altro di esterno per evitare la sua scivolata, e solo alla fine l’apertura verso il trequartista armeno. Rompendo in questo modo con il ritmo tradizionale, il centrocampista spagnolo manda in tilt tre giocatori contemporaneamente: Glik, che sale per mettere in fuorigioco Dzeko alla sua prima pausa, Schiattarella, che viene spostato dalla linea di passaggio verso Mkhitaryan, e Caldirola, che mentre il pallone va verso l’armeno si gira dalla parte opposta e ci mette un po’ a capire come sta proseguendo l’azione.


Doppio dribbling contro il Bologna

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Rompere il ritmo, però, non è per Villar una scelta stilistica ma l’unico modo che ha per resistere alla pressione e superare il diretto avversario. Se i suoi dribbling non sembrano dribbling è perché gli avversari vengono mandati fuori tempo da una musica che non è la loro. Se in questa azione contro il Bologna, Soriano continua ad andare dritto mentre Villar si gira verso l’area avversaria è perché il centrocampista spagnolo mette due giocate - il tocco appena accennato di punta a fintare di tornare indietro seguito immediatamente dalla sterzata d’esterno - dove di solito ce n’è una sola. L’effetto che si viene a creare da fuori, e che viene ancora di più accentuato se riuscite a togliere la palla dallo sguardo, è che gli avversari sembrano ballare con lui più che andare a contrasto. Non vi sembra, ad esempio, che Svanberg, ingannato dalla sua finta di corpo ad andare sull’esterno, stia ballando con lui uno swing?


Assolo contro l’Inter

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Dato che Villar scandisce il tempo in modo diverso con le sue giocate, di conseguenza i suoi dribbling si apprezzano meglio in slowmotion. Con l’immagine zoomata e a velocità rallentata, della sua famosa giocata nell’ultima partita contro l’Inter si può apprezzare ad esempio il doppio tocco d’esterno con cui manda fuori giri Barella e la finta di corpo con cui sposta Brozovic e si apre lo spazio per rientrare dentro al campo. Una giocata razionale con cui ha controllato un pallone complicatissimo, l’ha tirato fuori da una zona piena di maglie nerazzurre e l’ha portato sul lato debole. Ma che dentro aveva tutta la sua arte. Come degli assoli di batteria in un brano jazz, i dribbling di Villar sembrano parentesi uscite fuori senza preavviso dalla densità delle note. E anche se hanno una loro vita a sé stante non sono mai davvero scollegati dal contesto.


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