
Se il dibattito sul presente e il futuro della NBA è particolarmente acceso, su una cosa sono tutti d’accordo: l’All Star Game è diventato inguardabile. Un problema che non riguarda solo la partita della domenica, ma tutti gli eventi intorno, soprattutto quello che per anni è stato il più atteso, e cioè la gara delle schiacciate.
Le ragioni di questo declino sono diverse, a cominciare dalla rinuncia delle stelle a partecipare (Jaylen Brown nel 2024 è stato il primo All Star a prendere parte alla competizione dal 2018), lasciando sempre più spazio a specialisti, come il vincitore delle ultime due edizioni Mac McLung (5 presenze totali in NBA), che sapranno anche saltare ma certo non attirano le attenzioni del pubblico.
Tra proposte di riforma o cancellazione, si è arrivati fino a quella assurda di Stephen A. Smith, uno degli opinionisti sportivi più famosi e influenti negli Stati Uniti, che propone infatti di far diventare la gara delle schiacciate una specie di reality show itinerante che vada in giro per gli Stati Uniti alla ricerca dei migliori schiacciatori per poi portarli all’All Star Game e farli competere per un grosso premio in denaro. Una specie di Masterchef della schiacciata che - ora che lo scrivo - non sembra neanche così cattiva come idea da un punto di vista televisivo.
AIR CANADA
Ma non è la prima volta che la gara delle schiacciate si trova in questo abisso. Era già successo negli anni ‘90: i fasti dei duelli leggendari tra Wilkins, Webb e Jordan erano lontani e la gara faticava a reggere il confronto col passato, fino ad alle pessime esibizioni del 1996 e del 1997, vinte rispettivamente da Brent Berry e da un Kobe Bryant al suo primo anno nella lega e ancora diciottenne, che avevano spinto la Lega a mettere da parte la gara e sostituirla con l’improbabile WNBA-NBA 2Ball Contest.
Ma proprio quando la crisi sembrava irreversibile, il 12 febbraio del 2000, 25 anni fa oggi, a dare un nuovo senso alla gara delle schiacciate arrivo la leggendaria prestazione di Vince Carter.
Dopo aver vinto il premio di Rookie dell’anno nel 1999, la stagione del lockout, Carter si stava affermando ai Toronto Raptors come una delle attrazioni della lega. Scorer naturale, esplosivo, e soprattutto con una incredibile capacità di attaccare il ferro che gli fece guadagnare il soprannome di Air Canada, per i suoi frequenti viaggi ad alta quota.
A soli 18 anni Carter aveva dato spettacolo nella gara delle schiacciate che si era tenuta in occasione del McDonald's All American Game, e quando aveva espresso il desiderio di parteciparvi anche all’All Star Game la Lega non si era fatta pregare e aveva rispolverato il format, plasmandolo intorno al giocatore di Toronto, che era stato convocato anche tra le stelle della domenica.
La sua sola presenza aveva riacceso l’arena di Oakland in quel sabato sera, spinta anche da un parterre di rivali di alto livello. In gara oltre a lui ci sono: Larry Hughes, Ricky Davis, Jerry Stackhouse, Steve Francis e Tracy McGrady, cugino di terzo grado di Carter e, al tempo, suo compagno ai Toronto Raptors. Era stato proprio Carter a convincerlo a partecipare: «Io non volevo partecipare, è stato lui che mi ha dovuto convincere ed ero indeciso fino all'ultimo. Noi vivevamo nello stesso edificio e io gli ripetevo "Senti cugino, perché diavolo devo partecipare se ci sei anche tu? Tanto sappiamo come finisce [...] io ti vedo ogni giorno e so cosa sai fare».
IL GIORNO DELLA GARA
All’ingresso nell’arena dei partecipanti, Carter viene definito dallo speaker l’uomo più atteso dell’intero weekend. Avvicinato dalle telecamere di The Sports Network rilascia una fugace dichiarazione, che sembra quasi voler smorzare i toni intorno alla sua esibizione: «Se sento pressione? No, credo che l’attesa attorno a questa gara sia un po’ esagerata ma fa parte del clima di festa. Sono solo felice di partecipare e divertirmi, spero di vincere».
L’avvicinamento alla gara delle schiacciate è stato tutt’altro che facile per Carter: qualche giorno prima un incidente in sala pesi gli aveva provato un taglio sulla mano sinistra, che lo aveva costretto a mettere dei fastidiosi punti di sutura. Anche l’arrivo all’arena è piuttosto complicato: lui e McGrady alloggiano infatti a San Francisco e per arrivare in tempo, si affidano a un autista che però non si presenta all’appuntamento, obbligando i due a cercare un rimpiazzo che li portasse a Oakland in tempo. Questo contrattempo, e il forte traffico dovuto alla forte pioggia, fanno ritardare di molto l’arrivo all’arena, impedendogli così di potersi riscaldare e provare le loro schiacciate come avrebbero voluto.
Un problema soprattutto perché i due giocatori dei Raptors non avevano potuto preparare la gara “a casa”, a causa del divieto imposto dal coach Butch Carter, che sanzionava con una multa da 500 dollari chiunque schiacciasse durante gli allenamenti. Come racconterà poi Carter «Le uniche prove che ricordo di aver fatto furono a San Antonio, ma niente di serio. Mancavano due settimane alla gara, provai a sperimentare qualcosa ma non ebbi il tempo di prepararmi come si deve».
Ormai però Vince Carter è al centro del campo ed è lui l’evento della serata. La gara viene presentata da un video introduttivo con le loro migliori schiacciate sulle note di “Fantasy” degli “Earth, Wind & Fire” e poi si parte.
L’inizio è moscio, con Larry Hughes che sbaglia il suo primo tentativo, guadagnandosi dai cinque giudici un misero punteggio di 30 su 50. A scaldare gli animi sono quindi prima Tracy McGrady, che fa rimbalzare il pallone a centro area per poi inchiodare la bimane all’indietro (voto 45) e poi Steve Francis, che si auto-lancia il pallone da dietro centrocampo per poi andarlo a raccogliere dopo il rimbalzo sopra al ferro schiacciando a una mano col suo metro e novanta centimetri dichiarato (e quindi, per come erano fatte le misurazioni in NBA all’epoca, sicuramente esagerato). Voto 45 anche per lui.
Ma ora tocca a Vince Carter. In un podcast registrato con Quentin Richardson, spiegherà che vedere McGrady e Francis fare così bene prima di lui lo aveva convinto a cambiare i piani in corsa, cercando qualcosa di maggior impatto fin da subito. Il risultato è una delle schiacciate più famose della storia dell’evento: Carter esegue un Windmill 360°, girando però in senso orario e chiudendo al ferro con una potenza incredibile.
Il pubblico esplode e Kenny “The Jet” Smith, membro della giuria e contemporaneamente cronista per l’evento, inaugura quella che sarà una lunga serie di frasi indimenticabili da lui pronunciate nella serata: «Andiamo a casa, signore e signori. Andiamocene a casa. Firmiamo l'assegno per il vincitore, chiudiamo tutto e vediamo soltanto chi arriverà secondo».
Per Gary Payton «la più grande schiacciata mai schiacciata alla gara delle schiacciate».
Con l’occhio moderno, la schiacciata di Carter può magari sembrare banale, ma l’elevazione, la velocità di rotazione e la forza con cui lancia il pallone nel canestro sono spaventose: diversi giocatori, negli anni a seguire, proveranno a replicarla (Josh Smith, Paul George e un Donovan Mitchell con indosso proprio la maglia numero 15 dei Raptors come tributo) ma nessuno riuscirà a dare la stessa sensazione di onnipotenza dell’originale.
A pagare le conseguenze dell’effetto di questa schiacciata, premiata con un perfetto 50/50, e che Carter giura di aver provato solo un paio di volte in vita sua, sarà il povero Jerry Stackhouse. Subito dopo infatti tocca al giocatore dei Pistons e il suo bel 360° a due mani viene accolto con una freddezza quasi avvilente, data l’eccitazione ancora palpabile nell’arena, dovuta allo spettacolo visto pochi secondi prima. Grant Hill, allora compagno di squadra di Stackhouse, dichiarerà di avergli rivolto una domanda tanto semplice quanto sincera, subito dopo la schiacciata di Carter: «Sei sicuro di volerlo fare?».
La seconda manche si apre con un problema per Carter e McGrady, che arrivati all’Arena in ritardo hanno scoperto che in una delle prime tre schiacciate del primo turno è obbligatorio “usare” un compagno di squadra come spalla. Una rivelazione che manda nel panico i giocatori dei Raptors, non solo impossibilitati a prepararsi come si deve singolarmente, ma anche sprovvisti di un piano da realizzare per le schiacciate “in tandem”. T-Mac è il primo a farsi assistere, con Carter che gli fa rimbalzare il pallone davanti, permettendogli di eseguire uno splendido Windmill a due mani (voto 49), mentre Francis si mette ulteriormente in mostra con una fantastica schiacciata che gli permette di guadagnare il secondo 50 della serata.
Quanto tocca di nuovo a Carter, il 15 di Toronto esegue una schiacciata molto simile a quella con cui ha aperto la gara, partendo però stavolta da dietro il tabellone. L’effetto sul pubblico è lo stesso della prima schiacciata, ma dalla giuria arriva una sorpresa: il voto è infatti solo di 49 su 50 e la colpa è proprio di Kenny Smith, che decide di dare 9 alla schiacciata. Un sorridente Carter guarda in camera e dice «Kenny mi ha fregato» prima di sedersi, e il riferimento non è casuale, visto che proprio “The Jet” è uno dei motivi per cui ha preso parte alla gara delle schiacciate. Data la sua militanza a North Carolina infatti, Carter aveva più volte partecipato ai camp di basket organizzati proprio dal due volte campione NBA con gli Houston Rockets, esibendosi spesso in spettacolari schiacciate per i ragazzi presenti: «Quando lo vedevo schiacciare per i ragazzini, gli dicevo sempre che avrebbe dovuto partecipare allo Slam Dunk Contest. Vince mi rispondeva che non voleva essere conosciuto solo come uno schiacciatore, ma come un giocatore completo. […] Era ancora indeciso ma appena io sono approdato su TNT, ho insistito di nuovo e lui ha accettato».
«IT’S OVER, LADIES AND GENTLEMEN»
La terza manche (l’ultima prima del round finale, che vedrà sfidarsi i tre migliori) regala un nuovo squillo di Tracy McGrady che si guadagna l’accesso alla fase finale con un pazzesco Windmill 360° al volo e a due mani, ma l’attesa, anche adesso, è tutta per Vincredible, che però non sa ancora con che schiacciata chiudere questa prima fase. Carter è spesso inquadrato mentre cammina nervosamente per il campo, anche perché sa di non aver ancora effettuato la schiacciata con l’ausilio del compagno e di dover quindi inventarsi qualcosa di efficace da fare con l’assist di T-Mac. E in fretta.
L’illuminazione arriva a pochi secondi dal suo turno, quando vede fra il pubblico l’immagine di Isaiah Rider, giocatore a quei tempi degli Atlanta Hawks che vinse la gara nel 1994 schiacciando dopo aver fatto passare il pallone fra le gambe, schiacciata ribattezzata East Bay Funk Dunk. In un attimo Carter disegna la sua terza schiacciata: chiede a McGrady di far rimbalzare il pallone davanti al tabellone, ma non troppo in alto, e il resto è storia. Vince prende la palla al volo, la fa passare fra le gambe e schiaccia, indicando con le dita il cielo, o forse il tetto della The Arena di Oakland che non crolla per chissà quale miracolo dopo il boato del pubblico.È qui che la voce di Kenny Smith sovrasta le urla dei presenti all’arena, pronunciando il suo ormai famosissimo «It’s over, ladies and gentleman».
È poi lo stesso Carter a ripetere la stessa frase due volte guardando dritto in camera e facendo l’altrettanto iconico gesto con le mani. Mentre torna a sedersi arriva Isiah Thomas, quella sera membro della giuria, che ha scavalcato il tavolo su cui era seduto pur di inchinarsi davanti a lui e dargli la mano. I 5 dieci sono una pura formalità e basterebbe soltanto questo primo turno per consegnare la prestazione di Carter alla leggenda. Ma il giocatore dei Raptors aveva ancora un asso nella manica. Letteralmente.Alla fase finale, oltre a lui, arrivano McGrady e Francis, che però ormai potrebbero anche schiacciare dopo aver fatto due carpiati senza però avvicinare minimamente l’impatto della prestazione di Carter su giudici e pubblico. I due fanno il loro, ma sembra appena il compitino in attesa del protagonista. Intanto Carter, che continua a prendersi il suo tempo, camminando sul parquet e strofinandosi il braccio destro in maniera sospetta. Nel settembre del 1999, nel periodo del lockdown, Gary Payton aveva infatti organizzato una sorta di All Star Game, a cui Carter aveva partecipato, dando ovviamente spettacolo. E, fra i tanti momenti incredibili, c’è anche una schiacciata in cui “deposita” il pallone infilando il braccio fino al gomito nel canestro per mostrare la sua incredibile elevazione. Da qui, l’ispirazione per quello che sarà il colpo di grazia dello Slam Dunk Contest.
Carter schiaccia infilando il braccio fino al gomito nel canestro e appendendosi, con l’incavo come gancio naturale, rimanendo per un attimo sospeso in aria nell’incredulità generale. Sono in pochi a capire cosa abbia appena fatto, ma diventa chiarissimo pochi secondi dopo, quando i maxi-schermi dell’arena trasmettono il replay che mostra la schiacciata da un’angolazione più chiara, seguito da un boato di meravigliato stupore. Altro punteggio perfetto, altro momento leggendario, che costerà a Carter un livido enorme sul braccio: «Ho provato ad agganciarmi al ferro e restar su più a lungo possibile, non ho sentito dolore fino al giorno dopo, quando il braccio mi è diventato viola. Mi faceva così male che non riuscivo nemmeno a piegarlo». La gara è già così vinta per acclamazione che gli organizzatori fanno sapere a Carter che non c’è bisogno della sua ultima schiacciata, prima di cambiare idea all’ultimo secondo. Il risultato è che Carter deve tornare controvoglia a esibirsi, se pure ormai il climax è superato. Lo fa con una schiacciata a due mani, saltando da poco oltre la linea del tiro libero, una schiacciata di cui lo stesso Carter è ancora oggi molto insoddisfatto: «Io avevo spento l'interruttore, mi dissero che di fatto dovevo solo schiacciare per ufficializzare la vittoria ma non sapevo cosa fare. Odio rivedere questa schiacciata, non mi soddisfa per niente [...] Ogni volta che qualcuno fa rivedere questa gara, chiedo sempre di mostrare solo le prime 4 schiacciate».
Tutte le schiacciate di Vince Carter in quella serata. Qui invece trovate tutta la gara commentata da Buffa e Tranquillo, per i nostalgici della coppia di telecronisti.
La delusione svanisce però in un attimo: Carter può coronare il sogno di sollevare il trofeo di re delle schiacciate, e la soddisfazione più grande arriva qualche minuto dopo, quando ad attenderlo nel tunnel per congratularsi trova il suo idolo di infanzia Julius Erving, l’uomo che negli anni ’70 rese famoso lo Slam Dunk Contest.
La gara delle schiacciate del 2000 è passata alla storia come una delle migliori di tutti i tempi, ma più della gara in sé, è la prestazione di Carter a entrare nell’immaginario collettivo come lo standard a cui ambire una volta accettato l’invito alla gara delle schiacciate. Questo rivitalizzerà la competizione che negli anni successivi vedrà tante altre prove eccezionali, come quelle di Jason Richardson nel 2003, di Dwight Howard nel 2008, e l’incredibile sfida tra LaVine e Gordon nel 2016.
Dall’esibizione di Carter sono passati forse troppi anni per influenzare ancora la gara delle schiacciate, che come detto oggi vivacchia tra il disinteresse del pubblico e quello delle stelle della NBA, comprese quelle più giovani che ormai non lo vedono più come un trampolino di lancio come accadeva qualche decennio fa. Ja Morant - che avrebbe lo stile e il talento per mettere insieme una prestazione leggendaria - ha infatti più volte detto di no a una possibile partecipazione, mentre Zion Williamson ha fatto sapere che vi prenderebbe parte solo in caso di convocazione per l’All Star Game.
La speranza, per i pochi appassionati della gara di schiacciate rimasti, è che prima o poi ci possa essere una nuova scossa come quella data da Carter nell’edizione del 2000. Ma forse a causa della nostalgia, dell’hype per un giocatore elettrizzante che tutti vedevano come una superstar nonostante fosse solo al secondo anno in NBA, o del disinteresse dovuto agli anni di magra, la sensazione è che la serata di Oakland resti intoccabile, ancora oggi, a 25 anni di distanza.