Probabilmente le notti dei tifosi dell’Inter saranno state agitate dal fantasma di Dusan Vlahovic. Dalla sua faccia un po’ schiacciata, perfettamente seria, mentre si porta i due indici alle orecchie, dichiarandosi impermeabile ai fischi e alle critiche. Vlahovic che al 91’ segna un gol pazzesco, uno dei più belli dell’anno, e pareggia una partita che la Fiorentina non poteva oggettivamente pareggiare. Rompendo uno stato della realtà che sembrava immutabile.
L’Inter non ha giocato bene: era stanca, provata nelle gambe dalle partite ravvicinate e nella testa dall’amara eliminazione in Champions League. Ma come capitato altre volte quest’anno - come contro il Bologna, come contro il Brescia - stava riuscendo a portare a casa il risultato con il minimo sforzo. Anche grazie alla classica partita d’alta moda di Borja Valero, che un paio di volte l’anno risorge e distribuisce in campo tutto il repertorio di protezioni palla, pause, finte di corpo e letture di gioco sofisticate. Borja Valero aveva persino segnato, eludendo dentro area di rigore l’intervento di un difensore 12 anni più giovane di lui, Milenkovic.
Dopo l’1-0 l’Inter è più volte andava vicina a segnare il secondo gol, poi è sembrata aver deciso che poteva bastare così. Quella di Conte è la squadra più brava quest’anno a minimizzare i rischi, e a interpretare fasi della partita puramente difensive senza scomporsi troppo. La Fiorentina non ha creato granché, limitandosi a girovagare intorno all’area di rigore avversaria. Negli ultimi 10 minuti la palla circolava a “U” da un lato all’altro all’altezza dei 25 metri, e la Fiorentina era stretta tra la tentazione di crossare e la consapevolezza che non sarebbe servito a niente. Insomma, pareva una di quelle partite in cui per una squadra è semplicemente impossibile segnare all’altra.
Nulla sembrava poter cambiare neanche quando Dusan Vlahovic ha raccolto una palla poco oltre il centrocampo, con due giocatori dell’Inter a fianco. Era arrivata da una verticalizzazione casuale verso Boateng, che aveva mandato fuori tempo Godin, entrato da poco. La palla è proprio capitata sui piedi di Vlahovic, che con il controllo quasi ha dovuto togliersela di dosso. È dietro il centrocampo, de Vrij davanti a sé una decina di metri e Skriniar poco dietro di lui pronto a recuperarlo.
È davvero lontano dalla porta, e Vlahovic non è teoricamente quel tipo di giocatore in grado di inclinare il campo avversario. È alto un metro e 90 e in queste prime partite non ha mostrato un’esplosività in contraddizione alla sua stazza, né un controllo palla capace di confondere i difensori.
Era entrato al 60’ al posto di un appassito Chiesa e non aveva portato granché alla causa del pareggio. Tre semplici sponde riuscite, tre palloni persi e un fallo in area di rigore su un velleitario tentativo di rovesciata. Niente lasciava presagire qualcosa di determinante.
Vlahovic conduce dritto per dritto, nel frattempo Boateng si è rialzato e taglia in diagonale dalla parte opposta per portare via de Vrij. Skriniar riesce ad avere un contatto sull’attaccante avversario, che conduce leggermente in diagonale sul sinistro. Più corre e più gli si restringe lo specchio della porta. Nel momento in cui decide di provare la conclusione deve fare un mezzo miracolo per segnare, ha la palla sul piede forte ma il corpo rivolto quasi verso la linea laterale e deve fare una grande torsione. Il tiro parte fortissimo a incrociare sopra la testa di Handanovic, totalmente imprevisto, un gesto di rottura improvviso per ribaltare l’inerzia di una realtà che sembrava irreversibile. La quinta (!) sconfitta consecutiva in campionato per la Fiorentina, l’esonero di Vincenzo Montella. L’Inter invece ha finito per subire il quarto gol nei minuti di recupero contro la Fiorentina nelle ultime cinque stagioni.
Nel replay ravvicinato si vede la palla alzarsi in un rimbalzo che dovrebbe complicare il tiro di Vlahovic, e invece gli permette di calciare più forte del previsto.
È un grande gesto individuale, ma dopo la partita i tifosi dell’Inter si sono sforzati di trovare un colpevole. Handanovic - a cui una parte degli interisti rimprovera di arrendersi presto ai tiri avversari - avrebbe potuto arrivarci; Skriniar avrebbe potuto provare a chiuderlo. Nel fotogramma in cui Vlahovic tira il difensore non prova a fare quell’allungo decisivo per contrastarlo. O almeno avrebbe potuto stenderlo qualche metro prima, nonostante fosse diffidato. Risalendo il corso filologico dell’azione la colpa potrebbe essere anche di Politano, che nonostante fosse fresco ha perso goffamente palla tentando un dribbling. Allora la colpa potrebbe anche essere di Lukaku, che al 72' non ha chiuso la partita segnando un'occasione che si era costruito interamente da solo. Ma solo pretendendo la perfezione, per di più oltre il novantesimo, si può imputare qualcosa ai giocatori dell’Inter in un gol in cui l’avversario è stato straordinario. Solo dando per scontato che certi gesti tecnici siano la norma e non l’eccezione.
La verità è che analizzando l’azione con sguardo molecolare ci accorgiamo di quanti dettagli devono allinearsi perché un uomo riesca a battere un’intera difesa quasi da solo. Scomponendo l’azione vediamo per esempio la palla che vicino l’area della Fiorentina carambola proprio sul piede sinistro di Dalbert; poi vediamo Godin non riuscire a contrastare per pochissimo Boateng che lascia sfilare la palla; nel replay da sotto possiamo vedere la palla prendere una traiettoria strana, che passa troppo alta perché Handanovic possa farci qualcosa.
È un gol che racchiude un’estetica archetipica da centravanti, che carica le difese avversarie con semplicità spartana e un’ostinazione che lo porta ad aprire varchi dove non ci dovrebbero essere. E colpisce particolarmente in una squadra che da anni ormai fa a meno di un finalizzatore. In questo campionato Montella sembrava aver trovato una forma definitiva con la coppia Chiesa-Ribery, ma dopo l’infortunio del francese la squadra ha faticato ad attaccare con transizioni ragionate e dall’alto tasso tecnico. Montella tuttavia ha insistito su quell’idea, ha spesso inserito una punta di manovra come Boateng e rinunciato alle due punte che aveva in rosa, Pedro e Vlahovic, forse anche perché troppo giovani per essere affidabili in un momento di difficoltà.
Vlahovic però si era presentato alla grande quest’anno. Nella sfida estiva di Coppa Italia contro il Monza, era entrato a un quarto d’ora dalla fine a dare un po’ di concretezza offensiva a una squadra che faticava a tirare in porta. La Fiorentina è sotto 0-1 e Vlahovic, in sei minuti, riesce a segnare il gol dell'1-1 e del 2-1, con due tiri mancini a incrociare che sono la versione principianti del gol che avrebbe fatto all’Inter. Dopo il primo gol esulta con il gesto dell’arciere, citando Calaiò.
Problemi di adattamento
Dopo quel gol la Fiorentina sembrava aver trovato il proprio centravanti. “Vlahovic deve giocare” titolava il Corriere dello Sport; “Vlahovic fa rima con Ibrahimovic” diceva la Gazzetta, in un pezzo in cui veniva elogiata la sua educazione impeccabile: «Non considera finito un pasto se prima non ha salutato tutto il personale».
Vlahovic ha appena 19 anni ma già quasi 50 presenze tra i professionisti e tutte le medagliette che servono a un giovane per essere etichettato come predestinato. È nato a Zemun, stesso paese di Dejan Stankovic e Mateja Kezman; a 15 anni ha già firmato un contratto professionistico col Partizan Belgrado (il più giovane della storia del club) e a 16 anni, dopo 32 gol in 15 partite con le giovanili, ha esordito in prima squadra. Due anni dopo già tutti i maggiori club al mondo lo volevano. Si diceva potesse finire alla Juventus, o all’Arsenal, ma alla fine Corvino, dopo Jovetic, è riuscito a comprare un altro grande talento del Partizan Belgrado. Alla sua presentazione Giancarlo Antognoni lo ha presentato con la fanfara: «È molto più che una promessa»; Milenkovic, arrivato con lui dal Partizan, ha assicurato: «È un talento, può cambiare la partita in ogni istante».
L’impatto con l’Italia, però, è stato faticoso. Vlahovic è rimasto fermo una stagione per problemi con il visto, e quando è rientrato e ha finalmente esordito, a San Siro proprio contro l’Inter, è andato vicino al primo gol all’esordio dopo un cross di Biraghi. È stato il primo 2000 a esordire con la maglia viola. Per il primo gol con in una gara ufficiale ha però dovuto aspettare un anno, e la partita col Monza di Coppa Italia. Mentre sembrava fuori categoria con la Primavera, Pioli non lo faceva giocare in prima squadra, nonostante la crisi realizzativa di Simeone. Sui siti della Fiorentina si scrive del “Mistero di Dusan Vlahovic”.
Nella finale della Coppa Italia Primavera, mentre riceveva insulti razzisti, segnava un cucchiaio su calcio di rigore.
Vlahovic, oltre alle difficoltà di adattamento a un nuovo paese, probabilmente ha sofferto l’impatto con il calcio professionistico. Nel calcio giovanile, o nel contesto serbo, era abituato a dominare fisicamente e tecnicamente gli avversari, e sembrava davvero un prototipo di centravanti totale. Come ogni altro giovane dell’Europa dell'est alto e vagamente tecnico è stato paragonato a Zlatan Ibrahimovic.
Lo stesso Vlahovic ha ammesso di avere Ibra tra i suoi idoli e lo ha motivato col suo gusto per i gol spettacolari: «Ha fatto tantissimi eurogol. Questo mi ha colpito tanto». Il paragone era stato rilanciato nel ritiro estivo da Boateng, che con Ibrahimovic ci ha giocato: «Vlahovic ha colpi fuori dalla media, è fortissimo e nelle movenze mi ricorda Ibrahimovic. Lo voglio tenere d’occhio aiutandolo a crescere».
Ultimamente sta giocando di più e dal 10 novembre ha messo insieme quattro partite da titolare che hanno coinciso con una delle peggiori crisi di risultati della storia recente della Fiorentina. Vlahovic ha deluso e, con uno spazio e un tempo più ristretti, sono venuti fuori i suoi limiti tecnici. A dire la verità, Vlahovic rappresenta un tipo di centravanti molto diverso da Ibrahimovic. Il suo tocco palla è spesso rude, non è creativo e nei movimenti sui primi passi è sempre piuttosto rigido. In queste partite sta cercando un gioco essenziale di sponde e appoggi ai compagni, ma è spesso impreciso tecnicamente. È il giocatore della Fiorentina con la più bassa percentuale di passaggi riusciti (70%) nonostante rischi poco e crei poco per i compagni. Vlahovic in particolare ha problemi con il primo controllo, che fatica sempre a orientare. Un difetto esasperato dal fatto che usa solo il piede sinistro. Tutti problemi peggiorati dalla situazione della Fiorentina, che nel 3-5-2 gli richiede una complessità di movimenti e di associazione con i compagni che Vlahovic non sembra in grado di ricoprire.
Fin qui abbiamo parlato delle difficoltà di Vlahovic, e dei suoi difetti, per provare a spiegare il motivo per cui finora aveva deluso le altissime aspettative su di lui. Vlahovic però è anche capace di gol come quello di domenica sera, e se è da anni uno dei teenager più quotati del calcio europeo ci sono dei motivi. Quello principale è il modo in cui calcia la palla: di collo interno con una forza e una varietà di soluzioni speciale. Preferisce i tiri a incrociare in diagonale, ma è capace anche di aprire di più il piatto per concludere sul secondo palo, come fatto in uno dei due gol segnati al Cagliari.
Se ha spazi Vlahovic diventa molto efficace.
Se Vlahovic ha problemi nel gioco spalle alla porta, quando può puntare in corsa le difese è già capace di fare la differenza. Pur essendo rigido nei movimenti, quando accelera diventa difficile da fermare, anche perché in corsa diventa più preciso tecnicamente. Quando deve tirare si fa meno problemi a usare anche il destro, non sempre con grande precisione. Negli spazi stretti ha problemi di reattività e nelle conclusioni più istintive, in cui deve coordinarsi con poco margine, continua a fidarsi solo del sinistro.
Questi sono anche i motivi dei tanti gol sbagliati in questo inizio di campionato, in cui Vlahovic ha segnato 3 gol difficili e ne ha sbagliati almeno il doppio molto semplici. Non è detto che questi problemi per Vlahovic non possano diminuire con l’adattamento all’intensità e ai tempi del calcio professionistico, e con un po’ di fiducia che può arrivargli dal gol segnato all'Inter.
I problemi della Fiorentina in questo momento gli danno la possibilità di giocare spesso, ma al contempo lo costringono a un calcio troppo cerebrale e complesso. Vlahovic è un calciatore istintivo, che ha bisogno di correre e calciare senza pensare troppo. Per gli amanti dei centravanti classici, che a ogni tiro vogliono tirare giù la porta, Vlahovic è il calciatore di cui innamorarsi.