Al 70’ di Roma-Juventus, nel momento di massima pressione dei bianconeri, Vlahovic controlla uno dei pochi palloni della sua partita. È appena dentro l’area di rigore, perpendicolare rispetto alla porta e, per una volta, Smalling non gli è addosso. Per un attimo sembra quasi che possa calciare in porta, ma alla fine preferisce provare un difficile passaggio per Cuadrado che viene intercettato.
È stata una piccola indecisione, forse anche meno di un’indecisione, dopotutto aveva il pallone sul destro, il suo piede debole, e calciare in porta non sarebbe stato facile, ma è difficile non pensare che il Vlahovic della Fiorentina da lì non avrebbe provato a spaccare la porta.
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Una stagione difficile
Il serbo non segna da quattro partite, in stagione i gol in totale sono dieci, ma solo tre dopo sono arrivati dopo la pausa del Mondiale. Quattro di questi dieci li ha segnati ad agosto. Il suo problema, comunque, non sembra essere tanto - o almeno non solo - il gol che manca: nelle ultime prestazioni il suo linguaggio del corpo sembra meno positivo, spesso lo si vede sbuffare dopo un errore, consumarsi di scatti a vuoto, allargare le braccia. Non sta giocando male, ma la sensazione è come sia slegato dal resto della squadra, poco coinvolto a livello tecnico ed emotivo in un momento tutto sommato buono per la Juventus (12 vittorie nelle ultime 17 partite).
Eppure, fino a qualche mese fa, era esattamente il contrario: nella prima mezza stagione alla Juventus, pur non segnando tantissimo - 9 gol in 21 presenze, un gol ogni 182 minuti, una media praticamente uguale a quella di questa stagione (un gol ogni 188 minuti) - Vlahovic aveva dato l’idea di essere una ventata d’aria fresca in una squadra un po’ abbattuta. Con una fisicità imponente, una vitalità contagiosa e una furia agonistica notevole si era da subito conquistato l’ambiente, tanto che la decisione di non rinnovare il contratto di Dybala era stata raccontata da Arrivabene anche come la volontà di puntare tutto sul serbo, farne il nuovo volto copertina.
Un’idea che si era rafforzata in estate, quando dal mercato erano arrivati prima Di Maria, quarto migliore nei top 5 campionati per assist negli ultimi dieci anni, e poi Kostic, per distacco il miglior crossatore in Europa. Era sembrata una dichiarazione d’intenti: per tornare a vincere bisogna far arrivare più palloni a Vlahovic.
Cosa è rimasto di questa convinzione? Come si inserisce Vlahovic nel futuro della Juventus? La sua stagione fin qui è stata piena di voci, anche sgradevoli e con poco fondamento, come quella secondo cui Allegri lo abbia tenuto fuori durante la sessione di gennaio perché sul mercato. Anche l’infortunio che lo ha costretto a saltare le partite a cavallo tra la pausa mondiale, una pubalgia che lo affligge dai tempi di Firenze e che in estate - si dice - abbia provato a risolvere con un’operazione, è stato scrutinato, giudicato falso, una scusa per non rischiare di perdere il Mondiale. In Qatar, poi, si è parlato più di un gossip che lo riguardava, una possibile relazione con la moglie di un compagno di squadra, che non del suo stato di forma, rimasto un mistero in una Nazionale che è affondata.
Insomma, una stagione fin qui deludente, per diversi motivi, come possono succedere, ma che stride per un centravanti di 23 anni che sembrava sul punto di prendersi tutto. Di Vlahovic abbiamo parlato spesso, sia quando il suo talento era più grezzo e meno evidente, ma capace di gol eccezionali, sia quando poi è diventato uno dei più promettenti centravanti al mondo. Abbiamo parlato dei pregi e dei difetti, delle cose che doveva solo limare e quelle in cui aveva ancora tanto da fare. In ogni discorso sembrava solo questione di quando Vlahovic avrebbe trovato la sua forma ideale, quando sarebbe arrivato in cima alla catena alimentare dei centravanti. Invece ora ci troviamo a discutere di cosa gli sia successo, a che punto è la sua crescita e perché - come sembra - si è inceppata e se è davvero così a cosa è dovuto, se a lui o alla Juventus.
Prima dell'infortunio
Sembra passato un secolo, ma Vlahovic aveva iniziato questa stagione alla grande. Aveva segnato 4 gol nelle prime quattro partite. Addirittura aveva segnato due gol in due partite su punizione. Paradossalmente, in quel momento il serbo sembrava così centrato da poter iniziare a ricavare gol anche da una rapa, in attesa che i compagni alle sue spalle entrassero in forma come lui e iniziassero a rifornirlo di cross, passaggi filtranti, lanci in profondità. Vederlo segnare un gol a partita era sembrata solo questione di tempo.
Al contrario però, con il passare delle partite, non erano state le prestazioni dei compagni a salire di livello, ma le sue a calare. L’evidenza più grande di quanto neanche il più volenteroso degli attaccanti potesse incidere in una squadra che attacca male si era vista nello 0-0 con la Sampdoria, in cui il centravanti serbo aveva toccato 9 palloni in tutta la partita. Come fa un centravanti a segnare un gol a partita se tocca nove palloni e uno di questi è il calcio d’inizio? Non può.
In un momento di confusione tattica, tra i molti infortuni e la necessità di trovare un assetto, Vlahovic era sembrato pagare le colpe di Allegri, la sua difficoltà a costruire un modo per metterlo in condizione di ricevere più vicino all’area di rigore, non spalle alla porta. La sua ultima apparizione, prima dello stop per infortunio, era stata nel 4-3 contro il Benfica, una partita che ha segnato l’eliminazione dalla Champions League. Contro i portoghesi Vlahovic aveva giocato male, come tutti i compagni, perdendo il duello individuale con Antonio Silva, difensore diciottenne del Benfica che si era allora guadagnato l’appellativo di “Anti-Vlahovic”.
Il rientro dall’infortunio
Vlahovic è tornato in campo con la maglia della Juventus a fine gennaio, negli ultimi minuti di una partita che la Juventus stava perdendo 2-0 contro il Monza, a causa di un infortunio occorso a Milik. Pochi giorni dopo, in Coppa Italia contro la Lazio, Allegri lo aveva schierato titolare, a tre mesi di distanza dall’ultima volta, forse anche obbligato dall’assenza del polacco. Vlahovic era sembrato avere ancora parecchia ruggine addosso: le sue giocate erano lente e macchinose, la sua condizione fisica precaria.
In maniera controintuitiva, però, Allegri aveva descritto un Vlahovic differente: «Fisicamente sta anche bene» erano state le sue parole prima della successiva partita con la Salernitana «è molto più leggero e dinamico rispetto a quando è arrivato, speriamo che domani faccia gol. Vlahovic non è mai stato fisicamente bene come ora, neanche quando è arrivato dalla Fiorentina. Ha una corsa più leggera, ha bisogno di far gol». Effettivamente con la Salernitana il serbo aveva segnato due gol, in una delle più convincenti vittorie stagionali. Qualche settimana dopo, però, Allegri lo aveva tenuto fuori nel ritorno col Nantes, preferendogli Kean, lasciando intendere che non fosse al meglio.
Alla ripresa degli allenamenti poi, Allegri aveva tenuto una sessione extra di circa 20 minuti con il suo centravanti, durante la quale gli aveva spiegato i movimenti e le scelte tattiche da effettuare in campo, soprattutto spalle alla porta. Di questa “lezione privata” era circolato un breve video su internet, di cui in molti hanno criticato l’intensità degli esercizi e anche evidenziato qualche difficoltà di troppo di Vlahovic nel controllo del pallone. Critiche che lasciano il tempo che trovano - in un video di pochi secondi - ma che evidenziano come nell'idea comune c'è qualcosa che non funziona nella relazione tra i due, se non a livello caratteriale, almeno di intesa tattica.
Perché sta segnando così poco
C’è da dire che nelle successive due partite - contro Torino e Roma - Vlahovic ha fatto vedere le cose migliori proprio nel gioco spalle alla porta, con alcune sponde di pregevole fattura tecnica, un fondamentale dove non sempre riesce a essere pulito. Sembra stare meglio fisicamente, più reattivo e forte nei duelli con i difensori avversari. Per il resto è difficile giudicare i suoi miglioramenti, che nelle ultime giornate sono evidenti, anche se ancora non lo hanno portato a segnare con costanza, anzi. Contro la Roma si è avventato su un retropassaggio sbagliato di Zalewski, arrivandoci però con una postura sbagliata e non riuscendo a deviare in porta il pallone; contro il Torino, sul risultato di 2-2 con la partita in bilico, ha avuto la miglior occasione da gol da molto tempo a questa parte, proprio dopo una bellissima sponda al volo per Fagioli. Il suo tiro a tu per tu con Milinkovic-Savic è però finito sulla traversa.
Sono queste le uniche due occasioni in cui, con un po’ di fantasia, si può dire che poteva fare di più. In un paio di circostanze avrebbe potuto prediligere un passaggio al posto di un tiro in porta, ma l’egoismo è una delle condizioni necessarie nei centravanti come lui. Gli errori sotto porta, comunque, non sono il motivo per cui sta segnando così poco. In Serie A, se parliamo di chiare occasioni da gol sbagliate (dati Sofascore), Vlahovic è a quota 6; Osimhen e Abraham, i primi due in questa classifica, ne hanno rispettivamente 17 e 16. Anche per quanto riguarda la conversione delle occasioni i numeri sono in media, avendo ricavato otto gol non su rigore da 8.2 npxG (statistiche Statsbomb). Certo, nelle due stagioni a Firenze aveva fatto meglio (21 gol da 18.5 xG nel 2020/21, 17 gol da 12,5 xG nella prima parte della stagione 2021/22), ma prima di guardare la pagliuzza nella finalizzazione, bisogna analizzare la trave nella capacità di creare occasioni.
Vlahovic non è solo distante dai migliori della Serie A per quanto riguarda i gol (8, appena 4 su azione), tiri per 90’ (2.69), xG totali e xG per tiro (una metrica che individua la qualità delle conclusioni di un calciatore, dove con 0.12 è 21° tra gli attaccanti), ma in molte voci statistiche è dietro anche a Milik e Kean, che sono le sue riserve. È vero che questo può essere dovuto al fatto che il serbo ha giocato più degli altri due, e anche in partite mediamente più difficili, in momenti peggiori per la squadra, ma non è impossibile vederci che - in qualche modo - le difficoltà della Juventus a innescare Vlahovic sono anche maggiori rispetto agli altri due.
Anche in un momento della stagione in cui Di Maria e Kostic sono in un ottimo stato di forma, per la Juventus continua a essere difficile far arrivare palloni puliti a Vlahovic. In questa stagione solo contro Torino e Maccabi Haifa è riuscito a fare 3 o più tiri in porta in una partita, il dato sugli xG assistiti è di 0.05 per 90', praticamente un terzo rispetto a Lautaro Martinez e Abraham. Sono numeri che evidenziano come il problema di fargli arrivare il pallone è reale, che sia a causa dei compagni o dei suoi movimenti. I bianconeri sono ottavi in Serie A per xG per 90' esclusi i rigori, noni prendendo solo quelli derivanti da azioni di gioco. Ancora peggio va se guardiamo i passaggi in area di rigore e quelli negli ultimi venti metri di campo. Le difficoltà di Vlahovic sono lo specchio delle difficoltà della squadra.
Spesso si è detto che il serbo è troppo solo in avanti, ed è vero che la Juventus è una squadra col baricentro basso che però non ama attaccare poi in verticale, ma più che di distanza sembra una questione di come la Juventus vuole arrivare dal suo centravanti. Il modulo più usato, e con cui Allegri sembra sentirsi più sicuro, è il 3-5-2, con Di Maria alle spalle del serbo. L’argentino non interpreta il ruolo tanto come compagno di reparto di Vlahovic, ma svaria molto, viene a prendersi il pallone tra le linee, cerca connessioni con i compagni. In questo modo però è più facile passare per Kostic o cercare gli inserimenti dei centrocampisti che non premiare i movimenti in profondità di Vlahovic. All’andata con Nantes con la squadra schierata con un 4-3-3 con Chiesa e Di Maria ali, il gol del vantaggio - arrivato per una grande giocata dell'argentino - evidenzia come forse il serbo potrebbe avvantaggiarsi dalla presenza di un compagno più vicino. Chiesa però non è una seconda punta e spesso tende a ricevere largo per poi cercare la conclusione. Non a caso l'intesa migliore l'aveva trovata forse nei pochi minuti giocati con Milik, ma è difficile immaginarsi un modulo con due punte più Di Maria, Kostic o Chiesa.
Nella conferenza stampa prima della partita col Friburgo Allegri ha ricordato una cosa che si dice spesso, che «fare il centravanti titolare della Juve è diverso che giocare nella Fiorentina». Una frase di cui è difficile capire il senso - in teoria dovrebbe essere più facile, da un punto di vista delle possibilità - ma che riguarda il tipo di pressione che hai addosso. Vlahovic al momento sembra subire quelle del contesto, ma anche mettersene ulteriori addosso. Lo si vede da come gioca, da come pensa anche troppo al gol. A vederlo in campo sembra quasi una lampadina incandescente, di quelle che possono scoppiare da un momento all'altro.
Stasera, in casa, è una buona occasione: giocare bene per guadagnare un vantaggio nel doppio confronto, un obiettivo che la Juventus non aveva a inizio stagione ma che ora è intrigante. Tanti attaccanti hanno trovato una loro consacrazione passando dall'Europa League, potrebbe essere il caso di Vlahovic: come ad andare in bicicletta, a fare gol non ce lo si scorda.