Al minuto 101 della partita tra Norvegia e Serbia, che deve decidere chi avrà ancora speranza di qualificarsi agli Europei di quest’estate, Milinkovic-Savic insegue un passaggio un metro oltre l’incrocio sinistro dell’area piccola. È in una di quelle zone di campo dove solitamente è difficile finire a giocare, addirittura troppo vicino alla porta avversaria per essere pericolosa, e quindi forse non sa bene come comportarsi mentre arriva sul pallone. Deve però prendere una decisione in fretta perché appena dietro c’è anche un difensore pronto a chiudergli ogni spazio.
Quello che fa Milinkovic-Savic è una giocata assolutamente controintuitiva: un cucchiaio mancino verso la porta, dal lato, che prende in controtempo il portiere, che si è mosso con un attimo di anticipo verso il centro ipotizzando un più probabile cross. È un movimento fatale, perché il pallone lo scavalca beffardo mentre prova a recuperare, annaspando in una battaglia già persa contro la gravità.
Quando assistiamo a questo genere di gol possiamo avere due reazioni diametralmente opposte: contemplare ammirati il genio di Milinkovic-Savic, non per la prima volta a dire il vero, capace di stupirci con un colpo a effetto che praticamente non avevamo mai visto fare da quella posizione; oppure gridare al caso, alla fortuna, perché è ovvio che da lì, con quella postura, il centrocampista della Lazio non voleva fregare il portiere ma trovare la testa del suo compagno nel cuore dell’area di rigore. Il suo gol sarebbe quindi frutto di un errore, praticamente una svirgolata.
Non esiste neanche un nome per definire questa ambiguità, generalmente si usa il termine tiro-cross che però identifica un’altra cosa, una via di mezzo voluta. Sono gol che forse erano cross, diciamo, ma soprattutto gol che disturbano la nostra necessità di razionalizzare il gioco del calcio, distinguere in maniera netta quello che è voluto, cioè ciò che dobbiamo celebrare; da quello che è casuale, ovvero da smascherare.
Ne ho scelti alcuni, non i più belli o brutti - l’ambiguità di questi gol è così profonda che è difficile anche deciderne la qualità estetica - ma quelli in cui qualcuno se ne è uscito, in maniera coercitiva, con la sgradevole sentenza «Voleva crossare».
Milos Krasic contro la Lazio, ma voleva crossare per l’allenatore avversario
Gol in qualche modo simile a quello di Milinkovic-Savic, curiosamente segnato sempre da un giocatore serbo. Un gol arrivato al minuto 94, che decise quella partita - che in quel momento sembrava una sfida di vertice, anche se poi le cose andranno diversamente - e che portò l’allora allenatore biancoceleste, Edy Reja, a sbottare contro il fato avverso: «È stata pura ed esclusiva sfortuna, anche perchè Krasic voleva scodellare il pallone al centro e alla fine ha calciato male il pallone e la sfera è entrata in porta».
Ovviamente si può capire la reazione stizzita di un allenatore che vede sfumare un punto all’ultimo secondo disponibile per una giocata non convenzionale, ma come può essere così tracciante il suo giudizio? Come si fa a dire con la sicumera di un indovino che “Voleva crossare”? (o in questo caso l’ancora più improbabile «voleva scodellare»).
Krasic dopo aver aggirato Cavanda corre verso la porta senza alzare la testa, fino a trovarsi a due passi da Muslera praticamente steso a terra. Il suo tocco sotto d’esterno sembra nettamente un tiro verso la porta, ma colpito abbastanza male da trasformarsi - al contrario - in una specie di cross verso il portiere. Muslera infatti ha la possibilità di smanacciare il pallone, ma non riesce a farlo bene e anzi lo aiuta a entrare (siamo al limite dell’autogol, anche se la Lega ha dato il gol a Krasic).
Reja non mancherà di prendersela anche con il proprio portiere: «Ha lasciato scoperto il palo. Il suo compito era proteggere la porta, non preoccuparsi dell'eventuale cross. È un gol che fa rabbia perché Krasic neanche voleva tirare». Ma se Krasic voleva crossare, che colpe ha Muslera che si è mosso per coprire appunto il cross? Delle due, una. Il portiere poi non ci sta e si difende, sostenendo implicitamente che il giocatore della Juventus volesse proprio far gol: «Non è stato un mio errore, è stato bravo Krasic».
Davide Zappacosta contro il Qarabag, ma voleva crossare per sua stessa ammissione
Who is Zappacosta? Con questo interrogativo i tifosi del Chelsea hanno accolto l’esterno del Torino, arrivato all’ultimo momento utile del mercato estivo per placare le ansie di Antonio Conte sugli esterni, con un pedigree e un cognome lontano dal ideale di acquisto svolta-stagione per una grande della Premier League.
Zappacosta aveva però vissuto il suo momento magico poco giorni dopo, al debutto in Champions League contro il Qarabag, quando aveva corso lungo tutto l’out di destra come un running back di football americano prima di scagliare un calcio di interno destro che si era infilato in una porta mal controllata da Ibrahim Šehić. Un gol spaziale che aveva lasciato stupefatti tutti e raddrizzato la sua storia di sconosciuto all’improvviso.
O almeno così poteva essere, perché all’uscita del campo Zappacosta non aveva saputo zittire la sua coscienza di terzino operaio, nonostante in quel momento fosse l’esterno a tutta fascia di una delle squadre più ricche del pianeta, e aveva ammesso candidamente che lui a fare gol non ci pensava neanche lontanamente: «Sul mio gol sono sincero, volevo crossare e poi ho colpito la palla con il collo pieno e l’ho vista finire in porta» (stessa cosa farà Duvan Zapata, ancora attaccante operaio, quando dirà che un suo gol pazzesco segnato con la maglia della Sampdoria era in realtà un tentativo di cross verso Quagliarella).
Una circostanza confermata anche dall’allenatore Antonio Conte («Voleva crossare e invece...»), uno che ha un concetto di bellezza piuttosto peculiare e che forse era addirittura infastidito dal fatto che un’azione costruita per servire il taglio di Pedro verso il secondo palo fosse finita con un gol ambiguo dell’esterno.
Zappacosta con la sua ammissione ha tagliato una discussione interessante: può un giocatore per nulla creativo trovare un gol così volontariamente? Il difensore avrebbe dovuto lasciarci con questo dubbio. Il caloroso abbraccio di Stamford Bridge dopo il gol, comunque, racconta come invece ai tifosi di quello che voleva fare realmente Zappacosta non interessava per nulla.
Diego Perotti contro il Viktoria Plzen, ma voleva crossare per sua non troppo convinta ammissione
Anche Perotti si è fatto fregare dalla dittatura del politicamente corretto, sotto forma delle domande dei giornalisti, che - per dovere di cronaca - davanti a un gol segnato di rabona hanno pensato di chiedergli se voleva fare gol di rabona o magari solo crossare di rabona. Perotti, che sembra una persona senza malizia, ha capito che mettersi a fare a braccio di ferro con l’opinione pubblica per una partita finita tanto a poco sarebbe stato ridicolo e ha subito gettato la maschera: «La verità è che ho cercato di crossare».
Una scelta di parole quantomeno curiosa, forse dovuta anche al fatto che l’italiano non è la lingua madre dell’argentino. Perotti non dice “volevo crossare” dice “ho cercato di crossare” che è una sfumatura diversa, che racconta come ogni giocatore quando ha il pallone tra i piedi prova a fare una cosa, non vuole fare una cosa. Perotti voleva fare un cross di rabona? Forse. Perotti ha fatto gol di rabona? Questo è certo.
Giovinco contro i Chicago Fires, voleva crossare per Jr Leo, Rami Mesopotamia e molti altri
Nell’epoca dei social, il Toronto Fc ha pensato bene di coinvolgere direttamente i suoi tifosi - ma anche chi passava lì per caso - e chiedere di giudicare questo gol di Giovinco: ha tirato o voleva crossare? Una scelta poco elegante nei confronti delle intenzioni del proprio attaccante, ma tant’è: quasi un milione di visualizzazioni, 13 mila like e oltre 2500 commenti di un pubblico spaccato.
Le risposte sono state infatti le più disparate: tra chi se l’è presa con Osorio per aver toccato il pallone (anche se è difficile dirlo, il gol comunque venne dato a Giovinco), chi ha sostenuto che naturalmente voleva crossare, da lì tirare è da pazzi, e chi invece ha ragionato sul fatto che da pazzi sarebbe stato invece crossare con l’esterno destro da quella posizione e che quindi possiamo a tutti gli effetti considerarlo un tiro in porta. Effettivamente come Giovinco colpisce il pallone fa pensare più a un tiro verso la porta che non a un cross, ma insomma a mettere tutti d’accordo ci ha pensato Gary Feijo che ha scritto “chiamiamolo croal” tentando una crasi banale (ma migliore di goass) dei termini cross e gol.
Cosa voleva fare qui Giovinco è davvero poco interessante. Il trequartista ex-Juventus per alcune stagioni è stato semplicemente la cosa migliore da guardare in MLS (in questo video pieno delle sue migliori giocate, i canali ufficiali del campionato si chiedono se non sia stato il giocatore più divertente mai passato da quelle parti. Risposta: sì). Anche il dubbio creato con questa strana conclusione rimane qualcosa di speciale, qualcosa che non potevano fare tutti, ma solo un giocatore dal talento così unico da aver incendiato una (anche se sarebbe più corretto dire due, visto che la MLS si gioca sia negli Stati Uniti che in Canada) Nazione.
Mertens contro il Torino, ma voleva crossare per Maradona
«L'ho visto, ma bisogna vedere se ha calciato in porta o ha messo un cross. Per me ha tentato di crossare... È un gol bellissimo, ma noi comunque dobbiamo dire la verità, senza polemiche» con queste parole Diego Armando Maradona ha smontato il gol di Mertens al Torino, che noi abbiamo messo tra i più belli dell’ultimo decennio di Serie A. Nessuno aveva sentito il bisogno di contestare questo gol, che sembra platealmente un pallonetto geniale eseguito da un giocatore in grado di segnare gol geniali. Era il quarto della sua partita, il settimo in una striscia di appena 160 minuti, considerando anche i tre segnati la domenica prima contro il Cagliari. Insomma per tutti era palese che in quel momento Mertens era semplicemente un giocatore baciato dagli dei del calcio e che se avesse deciso di segnare con un pallonetto spalle alla porta non ci sarebbe stato davvero niente di strano.
Maradona, lo sappiamo, ha un suo codice interpretativo del gioco del calcio peculiare e insomma non starei a prendere tutto quello che dice per oro colato. All’argentino non deve essere piaciuto che questa giocata è stato definita da molti maradoniana e possiamo capire perché per lui la verità è che volesse crossare, come se fosse la coscienza di Mertens. Più difficile capire perché al coro del “voleva crossare” si sono uniti Massimo Mauro («Mertens voleva crossare sul goal»), Paolo Di Canio («Voleva crossare? Non vi è dubbio, gli è andata bene: aveva il corpo all'indietro, anche se resta fenomenale») ed Esteban Cambiasso («È stato fortunato due volte perché, se avesse indovinato il cross, Lorenzo Insigne sarebbe stato in fuorigioco»).
Jack Bonaventura contro il Cagliari, ma voleva crossare per il suo agente
Nessuno si era chiesto veramente se Bonaventura voleva crossare da lì, visto che Cragno era almeno due metri di troppo fuori da pali (lui sì forse pensava volesse crossare, ma in campo è diverso) e che da lì, da fermo, per sbagliare di così tanto un cross bisogna essere una persona molto diversa da Jack Bonaventura, ma in generale da un calciatore professionista.
Ma, a quanto pare, le cose sono andate diversamente, almeno a sentire il suo agente: «C’è un replay in cui si vede che mette il piede in una maniera in cui voleva calciare. Lo sento dopo la partita e mi dice che effettivamente voleva crossare. Aggiungo anche che 9 calciatori su 10 avrebbero detto il contrario». Una frase che da una parte dimostra una scarsa sensibilità dell’agente di Bonaventura (il calciatore non aveva rilasciato dichiarazioni ufficiali in merito), dall’altra ci conferma come non possiamo mai dare nulla per scontato quando si parla delle intenzioni dei calciatori, neanche quando calciano da fermi guardando il portiere, da una posizione dove non è immediato pensare a un cross (e simile al prossimo gol, dove il dibattito è ancora vivo dopo 20 anni).
Andry Shevchenko contro la Juventus, voleva crossare per alcuni
Avrei potuto evitare di parlare di tutti gli altri gol e concentrarmi solo su Shevchenko che fa passare il pallone oltre Buffon che prova disperatamente ad allungare il braccio, la versione iperuranio di tutti i gol che forse erano cross. Qui più che discutere su cosa voleva fare l’ucraino, magari voi avete le vostre idee e beati voi, possiamo direttamente dividere il mondo in chi pensa volesse crossare e chi invece che ha tirato in porta. Lippi era sicuramente tra i primi, avendo sostenuto dopo la partita che «è stato un gran gol, non lo metto in dubbio, ma casuale. Da un cross è nato un pallone sotto l'incrocio dei pali, non ce ne va bene una». Fabio Caressa, al commento, possiamo metterlo tra chi - almeno di primo acchito - ha visto nel tiro di Sheva un tiro in porta avendo gridato: «Cerca la conclusione». Buffon butta lì un indizio ancora negli spogliatoi: «A me ha detto che voleva crossare», anche se Sheva negherà sempre di averglielo confessato. Lo stesso giocatore è invece categorico: «Un po' di fortuna serve quando ti riescono certe reti. Però vi dico subito che non volevo crossare, volevo proprio tirare perché avevo visto Buffon un po' fuori dai pali».
Nei giorni successivi il dibattito ingrossa le fila dei talk show sportivi e dei giornali. Tra i sostenitori del “voleva tirare” ci sono Roberto Boninsegna («Il gol era voluto, lo si capisce dalla potenza che imprime alla palla: per un cross non si colpisce così forte»), Gigi Riva («Un gol fantastico. Shevchenko guarda al centro e non vede compagni, quindi scarica con tutta la forza un tiro che non può essere confuso con un cross») e Galliani («La rete di Shevchenko è stata meravigliosa; in quindici anni di Milan è forse il gol più bello che ho visto»). L’amministratore delegato del Milan risponde anche a tono a Lippi, dando una sfumatura filosofica al gol di Sheva: «Il calcio è tutto un caso. Ma in presenza di un'opera d'arte, non ci si chiede cosa volesse fare l'artista. Si ammira il risultato».
Mentre a favore del “voleva crossare” si annoverano Pietro Paolo Virdis («Credo che Shevchenko abbia guardato al centro verso i compagni che accorrevano [...]: un cross sbagliato, insomma, per un grande gol» e Alessandro Altobelli («Shevchenko lo ha detto chiaramente: "Sono stato fortunato". Ha saltato tre avversari, si è portato sulla destra, ha alzato la testa per vedere se c'era qualcuno in area, ha tagliato forte il cross, colpendo benissimo»).
Tutto ruota, a volerne davvero discutere, intorno a un momento: quando superato l’ultimo avversario e con il corpo che viaggia in direzione dell’esterno del campo, l’ucraino gira la testa verso la sua sinistra, senza però chiarire a nessuno se per guardare Javi Moreno e Umit al centro oppure per guardare la posizione di Buffon, leggermente avanzata. Un momento che è in realtà una sequenza di momenti, perché l’ucraino sembra guardare prima Buffon e poi i compagni, lasciandoci volutamente con il dubbio.
Anni dopo Sheva confermerà ancora una volta di aver tirato, ma di essere rimasto sorpreso anche lui della traiettoria. «Impossibile» l’ha definita, tornando anche però su quello che successe prima, ovvero una serpentina ipnotica tra tre avversari che rende questo gol tanto eccezionale, uno dei più eleganti visti negli ultimi vent’anni di serie A, con Pessotto che addirittura sembra accasciarsi sopraffatto dalla grazia di Shevchenko.
L’ambiguità di questo gol si inserì nella già estrema polarizzazione del tifo di quegli anni. Da una parte chi gravitava intorno all'universo juventino o anti-milanista a cercare di smascherare Shevchenko, come se fosse un truffatore (“guardate la testa”, “guardate la parabola”, “voleva crossare”), dall’altra l’universo milanista o anti-juventino a dover difendere qualcosa che non è scienza (“guardate la testa”, “guardate la parabola”, “voleva tirare”).
Ma è proprio questa, mi pare, la magia di questi gol. Dubitare ci sta implicitamente portando a spostare il confine del talento di questi giocatori più in là. Non siamo sicuri volessero tirare ma non possiamo escluderlo, perché loro con il pallone possono fare tutto (non a caso la maggioranza, anche di quelli che non ho citato, sono a opera di calciatori con abilità uniche nel calciare). E quindi non è importante sapere se Shevchenko e gli altri volessero crossare o tirare, ma è importante sapere che possono farlo, o pensarlo, che poi sono la stessa cosa.
Come non disse una volta Walt Disney: “Se puoi sognarlo, puoi farlo”, una frase motivazionale piuttosto scadente, ma che applicata a questo tipo di gol si trasforma e diventa una risposta elegante a tutti quelli che cercano risposte che non ci sono.