Le squadre italiane della pallavolo sono state eliminate nel giro di 24 ore l'una dall'altra, entrambe ai quarti di finale. Se per la maschile era difficile attendersi qualcosa di più, considerata la parabola discendente imboccata da questo ciclo del commissario tecnico Gianlorenzo Blengini, le condizioni precarie di Giannelli e Zaytsev, e il livello degli avversari, per la femminile l’obiettivo minimo era la semifinale - traguardo mai raggiunto dalle donne nella storia olimpica. Non sarebbe stato assurdo nemmeno pensare di giocarsi la medaglia d’oro con le altre favorite: Brasile, Serbia e Cina.
Gli uomini in realtà, dopo il secondo posto nel girone (in linea con le aspettative) avevano pescato l’avversario del lotto più abbordabile, l’Argentina capace di eliminare gli USA all’ultima giornata del gruppo B, e sembravano quindi essersi spianati la strada verso la settima semifinale olimpica consecutiva. Invece si sono arresi al tie break alla sorpresa del torneo – che annovera comunque giocatori di caratura mondiale come Conte, De Cecco e Solè. L'Italia maschile ha confermato la scarsa coesione degli ultimi eventi internazionali, nonostante un grande Juantorena, al passo d’addio con la nazionale, e l’inserimento di Alessandro Michieletto, autore di un ottimo torneo. Il classe 2001 è riuscito a riempire la casella da secondo schiacciatore in maniera più convincente rispetto a chi l’ha preceduto, Lanza in testa, sia nei fondamentali di prima (50% in attacco su 144 palloni), come di seconda linea.
Le donne invece hanno perso contro la Serbia, esattamente come nella finale mondiale del 2018 e nella semifinale europea del 2019. Ma a differenza degli ultimi due confronti (2-3 e 1-3), si è trattato di una sconfitta perentoria: 0-3; 21-25, 14-25, 21-25. Abbiamo visto amplificati i problemi già in nuce nelle ultime due partite del primo turno contro Cina e Usa. Due sfide in cui la Nazionale, dopo le prime tre vittorie con Russia, Turchia e Argentina, si è preclusa la possibilità di passare il girone da prima classificata e garantirsi un quarto più morbido contro la quarta della pool B, la Repubblica Dominicana.
I problemi di Egonu sono i problemi dell’Italia
Questa Italia, una delle rose più giovani della manifestazione a cinque cerchi, era destinata a viaggiare al ritmo dei colpi di Paola Egonu, tra le migliori giocatrici al mondo in forza alla migliore squadra di club della storia recente, l'Imoco Conegliano, protagonista di una striscia aperta di 64 vittorie culminata con la vittoria della Champions League, dopo che nelle settimane precedenti aveva alzato Coppa Italia e Scudetto. L’opposto veneto rappresentava il riferimento di una distribuzione inesorabilmente sbilanciata su di lei (in Giappone ha attaccato 246 palloni, il 40% netto) e dopo i quarti è rimasta al secondo posto nella classifica marcatori. Il problema è stata la sua efficacia (44,7%), ma soprattutto la sua efficienza: a 110 attacchi punto in questa olimpiade hanno fatto da contraltare ben 59 errori, per un’efficienza del 20,7%. È come se, al netto degli errori, Egonu avesse messo giù un pallone ogni 5 tentativi. Certo, per caratteristiche non è una giocatrice troppo continua e il suo repertorio attuale non comprende dei colpi interlocutori o attacchi piazzati a tre quarti braccio – di base vuole superare il muro difesa sparando sulla parallela o ancora meglio sulla diagonale nei 7-8 metri, al massimo cerca le mani alte del muro – e Mazzanti le ha dato fiducia anche quando incappava in strisce di 5-6 schiacciate senza punto, proprio perché serviva aspettare la migliore Egonu per battere le altre big. La sua violenza di braccio, fuori scala rispetto anche alla maggior parte degli altri opposti, è un’arma in grado di interrompere qualsiasi passaggio a vuoto, ed effettivamente pure contro la Serbia ha raccolto 18 punti, di cui 15 attacchi. A cui però vanno aggiunti 13 errori, per un’efficienza del 4,44% (negli ultimi due set lo score è stato addirittura negativo, con 8 attacchi vincenti e 9 errori).
A posteriori si potrebbe dire che l’idea di non portare un secondo opposto troppo “ingombrante” (Mazzanti ha convocato Sorokaite, che ha sfruttato esclusivamente come pinch server) non ha pagato: magari giocatrici come Nwakalor o Mingardi, nel biennio 2019/21 l’opposto con più punti in A1, sarebbero state più utili a far respirare la portabandiera del Cio nei momenti di appannamento. Naturalmente i demeriti di Egonu vanno condivisi con la squadra, e con una distribuzione che, sia con Malinov sia con Orro al palleggio, ha avuto difficoltà a smarcarla con costanza, anche perché in più di una circostanza la palleggiatrice di turno sembrava aver perso quell’intesa con l’attaccante di posto 1-2, a cui sono arrivati palloni particolarmente spinti o un po’ troppo spostati verso il centro. È singolare per giocatrici come Orro ed Egonu che giocano in nazionale insieme da 4 anni. Il commissario tecnico tra l’altro ha sempre confermato Malinov titolare, anche se spesso l’ha cambiata in corso d’opera senza però giungere a una soluzione definitiva (nei quarti Orro è entrata sul 20-23 del primo set e non è più uscita).
Qui per esempio Orro non riesce a trovare l’intesa con Pietrini sulla pipe malgrado la ricezione perfetta.
Nonostante uno stile antitetico (Malinov più creativa e presente a muro, Orro più pulita come tocco ma più conservativa nella regia), nessuna delle due è riuscita a innescare le centrali con regolarità. Pesano le caratteristiche di Danesi e Fahr, più muratrici che attaccanti, che hanno fatto una fatica immane a mettere giù palla (contro la Serbia 1/3 per Fahr e un muro subito, 3/8 per Danesi). Neanche le loro riserve, Chirichella e Folie, malgrado siano più propense a giocare la fast, hanno rappresentato delle opzioni credibili in primo tempo: la prima ha chiuso i quarti con uno 0/4, mentre Folie, sulla carta la più completa tra le 4, probabilmente non si è mai ripresa dall’operazione al ginocchio destro di un anno fa. Con il club, Conegliano, ha attaccato appena una cinquantina di palloni in tutta la regular season e a questi Giochi è entrata giusto per due spezzoni contro Argentina e Serbia.
Quasi inevitabilmente quindi il gioco si è spostato sulle bande, dove Mazzanti non ha però potuto contare sulla miglior Sylla – sulla carta la migliore schiacciatrice in attacco della rosa - frenata da una distorsione alla caviglia in luglio che le ha fatto perdere il posto in favore di una Pietrini comunque positiva: al di là della partita con gli Stati Uniti e il secondo set di ieri, la classe 2000 in ricezione ha retto discretamente (contro la formazione di Terzic ha comunque chiuso con un 33% di rice perfetta e 58,3% di positiva), attaccando con un buon 42,2% nella competizione, percentuali simili a quelle di una Bosetti che però si è bloccata nell’ultimo parziale contro le campionesse del mondo e d’Europa (5 ricezioni negative su 10 e 2/7 in attacco con 2 errori).
Troppi errori
Per conformazione del sestetto, era un’Italia che, un po’ come agli ultimi europei, rischiava di soffrire in ricezione, cosa che effettivamente è successa contro la Cina e negli ultimi due parziali con gli Stati Uniti. La squadra avrebbe cercato di compensare con il peso degli attacchi di Egonu e la fase break. Il muro difesa, globalmente, ha funzionato, il punto è che dalla battuta l’Italia ha ricavato poco, a fronte di tanti, troppi errori. Se il servizio al salto di Pietrini a tratti si è dimostrato incisivo, Egonu (seconda per ace/set nell’ultimo campionato) solo nell’ultimo parziale con la Serbia è riuscita a costruire una serie significativa dai 9 metri, che è poi quella che aveva innescato il break iniziale (9-12), poi ricucito dalle avversarie (14-13, 20-16).
Il servizio di Pietrini stacca la ricezione serba, agevolando il lavoro del muro difesa italiano.
Più in generale è stata una squadra che ha sbagliato troppo (tra Cina e Stati Uniti 62 errori, due set e mezzo) e che quando è riuscita a ricevere meglio e a contenere il numero di errori, come contro le balcaniche (39,7% di rice perfetta e 20 errori) è caduta sotto i colpi di un altro fenomeno del volley mondiale, l’opposto Tijana Boskovic, 21 attacchi vincenti su 40 e quella sensazione di onnipotenza anche su palla scontata grazie a cui si è letteralmente caricata la squadra sulle spalle.
Appuntamento europeo
Il folle calendario delle nazionali si chiuderà con gli europei in programma tra agosto e settembre. Non sappiamo se le azzurre siano state schiacciate dal peso dei pronostici, che le davano come una medaglia possibile se non probabile, fatto sta che l’appuntamento continentale, al via il 18 agosto, diventa un’opportunità per azzerare la delusione olimpica e ripartire con meno pressione, magari inserendo un paio di nomi in grado di allungare la rosa. Per gli uomini invece si tratterà dell’inizio di un nuovo corso, visto che Gianlorenzo Blengini dopo 6 anni ha lasciato la nazionale e già da questi europei l’Italia sarà guidata da Fefè De Giorgi. Un’occasione per conoscere i giocatori e iniziare a mettere mano a una squadra che senza Juantorena vedrà decrescere la sua competitività e, almeno nel breve termine, dovrà abbandonare le velleità a vincere un trofeo che manca ormai dall’oro europeo del 2005.