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Weah arriva per sostituire Cuadrado?
27 giu 2023
Nato centravanti e diventato un terzino, cosa dobbiamo aspettarci.
(articolo)
8 min
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Foto di IMAGO / Agencia-MexSport
(copertina) Foto di IMAGO / Agencia-MexSport
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Finora non è stato un calciomercato di telenovele. Di quelle trattative di mercato che si stirano all’infinito verso il loro stesso annullamento. L’unica è quella di Davide Frattesi, che Carnevali sta cercando di piazzare, disperato, alle squadre italiane come fosse un bene di prima necessità. Per il resto i nomi compaiono nell’orizzonte del calcio italiano dal nulla, come la banconota da cinque euro nella tasca. Un giorno prima Kristensen praticamente non esiste, il giorno dopo è un giocatore della Roma. Un giorno prima Timothy Weah è un centravanti del Lille, il giorno dopo è un terzino della Juventus.

Forse sarà il primo acquisto dei bianconeri e non lo avevamo visto arrivare. Il primo acquisto di questa incerta e traballante sessione di calciomercato juventina, in cui è difficile costruirsi un orizzonte di aspettative di qualche tipo, capire quali sono le risorse, quali i piani, quali le idee di base. Massimiliano Allegri resta allenatore della Juventus dopo aver rifiutato offerte di svariati triliardi di dollari arabi, e si trova già il lavoro fatto: non dovrà trasformare un attaccante in un terzino, visto che ci ha già pensato Paulo Fonseca.

Se non avete seguito la Ligue 1 magari ve lo siete perso. Timothy Weah, figlio d’arte, era un attaccante e ora è diventato un terzino, o comunque un esterno. Scrivevamo su di lui un “Preferiti” ormai cinque anni fa, quando ci eccitava troppo l’idea che il primo Pallone d’oro africano avesse un figlio d’arte. Un figlio attaccante. Lui diceva che essere un figlio d’arte era un problema più per gli altri che per lui: «Molti giocatori sono spaventati perché credono sia forte come lui, per il nome che ho sulle spalle. Ma il nome sulle spalle lo vedono i tifosi e gli avversari, non io. Perciò non sento la pressione».

Non sappiamo se ha pesato o meno la pressione, ma Timothy Weah è sembrato non riuscire a rispettare le attese. Le attese che lo circondavano perché figlio d’arte, ma anche perché acquistato dal PSG giovanissimo, dove ha segnato appena maggiorenne. Dopo aver combinato poco anche in Scozia, in un teoricamente comodo prestito al Celtic, Weah è finito al Lille con un trasferimento definitivo. Sembrava la sua ultima possibilità per riuscire ad alti livelli, ma anche la migliore possibile. Forse nessuna squadra in Europa è riuscita a valorizzare così tanto i propri attaccanti come il Lille di Galtier. Col suo gioco iper-verticale e di transizioni Weah avrebbe dovuto esaltarsi. In teoria. Un lungo calvario muscolare ne ha però rallentato l’inserimento. Ha saltato quasi tutta la prima stagione e quando è rientrato aveva parecchia concorrenza davanti.

In un modo o nell’altro, però, Timothy Weah aveva un grosso problema: non segnava mai, o almeno quasi mai. Un problema non da poco quando si fa il centravanti - e non di quei centravanti manovrieri, completi o che portano in dote chissà quali vantaggi tattici intangibili. Proprio dei finalizzatori, di quei giocatori che vengono messi in campo «Per gli scatti in profondità dietro le difese» per citare il motivo per cui Galtier decideva ogni tanto di far giocare Weah.

Sembrava una grande storia “di padre in figlio”.

Col tempo è stato arretrato giusto di qualche metro e messo esterno destro del 4-2-3-1. Weah ha comunque una tecnica da prima punta: asciutta e lineare, usa poco il piede debole, gioca meglio a piede naturale, dove può sfruttare la sua velocità lungolinea. Anche sulla trequarti, però, Weah non è riuscito a esprimere un vero talento offensivo. Le sue qualità sono più che altro fisiche, e di applicazione. Non si può dire che sia un giocatore che si risparmia, per corse e concentrazione. Allora Paulo Fonseca ha deciso di abbassarlo addirittura terzino. Prima sinistro, poi anche destro, dove la squadra ha avuto diversi problemi di infortuni. Il più grande contrappasso per un centravanti: segnare così poco da venir trasformato in terzino. Avere così poche doti in quello che si fa da dover cambiare mestiere, farne uno in cui il talento pesa meno dell’applicazione e della disciplina. Non è un destino insolito nel calcio di oggi, dove se non produci abbastanza - in termini di gol e assist - viene abbassato lungo il campo. È stato il destino di Spinazzola all’Atalanta, per esempio, o di Zalewski alla Roma, o di, appunto, Juan Cuadrado - che addirittura ha fatto tutto il percorso, in avanti e all’indietro: prima terzino, poi esterno di centrocampo, poi ala, poi di nuovo esterno di centrocampo, e infine terzino - ma nella Juve, dove ha dovuto imparare praticamente il mestiere da capo. Allegri in realtà non si è mai fidato troppo di lui in una linea a 4, usandolo soprattutto come quinto di centrocampo. È con Sarri che Cuadrado è diventato di fatto un terzino: «Da inizio ritiro, quando abbiamo parlato con il mister, abbiamo lavorato su questo nuovo ruolo. Sono a conoscenza del fatto di poter migliorare ancora molto, ma ora, con Barzagli che mi martella sempre, so di poter crescere». Sarri è stato subito entusiasta: «Sta facendo le cose nei tempi e nei modi giusti, è stato ordinato, non ci ha mai scomposto, deve solo migliorare nella fase difensiva globale ed individuale, lavorando con Barzagli migliorerà».

Col ritorno di Allegri, Cuadrado ha continuato ad alternarsi fra i ruoli di quinto e di terzino, anche se spesso il modulo della Juve è ibrido, con Alex Sandro che stringe verso i due centrali e Cuadrado che si alza sulla linea di centrocampo ad attaccare l’ampiezza. Il suo contributo è stato di alto livello, soprattutto col pallone. Col tempo, e col rattrappirsi della fluidità collettiva della Juventus, tutto lo spazio della disorganizzazione bianconera è stato occupato da Cuadrado: regista, portatore di palla, rifinitore. Un giocatore importante per la sua abilità nell’uno contro uno, difensivo e soprattutto offensivo, con cui creava superiorità numerica, faceva guadagnare campo e dava i tempi alla squadra. Un giocatore bravo anche ad associarsi con i compagni. Insomma, un giocatore dall’apporto completo, ricco di sfumature tecniche. Nell’ultimo anno però Cuadrado ha mostrato un grosso declino delle proprie prestazioni. Ha toccato meno palloni - con la manovra che si è spostata a sinistra da Kostic -, dribblato meno e rifinito meno. Solo Biraghi ha crossato più di Kostic quest’anno.

Insomma, Weah sembra arrivare per sostituire Cuadrado, anche se si può dire che il motivo principale per cui la Juventus ha scelto di investire 12 milioni su di lui è soprattutto la sua polivalenza, e quindi la capacità di coprire più ruoli. Weah può giocare terzino destro e sinistro, esterno a tutta fascia a destra e sinistra, sulla trequarti e anche da punta - dove ad Allegri piacciono giocatori bravi ad attaccare la profondità, come abbiamo capito dall’utilizzo che fa di Moise Kean.

Il dubbio principale su Weah riguarda ovviamente la sua capacità difensiva, come potete immaginare per un centravanti convertito terzino. Lo statunitense ha iniziato solo quest’anno a giocare terzino e certi movimenti, una certa conoscenza dello spazio, sembrano ancora mancargli. È in difficoltà nelle letture, più che altro, dove in una linea a 4 è particolarmente sollecitato. Non ci mette molto a perdersi l’attaccante alle spalle.

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Quanto apprendistato sarà in grado di sopportare Allegri su questo? Con la difesa a 3, giocando quindi diversi metri di campo più avanti, Weah sarebbe meno sollecitato in queste letture complesse all’indietro. In anticipo è già molto forte, i suoi numeri sugli intercetti sono notevoli. Nell’uno contro uno difensivo può andare in difficoltà contro avversari molto tecnici, ma è duro, attento e soprattutto veloce. È uno di quei difensori che compensa le non perfette tecniche e letture con la sua dimensione atletica. La velocità di Weah è davvero notevole. Sui primi passi è reattivo ma è sul lanciato che è veramente difficile da contenere. Col tempo è diventato anche più “spesso” e non è semplice da sbilanciare in corsa. Il ct degli Stati Uniti Gregg Berhalter ha detto che non somiglia molto a Cuadrado ma si è lanciato in un paragone veramente esotico con Finidi: «Ricordate l’ala dell’Ajax di Van Gaal che negli anni novanta vinse la Champions? Ecco, Weah è così: dinamico, veloce e con colpi eccellenti. Io lo vedo meglio largo a destra, può giocare un po’ più avanti o un po' più indietro. Ma pure attaccante o sulla fascia sinistra. La duttilità è il suo punto di forza, come pure la facilità di arrivare al cross. Weah è un esterno velenoso».

La definizione di “esterno velenoso” può suonare vacua ma descrive bene il suo stile di gioco diretto, tutto proteso in avanti, tra anticipi sull’attaccante, uno contro uno e cross. A differenza di Cuadrado dribbla poco e ha un gioco di passaggi elementare. Quest’ultimo punto è quello più problematico. Il passaggio dalla Ligue 1 alla Serie A, e soprattutto dal Lille alla Juventus, ha a che fare soprattutto con la privazione di spazi. Cuadrado nel nostro campionato è un pesce nell’acqua, con la sua capacità di alternare ritmi bassi, pause e accelerazioni. La capacità di applicare letture anche sofisticate col pallone. Weah è un giocatore più affidabile sul piano atletico, ma decisamente più monodimensionale: una buona notizia, se la Juventus riuscisse a sfruttarlo in un certo modo, esaltandone il gioco di strappi in campo aperto.

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12 milioni per un giocatore di 23 anni non sono poi molti. Weah gioca esterno basso da solo una stagione e pare avere ottimi margini di miglioramento: è forse su questo, e sulla sua duttilità nell’immediato, che sembra puntare la Juventus.

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