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World Series Preview 2015
27 ott 2015
La presentazione della sfida tra New York Mets e Kansas City Royals che assegnerà il campionato di baseball americano.
(articolo)
8 min
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Stanotte cominciano le World Series, l’ultimo capitolo del campionato di baseball 2015. I Kansas City Royals, finalisti dello scorso anno e forti del fattore campo, contenderanno il titolo ai New York Mets in una serie al meglio di sette partite che per certi versi si annuncia storica.

Per la prima volta infatti non scenderà in campo nessuna delle 16 squadre fondatrici delle Majors, ma si affronteranno due “expansion team”, ovvero due squadre aggregatesi alla carovana nel corso degli anni ’60. I Mets sono sbarcati nel ’61, mentre i Royals soltanto nel ’69, che guarda caso è anche l’anno in cui la New York arancioblù centrò per la prima volta il bersaglio grosso, sbalordendo gli americani quasi quanto la passeggiata sulla Luna di Neil Armstrong avvenuta 88 giorni prima.

Curioso anche il fatto che le due squadre si siano scambiate il testimone vincendo le World Series del 1985, primo e unico titolo conquistato finora dai Royals, e del 1986, anno in cui i Mets vinsero il loro secondo campionato. Indipendentemente da come vada a finire, una di loro interromperà un digiuno durato circa tre decenni, permettendo ai propri tifosi di sventolare vessilli che a questo punto dell’anno di solito fanno la polvere dentro ai cassetti.

Sarà anche un confronto difficilmente prevedibile, considerato che le due squadre non si affrontano dal giugno del 2013, in cui si intrecciano storie di oscuri comprimari che raggiungono improvvisamente la ribalta, ma anche di una mentalità e di un modo di giocare a baseball molto particolare.

La legge di Murphy

Alla fine ha avuto ragione ancora lui, il famigerato Billy “Goat” Sianis e anche questa volta i Chicago Cubs si sono fermati alle porte delle World Series, non riuscendo, di nuovo, a smentire la maledizione della capra. Anche Theo Epstein, il general manager dei Cubs, che nel 2004 con i Red Sox aveva sconfitto la maledizione del “Bambino” ribaltando uno 0-3 contro gli Yankees nel Pennant della American League, ha dovuto chinare la testa. Eppure quando i New York Mets si erano portati 3-0 in vantaggio nella serie un destino, tanto caro a Giambattista Vico, sembrava in procinto di avverarsi. Invece alle World Series 2015 ci sono andati i Mets.

Dopo aver avuto la meglio sui Dodgers nelle Division Series, sconfitti 3-2 andando peraltro a vincere l’ultima in casa degli avversari, i New York Mets si sono ripetuti nelle Championship Series. Stavolta però il 4-0 con il quale hanno spazzato via Chicago (che gli americani chiamano appunto sweep) ha assunto i contorni di una marcia trionfale. Un successo di squadra non si può ascrivere a un solo protagonista, ma se dovessimo scegliere l’uomo simbolo della postseason dei Mets versione 2015 non potremmo che indicare Daniel Murphy. La sua è la storia di come le cose nei playoff seguano un filo illogico, trasformando in pochi giorni un oscuro comprimario nell’eroe di turno.

Non esistono altre spiegazioni per descrivere quello che è accaduto a un giocatore sulla trentina che diventerà free agent cinque giorni dopo la fine della stagione, e che quest’estate è stato più volte in procinto di trasferirsi. Murphy sta trascinando a furia di home run la New York arancioblù verso il titolo: sei fuoricampo consecutivi (sette è invece il conto complessivo) stabilendo la striscia più lunga di sempre nei playoff, che potrebbe ancora essere migliorata.

Sotto i suoi colpi sono cadute le nobili teste di Zack Greinke, Clayton Kershaw e Jake Arrieta, uno dei quali verosimilmente vincerà il CY Award 2015. Lo stesso Joe Maddon ha riconosciuto l’implacabilità del seconda base, decidendo a volte di regalargli una base ball intenzionale pur di evitare che battesse e pur sapendo che dopo di lui sarebbe arrivato Yoenis Céspedes, un altro che di home run se ne intende non poco.

Lo stato di grazia di Murphy, MVP della serie contro Chicago, è un vero e proprio paradosso se paragonato ai 14 fuoricampo (massimo in carriera) messi a segno in stagione regolare, che non sembra però scalfire un’indole da peone del baseball radicata nel profondo dell’anima: «Non lo so, vorrei spiegarmelo anch’io, ma proprio non lo so», ha dichiarato Murphy al capannello di reporter che, dopo gara 3 contro i Cubs, chiedevano lumi sulla sua inaspettata esplosione autunnale.

«Re-sign Murphy! Re-Sign Murphy», ruggisce intanto il pubblico del Citi Field, riconoscendo nel giocatore che in tutta la propria carriera ha indossato soltanto la maglia dei Mets (solo capitan David Wright può vantare una militanza più lunga), uno dei simboli della franchigia del Queens, da sempre la parte meno nobile della città, gli sfigati, i perdenti, per usare un lessico caro ai nordamericani.

L’organizzazione perfetta

«Si, pensavo di arrivare a casa base». Se ti chiami Lorenzo Cain e sei capace di correre in 10,5 secondi dalla prima a casa base toccando la velocità di punta di 20,7 miglia orarie, in effetti un pensierino ce lo puoi anche fare. Magari non puoi sapere che quel punto, segnato su un singolo di Hosmer, sarebbe stato quello decisivo nel 4-3 contro Toronto che avrebbe regalato alla tua squadra anche la vittoria nella serie.

In realtà il gioco che ha permesso ai Royals di mettere le mani sul Pennant ha una lettura leggermente diversa, che ovviamente non può prescindere dalle immense doti atletiche di Lorenzo Cain, ma che mette in luce la perfetta organizzazione della squadra allenata da Ned Yost, capace con questi dettagli di supplire alla mancanza di potentissimi slugger.

La corsa pazzesca di Cain non si sarebbe concretizzata senza l’occhio di Mike Jirschele, il coach di terza base, che durante tutta la serie ha osservato attentamente le modalità di reazione di José Bautista, l’esterno di Toronto, quando doveva raccogliere le palline cadute alla sua sinistra: «Quello di cui avevo bisogno era il corridore giusto in prima, sapevo che avrebbe potuto funzionare», ha spiegato Jirschele.

Cain, che ha cominciato a giocare a baseball quasi per caso all’età di 15 anni e che si è rivelato al grande pubblico soltanto nelle ultime due stagioni, era in effetti l’uomo giusto. Il suo modo di giocare è l’emblema di questi Royals che hanno spinto la tattica batti-e-corri oltre ogni limite possibile. La difesa, le corse e i tantissimi contatti hanno permesso loro di sconfiggere squadre quotate e attacchi pesanti come quelli di Houston e di Toronto, mettendo inoltre in mostra la resilienza di una squadra che non si deprime nelle difficoltà ed è capace di ribaltare partite praticamente perse.

Una prova di questo peculiare modo di interpretare il baseball è arrivata durante il settimo inning di gara due della serie contro i canadesi. I Royals perdevano 3-0 contro un David Price praticamente perfetto, ma in pochi turni di battuta sono stati capaci di mettere a segno ben cinque punti grazie alle letture degli scouts Tim Conroy e Paul Gibson, capaci di scoprire i punti deboli del lanciatore dei Blue Jays e di suggerire accorgimenti ai propri giocatori, permettendo loro di trasformare in oro la miseria di tre battute singole, una doppia e un errore della difesa.

Un’alchimia capace di mandare fuori di testa i guru delle statistiche e dei data base, perché i Royals continuano a vincere schierando leadoff (numero uno nell’ordine di battuta) uno dei peggiori giocatori della lega per numero di basi raggiunte, con l’assoluta convinzione che se quest’ultimo gira la mazza subito vinceranno le partite, o tenendo in campo il proprio lanciatore per puro atto di fede quando gli indicatori suggeriscono che i suoi lanci stanno perdendo efficacia. Eppure non è un caso se per la seconda volta consecutiva sono arrivati alle World Series: solo otto squadre negli ultimi 36 anni ci sono riuscite.

Il quadro della situazione

La serie che si prospetta tra le due squadre è difficilmente pronosticabile. La forza dei Mets risiede soprattutto nella rotazione dei lanciatori partenti. Matt Harvey e la coppia dalle fluenti chiome Jacob deGrom e Noah Syndergaard hanno dimostrato finora di poter dominare i potenti attacchi di Dodgers e Cubs a furia di fastball lanciate a velocità impressionanti. Syndergaard, nelle insolite vesti di rilievo, nel settimo inning di gara 5 della serie contro Los Angeles ha effettuato 13 lanci consecutivi che sul radar hanno segnato velocità comprese tra le 98 e le 100 miglia orarie.

In più hanno dalla loro il vantaggio di essere praticamente sconosciuti ai battitori dei Royals. Gli unici giocatori che li hanno affrontati quest’anno sono Cueto (che è un lanciatore) e Rios, quando giocavano nelle precedenti squadre. Dall’altro lato anche i battitori dei Mets non conoscono Ventura e Volquez, ma in questo caso il vantaggio non sembra incolmabile. Cueto inoltre, come dimostrato durante la stagione regolare, alterna cose egregie ad altre pessime, rimanendo un punto interrogativo.

La chiave del successo per i Royals risiede nel loro straripante atletismo, che ai Mets, abituati finora ad affrontare attacchi basati sulla potenza, potrebbe arrecare qualche disagio o difficoltà di interpretazione almeno nell’approccio iniziale alla serie, che disputerà le prime due gare al Kauffman Stadium di Kansas City. Inoltre in caso di partite con punteggio a stretto contatto la differenza potrebbe farla il bullpen dei Royals, capace di conquistare 5 vittorie durante i playoff. Dall’altro lato però Jeurys Familia, il closer di New York, non scherza affatto, come dimostra la striscia positiva nella postseason: 5 salvezze in altrettante occasioni, con la concessione di due sole valide e due basi ball in quasi 10 inning.

Un bilancio in sostanziale equilibrio che potrebbe essere rotto da pochi dettagli che gli analisti in queste ore si ingegnano a trovare. Uno di questi potrebbe essere la pausa di cinque giorni che i Mets hanno avuto tra la fine delle Championship Series e l’inizio delle World Series, che se da un lato serve a far tirare il fiato ai lanciatori (Matt Harvey, reduce dall’infortunio al gomito, lancerà in gara uno) e a far recuperare Cespedes dall’infortunio alla spalla, dall’altro potrebbe spegnere gli ardori delle mazze bollenti di Murphy e compagni. Probabilmente, come accaduto lo scorso anno, si arriverà in equilibrio fino a gara 7. In tal caso armatevi di plaid e caffè, perché le notti di ottobre e magari di novembre saranno pure fredde, ma se in tv c’è il baseball non sono fatte per dormire.

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