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Come le donne si sono prese il wrestling
21 feb 2025
Sfidando un ambiente tradizionalmente misogino, le wrestler sono diventate protagoniste della WWE.
(articolo)
13 min
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IMAGO / ZUMA Press Wire
(copertina) IMAGO / ZUMA Press Wire
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Nel primo episodio di Monday Night Raw, il programma TV in onda dal 6 gennaio che ha segnato l’inizio della collaborazione tra Netflix e la WWE, uno dei momenti più discussi e condivisi è stata la riconquista del Women’s World Championship da parte di Rhea Ripley, che ha sconfitto la precedente campionessa, Liv Morgan.

Rhea Ripley è una delle lottatrici più famose del momento, ed è conosciuta in tutto il mondo. La sua popolarità è tale che The Rock in persona l’ha ringraziata per aver «portato la compagnia sulle proprie spalle» e da alcuni è considerata al pari di John Cena – ritornato per il suo ultimo anno di attività come lottatore, con tanto di annuncio di rincorsa allo storico diciassettesimo regno da campione mondiale.

Che una donna avesse tutta questa visibilità nel mondo del wrestling è qualcosa di impensabile anche solo fino a qualche anno fa. Dopotutto il wrestling è da sempre un ambiente dominato dagli uomini e percepito come tale anche fuori. Non solo sul ring ma soprattutto all'esterno, dove il pubblico fino a poco tempo fa era quasi esclusivamente maschile, anche nel piccolo della scena italiana, negli show locali delle federazioni italiane o in quei pochi house shows (eventi che non andavano in onda in televisione) che la WWE ha fatto nel nostro Paese. Storicamente, le donne che seguivano il wrestling si sono trovate molto spesso nella bizzarra posizione, comune nel mondo dello sport e dell’intrattenimento, di essere estranee a una comunità di cui pure facevano parte.

Come si è arrivati quindi alla situazione in cui l'evento più seguito è quello che riguarda una donna? Sia chiaro: quello che leggerete qui non intende essere una storia esaustiva del wrestling femminile (un argomento che pure nei prossimi mesi troverà più spazio vista l’uscita di un film su una delle prime campionesse femminili che hanno fatto la storia del wrestling, Mildred Burke). Qui invece mi concentrerò principalmente sui momenti più importanti della sua evoluzione contemporanea per quanto riguarda la sola WWE, la federazione americana più famosa e seguita del mondo, partendo dal punto più basso (la rappresentazione della donna solo come oggetto sessuale) fino ad arrivare alle conquiste di oggi.

LE ORIGINI

Partiamo, dunque: 5 marzo 2001. In una puntata di Monday Night Raw, Trish Stratus, wrestler ancora oggi piuttosto popolare, si dirige verso il ring. I commentatori, Paul Heyman e Jim Ross, non riescono a contenersi. Il primo dice di essere un «grosso, grosso fan» perché «assieme a quello di Rikishi, il suo è il sedere migliore della federazione!»; il secondo risponde: «Pensavo ti piacesse qualcos’altro», riferendosi al suo seno, sul quale la telecamera provvede a zoommare.

Stratus è protagonista di un segmento con Vince McMahon. La storyline in scena, quella di una torrida relazione extraconiugale tra i due, era in una fase in cui lei era succube del CEO della WWE. McMahon le chiede quindi di fare due cose: abbaiare come un cane, a quattro zampe, per lui, e di spogliarsi. Una scena che oggi, alla luce delle accuse che gli sono state mosse (come quelle di Janelle Grant, ex dipendente della WWE che ha intentato contro di lui e l'azienda una causa per violenze sessuali e sex trafficking), risulta particolarmente disturbante.

Stratus, ubbidendo, abbaia e si toglie i vestiti, rivelando un reggiseno nero e un perizoma. Gli uomini del pubblico applaudono, fanno cori, rimangono addirittura delusi non appena McMahon la ferma appena prima che si slacci il gancetto del reggiseno. È la perfetta rappresentazione della considerazione che la WWE aveva allora delle donne, rappresentate come superficiali, dispettose, irrazionalmente emotive e bisognose di protezione da parte degli uomini, che invece erano rappresentati come esseri forti, possenti, cavallereschi. A malapena potevano considerarsi lottatrici, insomma: le donne dell’allora WWF della Attitude Era (1997-2001) venivano presentate perlopiù come vallette o come interessi amorosi degli interpreti maschili, fungendo al contempo da oggetto per lo sguardo del pubblico.

La situazione non migliorò velocemente. Anche anni dopo, col passaggio della WWE a un rating televisivo PG, che prevedeva quindi contenuti rivolti ai bambini e alle famiglie con la conseguente riduzione di immagini e match cruenti, e delle storie più pruriginose, le donne non erano comunque trattate come le loro controparti maschili. Volendo rendere più generico e commerciale il prodotto, i lottatori venivano chiamati “Superstars”, evocando personaggi larger than life; le donne, invece, venivano chiamate “Divas”, la cui differenza di significato potete capire da soli.

Uno degli addetti all’assunzione di nuovi lottatori e lottatrici, John Laurinaitis, confidente di Vince McMahon, e uno dei principali indagati della causa intentata da Janelle Grant, trovava nuove lottatrici cercandole non nei ring di wrestling, ma nelle riviste per uomini o nei cataloghi di intimo. Nel 2010, a dei tryouts della WWE, Lauranitis disse esplicitamente alle donne che non sarebbero state assunte se la loro bellezza non fosse stata almeno pari a quella di una modella di Playboy, come riportò all’epoca il giornalista Dave Meltzer, massima autorità del campo. Altre donne, selezionate tramite contatti con agenzie di modelle, venivano poi mandate in TV per il Diva Search, una competizione (presentata, tra gli altri, anche da Dwayne Johnson, cioè The Rock) la cui vincitrice sarebbe stata assunta dalla compagnia. Com’è facile immaginare, queste donne non venivano giudicate per le loro abilità sul ring e i loro spettacoli si riducevano a cose come competizioni stile corrida, torte in faccia e litigi da salotto televisivo. Questi erano gli anni degli incontri Bra & Panties, in cui vinceva chi spogliava l’avversaria fino a farla rimanere seminuda, per il plauso del pubblico maschile. Il WWE Championship, titolo maschile, era una cintura dorata con il logo della compagnia al centro. Il WWE Divas Championship, per le donne, era una cintura rosa a forma di farfalla.

I PRIMI PASSI IN AVANTI

Una data fondamentale in questa storia è il 31 gennaio 2010. Quel giorno si tiene l’annuale edizione del PPV Royal Rumble. La Royal Rumble è un match a trenta uomini, due lottatori iniziano sul ring e ogni novanta secondi se ne aggiunge un altro. Una volta che un wrestler viene lanciato oltre la corda più alta del ring ed entrambi i suoi piedi toccano terra viene eliminato dalla contesa. Il vincitore è l'ultima persona in piedi sul ring. Ecco, quella sera alla Royal Rumble prese parte una donna: Beth Phoenix, una wrestler con il ruolo della Glamazon. In altre parole era muscolosa, con un fisico più definito e possente rispetto alla media delle proprie colleghe in federazione.

Phoenix comincia a partecipare in maniera attiva nell’incontro contrapponendosi a "The Great Khali", uno dei più importanti lottatori indiani viventi, un vero e proprio gigante alto due metri e venti. Un wrestler che in quegli anni era alla fine della sua carriera e aveva ormai un personaggio comico da gigante buono a cui nessuna donna poteva resistere. Per evitare di essere eliminata, Phoenix afferra la testa del possente avversario e gli dà un bacio sulle labbra, per il boato della folla. Ma è un trucco: durante il bacio, infatti, Phoenix lo fa cadere oltre la corda più alta, eliminandolo. Uno dei commentatori, disgustato, commenta: «Mai fidarsi di una donna». Verrà eliminata poco dopo.

Rimane un momento minuscolo, soprattutto per una donna forte con un’autentica esperienza da lottatrice, ma è comunque un passo in avanti rispetto ai tempi della sessualizzazione senza freni degli anni precedenti. Lo scenario però è ancora desolante e, nonostante l’oggettificazione senza ritegno sia ormai un ricordo del passato, la WWE sembra non sapere cosa farsene delle proprie lottatrici. In questo contesto, la scena indipendente americana di wrestler femminili, seppur di enorme qualità, è ancora troppo piccola e troppo poco seguita per avere una reale influenza sulla federazione più importante.

Eppur qualcosa si muove. In quel periodo prende infatti forma in WWE un nuovo progetto: il WWE Perfomance Center, una struttura con la funzione di “far crescere” i talenti della federazione. Sotto la nuova direzione del dirigente Paul Levesque, conosciuto ai più come il lottatore e grande campione “Triple H”, il Perfomance Center aiuta i lottatori e le lottatrici WWE ad affinare le proprie abilità atletiche da esibire nello show NXT, esclusiva del servizio di streaming online WWE Network. La novità, ai fini del nostro discorso, sta proprio qui: la visione di Levesque prevede infatti che lottatori e lottatrici indifferentemente potessero esprimersi lottando agli stessi livelli, venendo allenati dai migliori coach della federazione.

Iniziano a farsi notare nuove figure: giovani donne certamente di bell’aspetto ma non più confinate all’immaginario, storicamente preferito da McMahon, di donne-oggetto, principalmente bionde, massicciamente ritoccate dalla chirurgia plastica. Un esempio è AJ Lee, lottatrice che interpreta il personaggio della spezzacuori manipolatrice, ma rappresentata come figura dominante, in grado di lottare a livelli inediti per una donna dentro la WWE. Personaggi come lei convincono i fan a voler vedere lottare altre donne, scontrandosi però con lo scarso minutaggio concesso loro dalla federazione di Stamford.

LA RIVOLUZIONE

Qualcosa inizia a muoversi davvero a inizio 2015: nel corso della puntata dello show Monday Night Raw del 23 febbraio viene inquadrato un cartello tra il pubblico che recita “Give Divas a Chance”. Un messaggio che diventa rapidamente virale sull’allora Twitter, spingendo sempre più appassionati a far sentire la propria voce per un cambio di rotta da parte della WWE. In questo un ruolo potrebbero averlo avuto anche gli incontri lunghi e combattuti messi su dalle lottatrici di NXT, che però non trovavano spazio negli show televisivi.

Questo porterà alla cosiddetta Women’s Revolution in WWE, o almeno così viene pubblicizzata. Di cosa parliamo? Di più spazio per le lottatrici, certo, ma anche di una maggiore attenzione e delle storie dedicate, anche se sempre approvate da Vince McMahon, che ha comunque l’ultima parola su tutto. Il 3 aprile 2016 a WrestleMania 32, la WWE elimina ufficialmente il Divas Championship e annuncia che le sue interpreti femminili non sarebbero più state chiamate “Divas” bensì “Superstars”, come le loro controparti maschili. L’incontro femminile di punta dell’evento, per determinare la nuova WWE Women’s Champion, vede protagoniste tre protette di "Triple H”: Becky Lynch, Sasha Banks e Charlotte Flair.

I progressi non si fermano qui. I titoli femminili vengono divisi in due: uno per le lottatrici dello show del lunedì, Monday Night Raw, e uno per quelle del venerdì, Friday Night Smackdown. Eventi storici della WWE come Money in the Bank e Royal Rumble vengono ampliati con versioni di questi incontri tutte al femminile, cosa prima d’allora impossibile da immaginare. Questo “movimento” porterà, il 28 ottobre 2018, alla trasmissione di un evento pay-per-view solamente al femminile: WWE Evolution. Nessun atleta maschile partecipa a un incontro quella sera. Due delle tre voci che commentano lo show, tra l’altro, sono anch’esse donne. Quasi due ore di solo wrestling femminile, con al centro dello show la famosissima Ronda Rousey, che “Triple H” è riuscito a far firmare con la WWE (e che poi avrà un ruolo anche nella storia delle MMA femminili). Una vera rivoluzione.

Non siamo però ancora all’apice di questa storia. Nell'estate del 2018, infatti, nasce un fenomeno ancora più grande: Becky Lynch.

IL FENOMENO LYNCH

Lynch, lottatrice irlandese dall’indubbio carisma e abilità atletica, non era ancora riuscita a ottenere un grande successo: vuoi per sfortuna, vuoi per circostanze fuori dal suo controllo, come l’insistenza di McMahon nel preferirle altre lottatrici per incontri di cartello, rimaneva il fatto che fosse considerata “la terza” di Wrestlemania 32. I fan lo sanno, tifano per lei, ma contro il granitico volere del capo della federazione c’è poco da fare. Questo fino all’estate del 2018, in cui la voce sempre più insistente del pubblico nelle arene inizia a essere troppo forte da ignorare per la WWE.

Becky Lynch aveva da poco effettuato un turn heel, attaccando la propria amica Charlotte Flair, allora campionessa femminile di Smackdown. Flair è storicamente una favorita dalla federazione con una enorme presenza televisiva rispetto alla collega irlandese, e secondo alcuni questo è dovuto al fatto di essere figlia del del sedici volte campione del mondo Ric Flair. Si crea quindi una situazione paradossale: molti fanno il tifo per Lynch nonostante i ruoli dettino il contrario. E questo tifo è così forte che la federazione decide di accoglierlo, rendendo Becky campionessa e beniamina della folla, e dandole il soprannome di "The Man", appartenente proprio al sopracitato Ric. Becky Lynch si prende così il centro del palcoscenico diventando la donna da battere.

Il 12 novembre, durante una puntata di Monday Night Raw, Lynch guida lo spogliatoio delle donne di SmackDown in un'invasione del brand rivale. Una delle lottatrici di Raw, la samoana Nia Jax, parte del clan Anoa’i di cui fanno parte anche Roman Reigns e The Rock, colpisce con un pugno in faccia l’irlandese. Per errore il pugno colpisce davvero il volto della campionessa, spaccandole il naso. Lynch, però, non si scompone, tiene alto la testa, il viso sporco di sangue, e sorride senza paura, lottando ancora. L’arena è una bolgia, ed è tutta per Becky Lynch, “The Man”.

È un momento che rimarrà e che segnerà la consacrazione definitiva della campionessa irlandese, la cui popolarità raggiunge i media mainstream, facendola diventare quasi più famosa di ogni suo collega e della WWE stessa. La rivista di settore Pro Wrestling Illustrated la dichiara la wrestler più popolare del 2019, ed è la prima volta che questo premio viene assegnato a una donna dalla sua creazione nel 1972.

Si giunge al 7 aprile 2019. WrestleMania 35. La popolarità delle donne WWE è tale che la federazione decide di dare il posto di ultimo incontro dello show, il main event, a un match che vede in palio entrambi i titoli femminili della federazione, chi vince prende tutto. Protagoniste sono Becky Lynch, Charlotte Flair e Ronda Rousey. A vincere è la prima, chiudendo lo show con entrambe le cinture sulle spalle e con il pubblico che l'acclama come e più di molti altri uomini che hanno lottato prima di lei.

Gli effetti di questa svolta, che la WWE negli ultimi anni non ha continuato ad appoggiare forse adagiandosi un po’ sugli allori, stanno iniziando a farsi sentire. Per esempio guardando all’enorme crescita del pubblico femminile negli ultimi anni. Una tendenza che ha prodotto nuovi personaggi. Per esempio Bianca Belair, popolarissima con le bambine, e che porta per la prima volta al centro dello show una donna nera; ma anche la già citata Rhea Ripley, molto popolare tra le donne queer, che la WWE non avrebbe mai preso in considerazione come fascia “demografica”. Una rivoluzione nella rivoluzione, se possiamo dire così, dovuta non solo alla sua corporatura da amazzone e al suo look marcatamente goth, ma anche al controllo che esercita sul lato sessuale delle proprie storie, che non la vedono mai vittima silente della misoginia come quasi tutte le sue colleghe del passato. Insomma, con Ripley la rivoluzione copernicana è completa.

Certo, siamo ancora lontani da un’uguaglianza perfetta. Gli uomini ricevono ancora, tendenzialmente, più tempo televisivo delle donne, rimanendo maggiormente protagonisti degli show; e il wrestling rimane uno spettacolo tendenzialmente sessualizzato e sessista. Ma mettendo in prospettiva le cose è difficile negare i progressi: oggi gran parte delle donne sono infatti trattate come atlete di alto livello e performer di talento, e non come oggetti. E, considerando da dove partiva la WWE, non è poco.

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