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Viaggio al centro del wrestling giapponese
26 dic 2024
La storia di Hiroshi Tanahashi per raccontare un fenomeno vicino e lontano al tempo stesso.
(articolo)
25 min
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«Questi 25 anni sono passati in un attimo: continuerei ad esibirmi per sempre davanti ad un pubblico come questo ma il mio ultimo match sarà a Wrestle Kingdom 20. Io non mi arrendo mai e darò tutto ciò che potrò quest’anno». È così che il leggendario wrestler giapponese Hiroshi Tanahashi, stupendo una buona fetta del suo pubblico, ha annunciato l’inizio dell’atto finale della sua carriera da performer, che terminerà il 4 gennaio del 2026. Evidentemente, però, per Tanahashi conciliare gli impegni istituzionali da presidente della New Japan Pro Wrestling e spingere ancora al limite il proprio corpo era diventato insostenibile.

Dopo questi 25 anni, alle porte di Wrestle Kingdom 19 del 4 gennaio che lo vedrà ancora protagonista, immaginare il futuro della promotion e più in generale del puroresu, cioè del wrestling professionistico giapponese, senza di lui sarà molto difficile. Tanahashi è infatti molto più di un illustre veterano. Prima pietra attorno alla quale è stata ricostruita l’intera federazione e salvata dal pericolo del tracollo finanziario, Tanahashi per anni è stata la colonna portante nel roster, permettendo il lancio e la conferma di molte star internazionali come Kazuchika Okada, Kenny Omega e Kota Ibushi. A lui si deve anche la ridefinizione culturale della disciplina.

IL PURORESU E LA CRISI DELLA NEW JAPAN PRO WRESTLING
Il termine puroresu deriva da una traslitterazione giapponese della pronuncia di “professional wrestling”. In sostanza, è lo stile del wrestling che si è sviluppato in Giappone a partire dalla Seconda Guerra Mondiale.

Inizialmente poco popolare, solo nel 1951 se ne iniziò a parlare nel grande pubblico, soprattutto grazie all’ascesa di Rikidozan, cioè del wrestler Mitsuhiro Momota, e della sua promotion JWA (Japanese Wrestling Association). Per questa ragione, Rikidozan, che venne tragicamente ucciso nel 1963, è considerato il “padre del puroresu”.

Il drammatico avvenimento contribuì alla scissione di alcuni lottatori dalla JWA e alla formazione di nuove promotion e icone leggendarie come Jushin “Thunder” Liger, Tiger Mask (gimmick ispirata al celebre manga), Keiji Muto, Mitsuharu Misawa, Giant Baba e Antonio Inoki, questi ultimi tre fondatori rispettivamente della Pro Wrestling NOAH, della All Japan Pro Wrestling (AJPW) e della New Japan Pro Wrestling (NJPW).

Il precedente di Rikidozan diede il via alla consuetudine giapponese del “wrestler-promoter”: gli atleti con un certo livello di status e influenza investono i loro fondi nella creazione delle loro nuove promotion mantenendo il ruolo attivo da lottatori. Se negli Stati Uniti la WWE ha consolidato un monopolio quasi totale, lasciando poche opportunità per nuove promotion indipendenti di grandi dimensioni, in Giappone, invece, il panorama è più frammentato e decentralizzato, permettendo la coesistenza di molte federazioni, anche con stili e filosofie diverse.

Non è l'unica caratteristica che distingue nettamente il puroresu dal wrestling americano. In Giappone, infatti, la distinzione tra pratica sportiva e spettacolo è molto più netta, e il wrestling è considerato uno sport a tutti gli effetti. La dimensione teatrale dei promo è ridotta all’osso prediligendo una narrazione delle storie incentrata quasi esclusivamente sulle prestazioni nel ring.

La forte associazione del puroresu al realismo sfocia anche nella costruzione dei personaggi: le gimmick sono più realistiche; la distinzione tra i ruoli del babyface buono e dell’heel cattivo è meno netta ed è frequente che un lottatore attinga da entrambi i ruoli per definire la posizione e l’evoluzione narrativa del suo personaggio, spesso molto complessa.

La tradizione americana compensa la natura predeterminata degli incontri enfatizzando la dimensione drammatica, posizionando il professional wrestling nel perimetro dello sport-spettacolo, distanziandolo dalla dimensione competitiva. Le storie sono raccontate attraverso i dialoghi, i promo, i segmenti parlati, mentre nel ring le azioni si pongono come obiettivo primario quello dell’intrattenimento e della spettacolarità.

Il costume giapponese, più improntato al realismo e alla competitività, è invece riconosciuto per i suoi colpi in full-contact (cioè con colpi portati al massimo della potenza e dell’incisività) e per la preparazione pregressa dei suoi performer che, spesso, sono dotati di background nelle arti marziali miste (MMA), nel judo o nel karate. Gli incontri hanno finali chiari e nitidi che non danno eccessivo spazio alla drammaticità: è molto scoraggiato l’utilizzo di intromissioni esterne e di inganni per vincere gli incontri, e i performer, anche gli heel, hanno comunque una morale integra e sportiva.

La New Japan Pro Wrestling, la promotion giapponese fondata da Antonio Inoki nel 1972 e la più popolare in Giappone, non a caso decise di farsi portabandiera del cosiddetto “strong style”, un modo di combattere che fa largo utilizzo di colpi duri tipici delle arti marziali come calci, takedown e sottomissioni ponendo definitivamente questo stile come uno standard riconoscibile del wrestling giapponese.

I primi 30 anni della New Japan Pro Wrestling si caratterizzano per una crescita sostenuta del brand attraverso le collaborazioni con le promotion americane NWA (National Wrestling Alliance) e WCW (World Championship Wrestling), oltre che per l’accordo televisivo tuttora in vigore con TV Asahi per la trasmissione degli show televisivi.

È dagli anni 2000 che la visione di Inoki prende una piega più estrema: un’integrazione radicale del puroresu con le MMA e una collaborazione con la K-1, una promotion di kickboxing, per cercare di sfruttare l’onda di popolarità che stavano vivendo le arti marziali miste in quel momento. Una mossa che in realtà non piacque molto ai fan giapponesi, che accusavano Inoki di aver tradito l’identità della promotion snaturando totalmente i fondamentali della disciplina raccontando poche storie e cercando di far diventare la NJPW una federazione di MMA più che di pro-wrestling, portando a una forte crisi di seguito dei suoi incontri.

È proprio in questo contesto d’incertezza che si inserisce il ventitreenne Hiroshi Tanahashi.

3 IS THE MAGIC NUMBER
Nato nel 1976 a Ogaki, nella provincia di Nagoya, Tanahashi, dopo aver sognato di diventare un giocatore professionista di baseball, intraprende la carriera da giornalista, iscrivendosi alla facoltà di legge all’Università di Kyoto. In quegli anni, mentre parallelamente pratica wrestling amatoriale universitario, si avvicina anche al pro-wrestling dopo aver visto in azione Keiji Muto, la fazione dei “Tre Moschettieri” (Muto, Masahiro Chono e Shinya Hashimoto), Tatsumi “The Dragon” Fujinami (in onore del quale pensava al ring name di Dragon Hiroshi) e l’americano Shawn Michaels.

Poco dopo viene adocchiato dai talent scout della New Japan Pro-Wrestling e invitato ad un tryout per entrare nel dojo della federazione e ricevere l’allenamento necessario per diventare un professionista. Una volta terminato e conseguita la laurea, il suo debutto avviene nell’ottobre del 1999.

L'ascendente di Muto si fa sentire su Tanahashi fin da subito: il giovane si unisce al trio dei “Nuovi Tre Moschiettieri” insieme ai compagni Shinsuke Nakamura e Katsuyori Shibata: i tre erano considerati pronti per essere consacrati a nuove stelle del circuito. Non era chiaro, però, chi sarebbe potuto essere il futuro Ace, cioè il wrestler di punta di una compagnia, quello che rappresenta il volto della promotion e che spesso è considerato il migliore e il più affidabile sul ring.

La rincorsa al realismo del puroresu di Inoki influenzava rigidamente che tipo di aspetto, qualità e credibilità dovesse detenere un Ace. Privilegiava chi aveva un aspetto da duro, un look ordinario e poco attento all’estetica in voga, e una reale esperienza negli sport da combattimento (d’altra parte lo stesso Inoki passò gran parte della sua carriera a legittimare le sue abilità fuori dal wrestling professionistico, negli sport di combattimento propriamente detti).

Non è un caso, da questo punto di vista, che per via del suo passato da judoka e dello stile lottato caratterizzato da colpi molto duri, nella gerarchia dei “Tre Moschettieri” originali, il candidato perfetto a questo ruolo fosse Hashimoto. Poi c’era Chono, l’heel di punta della federazione per moltissimi anni e, infine, il carismatico Keiji Muto.

Tutti e tre questi candidati non ebbero però fortuna nel divenire Ace a tutti gli effetti. Hashimoto morì prematuramente per via di un aneurisma cerebrale; Chono fu attanagliato dagli infortuni al collo; e Muto, nonostante ebbe un’enorme influenza in Giappone grazie alla violenza nei suoi incontri (che portarono alla nascita della cosiddetta “scala Muto” e alla diffusione di mosse come il Flashing Elbow, lo Shining Wizard e il Dragon-screw leg-whip), finì spesso a combattere negli Stati Uniti, lottando anche in WCW. La sua innovativa gimmick, "The Great Muta”, ispirata al teatro kabuki, era poi oscura e fin troppo carica di teatralità, e quindi poco adatta per i canoni tradizionali.

Nella generazione di star successiva a quella dei “Tre Moschettieri” l’inokismo si rivelò un flop. Il problema era l’aver estremizzato il realismo a tutti i costi. La decisione, per esempio, di puntare tutto su Yuji Nagata, costruendogli un’immagine da shooter (cioè un wrestler con un reale passato negli sport da combattimento) con degli incontri di MMA, o meglio, dei pestaggi ai suoi danni da parte di Fedor Emilianenko e Mark Crop. Con il fallimento di questi tentativi e degli eventi in cui si combinavano wrestling e MMA, la situazione finanziaria della New Japan iniziò a peggiorare repentinamente.

Nei Nuovi Tre Moschettieri, sulla scia di queste scelte, la star doveva essere il super rookie Shinsuke Nakamura con il suo passato nelle arti marziali; poi Katsuyori Shibata dal carattere difficile; e infine Hiroshi Tanahashi. Anche in questo caso, come in una maledizione, i tre sembrarono avviati a vite difficili.

Shinsuke Nakamura divenne il più giovane campione IWGP (International Wrestling Grand Prix, uno dei titoli messi in palio dalla promotion) a 23 anni ma si infortunò dopo la prima difesa e ci mise qualche anno per riprendere il ritmo iniziale. Shibata, invece, decise prima di seguire il proprio mentore Akira Maeda nella sua federazione e poi di buttarsi nelle MMA ma il suo tentativo si rivelò un fallimento e, quando ritornò sui suoi passi, dovette passare molto tempo prima di riacquistare la fiducia del management.

Rimaneva solo Hiroshi Tanahashi, terzo come Muto, con nessuna esperienza pregressa da shooter e che, per gli standard della promotion fino a quel momento, aveva un look troppo avvenente, da rockstar, uno stile ritenuto poco serio perché troppo in linea con la moda giovanile.

La vita di Tanahashi cambiò improvvisamente nel 2002, quando la fidanzata Hitomi Hara, una giornalista di TV Asahi, lo accoltellò alla schiena due volte dopo aver saputo che voleva lasciarla. Fu un’esperienza drammatica ma che per paradosso gli regalò quella esposizione mediatica che ancora gli mancava. Poco dopo il suo ritorno sulla scena, nel 2003 vinse la cintura dell’IWGP U-30 Openweight Championship (per poi cederla a Nakamura), nel 2004 raggiunse la finale del prestigioso torneo a gironi G1 Climax e vittorie importanti in coppia (divisione Tag Team) e contro Masahiro Chono, uno dei leggendari Moschettieri.

Nel frattempo, la situazione drammatica in New Japan aveva portato Antonio Inoki a convincere Brock Lesnar, perfetto per i canoni tradizionali dell’Ace, ad approdare in Giappone. Brock Lesnar accettò e, non appena mise piede nel ring nipponico, divenne subito campione IWGP (la cintura massima in New Japan Pro-Wrestling) guadagnando compensi stratosferici. Inoki sperava in questo modo di attirare interesse e investimenti ma anche questa scommessa si rivelò un buco nell’acqua.

D’altra parte, Lesnar usava a suo vantaggio la disperazione della promotion giapponese, pretendeva buste paga fuori mercato e non era davvero interessato alla crescita del wrestling locale, tanto che se ne andò all’improvviso nel giugno del 2007, per fuggire in K-1 (che a sua volta utilizzò come rampa di lancio per la sua futura carriera in UFC) rendendo vacante il titolo IWGP.

Per la New Japan Pro-Wrestling la situazione iniziò a farsi cupa. È in quel contesto di disperazione che sorse un’idea estrema: fare di Tanahashi il nuovo Ace. Perché estrema? Beh, la crisi finanziaria era talmente acuta che quella scelta rappresentava davvero l’ultima spiaggia e Tanahashi, nonostante adesso fosse molto conosciuto, nella narrazione misogina dei media era descritto come un debole che si fa aggredire da una donna.

L’incoronazione per il titolo IWGP avviene dopo una finale in stile Davide contro Golia con il corpulento Giant Bernard. Non è una scelta facile. Molti dei fan più accaniti rimangono delusi e persino uno degli idoli di Tanahashi, Tatsumi Fujinami, afferma che quell’assegnazione è una vergogna e che i suoi match sembrano quelli di un power ranger per via della sua velocità e del suo look colorato che dà troppo nell’occhio.

A dire la verità, quello di Tanahashi era uno stile variegato ed eclettico che incorporava molte citazioni o elementi classici. Parlo ad esempio del Dragon-screw leg-whip di Keiji Muto, essenziale per logorare le gambe così da aprire la strada alla Texas Cloverleaf, una delle sue manovre finali utilizzata per immobilizzare le gambe dell’avversario e causare dolore alla parte bassa della schiena e alle gambe. Tanahashi utilizzava anche mosse per colpire la schiena e il collo come la Sling Blade, una manovra rapida con cui il wrestler avvolge il braccio attorno al collo per atterrarlo di sorpresa, e molti suplex. Questo non significa che gli mancasse l’agilità. Lo dimostrano alcune manovre aeree come il suo frog-splash (un attacco aereo in cui il wrestler a mezz’aria piega braccia e gambe per poi atterrare disteso sull’avversario a terra) denominato High Fly Flow, l’arma che spesso e volentieri gli permette di vincere gli incontri.

Il regno da campione di Tanahashi dura nove mesi, in cui difende il titolo perfino contro Nakamura prima di cederlo a Yuji Nagata. Quest’ultimo verrà poi battuto nella finale della New Japan Cup, un altro prestigioso torneo che gli farà guadagnare una nuova title shot con il campione IWGP, Shinsuke Nakamura, suo longevo rivale.

ACE OF THE UNIVERSE: TANAHASHI VS NAKAMURA
La rivalità tra Hiroshi Tanahashi e Shinsuke Nakamura è un esempio di come il puroresu utilizzi le azioni sul ring per costruire narrazioni coinvolgenti. Se nel wrestling americano i momenti più spettacolari sono spesso manovre acrobatiche o colpi di scena improvvisi, il puroresu si concentra sull'impatto fisico e sulla strategia, creando incontri più lunghi, con un ritmo meno frenetico ma più intensi in termini di espressività.

La carriera di Tanahashi finora è sempre stata legata al compagno di dojo Nakamura, per lui fonte di ispirazione e invidia sia per i record raggiunti che per il suo atletismo fuori dal comune. Entrambi desideravano dimostrare a vicenda di essere in grado di diventare Ace.

A quel punto, come detto, le loro strade si dividono. Tanahashi diventa Ace, creando un personaggio fedele ai valori tradizionali della disciplina, un combattente che difende il suo onore con duro impegno, mentre Nakamura si allontana.

Quando i due si rincontrano, nel 2008, quest’ultimo ha sviluppato un personaggio differente, quello del “King of the Strong Style”, una gimmick ribelle con uno stile unico che fonde movenze della danza o espressioni teatrali ad un lottato molto intenso e brutale che esalta l’impatto fisico delle mosse. Anche il look è eccessivo per gli standard giapponesi: giacche di pelle e pantaloni attillati che richiamano il rock degli anni ‘80.

I due si affrontano nel main event di Wrestle Kingdom 2 al Tokyo Dome: uno dei primi capitoli della loro rivalità. L'incontro è un distillato delle loro differenze: Tanahashi punta sulla precisione tecnica, concentrandosi sulle gambe di Nakamura con mosse come il Dragon Screw – una torsione violenta che indebolisce gli arti inferiori – per limitarne i calci. Nakamura, invece, risponde con improvvisi colpi di ginocchio, come la sua temibile Boma Ye, simbolo del suo stile marziale. Ogni mossa non è solo tecnica, ma anche un capitolo della storia raccontata sul ring: Tanahashi cerca di controllare il ritmo, mentre Nakamura rompe ogni schema con esplosioni di potenza.

La loro faida è caratterizzata da match ad alto impatto fisico ed emotivo: la voglia di riscatto di Tanahashi, la ribellione di Nakamura, la loro estrema competitività e bisogno di alzare l’asticella ad ogni prestazione hanno portato ad altri scontri memorabili. A NJPW New Dimension, Nakamura mantiene il titolo per poi esser superato da Tanahashi nel NJPW Circuit, nel 2009, autonominandosi “Ace of the Universe”.

Da questi incontri si nota un’altra differenza forte tra il puroresu e il wrestling americano, cioè che nel primo si parla poco e si agisce tanto. Ogni mossa sul ring, ogni sguardo, ogni silenziosa interazione tra i lottatori ha un significato profondo, costruendo una narrazione che si sviluppa tramite l'atto fisico più che con la parola.

Negli Stati Uniti, al contrario, la parola è tutto. Le rivalità sono costruite anche attraverso lunghe interviste, promo e monologhi, dove i lottatori comunicano direttamente al pubblico, spesso più di quanto facciano con le loro azioni. Nel puroresu, invece, parlare è quasi superfluo. È l'azione sul ring che racconta la storia: Tanahashi e Nakamura non hanno bisogno di molte parole, perché il loro incontro, la loro rivalità, si racconta da sola con i colpi, le mosse e l'intensità che imprimono al match.

Da questo punto di vista, la faida tra Tanahashi e Nakamura ricorda molto la rivalità leggendaria tra Bret Hart e Shawn Michaels. Tanahashi, come Bret Hart, si affida alla tecnica e alla precisione, cercando di controllare il ritmo del match con mosse strategiche. Bret Hart, infatti, indeboliva progressivamente l'avversario col suo lavoro minuzioso. Ogni mossa di Tanahashi ha uno scopo preciso, pensato per limitare la capacità del suo avversario di rispondere.

Nakamura invece può essere paragonato a Shawn Michaels per imprevedibilità ed esplosività, seppure con stili molto differenti. Come Michaels, Nakamura rompe gli schemi con il suo stile acrobatico e i colpi esplosivi, reagisce ai tentativi di Tanahashi con mosse potenti e improvvise. Mentre Tanahashi costruisce il suo match con pazienza e tecnica, Nakamura è l'elemento di sorpresa, pronto a distruggere ogni strategia con la forza e l'intensità delle sue azioni.

Ciò che questa serie di incontri ha lasciato al puroresu va oltre ogni tipo di dimensione finanzaria. Una rivalità che ha ridefinito l’identità della New Japan e l’ha resa un riferimento globale per uno stile di lottato e storytelling alternativo alle major americane. La crescente popolarità di Tanahashi e l’elevata qualità dei suoi match, comunque, hanno contribuito ad aumentare notevolmente le vendite di biglietti e del merchandising, portando la compagnia sulla strada della stabilità finanziaria. In effetti, il successo dell’Ace ha attirato un pubblico sempre più vasto, non solo in Giappone, ma anche all'estero, contribuendo a far emergere la NJPW come una delle principali promotion a livello globale.

Nakamura, in seguito, ha debuttato in WWE con un moveset riadattato alle logiche statunitensi e sempre con l’attitudine di chi sa di essere una leggenda della disciplina.

THE RAINMAKER SHOCK: TANAHASHI VS OKADA
Uscito di scena Nakamura, sembrava non esserci nessun altro da sconfiggere per Tanahashi. Ma è proprio in questo momento che nella narrazione subentra Kazuchika Okada, giovane lottatore cresciuto negli Stati Uniti ma tornato in Giappone con un’immagine completamente differente rispetto al passato.

Il suo soprannome “The Rainmaker”, colui che porta la pioggia, fa riferimento ad un individuo che scatena ricchezza, prosperità e abbondanza. Okada si atteggia come un wrestler ricco, arrogante, giovane e accattivante, capace di mutare le sorti della compagnia solo con la sua presenza. Una gimmick diversa da quelle viste finora, dotata di classe, eleganza e anche spettacolarità. Durante i suoi ingressi piovono banconote, e chi guarda questa scena impazzisce.

Nel 2012, poco tempo dopo il suo ritorno, Okada sfida quindi Tanahashi a New Beginning. Alla fine di quell’evento succede qualcosa di impensabile, che successivamente verrà infatti chiamato Rainmaker Shock. In poche parole: Okada riesce a battere Tanahashi diventando il nuovo campione IWGP. Uno spartiacque che crea l’inizio di una nuova faida.

La rivincita va in scena a Wrestle Kingdom 7, uno degli incontri più importanti della storia della NJPW degli ultimi anni. Okada, reduce dalla vittoria del G1 Climax, si presenta sul ring arrogante come non mai mentre Tanahashi lo provoca incessantemente. L’Ace ammette di aver sottovalutato Okada ma aggiunge anche che adesso sarà tutta un’altra musica. La domanda è se "Rainmaker" riuscirà a sconfiggerlo lo stesso. Ciò che manca per poter diventare la nuova faccia della New Japan e non una semplice meteora.

Tanahashi guida l’azione sul ring da campione che, con saggezza, controlla il giovane Okada mentre cresce in intensità. Ogni mossa è un passo strategico, ogni colpo un segno. Entrambi sembrano essere consapevoli di star riscrivendo la propria storia. Tanahashi, con la sua esperienza, schiva più volte gli attacchi di Okada, mantenendo il ritmo del match, ma la sua resistenza è messa alla prova.

Tanahashi tenta i suoi High Fly Flows come in uno slancio di speranza, ma non tutti vanno a segno. Okada, determinato, non si arrende e quando la sua Rainmaker colpisce l’incontro sembra ormai inclinato dalla sua parte. Ne esce una sfida combattuta, in cui alla fine Tanahashi riesce a spuntarla con tre colpi, riconquistando il titolo. Okada crolla in ginocchio, in lacrime, sopraffatto dalla sconfitta. Tanahashi, guardando il giovane rivale, gli ricorda che esiste solo uno di Ace.

Il terzo capitolo della loro rivalità arriva a Invasion Attack, nel 2013. Okada mostra segni di maturità, mentre Tanahashi, infastidito dalla possibilità di perdere il titolo di Ace, si lascia andare a intimidazioni e prese in giro. Dopo aver imitato la posa di Okada, riceve uno schiaffo che lo riporta alla realtà. La sua arroganza gli costerà l’incontro: dopo un tentativo fallito di Piledriver, Okada esegue la sua finisher, la Rainmaker, e riconquista il titolo.

Una vittoria che lo lancia nell’olimpo della New Japan Pro-Wrestling, anche grazie al contributo silenzioso del suo rivale, formidabile nello storytelling e nella lettura delle reazioni del pubblico. Okada continuerà a farsi strada, ma sempre con qualche difficoltà. Contro Tanahashi, per esempio, arriva un’altra sconfitta nel Main Event di Wrestle Kingdom 9. Solo un anno dopo, a Wrestle Kingdom 10, si assicurerà la vittoria e l’ultima parola su una delle faide più significative del wrestling moderno.

Una rivalità molto longeva, insomma, che comunque è servita a Tanahashi per ammorbidire la linea tra face e heel e cercare, anche nelle vittorie, di elevare il giovane avversario e passargli il testimone. Il futuro del Rainmaker in federazione sarà radioso negli anni seguenti, diventando una figura di spicco dello sport giapponese in generale e un’attrazione internazionale notevole.


La faida tra Okada e Tanahashi nel puroresu può essere paragonata a quella tra John Cena e Randy Orton nel wrestling americano. Tanahashi, come Cena, rappresenta la stabilità, l'eroismo e la tradizione. È il campione che ha guidato la NJPW per anni, proprio come Cena è stato il volto della WWE. Entrambi sono visti come pilastri del wrestling, sempre pronti a rispondere alla chiamata e a mantenere alto lo standard della compagnia.

Okada, invece, come Randy Orton, è il giovane che cresce rapidamente, sfidando la vecchia guardia. Come Orton ha costruito una carriera di successi contro Cena, Okada ha affrontato Tanahashi più volte, dimostrando di essere il futuro della NJPW, pronto a sostituire Tanahashi come Ace della compagnia.

NON È IDEOLOGIA, È SOLO WRESTLING: TANAHASHI VS OMEGA
Nel 2018 lo status di Tanahashi è più quello di una leggenda ma il cui meglio è ormai alle spalle. Quasi una statua vivente. Un wrestler di cui tutti conoscono la storia gloriosa, ma che adesso fatica a ritrovare la sua dimensione in un nuovo ambiente.

Kenny Omega, wrestler canadese e membro principale della stable di gaijin (stranieri) del Bullet Club, rappresentava un nuovo approccio alla disciplina, complici le influenze occidentali. Il suo stile è spettacolare e innovativo, sempre alla ricerca della sperimentazione. Il suo atletismo e resistenza lo rende capace di integrare elementi high-flying (manovre aeree, come salti, capriole e attacchi da posizione elevata) ad elementi di striking, come la sua ginocchiata in rincorsa, la V-Trigger. La mossa che lo caratterizza di più, però, è la sua finisher letale, la One-Winged Angel.

Il suo personaggio è un heel spietato, freddo e calcolatore, dal look da villain con giacche di pelle e occhiali da sole. La sua entrata era accompagnata da una scopa in riferimento al suo soprannome, The Cleaner, ispirato ai cattivi dei film di gangster che ripulivano le scene del crimine.

La faida tra i due non è solo una lotta per il titolo, ma un duello tra due visioni completamente opposte del wrestling. Da un lato, Tanahashi è il veterano, l'eroe tradizionale che ha difeso i valori del puroresu. Tanahashi vede ogni match come una storia che va oltre il ring, dove il legame con il pubblico e l'emozione sono centrali. La sua resistenza contro il passare del tempo, nonostante i limiti fisici, lo rende un simbolo di perseveranza. È l'Ace, colui che ha costruito la NJPW sui suoi solidi principi, difendendo una forma di wrestling che valorizza la tecnica e il legame diretto con il pubblico.

Dall'altro lato, Omega rappresenta il cambiamento, il futuro del wrestling. È un lottatore che non ha paura di stravolgere le convenzioni e portare un nuovo tipo di concezione della disciplina. Con la sua visione globale e dinamica, Omega punta a un wrestling più spettacolare, adatto a un pubblico internazionale, che privilegia l'atletismo e l'intrattenimento visivo rispetto alla pura narrazione emotiva. Per Omega, il vecchio leone Tanahashi è ormai stagnante, superato. Lo vede come un ostacolo alla sua visione di un wrestling moderno che può conquistare il mondo, e non ha paura di sfidarlo apertamente, con parole dure e provocatorie.

Il culmine di questa rivalità si raggiunge a Wrestle Kingdom 13, che si tiene a Tokyo nel 2019. Il pubblico è diviso: da una parte i sostenitori di Tanahashi e della tradizione, dall’altra quelli che abbracciano Omega, il portatore di una nuova era. Il match è una vera e propria lotta ideologica su che tipo di direzione dovrebbe prendere la NJPW. Tanahashi, con la sua determinazione e il suo stile, riesce a prevalere, diventando campione IWGP per l’ottava volta, record tuttora imbattuto.

Nonostante questo, o forse proprio per questa sconfitta, Kenny Omega raggiunge vette di popolarità ancor più alte. Considerato uno dei più grandi wrestler a non aver mai firmato per la WWE, ormai diventa un vero e proprio pioniere della disciplina che, anche grazie a questa sconfitta, fonda una nuova federazione negli Stati Uniti, la All Elite Wrestling. Anche nel wrestling il Giappone sembra allergico a innovazioni troppo brusche, e anche Omega è costretto a portare le sue idee altrove. La vittoria di Tanahashi, insomma, è un messaggio chiaro: il wrestling giapponese manterrà la sua identità - facendo tesoro delle influenze globali, certo, ma riadattandole secondo il suo gusto. Non a caso, questa faida avviò una forte riflessione anche da parte dei fan su che direzione la NJPW stesse prendendo in un’era di così forte trasformazione del business.

Nel wrestling americano, una contrapposizione ideologica simile a quella tra Tanahashi e Omega può essere vista nella rivalità tra Ric Flair e Sting negli anni '80 e '90 in WCW.

Ric Flair, come Tanahashi, rappresenta la tradizione, l'eleganza e la maestria tecnica. Flair, seppure storicamente sia stato quasi sempre un heel, era il simbolo di un wrestling che metteva in primo piano la tecnica, il carisma e l'arte della narrazione sul ring. Sting, come Omega, era invece l'outsider, un personaggio che portava freschezza e un approccio più dinamico e innovativo al wrestling. Sting è stato il volto della "nuova generazione", un lottatore con un grande carisma, ma anche con uno stile più spettacolare e aggressivo che ha cercato di rompere le convenzioni e di spingere la federazione verso uno stile più visivo e globale.

DUE ACE SPECULARI
Sembra quasi ironia del destino che entrambi i babyface di punta degli ultimi decenni sia in casa WWE che in NJPW si ritirino in un lasso di tempo così vicino. Infatti, John Cena ha annunciato il suo ritiro ufficiale per Wrestlemania 41, ad aprile 2025, pur continuando a lottare per la fine dell’anno.

Molti appassionati tendono ad accostarli e a sovrapporli per importanza mediatica, ritorno economico delle loro apparizioni e ruolo di portabandiera delle rispettive promotion seppure ci siano delle differenze fondamentali che riflettono anche la diversità d’approccio alla disciplina nelle due nazioni.

In Giappone, la demarcazione tra babyface e heel non è rigida come negli Stati Uniti: i personaggi sono motivati dall’orgoglio, dallo spirito di rivalsa, dalla vendetta e dall’onore pur conservando molto rispetto verso gli avversari. Non tutto è bianco o nero, ci sono delle scale di grigi, mentre negli Stati Uniti gli allineamenti sono molto più netti e seguono più chiaramente l’indole dei performer. I buoni e i cattivi sono ben definiti, senza ambiguità.

Hiroshi Tanahashi è stato il face di punta della federazione ma la sua straordinaria capacità di leggere lo stato d’animo del pubblico gli ha concesso di sperimentare e cambiare la propria indole in base alla differente storia da raccontare di volta in volta. L’Ace utilizzava a proprio favore il rifiuto dei fan specialmente nella fase iniziale della sua carriera, creando un eroe tridimensionale e talvolta imperfetto, anche scorretto, che divenne unanimemente popolare. John Cena, d’altro canto, è stato spesso forzato dalla dirigenza WWE a mantenere saldamente il suo ruolo di buono, divenendo alle volte anche stucchevole e cliché. Cena scatenava le stesse reazioni negative di Tanahashi ma non le affrontava, le ignorava e continuava imperterrito a mostrarsi in maniera più bidimensionale, divenendo, però, a sua volta iconico anche per questo approccio quasi impenetrabile.

Ora però, per questa strana coincidenza, i fan fantasticano su un match tra i due data la somiglianza delle loro carriere. Cena che ha guidato la WWE verso un’era di sport-intrattenimento popolarissima divenendo un’icona globale contro Tanahashi che ha portato sulle spalle la New Japan Pro Wrestling, ricostruito la sua identità per aprirla a confini ormai internazionali. Solo una fantasia? Chissà che lo stesso Tanahashi, diventato presidente della New Japan Pro-Wrestling verso la fine del 2023, non ci faccia un pensierino per rendere la promotion finalmente globale.

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