Immagino avrete presente le immagini del Papa create dall’intelligenza artificiale in cui posa come un trapper con gioielli d’oro e occhiali da sole, mentre il vero Papa veniva ricoverato in ospedale per un’infezione polmonare. E adesso come si fa, si è chiesto qualcuno, a distinguere le vere foto da queste diaboliche rappresentazioni, le notizie reali dalle falsificazioni con cui governi, media o burloni schizoidi vogliono manipolarci? Per carità, è un problema serio (immaginando che prima o poi le intelligenze artificiali riusciranno a capire cosa siano le dita e quante esattamente ce ne siano in una mano) ma chi segue il calcio ci è passato già. O meglio, siamo passati in questa stessa confusione realtà/finzione, ma nella direzione opposta. E cioè una cosa vera, a noi, sembrava finta.
Vedere Xavi Simons passare da attrazione digitale, da bambino di talento CGI, la versione Football Manager di Baby Yoda, a giocatore vero; vedere quel batuffolo di ricci biondi alto come una bambina di cinque anni con la visione di gioco di Iniesta (in video in cui veniva proclamato “il più forte calciatore di 10 anni al mondo”) vederlo crescere fino alla pubertà, sparire nelle sabbie mobili del PSG e ritrovarselo poi, cresciuto, quasi un adulto addirittura, in una squadra vera, a giocare partite vere, e vederlo giocare bene… è stato come se una di queste domeniche, per l’Angelus, il Papa si affacciasse alla finestra davvero con un piumino gigante e parlasse con la voce di Kanye West.
Breve riassunto per chi effettivamente ha sempre pensato che Xavi Simons fosse un personaggio di fantasia. Arrivato al Barcellona a sette anni, a quindici aveva già un milione di follower su Instagram - oggi sono 4.6, i milioni di follower - e un contratto con Nike. Fino a quel punto sembrava uno scherzo, un’operazione di marketing: un bambino chiamato come un centrocampista del Barcellona dal padre tifoso, Regilio Simons, ex calciatore anche lui, che poi in effetti diventa un centrocampista del Barcellona, capitano-regista, anche se solo nell’under 14.
Ma a sedici, nel 2019, il Barcellona non gli offre il contratto che desidera e lui vola a Parigi, al PSG, dove può allenarsi con Neymar e, poi, Messi. Nelle tre stagioni in Francia però ha giocato poco e, anche se il talento è evidente, resta il dubbio che Xavi Simons, meno batuffoloso di prima, un po’ più alto ma sempre gracilino, possa davvero diventare un giocatore di calcio (nel frattempo almeno ha imparato quattro lingue, che comunque non fa male).
Regilio Simons, ex attaccante tecnico e agile del Fortuna Sittard. Qui sopra lo si può vedere con la maglia numero 10, uno strano pizzetto sottile, segnare 4 gol nel 6-2 con cui nel maggio del ‘99 la sua squadra ha battuto il PSV di Van Bommel e Van Nisytelrooy. Simons festeggia su una gamba con le mani a airone come nella scena finale di Karate Kid, tutti e 4 i gol. A un certo punto un tifoso entra in campo e discute con van Nistelrooy ma per farlo uscire ci parlano e lo convincono. Bei tempi.
La domanda a un certo punto se la fa anche lui e la risposta che trova è coraggiosa. Una piccola frattura nella storia raccontata fin qui, in cui Xavi abbandona il mainstream dei grandi club per mettersi davvero in gioco. Sceglie il PSV, torna in Olanda dove a conti fatti ha passato meno anni che in Spagna e in Francia. Anche se parliamo di un diciannovenne (ne compie 20 il prossimo 21 aprile) si parlava di lui da quasi un decennio e per quanto fosse assurdo pensarla così la scorsa estate sembrava già entrato nella parte decadente della propria carriera.
Il confronto si faceva con Gavi, fresco vincitore del pallone d'oro under 21 e addirittura un anno più giovane di lui. Gavi aveva fatto le giovanili nel Barcellona come Xavi, ma se ne era parlato poco o niente: eccola qui la prova che fosse tutta una costruzione mediatica. Oppure con Jude Bellingham, che ha due mesi in meno di lui e un posto da titolare nell’Inghilterra, forse il prossimo giovane più costoso d'Europa. Ma il paragone andava fatto piuttosto con Martin Odegaard, il prototipo di megatalento prematuramente portato alla ribalta dal Real Madrid, che poi però, con calma, nelle squadre giuste, l’Heerenven, il Vitesse e la Real Sociedad, prima di esplodere definitivamente all’Arsenal, ha mostrato tutto il suo valore.
E così, è stata una sorpresa quando Xavi (sulla maglia non porta il cognome) è entrato in campo in Supercoppa contro l’Ajax, nella prima partita ufficiale della stagione, e ha segnato il gol del definitivo 5-3. Un bel gol. Un gol che, se non sapessimo niente del giocatore che lo ha segnato, beh, saremmo curiosi: chi è, da dove salta fuori, come è arrivato al PSV? La differenza è che di Xavi sapevamo già tutto prima che si infilasse tra Klassen e Rensch, chiedendo il triangolo al compagno prima di saltare il portiere e mettere dentro a porta vuota.
Da quel giorno Xavi Simons non ha più saltato una partita del PSV (salvo una partita in coppa d’Olanda e una in Europa League a qualificazione già assicurata), adesso che scrivo sono 36 presenze da titolare. Ruud van Nistelrooy, il suo allenatore, uno dei più grandi centravanti olandesi degli ultimi venti anni, lo fa giocare in quasi tutti i ruoli dell’attacco, soprattutto a sinistra e falso nove. Ha vinto due volte il premio come miglior giocatore del mese e una volta quello come miglior giovane, Koeman lo ha convocato per il Mondiale (ha giocato solo 7’ minuti contro gli USA) ed è partito titolare nelle ultime due amichevoli. Niente male per un giocatore inventato da un disegnatore della Pixar.
La cosa veramente incredibile di Xavi Simons è che non solo è diventato un giocatore vero, ma che è anche un giocatore fico, che fa cose difficili ed efficaci con stile. Non un clone di Xavi ma un giocatore totale dal punto di vista offensivo: dribbla, passa e tira. Tutto con entrambi i piedi. Dei tempi del Barça ha conservato quella consapevolezza spaziale che, abbinata a una postura sempre aperta, con le gambe leggermente divaricate come due parentesi intorno al pallone, gli permette di ricevere e orientare il controllo nello spazio (in questo somiglia più a Thiago Alcantara che a Xavi) e di cambiare continuamente direzione. Caratteristiche fondamentale per giocare anche in mezzo al campo e non solo sull’esterno.
È veloce ma non velocissimo, quanto basta per andarsene in campo aperto con mezzo metro di vantaggio sui difensori, al tempo stesso è piccolo ma non è così leggero come sembra. Forse in tutti questi anni vissuti essendo più piccolo degli altri ha sviluppato una resistenza agli urti, o forse sono le leve non così corte che gli permettono comunque di proteggere la palla in spazi aperti. Insomma, non è neanche così facile da limitare con le cattive maniere. Anzi, è lui ad essere particolarmente aggressivo senza palla.
La cosa più bella di questo gol non è il tiro a giro sul secondo palo - comunque molto bello - ma il controllo con cui si fa passare la palla sotto la gamba d’appoggio per prepararsi il tiro.
In un’intervista del 2017 con il freestyler Soufiane Touzani aveva detto: «Sono più per il gioco di posizione. Non mi piacciono i trick, anche se quando serve so fare i trick. Mi piace di più il tiki-taka». Se così fosse Xavi Simons sarebbe nato vecchio, il frutto tardivo di un calcio che, almeno ad alto livello, non sarebbe esistito più una volta che lui fosse diventato adulto.
Per sua fortuna, invece, le qualità tecniche a disposizione - il controllo, l’equilibrio, la creatività - lo rendono adatto a un gioco fluido e pienamente moderno. Anche caratterialmente, se si gratta via quell’aria da modello depresso con le magliette della Supreme, ha una furbizia, una rapidità nelle letture senza palla e un’intensità che difficilmente troverebbero soddisfazione in un gioco in cui gli venga richiesto di restare “in posizione”.
Non male la tecnica di tiro.
Xavi Simons sarebbe potuto diventare benissimo un tik-toker con un passato nelle giovanili del Barcellona, chiuso nella propria stanza a palleggiare con le palline da tennis, o a bordo piscina con le ciliegie, in spiaggia con le fragole come Hachim Mastour (che, nel caso non lo sappiate, a 24 anni ha finalmente dato un senso alla sua carriera, è capitano della Renaissance Zemamra, in Marocco). E invece si sta facendo le ossa in uno dei campionati più adatti per i giovani come quello olandese, dimostrandosi anzi già a un livello leggermente superiore.
Alla prima giornata di campionato, contro l’Emmen, ha creato il primo gol della partita (finita poi 4-1 per il PSV) rubando una palla al limite della propria area di rigore, dopo un angolo degli avversari, e partendo in contropiede per cinquanta, sessanta metri con l’uomo addosso, prima di sterzare verso l’interno di tacco e di servire il compagno, Bakayako, libero di tirare. Alla seconda giornata, addirittura 2 gol e 1 assist (con un bel cross liftato). Alla terza e alla quarta di nuovo 2 gol a partita (cioè: tre doppiette in quattro presenze) tra cui il gol al Volendam con una finalizzazione di classe pura, un pallonetto di interno che scavalca il portiere in uscita, sul secondo palo.
Poi si è calmato un minimo e adesso è arrivato a 15 gol e 7 assist tra campionato e coppe. Allo Zurigo ha segnato il suo primo gol in Europa League, dopo un bello scambio con Gakpo chiuso calciando in scivolata. Non proprio semplicissimo, dimostrazione di come sappia usare la propria elasticità muscolare per non perdere contatto con la palla.
È difficile da prendere, difficile da prevedere. Contro l’Utrecht, ha segnato il secondo gol prima tentando un pallonetto dal limite dell’area poi, dopo che la respinta del portiere aveva alzato la palla a campanile, mettendola dentro di esterno al volo prima che i difensori facessero muro davanti alla linea di porta. Ma anche quando non segna è presente nel gioco offensivo del PSV. Nella partita di ritorno con l’Arsenal, vinta 2-0, con cui il PSV si è qualificato per i sedicesimi di Europa League (poi eliminato dal Siviglia), ha giocato benissimo mandando in porta Gakpo con un filtrante di sinistro da trequarti di campo. Gakpo ha incrociato troppo il tiro e dopo poco tempo sarebbe stato ceduto al Liverpool, così come l'altro suo compagno d'attacco, Makuede, è stato ceduto senza pensarci troppo al Chelsea. Come a dire: già che ci siamo ritrovati questo Xavi Simons perché rifiutare delle belle offerte?
Tra fine febbraio e inizio marzo ha segnato 3 gol e realizzato 2 assist in cinque partite, sempre tra i candidati per il migliore in campo, se non indiscutibilmente il migliore in campo. Nell’ultima di campionato contro il Nec è stato coinvolto in 3 dei 4 gol della sua squadra, negli ultimi due realizzando il passaggio precedente all’assist. Insomma, dire che sia diventato centrale è dire poco.
Anche se è andato via dal PSG a parametro zero e ha firmato per 5 anni con il PSV, per qualche ragione c’è una clausola di recompra nel contratto che permetterebbe al club parigino di riacquistarlo dopo una stagione. «L’ultima parola spetta a me», assicura Xavi ai tifosi olandesi, anche se l’interpretazione più realistica della faccenda è proprio che sia stato lui a volere quella clausola per poter tornare facilmente al PSG.
Chi sa come ragiona veramente uno cresciuto nel Barcellona come se fosse davvero una religione, influenzato quanto lo siamo noi, se non di più, dalla narrazione creata intorno a lui - a cominciare dal nome che gli ha dato il padre - con una consapevolezza più profonda della nostra su cosa sia un calciatore oggi, su come i passaggi di squadra corrispondano a transazioni, a cambi di valore di quell’unico asset che per lui conta: se stesso. «Qui sto bene. Mi pare che in campo si veda, no?», ha aggiunto Xavi quando si è venuto a sapere della clausola.
In campo si vede eccome. E speriamo che si continui a vedere a lungo perché, al di là della sua storia e dell’investimento emotivo che chi lo ha visto da bambino può provare - lo abbiamo visto crescere! - anche togliendo tutto l’hype e tutte le aspettative che ci siamo fatti su di lui, Xavi Simons è un talento speciale.