Questa è la sesta puntata di X&Os, la rubrica in cui analizziamo gli schemi più utilizzati e le situazioni di gioco create dalle squadre NBA (ma non solo). Qui potete trovare tutti gli articoli precedenti.
Nella NBA contemporanea il tiro in sospensione è una parte imprescindibile del gioco. È talmente importante che oggi un terzo dei tiri totali viene scagliato oltre i 6.75 metri - un record assoluto - e i lunghi, che un tempo dominavano prettamente nel pitturato, provano da oltre l’arco quasi un quarto delle loro conclusioni a canestro; dall’altra parte, i giocatori incapaci di aprire il campo, indifferentemente dalla posizione, fanno fatica a ritagliarsi un ruolo che non sia di secondo piano.
Tutto ciò non tange minimamente Giannis Antetokounmpo e Ben Simmons che sono un’anomalia nel panorama NBA, la quintessenza di un basket concepito sulle loro unicità fisiche e sulle loro doti tecniche in continua evoluzione. Hanno il corpo e la lunghezza di un’ala forte, ma le abilità tecniche di un esterno puro e una comprensione del gioco così sviluppata da renderli armi non convenzionali in grado di tenere in scacco le difese avversarie, pur non disponendo del tiro da fuori come catalizzatore delle attenzioni difensive.
Questa combinazione di elementi in un singolo giocatore è rarissima nella storia del gioco. Pensate a quando Magic Johnson arrivò nella NBA nel 1979: non si era mai visto un atleta di quelle dimensioni e abilità dirigere il gioco e spingere il contropiede con la possibilità di vedere cose precluse a giocatori 20 o 30 centimetri più bassi.
Quasi 25 anni dopo LeBron James è stato una sorta di prometeo generazionale, uno dei pionieri di un basket nuovo, senza vincoli di ruolo che ha cambiato le carte in tavola creando i presupposti per un rivoluzione tecnica e concettuale che oggi “libera” giocatori di quel calibro del peso di essere vincolati a una posizione pre-determinata che non rispecchia le loro caratteristiche.
Giannis Antetokounmpo ha il “dono” di una struttura fisica unica, al livello di coloro che sono stati in grado di influenzare il gioco e cambiare le regole, scritte e non, della NBA. Non si era mai visto un giocatore di 213 centimetri con quell’atletismo, quella rapidità, quell’agilità e quel controllo del corpo, supportato da una tecnica individuale in continua evoluzione e istinti per il gioco così marcati.
Anche Ben Simmons è un talento fisico e atletico raro, ma ciò che sorprende di lui è la comprensione del gioco di un livello decisamente superiore a un giocatore che ha disputato appena 25 partite NBA ed è stato per giunta fermo una stagione per un infortunio al piede: la sua capacità di manipolare gli spazi in cui opera vedendo il gioco con due passaggi di anticipo è prerequisito dei grandi playmaker che hanno fatto la storia.
Playmaker di fatto e non di nome
Queste loro peculiarità li rendono creatori di gioco così atipici che il modo più efficace di coinvolgerli nell’attacco è stato quello di dargli subito palla in mano, da veri e propri playmaker. Per Brett Brown è stato un atto dovuto identificare Simmons come il playmaker naturale della sua squadra, costruendo il resto del roster attorno a un asse play-pivot del tutto inusuale. Il processo che ha portato Antetokounmpo a diventare il playmaker ufficiale dei suoi è stato invece più lungo, un esperimento di Jason Kidd datato un paio di anni fa che ha ridefinito il modo di giocare dei Bucks, oggi sorretto dalle larghe spalle del greco originario della Nigeria.
Avere portatori di palla primari con la struttura fisica dei lunghi tradizionali offre una serie di opportunità che nemmeno la più rapida tra le point guard può creare: visione di gioco sopra la difesa in ogni momento, dal contropiede alla difesa schierata, e la capacità di generare continui aiuti perchè fanno sistematicamente saltare il banco degli accoppiamenti difensivi.
Sono talmente bravi nel creare e riconoscere un vantaggio che non hanno bisogno del tiro da fuori per eccellere, ma di avere al proprio fianco tiratori in grado di costringere le difese ad aprirsi e lasciarli eccellere nell’attaccare il canestro. Attorno alle loro caratteristiche si dipana il gioco delle rispettive squadre.
Nella prima delle due clip Antetokounmpo gioca il pick and roll con ampio spazio per attaccare mentre la difesa resta con i tiratori. Nella seconda clip James è pronto a collassare in area per aiutare, ma Antetokounmpo legge la sua rotazione e pesca il compagno libero in angolo.
Simmons marcato da un giocatore più piccolo può tirargli sopra la testa nel cuore dell’area, oppure prendere d’infilata un giocatore delle sue dimensione ma notevolmente più lento.
Se la difesa gli toglie la linea di penetrazione a canestro e riempie l’area, è bravo a creare vantaggi per i suoi compagni con una capacità “LeBroniana” di accendere il radar e scandagliare il campo per trovare il compagno libero, che sia il rollante per un assist diretto o il giocatore più lontano dalla palla. Non solo per l’assist ma, cosa di ancora maggior valore, per l’hockey assist, ovvero il passaggio prima dell’assist. Non appena riescono a mettere un piede nel pitturato creano danni e tenerli lontano le aree dei tre secondi è un rebus ancora irrisolto per le difese avversarie.
Il greco dei Bucks ha numeri nella restricted area paragonabili solo a LeBron James, ed in carriera non si è - ancora - mai posto davvero il problema di diversificare le conclusioni come il Prescelto perché la sua imprevedibilità lo porta ad arrivare al ferro contro chiunque. Dei 15 tiri a partita di Simmons solamente uno è preso al di fuori dei 5 metri e dei quasi 500 tiri presi nella sua giovane carriera solamente 9 sono stati da 3 punti - tutti allo scadere dei quarti e 7 da oltre metà campo. Il talento dei Sixers però è tra i primi nella NBA per penetrazioni a partita con cifre simili a giocatori di uno-contro-uno purissimi come James Harden e Russell Westbrook, mentre per assist potenziali a partita dietro solamente al play dei Thunder e a James.
Attaccare in velocità
La situazione di gioco in cui i due non sono in nessun modo arginabili sono il contropiede e la transizione, più precisamente nel momento in cui ricevono palla (o prendono loro stessi il rimbalzo), prendono velocità e la difesa non è ancora accoppiata.
In queste clip tutta la devastazione portata da Giannis in campo aperto. La difesa non ha tempo di capire quello che succede che il greco dei Bucks in tre falcate ha già corso tutto il campo, iniziando il terzo tempo dalla lunetta per arrivare fino al ferro.
Highlight del genere si sprecano nella Rete e la dicono lunga sull’impatto fisico e rivoluzionario di Giannis: recupera palla a centrocampo, fa un solo palleggio, inizia il terzo tempo fuori dalla linea dei tre punti e va a schiacciare.
Simmons non è così “esplosivo” ma ha un controllo del corpo irreale, con la capacità di assorbire i contatti e la sensibilità dei polpastrelli per depositare con finezza la palla nel canestro.
Quando ha ampi spazi per prendere velocità e alzare i giri del suo motore non c’è modo di precludergli il centro area. Il giro in palleggio lanciato in corsa senza deragliare o rovinarsi le ginocchia è una cosa inspiegabile.
Quindi la domanda che vi state ponendo è: come fare a tenerli lontano dall’area? La soluzione più logica sarebbe dargli spazio per invitarli a tirare da fuori e rimanere a proteggere il ferro. Ma se per molti giocatori col jumper ballerino tirare da fuori rappresenta una “sfida”, per Antetokounmpo è invece un’opportunità per prendere velocità ed esplodere a canestro in un uno-contro-uno che al momento pochissime difese NBA sono in grado di arginare.
Come si vede delle clip, quel metro che viene lasciato per il tiro, in uno-contro-uno diretto o dopo il pick and roll passando dietro al blocco, per Giannis diventa un vantaggio da sfruttare attaccando lo spazio e trasformando una situazione statica in una situazione dinamica.
Anche Simmons sfrutta lo stesso principio per attaccare con ancor più veemenza l’area usando magistralmente il corpo e il suo ambidestrismo per tiri che sembrano in equilibrio precario, spesso controtempo, ma sono del tutto sotto controllo.
Simmons è abile a crearsi una linea di penetrazione quando la difesa invece vuole evitarla, e una volta messi i piedi in area ha molti modi per chiudere con un canestro: mano destra, mano sinistra oppure appoggiandosi al difensore spizzicando la palla con quel gancetto in corsa.
Tiri in sospensione che non lo erano
Antetokounmpo e Simmons tra le altre cose hanno ridefinito il concetto (e lo spazio) di tiro dalla media distanza che, come sappiamo, nella NBA odierna è quasi messo al bando: quello che per un giocatore NBA normodotato è un tiro ostacolato nel cuore della difesa, per loro è da considerarsi un tiro libero.
Nella prima delle due clip dedicate a Giannis il cambio difensivo favorisce un mismatch che il greco è bravo a sfruttare tirando sopra la testa al suo difensore. Nella seconda con lo step back crea separazione di un metro con il suo avversario e può tirare comodamente dalla lunetta in quel che è a tutti gli effetti un tiro libero.
In casi più estremi, Antetokounmpo quello che per un comune mortale è un tiro dal mid-range, per Giannis è un sottomano.
Protegge il ferro in difesa, conduce il contropiede da playmaker, stacca con i piedi dalla linea tratteggiata della lunetta e conclude in appoggio nella restricted area semplicemente allungando le braccia. Oppure arriva in prossimità della restricted area con un passo, potrebbe alzarsi per tirare facilmente in testa al suo marcatore, attira le attenzioni della difesa e pesca libero il compagno per un tiro ad altissima percentuale.
Simmons non ha ancora una signature move - come può essere il giro e tiro di Antetokounmpo - né tantomeno le braccia del greco per distorcere lo spazio e aiutarlo a prendersi un sottomano camuffato da palleggio-arresto-tiro, ma trova modi pittoreschi e inconsueti per tirare in sospensione.
Le clip parlano da sole: due palleggi-arresto-tiro usando la mano sinistra, ganci cielo dai 4 metri con la mano destra. Se non è talento questo.
Per Simmons il tiro non è affatto una priorità o un aspetto da sviluppare a tutti i costi ora. Lui si prende ciò che gli concede la difesa, perché il suo compito non è solamente fare canestro, ma in questi talentuosi Sixers con molte bocche da fuoco, è responsabilità sua creare opportunità per i compagni con le sue abilità da playmaker.
Nel momento in cui arriva in area potrebbe fare un palleggio-arresto-tiro come farebbe quasi ogni giocatore NBA; lui invece ha in visione il compagno che si muove e costruisce un tiro ancora migliore del suo. Nella seconda clip anziché forzare un tiro da 6 metri passa la palla a Dario Saric perché vede il suo uomo flottato in area. Questa è una lettura semplice ma non scontata: a livello NBA una cosa del genere la fanno in pochi - i vari James, Harden, Paul ad esempio. Riaprendo il gioco, la palla torna nella sue mani con spazi diversi per attaccare, Simmons fa collassare la difesa attorno a lui e anziché tirare, ancora una volta scarica fuori per la tripla in ritmo di Saric.
Come essere decisivi anche senza palla
Antetokounmpo e Simmons con la palla in mano cambiano le geometrie e strategie difensive di chi hanno di fronte. Quando sono lontani dalla palla, invece, pur non avendo la minaccia del tiro per spaziare il campo ai compagni, riescono comunque a produrre gravità sulle difese avversarie avvicinandosi a canestro come dei lunghi autentici.
All’interno dell’articolata Motion Offense dei Sixers, dopo aver iniziato lo schema il ruolo di Simmons cambia: da playmaker diventa ala forte e si posizione nel “dunker spot”, da cui può ricevere uno scarico oppure correggere un tiro, farsi vedere per un taglio e infine, schiacciato sulla linea di fondo, aprire spazio ai tagli dei compagni portandosi appresso il proprio difensore come nelle ultime due clip della partita contro i Lakers.
Se Giannis invece non è al centro del gioco - da quando è arrivato in Wisconsin vedere Eric Bladsoe con la palla in mano negli attacchi a metà campo dei Bucks è una cosa sempre più frequente - è coinvolto nei pick and roll dei Bucks come bloccante, per minacciare le difese con i tagli a canestro oppure per indurre a cambi difensivi che producono mismatch favorevoli.
Se nei pick and roll le difese avversarie eseguono i loro schemi difensivi ponendo l’enfasi sulla palla anziché sul rollante, Giannis ha spazio per esplodere a canestro o seguire il rimbalzo per correggere il tiro come un centro vero, di quelli che spostano gli equilibri. Se invece le difese onorano il roll di Giannis ruotando da lato debole, oggi il numero 34 dei Bucks ha la maturità cestistica per leggere il gioco e cercare il compagno libero su scarico.
Quando invece le difese avversarie cambiano per non dargli facili conclusioni al ferro, i Bucks sono bravi a isolarlo in punta - un posto dove gli aiuti difensivi o i raddoppi sono inefficaci - per lasciarlo creare con movenze che strizzano l’occhio ad un tedesco di Wurzburg che due cosine in NBA le ha fatte.
Antetokounmpo poi ha la rara capacità di poter giocare nella stessa azione sia il pick and roll da portatore di palla e subito dopo fungere da bloccante.
Antetokounmpo non trova linee di penetrazioni dopo il pick and roll con Brogdon, riapre il gioco per la guardia e si invertono i ruoli. Questa situazione compromette ogni strategia difensiva degli avversari che devono cambiare copertura sul pick and roll nel giro di una frazione di secondo e se la comunicazione non è tempestiva si creano le condizioni per canestri facili.
Seguendo le orme dei giganti: il post basso
Ovviamente anche il gioco in post riveste una parte fondamentale del loro ventaglio di opzioni. Ben Simmons ha il privilegio di giocare con il giocatore di gran lunga più usato in post basso di tutta la NBA, ovvero Joel Embiid, per cui si accontenta delle briciole, usando il gioco spalle a canestro per sfruttare particolari mismatch quando su di lui viene messo in marcatura un esterno più piccolo.
Negli schemi dei Sixers è previsto questo particolare set, usato spesso dagli Spurs per LaMarcus Aldridge, per isolare Simmons in post dopo che ha sfruttato un doppio blocco cieco. La ricezione è garantita e se la difesa non cambia Simmons ha vantaggio di centimetri per concludere contro un esterno; se invece la difesa cambia con il lungo, Simmons usa il suo consueto gancio con la mano destra per chiudere a canestro.
Giannis in post basso invece ci va più spesso, ed è quasi a suo agio spalle a canestro.
Se marcato da un giocatore più lento Giannis fronteggia il canestro e attacca in palleggio; se marcato da un giocatore più piccolo lo sposta fin sotto canestro, dove nemmeno triplicare serve a dissuaderlo da portarsi a casa il ferro. Se la difesa invece inizia a ruotare non appena riceve, la sua lettura dei raddoppi gli permette di capire quando dare via la palla, aggiungendo poi la correzione volante come extra.
Giannis Antetokounmpo e Ben Simmons sono qualcosa di nuovo e mai visto, a cui gli avversari, gli addetti ai lavori e gli appassionati stanno iniziando a prendere le misure per riconoscerne a pieno il valore e l’impatto sul gioco. Sono giocatori universali, in grado di giocare playmaker un’azione e quella dopo rollare a canestro come un lungo, così come di difendere con successo su cinque posizioni e arrivare in aiuto come quelli della loro altezza dovrebbero poter fare. Insomma, sono gli esemplari più fulgidi di quella categoria di giocatori denominata “Unicorni”.
Finora i due hanno solo grattato la superficie del loro potenziale, e chissà cosa ci riserverà il futuro.