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Tutti gli enigmi della sfida tra Bagnaia e Marquez
28 mar 2025
Il catalano è partito a mille ma le cose potrebbero cambiare in futuro.
(articolo)
12 min
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IMAGO / Matrix Images
(copertina) IMAGO / Matrix Images
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È difficile da credere ma le principali istantanee del dominio sportivo di Marc Márquez in questo inizio di stagione sono due errori, o presunti tali. Tra il GP della Thailandia e quello dell'Argentina, infatti, ci sono stati due momenti in cui Márquez è stato sorpassato (o si è fatto volutamente sorpassare, a seconda dei punti di vista) da suo fratello Álex (l'altro protagonista di questo inizio di Motomondiale) per poi riprendersi la prima posizione nel finale di gara.

Per capire dove nasce questa grande partenza di Márquez e dove iniziano le contestuali difficoltà di Pecco Bagnaia - alla vigilia accreditato come principale avversario del catalano per la vittoria del titolo mondiale, ma in affanno nelle prime due uscite stagionali - bisogna fare un passo indietro e analizzare i primi passi di questa stagione.

UNA PRE-SEASON A DUE FACCE

Agevolato da un inizio di campionato che ha visto andare in scena la MotoGP su circuiti a lui particolarmente congeniali (Buriram e Termas de Rio Hondo), Márquez ha ottenuto bottino pieno nelle prime due tappe del Motomondiale. Il nuovo pilota Ducati aveva già trovato un feeling perfetto sulla sua nuova moto nei test asiatici di febbraio.

Se nella tre giorni di Sepang il panorama è stato più variegato, con tanti singoli e diverse squadre a contendersi le prime posizioni (soprattutto grazie allo shakedown della settimana precedente, test aggiuntivo nel quale avevano girato tutte le Honda e le Yamaha più rookie e collaudatori), è stato nei due giorni in Thailandia che il "cannibale spagnolo" ha iniziato a fare sul serio: primo in entrambe le sessioni davanti al fratello Álex (che, in quanto pilota di un team clienti Ducati, guida una GP24, ossia il modello dello scorso anno: è importante, ci torneremo più tardi), con un passo gara che ha subito fornito preziose indicazioni su come sarebbe potuto andare il primo Gran Premio del Mondiale (tenutosi sulla stessa pista).

La Ducati stava mettendo a punto gli ultimi dettagli per completare la Desmosedici GP25, ossia la last evolution della monoposto emiliana che scenderà in pista nei 22 week-end stagionali. GP25 che però, in un certo senso, non ha ancora visto la luce (e chissà se mai la vedrà): tra gli addetti ai lavori, il modello che stanno portando in pista Marc Márquez, Pecco Bagnaia e Fabio Di Giannantonio è spesso definito "GP24.5", "GP24.9" o con altri appellativi che, in un modo o nell'altro, rimandano ad un’evoluzione del modello della scorsa stagione, quest’ultimo ritenuto all'unanimità come il prototipo perfetto e insuperabile di questa era di MotoGP.

Il motivo di questa denominazione è presto detto: durante i test, sia Márquez che Bagnaia hanno offerto feedback abbastanza freddi sulle nuove componenti portate da Gigi Dall'Igna e soci, su tutte il telaio e il motore, giudicati particolarmente potenti ma non abbastanza affidabili. Scelta, quella del motore, ancora più delicata se si considera che per la stagione corrente e per la 2026 la Ducati subirà il cosiddetto congelamento dello sviluppo: in quanto leader indiscussa del campionato di MotoGP, il costruttore italiano non potrà apporre modifiche al propulsore portato in pista fino al termine della prossima stagione, l'ultima prima del grosso cambio regolamentare del 2027.

Forte di un vantaggio competitivo che la vede primeggiare in MotoGP dal 2020, dunque, Ducati ha deciso di non azzardare, mantenendo le principali componenti della propria moto pressoché identiche a quelle dello scorso anno. Mentre per il motore la decisione presa è definitiva, per quanto riguarda telaio e aerodinamica, al momento ancora afferenti alla scorsa stagione, sarà il test di Jerez a maggio a decretare la direzione che prenderanno i vertici della casa di Borgo Panigale. Le principali novità nel nuovo modello Desmosedici riguardano, dunque, elettronica e sospensioni, ma possono essere ritenute marginali rispetto al rendimento complessivo della moto.

Dall’altro lato del box, Bagnaia ha vissuto una pre-season a dir poco complicata, impelagato nello sviluppo della moto che, come si può immaginare, è risultato assai complicato. Arrivato all'esordio stagionale a Buriram, il tre volte campione del mondo ha detto di aver dovuto fare test anche nel venerdì di gara, di solito dedicato unicamente a prendere confidenza con la pista e provare sia passo gara che time attack.

Va detto che Bagnaia storicamente ha sempre iniziato piano le sue stagioni, partendo con delle prestazioni più coperte per poi esplodere dopo aprile. Il numero 63 ha dichiarato più volte come i feedback offerti da lui e da Márquez sulla nuova moto siano stati praticamente identici, e quindi evidentemente adesso a dividerli c'è qualcos'altro. Ma cosa?

TRIPLETTA BACK-TO-BACK

L'approccio al GP inaugurale in Thailandia faceva pendere subito la bilancia in favore di Márquez, anche se non di tanto, almeno alla luce dei test. I primi giorni sulla pista asiatica, tuttavia, hanno chiarito subito i rapporti di forza: i due fratelli Márquez sono stati costantemente davanti, prima nelle prove libere e poi in qualifica (con Marc in pole position), mentre Bagnaia arrancava, dovendo anche passare dalla Q1 (un turno addizionale di qualifiche) a causa di una serie di sfortune nel turno di pre-qualifiche (un giro regolare cancellato per bandiere gialle sventolate erroneamente e un altro time attack sprecato a causa della presenza di Morbidelli a centro pista). Se la sprint race del sabato è stata un monologo di Márquez, con Álex secondo e Bagnaia terzo, praticamente mai capace di attaccare i due fratelli, è stata la gara della domenica a dimostrare l'imbarazzante superiorità del 93 su tutti gli altri.

Al settimo giro della gara lunga, Márquez, dopo aver guidato con discreta nonchalance i primi giri - guadagnando diversi secondi di margine sulla compagnia - ha rallentato improvvisamente, si è guardato indietro e si è lasciato sorpassare platealmente da Álex, attaccandosi alla sua ruota posteriore per i successivi 16 giri, per poi superarlo agilmente e vincere la gara (per di più guadagnando su di lui 1 secondo e 7 decimi in meno di 3 giri, alla media di oltre mezzo secondo a giro: numeri vertiginosi).

Dietro questa mossa all'apparenza stramba si nasconde una contorsione regolamentare: gli pneumatici devono avere una pressione minima per i ⅔ della gara, altrimenti i piloti incorrono in una sanzione di 16" sul tempo finale. Marc, i cui pneumatici erano evidentemente andati al di sotto del dato minimo, ha scelto scientemente di attaccarsi alla coda del fratello per prendere l'aria calda della sua gomma posteriore, alzare temperatura e pressione della gomma e tornare nella finestra adeguata per un numero di giri sufficiente a soddisfare gli standard dettati dal regolamento, prima di tornare in vetta e vincere in scioltezza. Una strategia diabolica ma vincente: nei 16 giri alle spalle del fratello è parso evidente come Marc ne avesse di più, dimostrazione ne è stata il margine creato non appena è tornato in testa. Bagnaia, in tutto questo, ha lottato con Morbidelli (anch'egli su una Ducati GP24) e l'Aprilia clienti del sorprendente rookie Ai Ogura per salire sull'ultimo gradino del podio, uscendone sì vincitore, ma ben lontano dai suoi standard e dai suoi obiettivi.

Ci sono due dati dal week-end thailandese che dicono molto sulle difficoltà di adattamento di Bagnaia alla nuova moto, e invitano ad osservare il dominio di Márquez da una prospettiva diversa. Si tratta dei tempi di pole position e durata della sprint del GP di Buriram della scorsa stagione, tenutosi a fine ottobre, entrambi migliori di quelli fatti segnare da Márquez sia in quanto poleman che in quanto vincitore della sprint race. Insomma, a Bagnaia sarebbe bastato fare copia-incolla di quanto visto lo scorso autunno per aggiudicarsi senza troppi patemi quantomeno la prima piazza in griglia nella garetta. Certo, è impossibile riprodurre le stesse condizioni a distanza di mesi (in autunno la pista era meno calda, ad esempio, il che vuol dire più grip e minor usura delle gomme) ma questo dato offre senza dubbio una chiara panoramica di come sulla GP24.9 campeggi ancora un enorme cartello work in progress.

Si arriva, così, al GP di Argentina. In preparazione Bagnaia ha sofferto molto: ha raggiunto la Q2 per un soffio e in qualifica si è piazzato quarto, alle spalle persino della sorprendente Honda di Johann Zarco (la casa giapponese è reduce dalla peggior stagione della sua storia ma sta mostrando timidi segnali di ripresa). In tutta risposta, Márquez ha dominato le prove libere e siglato la pole position, seguito a debita distanza dal fratello Álex, ancora secondo, facendo segnare il record della pista. Lo schema della sprint è stato lo stesso di quella thailandese: Marc va davanti, Álex lo segue (senza velleità di sorpasso), Pecco ha la meglio sulla sorpresa del fine settimana (questa volta Zarco) ma guarda solo da lontano i fratelli spagnoli.

La gara della domenica, invece, ha offerto una leggera variazione sul tema rispetto a Buriram. In Argentina Álex Márquez ha sorpassato suo fratello (andato, in questa occasione, “semplicemente” largo) al quarto giro, per poi mantenere la testa della corsa fino a 5 giri dalla fine, quando Marc lo ha infilato con una certa semplicità. Su questa situazione ci sono segnali contrastanti: escluso, in questo caso, un problema di pressione gomme, c’è chi ritiene quello di Marquez un errore “legittimo”, senza alcuna strategia alle spalle, sottolineando i progressi del fratello minore, tra l’altro da sempre a suo agio sul circuito sudamericano; c’è chi, dall’altro lato, sposa ancora la teoria strategica, additando questa scelta ad una difficile gestione del posteriore (a supporto di questa tesi si porta una “ballata” del numero 93 a metà gara). A corroborare la seconda opzione c’è il sorpasso decisivo per la vittoria, effettuato da Marquez senza nemmeno tirare la staccata (a gas aperto, ben prima del punto di corda), e il margine creato ancora una volta nel residuo di gara in testa, superiore al secondo.

Anche per Bagnaia c’è stata una novità, purtroppo per lui in negativo: dopo aver provato il sorpasso su Álex nelle prime curve (inizialmente riuscito, ma rispedito subito al mittente), Pecco ha subito il ritorno di un ritrovato Franco Morbidelli, che lo ha superato e si è aggiudicato il gradino più basso del podio. Paradossalmente, però, per Bagnaia il risultato di Termas de Rio Hondo è stato un progresso: il terzo posto della sprint e il quarto della gara lunga, infatti, sono i migliori risultati della carriera del pilota piemontese in Argentina, dove aveva fatto grossa fatica anche nelle tre stagioni in cui si è infine aggiudicato il Mondiale (rispettivamente 9º, 5º e 16º, più un 5º posto nella sprint race del 2023).

Bagnaia, come ovvio che sia per un campione del suo livello, ha rispedito al mittente tutti i moniti consolatori di chi ha cercato di attutire l’inizio di stagione problematico: «Non sono un pilota da 4° posto e neanche da 3°, si deve lavorare per tornare davanti e tornare ad avere un feeling che mi sia comodo», ha detto a Sky nel post-Argentina. «Purtroppo sto faticando e ciò mi sta togliendo del tempo. Appena ritroverò il mio solito feeling tornerò a lottare per il primo posto, dove mi spetta».

GP24.?

L’inizio di stagione di Bagnaia è indecifrabile su vari livelli. C’è un dato assurdo, alla luce del dibattito intrapreso: questi primi due weekend rappresentano il miglior inizio di stagione di Bagnaia nelle sue sette stagioni in MotoGP, il secondo migliore in assoluto della sua carriera alle spalle della sola stagione 2018 in Moto2, conclusa con la vittoria del primo Mondiale. Il tutto affrontando, alla seconda tappa, il circuito-incubo della sua storia.

Non è un momento così critico come sembra, insomma: lo stesso Bagnaia, nell'intervista succitata, ha spiegato come l’avvio della scorsa stagione sia stato ben più difficile. Se si considera com’è finita, ossia con un 2º posto beffardo ma con 11 vittorie in cascina (quota straordinaria), ci sarebbe da essere ottimisti. D’altro canto, però, i 31 punti di distacco da Marc Márquez, compagno di marca e principale avversario nella rincorsa al quarto titolo, pesano come un macigno. Il vero problema, dunque, non è rappresentato dai suoi risultati, né tantomeno da quelli migliori di Álex Márquez (a inizio campionato le moto della stagione precedente hanno sempre un fisiologico vantaggio di adattamento; se poi la moto in questione è una GP24…), bensì da quelli dell’attuale leader della classifica generale.

Márquez sta spingendo la GP24.9 come nessun altro, ed è un peccato che non ci sia un raffronto adeguato rispetto a quanto stanno facendo lui e Bagnaia: Fabio Di Giannantonio, terzo pilota alla guida dell’ultima versione della Ducati, si è operato alla clavicola appena un mese fa (dopo essersi operato alla stessa spalla lo scorso novembre); i suoi risultati, benché più che discreti (quinto sia in sprint che in gara a Rio Hondo), vanno letti con il proverbiale asterisco.

I problemi che Bagnaia denuncia sono di varia natura: in entrambi i GP ha parlato di uno scarso feeling sulla gomma posteriore e sulle difficoltà nell’accenderla (ossia portarla al giusto rendimento), il che è paradossale se si considera che uno dei grandi pregi della GP24 era quello di avere un grip ideale sulla gomma posteriore che permetteva di entrare in curva al meglio. A Buriram, il classe 1997 ha parlato in particolare della superiorità di Marc Márquez a fine curva. «Io guadagnavo molto tempo ad Álex in frenata, ma lui mi guadagnava in uscita; purtroppo io non riuscivo a farla trazionare molto bene. Invece Marc faceva bene le staccate come me ma usciva come lui, quindi è stata più che altro quella la differenza».

A proposito della denominazione della nuova moto e dei problemi riscontrati, Bagnaia ha svelato di aver guidato in Argentina quella che lui ha definito come una GP24.7 e che nel prossimo GP, ad Austin, potrebbe tornare alla GP24. La mossa di Bagnaia sembra essere diretta quindi a voler tornare subito in una comfort zone magari utile per tornare a lottare contro Marc Márquez nel breve termine, ma che lascia più dubbi sul lungo periodo. E se questo alla fine lo allontanasse ancora di più dalle prestazioni del suo compagno di box?

Solo il tempo darà le giuste risposte. Il prossimo GP, ad Austin, promette di essere un altro week-end sulla difensiva per Bagnaia, che in Texas ha ottenuto risultati discreti in carriera, ma nemmeno lontanamente paragonabili a quelli di Márquez, che qui ha vinto 7 volte. Consapevoli di questo squilibrio, molti dicono che il mondiale di Bagnaia inizierà tra il Qatar e l’Europa (con il GP di Jerez in programma a fine aprile). A quel punto bisognerà però vedere quanta distanza ci sarà da recuperare. In ballo c'è la vittoria di una sfida tra le più strane ed enigmatiche degli ultimi anni di motomondiale.

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