I Giochi Paralimpici non si sono sempre disputati nella stessa città che ospita le Olimpiadi. Questa concomitanza è andata in scena durante la prima edizione delle Paralimpiadi, a Roma nel 1960, e in quella successiva, Tokyo 1964. Poi, fino a Seoul 1988, le due manifestazioni sono state separate. È servito un accordo tra i comitati organizzatori, firmato nel 2001, per formalizzare la decisione di disputare Olimpiadi e Paralimpiadi in una sede comune.
Lo sport che riguarda le persone con disabilità esiste come fenomeno sociale da decenni, ma l’inizio del processo di riconoscimento mediatico e popolare di questo movimento è molto più recente. La marginalizzazione delle persone disabili emerge anche dal modo in cui vengono scarsamente considerate le storie sportive che le coinvolgono, a parte alcune eccezioni. Ancora oggi la copertura della stampa sugli atleti paralimpici, anche su quelli più talentuosi e vincenti, è piuttosto scarsa, soprattutto se paragonata alla meticolosa attenzione che viene dedicata a chi partecipa alle Olimpiadi. Qualcosa in più si può fare: ricordiamoci che si sta parlando di diritto allo sport. Anche perché quando si parla di sportivi con disabilità, poi, spesso lo si fa in modo sbagliato, ricalcando narrazioni stereotipate.
Le Paralimpiadi inizieranno ufficialmente mercoledì 28 agosto con la cerimonia d’apertura anche se le gare inizieranno il giorno dopo. Siamo a poche settimane dal termine dei Giochi Olimpici, in una giustapposizione che da un lato rende ancora più evidente la disparità di attenzione, ma dall’altro ci ricorda che le gare paralimpiche sono parte dell’unico grande evento a cinque cerchi. Un “festival dello sport di 60 giorni”, per usare le parole di Philip Craven, ex-presidente del Comitato Paralimpico Internazionale, in cui ogni gara e ogni sportivo hanno stessa dignità e importanza.
Di storie affascinanti riguardo a questi Giochi se ne potrebbero citare tantissime. Ne ho selezionate nove, con l’intenzione di darvi qualche riferimento nel calendario carico di appuntamenti e di creare curiosità su atleti che meritano la nostra attenzione.
Valentina Petrillo, prima donna transgender alle Paralimpiadi
In una scena del documentario 5 Nanomoli - Il sogno olimpico di una donna trans, Valentina Petrillo dialoga con Joanna Harper, ricercatrice canadese esperta in cambiamenti ormonali nelle donne transgender. «Vorrei gareggiare nelle competizioni ufficiali. Per me è importante farlo con le donne, perché con gli uomini non me la sento più». Aggiunge: «Anche se faccio il minimo ho paura di essere discriminata, perché sono trans e sono scomoda». Queste parole venivano pronunciate prima delle Paralimpiadi di Tokyo 2020, a cui Petrillo non ha partecipato. A Parigi 2024, però, sarà presente, diventando la prima atleta transessuale di sempre ai Giochi Paralimpici.
La sua disciplina è l’atletica. Nello specifico correrà i 200 e 400 metri nella categoria T12. Con la lettera T ci si riferisce alle gare su pista (quelle che riguardano Petrillo) e alle gare di salto, mentre i numeri 11, 12 e 13 classificano gli atleti ipovedenti (per la precisione: 11 per le persone cieche, 12 per quelle ipovedenti con possibilità di atleta-guida e 13 per chi è ipovedente e non compete con l’aiuto di una guida).
Petrillo ha una storia che meriterebbe un articolo a parte. È da sempre appassionata di corsa e fino al 2018 ha partecipato alle gare maschili, prima di iniziare il percorso di transizione nel 2019. «Non è detto che una persona che era un uomo sia più forte di una donna. Il vantaggio che avevo è stato eliminato facendo una terapia ormonale, che ha reso le mie prestazioni equiparabili a quelle di una donna», ha detto in un’intervista del 2022 a Fanpage.
Ci siamo accorti tutti di quanto sia retrogrado il modo in cui in Italia si parla di genere e sport, soprattutto nelle settimane dei Giochi, che hanno scoperchiato la vicenda di Imane Khelif. La storia di Petrillo allora va trattata nel modo giusto, visto che potrebbe essere materiale combustibile per un paese che ha già dimostrato di voler portare avanti battaglie ideologiche sulla pelle degli atleti e delle atlete.
Il primo round dei 400 metri della categoria femminile T12 si terrà lunedì 2 settembre alle 20.44, mentre la finale sarà alle 12.10 del 3 settembre. Per i 200 metri: primo round venerdì 6 settembre alle 19.58, finale alle 19.33 di sabato 7 settembre.
Hunter Woodhall per completare il couple goal con la moglie Tara Davis
Sul canale YouTube “Tara and Hunter”, due giovani ragazzi americani raccontano la loro relazione con dei vlog. I video più visti hanno titoli come “Faccio una sorpresa all’amore della mia vita!” o “La storia di come ci siamo incontrati”. Questa coppia da più di 850.000 iscritti è formata da due atleti di successo: Hunter Woodhall è un corridore da tre medaglie alle Paralimpiadi, mentre Tara Davis è specializzata nel salto in lungo.
Davis, che si è aggiunta il cognome del marito dopo il matrimonio del 2022, ha vinto la medaglia d’oro nel salto in lungo alle Olimpiadi l’8 agosto, qualche settimana fa. C’è un video di questo avvenimento sul canale della coppia: si vede Hunter che riprende con il telefono la moglie, la incoraggia e infine la abbraccia e la incita dopo la vittoria. Sono immagini molto tenere.
Per non sperare in una doppietta olimpica-paralimpica di questi coniugi bisogna avere il cuore anestetizzato. Woodhall correrà i 100 metri nella categoria T64 e i 400 metri in T62 (entrambe sono categorie che riguardano sportivi che hanno amputazioni agli arti inferiori). Non ha mai vinto un oro paralimpico: due bronzi sui 400 metri (a Rio 2016 e Tokyo 2020) e un argento sui 200 metri, in Brasile. Quale occasione migliore? Già immagino un video speculare a quello della vittoria di Davis, in cui le parti si invertono ma il risultato è lo stesso. L’amore trionfa sempre, giusto?
Il primo round dei 100 metri della categoria maschile T64 si terrà domenica 1 settembre alle 21.12, finale lunedì 2 settembre alle 21.35. La finale dei 400 metri T62 sarà venerdì 6 settembre, ore 19.33.
Il Brasile del blind football è imbattibile?
Jefinho prende palla sul lato destro del campo. Si accentra, ha il pallone incollato, se lo passa in continuazione dal piede sinistro a quello destro e viceversa, in modo così veloce da rendere questo movimento quasi impercettibile. Ha davanti a sé la porta avversaria, da cui lo dividono quattro giocatori della Cina, sfidante del Brasile nella semifinale del torneo paralimpico di calcio a 5 per ciechi di Rio 2016.
L’azione che porta Jefinho al tiro ha una forma sinusoidale. Il giocatore brasiliano prima uncina la palla con il piede destro e supera il primo avversario dribblando verso sinistra, poi sterza bruscamente e si dirige verso destra, confondendo la difesa cinese. Ha un piede sulla linea dell’area di rigore avversaria, è il momento di calciare: Jefinho tira di destro in spaccata, con un rasoterra improvviso e angolatissimo che fa sembrare la porta molto più larga dei 3.66 metri che misura.
Jefinho è diventato cieco all’età di 7 anni a causa di un glaucoma. È stato paragonato a Pelè per il suo stile di gioco; in questa intervista un suo compagno di squadra fa notare che “O Rei” giocava parecchio bene, «ma se si fosse messo una benda sugli occhi non sarebbe stato così forte».
I giocatori di calcio a 5 per ciechi scendono in campo bendati, così da non avere riferimenti visivi. Per orientarsi sul campo seguono il rumore del pallone, che ha al suo interno dei sonagli in acciaio. La palla non può uscire dalle corsie laterali, su cui sono posizionate delle sponde. In campo scendono quattro giocatori di movimento più un portiere, che è l’unico non bendato (può essere ipovedente o non avere una disabilità visiva). Ulteriori aiuti per l’orientamento derivano dalle indicazioni del portiere (che si occupa della difesa), dell’allenatore (centrocampo) e della guida retro porta (attacco).
Il Brasile ha vinto l’oro in tutte le Paralimpiadi disputate dall’anno di introduzione della disciplina, il 2004. La prima partita di Jefinho e compagni sarà contro la Turchia, domenica 1 settembre alle 18.30.
Bebe Vio è una delle più grandi sportive italiane di sempre?
Una delle eccezioni alla scarsa copertura mediatica delle storie paralimpiche riguarda sicuramente Bebe Vio. Di lei sappiamo tanto: ha scritto due libri, condotto un programma su Rai 1, ha attraversato tutto lo spettro dei programmi di interviste italiani, da quelli televisivi come Che tempo che fa a quelli social come Muschio Selvaggio. Nel 2016, Matteo Renzi, allora Presidente del consiglio, l’ha portata negli Stati Uniti come “simbolo di eccellenza italiana”. Nel 2021, Vanity Fair gli ha dedicato una copertina in coppia con Federica Pellegrini in cui il soprannome della nuotatrice veniva esteso al plurale, “divine”: Vio non stona accanto a una delle più grandi atlete olimpiche italiane di sempre.
Vio ha dalla sua parte una certa propensione a stare sotto i riflettori, ma questo posto d’onore nel dibattito pubblico italiano deriva anche dal fatto che il percorso sportivo che sta seguendo sembra quello delle predestinate, delle atlete che entrano nella leggenda dello sport e dei Giochi. L’oro individuale nel fioretto individuale all’esordio paralimpico di Rio 2016, condito dal bronzo nella gara a squadre. Poi l’infezione da stafilococco aureo che nel 2021 le ha fatto rischiare ulteriori amputazioni. «Per quanto ero messa male consideravo già un miracolo arrivare a Tokyo», ha detto, ma poi in Giappone c’è andata eccome, e ha vinto un altro oro nel fioretto individuale e un argento a squadre.
La sua esultanza incontenibile dopo la finale individuale del 2021 contro la schermitrice cinese Zhou Jingjing ancora oggi mi fa emozionare come se la vedessi in diretta. In Bebe Vio ci sono un impeto e un’energia che la rendono un’atleta fuori dal comune. Sarà bello continuare a seguirla in questo percorso verso la grandezza.
Le gare di fioretto femminile categoria B, quelle che coinvolgono Vio, si terranno il 4 settembre (torneo individuale) e il 5 settembre (a squadre).
Due campioni di cui vi abbiamo già parlato: Altunoluk e Mehrzad
I più affezionati di voi forse ricorderanno di questi articoli usciti a dicembre 2023 su Ultimo Uomo. Sono finiti anche nell’elenco dei pezzi preferiti dalla redazione durante l’anno passato, permettetemi di vantarmi! Avevo scritto di Marcin Oleksy, Morteza Mehrzad e Sevda Altunoluk, tre atleti con disabilità molto talentuosi.
Mehrzad e Altunoluk saranno presenti alle Paralimpiadi di Parigi 2024. Il primo è un giocatore iraniano di sitting volley ed è alto quasi 2 metri e mezzo, mentre la seconda è una campionessa di goalball, lo sport per persone ipovedenti in cui si segna mettendo in rete una palla lanciata con le mani.
L’Iran di Mehrzad ha vinto le ultime due edizioni paralimpiche del torneo di sitting volley, ma a Parigi ci saranno da affrontare avversari temibili come Brasile e Bosnia-Erzegovina.
Anche la Turchia viene da due ori paralimpici consecutivi, nel goalball. L’ultima volta che Altunoluk si è presentata in finale alle Paralimpiadi, a Tokyo 2020, ha segnato nove gol.
Due esempi di dominanza sportiva da non perdere. L’Iran esordisce nel torneo di sitting volley maschile giocando contro l’Ucraina, venerdì 30 agosto alle 14. La Turchia di Altunoluk esordisce giovedì 29 agosto alle 10.30, contro il Brasile.
Heïdi Gaugain sogna la doppietta Olimpiadi-Paralimpiadi
Nell’agosto 2012, Oscar Pistorius partecipa alla gara dei 400 metri piani alle Olimpiadi di Londra. Viene eliminato in semifinale, ma ciò non toglie che la presenza di un corpo come il suo in una gara che vede protagonisti gli uomini più veloci del mondo sia qualcosa di storico. In quella stessa disciplina vincerà la medaglia d’oro ai Giochi Paralimpici britannici, prima di chiudere definitivamente la sua carriera per il tragico caso di cronaca e di violenza di genere che l’ha coinvolto nel 2013, il femminicidio della fidanzata Reeva Steenkamp.
Il tema della partecipazione degli atleti paralimpici alle gare delle Olimpiadi ha perso centralità negli ultimi anni, ma gli sportivi che hanno l’obiettivo di vincere in entrambe le manifestazioni non sono scomparsi. Heïdi Gaugain fa parte di questo gruppo.
Gaugain è una ciclista francese di 19 anni. È nata senza avambraccio sinistro e per usare la bici indossa una protesi che si aggancia al manubrio. Il suo corpo sportivo si potrebbe descrivere, usando le parole di Donna Haraway, come “un ibrido di macchina e organismo”. La bicicletta è stata adattata alle sue necessità: il freno, per esempio, è posizionato soltanto nella parte destra del manubrio e le permette di bloccare contemporaneamente entrambe le ruote. Gaugain vive nel nord della Francia, in un piccolo comune del dipartimento di Mayenne. La passione per il ciclismo le è stata trasmessa dal padre, che è presidente di un club ciclistico a Saint-Georges-sur-Erve, comune da meno di 400 abitanti in cui vive la sua famiglia.
Le vittorie sono già arrivate nella categoria C5 (dedicata a ciclisti che hanno compromissioni “minori”, come amputazioni singole o disfunzioni neurologiche minime), nelle corse su strada e su pista. Gaugain ha vinto anche tra le coetanee che non hanno una disabilità: al Campionato del Mondo Junior di ciclismo su pista, nel 2022 a Tel Aviv, ha conquistato l’oro nella gara a punti e nell’inseguimento a squadre con la Francia.
In un TedX dal titolo Le ruote della fortuna, Gaugain racconta di quando - dopo essere stata convocata per la prima volta tra le cicliste che non usano protesi, nel luglio 2022 - un arbitro ha tentato di escluderla dalla competizione. «Adesso vorrei che si votasse», dice al pubblico. «Se domani Usain Bolt avesse un incidente e perdesse un braccio, chi tra voi lo escluderebbe completamente dalle competizioni? Chi gli direbbe che può competere soltanto tra le persone con disabilità? (...) Perché le persone che hanno una differenza devono sempre essere separate dalle altre?». Gaugain ha già nel mirino la doppietta Olimpiadi-Paralimpiadi a Los Angeles 2028.
La potremo vedere in pista domenica 1 settembre, nella gara di inseguimento individuale (3000 metri) su pista, nella categoria C5. Il turno di qualificazione sarà alle 12.06, la finale alle 15.14.
Conosci la boccia?
Se avete letto l’articolo su Altunoluk vi sarete imbattuti nel goalball, uno dei due sport paralimpici che non hanno un corrispettivo alle Olimpiadi. L’altro è la boccia, che è esattamente quello che vi state immaginando.
Gli atleti di questa disciplina partecipano alle gare in sedia a rotelle. Le classificazioni sono quattro: BC1 per chi ha lesioni al sistema nervoso centrale e disabilità neurologiche non progressive, con possibilità di essere aiutati da un assistente (BC2 coinvolge gli stessi sportivi, ma senza assistenza); BC3 per atleti con disabilità più gravi, supportati da un assistente e da un dispositivo come una rampa; BC4 per altre disabilità gravi.
Le regole sono simili al gioco di bocce, quello in cui tutti ci siamo imbattuti almeno una volta sulla spiaggia. Sei palline a testa, un “jack” (il boccino) da lanciare prima dell’inizio della sfida. Poi bisogna tirare più bocce possibili vicino al “jack”.
Una delle storie più intriganti della boccia è quella del greco Grigorios Polychronidis. Ha esordito alle Paralimpiadi nel 2004, ad Atene. Ha vinto l’oro olimpico a Londra 2012 nella categoria BC3, competizione di coppia mista. L’assistente di Polycrhonidis è la moglie Katerina Patroni (anche lei, come tutti gli assistenti della categoria BC3, può vincere una medaglia al pari dell’atleta che supporta), che lo aiuta a preparare il lancio della boccia tramite una rampa posizionata a poca distanza dal viso del giocatore. Polycrhonidis utilizza un braccio metallico, che sposta attraverso movimenti della testa, per far rotolare la sfera giù dalla rampa.
La boccia è uno sport davvero ingegnoso, sembra richiedere capacità di lettura relative all’angolo di tiro, alla forza da imprimere e alla precisione che la rendono un’attività geometrica.
Le gare individuali di boccia BC3 prendono il via giovedì 29 agosto alle 14.
Diede the Great
C’è una tennista olandese che non ha perso nemmeno una partita per tre anni. 145 vittorie consecutive. In quel periodo ha anche conseguito il Grande Slam per tre stagioni di fila, tra il 2021 e il 2023. È la prima tennista nella storia ad ottenere questo risultato.
Si chiama Diede de Groot, la numero uno della classifica mondiale del tennis in carrozzina, sia nel singolo che nel doppio. De Groot ha preso la racchetta in mano a sette anni, come riabilitazione dopo aver subito alcuni interventi all’anca. In quel periodo ha scoperto di non poter più fare sport in piedi, così si è dedicata al tennis in carrozzina.
L’Olanda ha una storia di successo in questo sport, incarnata, tra le altre, da Esther Vermeer, ex-numero 1 al mondo e vincitrice di 42 tornei del Grande Slam, attiva nel decennio tra la fine dei ‘90 e i primi anni ‘10. Per de Groot è un’ispirazione. «Ho potuto imparare dalle donne che mi hanno preceduto», ha detto in un’intervista alla CNN «Ho potuto vederle da vicino e quindi imitarle, o cercare di fare meglio».
De Groot ha già vinto due ori a Tokyo 2020 (singolo e doppio), oltre ad un argento nel doppio a Rio 2016. Il primo turno del doppio femminile si terrà venerdì 30 agosto, quello del singolo il giorno successivo.
Gabriel Bandeira e la scarsa presenza di atleti con disabilità intellettive
Gli atleti con disabilità intellettive sono pesantemente sottorappresentati ai Giochi Paralimpici. Possono gareggiare solo nell’atletica, nel ping-pong e nel nuoto. Non sono stati ammessi alle gare fino al 1996, e già dopo quattro anni il movimento è stato costretto a passare attraverso lo scandalo della squadra spagnola di basket, che vinse l’oro nel torneo paralimpico di Sydney 2000 schierando alcuni giocatori che non avevano una disabilità cognitiva.
Da quel momento non si sono fatti particolari passi avanti per includere i soggetti con deficit psichici. Basti pensare che, con le norme odierne, gli atleti con sindrome di Down sono sostanzialmente esclusi dalla partecipazione alle Paralimpiadi, dal momento che la divisione in categorie dei Giochi prevede rigide classificazioni che separano gli atleti che hanno una disabilità fisica da quelli che ne hanno una intellettiva, mentre le persone con sindrome di Down possono presentare deficit in entrambe le dimensioni.
Per questo ci tengo a parlare di un atleta con disabilità intellettiva in questa guida. Gabriel Bandeira è un nuotatore brasiliano. Si è dedicato a questo sport sin da piccolo, ma ben presto si è reso conto di avere qualche difficoltà con gli allenamenti, in particolare nel memorizzare e nel mettere in pratica alcune delle attività richieste dagli allenatori.
Grazie ad alcuni test clinici, quindi, Bandeira ha capito che avrebbe trovato un contesto più adatto a lui nel nuoto paralimpico. Sul sito di Virtus, organizzazione internazionale di promozione sportiva per atleti con disabilità intellettiva, ha ricordato: «Quando mi allenavo con gli atleti olimpici, l'allenatore dava le stesse istruzioni a tutta la squadra e tutti le seguivano. Ma negli allenamenti paralimpici l'allenatore presta attenzione a ogni nuotatore in base alla sua disabilità. Per esempio, stampa i miei allenamenti in modo che non faccia fatica a memorizzarli, li spiega con attenzione e, a seconda della situazione, sa come parlarmi».
A Tokyo 2020 ha vinto l’oro nei 100 metri farfalla e l’argento nei 200 metri stile libero nella categoria S14, dedicata a chi ha un “impairment” intellettivo. La finale maschile S14 dei 100 metri farfalla sarà giovedì 29 agosto alle 18.35, quella dei 200 metri stile libero sarà sabato 31 agosto alle 17.44.